Geopolitica
India, immagine manipolata di Sonia Gandhi alimenta l’odio contro i cristiani
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
Diffuso sui social network un fermo immagine della presidente del partito del Congresso, modificato inserendo alle sue spalle un libro su «come convertire l’India in una nazione cristiana». Sajan K. George (Global Council of Indian Christians): «I fondamentalisti cercano di sviare l’attenzione dalla catastrofe del COVID»
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Un’immagine della presidente del Partito del congresso, Sonia Gandhi, con alle spalle un libro intitolato «Come convertire l’India in una nazione cristiana» ha suscitato scalpore sui social network.
«I fondamentalisti indù cercano di sviare l’attenzione dalla catastrofe del COVID»
La foto, rivelatasi un grossolano fotomontaggio, è alla radice dell’ennesima campagna dei gruppi nazionalisti indù per alimentare in rete l’odio contro i cristiani. A diffonderla attraverso un tweet – poi cancellato – è stato l’account «No Conversion» che conta oltre 200mila follower. L’immagine mostra ben in vista sullo scaffale anche una Bibbia e una statua del Sacro Cuore di Gesù, ed è stata accompagnata da una didascalia con la scritta «Chi legge tutti questi libri?».
Un ulteriore commento denuncia il Congress per le «conversioni dilaganti e il lavaggio del cervello dei giovani».
Mentre la fotografia circolava sui social è stata ricostruita la fonte: si tratta di un fotogramma di un video di Sonia Gandhi diffuso sul proprio canale YouTube dal suo partito nell’ottobre 2020. Nel filmato, però, sullo scaffale che fa da sfondo non compaiono né il libro incriminato (dal titolo abbastanza improbabile) né la Bibbia con la statua del Sacro Cuore di Gesù.
Sajan K. George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic) commenta ad AsiaNews:
«Da quando Sonia Gandhi ha assunto la guida del partito del Congresso nel 1998 – conclude Sajan K. George – è stata accusata anche di essere un’agente della CIA o della mafia italiana, accuse oggi estese anche a suo figlio Rahul. Dicerie senza alcuna prova che restano in circolazione per alimentare l’odio contro di lei per il semplice fatto di non essere nata in India»
«Quest’immagine modificata mostra fino a che punto possa arrivare l’odio diffuso dalla falsa propaganda. Sonia Gandhi è di continuo nel mirino per le sue origini italiane, che vengono legate alla fede cristiana. Ormai il loro obiettivo di rendere la vita difficile ai 26 milioni di cristiani indiani con queste false accuse di conversioni non è più nemmeno nascosto. E questo mentre le statistiche del censimento, in realtà, mostrano in India un declino nella popolazione cristiana, scesa al 2,3%. Oggi, però, le accuse di conversioni tornano utili per sviare l’attenzione dall’orribile computo delle vittime del COVID-19 e dal crollo del sistema sanitario in questa seconda ondata della pandemia. Si tratta di una politicizzazione della religione per interessi particolari».
«Da quando Sonia Gandhi ha assunto la guida del partito del Congresso nel 1998 è stata accusata anche di essere un’agente della CIA o della mafia italiana, accuse oggi estese anche a suo figlio Rahul. Dicerie senza alcuna prova che restano in circolazione per alimentare l’odio contro di lei per il semplice fatto di non essere nata in India».
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Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Geopolitica
Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati
Il funzionario di Hamas Khalil al-Hayya ha dichiarato il 24 aprile che Hamas deporrà le armi se ci fosse uno Stato palestinese in una soluzione a due Stati al conflitto.
In un’intervista di ieri con l’agenzia Associated Press, al-Hayya ha detto che sono disposti ad accettare una tregua di cinque anni o più con Israele e che Hamas si convertirebbe in un partito politico, se si creasse uno Stato palestinese indipendente «in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e vi fosse un ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali».
Al-Hayya è considerato un funzionario di alto rango di Hamas e ha rappresentato Hamas nei negoziati per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi.
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Nonostante l’importanza di una simile concessione da parte di Hamas, si ritiene improbabile che Israele prenda in considerazione uno scenario del genere, almeno sotto l’attuale governo del primo ministro Benajmin Netanyahu.
Al-Hayya ha dichiarato ad AP che Hamas vuole unirsi all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, guidata dalla fazione rivale di Fatah, per formare un governo unificato per Gaza e la Cisgiordania, spiegando che Hamas accetterebbe «uno Stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e il ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali», lungo i confini di Israele pre-1967.
L’ala militare del gruppo, quindi si scioglierebbe.
«Tutte le esperienze delle persone che hanno combattuto contro gli occupanti, quando sono diventate indipendenti e hanno ottenuto i loro diritti e il loro Stato, cosa hanno fatto queste forze? Si sono trasformati in partiti politici e le loro forze combattenti in difesa si sono trasformate nell’esercito nazionale».
Il funzioanrio di Hamas ha anche detto che un’offensiva a Rafah non riuscirebbe a distruggere Hamas, sottolineando che le forze israeliane «non hanno distrutto più del 20% delle capacità [di Hamas], né umane né sul campo. Se non riescono a sconfiggere [Hamas], qual è la soluzione? La soluzione è andare al consenso».
Per il resto ha confermato che Hamas non si tirerà indietro rispetto alle sue richieste di cessate il fuoco permanente e di ritiro completo delle truppe israeliane.
«Se non abbiamo la certezza che la guerra finirà, perché dovrei consegnare i prigionieri?» ha detto il leader di Hamas riguardo ai restanti ostaggi nelle mani degli islamisti palestinesi.
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«Rifiutiamo categoricamente qualsiasi presenza non palestinese a Gaza, sia in mare che via terra, e tratteremo qualsiasi forza militare presente in questi luoghi, israeliana o meno… come una potenza occupante», ha continuato
Hamas e l’OLP hanno discusso in varie capitali, tra cui Mosca, nel tentativo di raggiungere l’unità, scrive EIRN. Non è noto quale sia lo stato di questi colloqui.
L’intervista di AP è sta registrata a Istanbul, dove Al-Hayya e altri leader di Hamas si sono uniti al leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, che ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il 20 aprile. Non c’è stata alcuna reazione immediata da parte di Israele o dell’autore palestinese.
Nel mondo alcune voci filo-israeliane hanno detto che le parole del funzionario di Hamas sarebbero un bluff.
Come riportato da Renovatio 21, in molti negli ultimi mesi hanno ricordato che ai suoi inizi Hamas è stata protetta e nutrita da Israele e in particolare da Netanyahu proprio come antidoto alla prospettiva della soluzione a due Stati.
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Immagine di Al Jazeera English via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
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Geopolitica
L’Iran minaccia ancora una volta di spazzare via Israele
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha minacciato Israele di annientamento se tentasse di attaccare nuovamente l’Iran.
Raisi è arrivato in Pakistan lunedì per una visita di tre giorni. Martedì ha parlato delle recenti tensioni tra Teheran e Gerusalemme Ovest in un evento nel Punjab.
«Se il regime sionista commette ancora una volta un errore e attacca la terra sacra dell’Iran, la situazione sarà diversa, e non è chiaro se rimarrà qualcosa di questo regime», ha detto Raisi all’agenzia di stampa statale IRNA.
Israele non ha mai riconosciuto ufficialmente un attacco aereo del 1° aprile sul consolato iraniano a Damasco, in Siria, che ha ucciso sette alti ufficiali della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Teheran ha tuttavia reagito il 13 aprile, lanciando decine di droni e missili contro diversi obiettivi in Israele.
L’Iran si è scrollato di dosso una serie di esplosioni segnalate vicino alla città di Isfahan lo scorso venerdì, che si diceva fossero una risposta da parte di Israele. Lo Stato degli ebrei non ha riconosciuto l’attacco denunciato, pur criticando un ministro del governo che ne ha parlato a sproposito. Teheran ha scelto di ignorarlo piuttosto che attuare la rapida e severa rappresaglia promessa.
La Repubblica Islamica ha promesso in più occasioni di spazzare via, distruggere o annientare il «regime sionista», espressione con cui spesso chiama Israele.
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Martedì, parlando a Lahore, il Raisi ha promesso di continuare a «sostenere onorevolmente la resistenza palestinese», denunciando gli Stati Uniti e l’Occidente collettivo come «i più grandi violatori dei diritti umani», sottolineando il loro sostegno al «genocidio» israeliano a Gaza.
Nel suo viaggio diplomatico il Raisi ha promesso di incrementare il commercio iraniano con il Pakistan portandolo a 10 miliardi di dollari all’anno. Le relazioni tra i due vicini sono difficili da gennaio, quando Iran e Pakistan hanno scambiato attacchi aerei e droni mirati a “campi terroristici” nei rispettivi territori.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Teheran ha dichiarato pubblicamente di sapere dove sono nascoste le atomiche israeliane. Nelle scorse settimane lo Stato Ebraico aveva dichiarato di essere pronto ad attaccare i siti nucleari iraniani.
Negli ultimi mesi l’Iran ha accusato Israele di aver fatto saltare i suoi gasdotti. Hacker legati ad Israele avrebbero rivendicato un ulteriore attacco informatico al sistema di distribuzione delle benzine in Iran.
Sei mesi fa l’Iran ha arrestato e giustiziato tre sospetti agenti del Mossad. All’ONU il ministro degli Esteri iraniano aveva dichiaato che gli USA «non saranno risparmiati» in caso di escalation.
Come riportato da Renovatio 21, anche da Israele a novembre 2023 erano partite minacce secondo le quali l’Iran potrebbe essere «cancellato dalla faccia della terra».
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Immagine di duma.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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