Psicofarmaci
Il problema dell’astinenza da antidepressivi sotto i riflettori. Quando parleremo di morti e stragi?

Awais Aftab, uno psichiatra americano, ha scritto un editoriale sul New York Times, spiegando i problemi degli psicofarmaci e chiedendo soluzioni per i danni che cagionano. Già nel titolo che sa di grottesco, viene detto anche che non bisogna «lasciare questa conversazione a Kennedy», intendendo Robert F. Kennedy jr., l’attuale segretario della Salute dell’amministrazione Trump.
Kennedy nelle scorse settimane aveva detto che membri della sua famiglia hanno fatto più fatica ad uscire dagli antidepressivi che dall’eroina. L’affermazione aveva generato indignazione nella psichiatria dell’establishment. L’American Psychiatric Association e altre cinque organizzazioni psichiatriche hanno dichiarato in risposta che paragonare gli antidepressivi a droghe come l’eroina, è «fuorviante» e hanno sottolineato che gli antidepressivi sono «sicuri ed efficaci» (un’espressione che il lettore forse ha già sentito riguardo ai vaccini).
«Come ogni psichiatra, ho pazienti per i quali gli antidepressivi sono trasformativi, persino salvavita. Ma vedo anche un lato più complesso e meno pubblicizzato di questi farmaci» scrive contraddittoriamente lo psichiatra sul NYT. «Ci sono pazienti con effetti collaterali sessuali che non sapevano potessero essere causati dagli antidepressivi perché i medici precedenti non li avevano mai avvertiti. Ho avuto pazienti che hanno sperimentato episodi maniacali o pensieri suicidi con specifici antidepressivi e pazienti che non hanno più bisogno di assumere i farmaci ma soffrono di gravi sintomi di astinenza quando cercano di ridurne gradualmente la dose».
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Aftab ammette che alcuni pazienti hanno sentito i commenti del Kennedy come il momento in cui qualcuno in una posizione di potere stava finalmente parlando a loro nome: «sui forum online dedicati ad aiutare le persone a smettere di assumere antidepressivi, come Surviving Antidepressants, i pazienti descrivono di essersi “distrutti” e di aver attraversato un “vero inferno” nel tentativo di smettere di assumere i farmaci».
«Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, o SSRI (la forma di antidepressivo più comunemente prescritta), sono stati originariamente studiati per un uso a breve termine e sono stati approvati sulla base di sperimentazioni durate solo pochi mesi» dice lo psichiatra «ma le persone hanno iniziato rapidamente ad assumere i farmaci per periodi prolungati. Ora è probabile che i pazienti continuino a prendere antidepressivi per anni, persino decenni».
«Tra coloro che cercano di smettere, stime prudenti suggeriscono che circa uno su sei soffra di astinenza da antidepressivi, mentre circa uno su 35 presenta sintomi più gravi» ammette il medico. «Si stima che l’astinenza prolungata e invalidante sia molto meno comune. Tuttavia, in un Paese in cui oltre 30 milioni di persone assumono antidepressivi, anche complicazioni relativamente rare possono colpire migliaia di persone».
«Ecco perché è un peccato che, a quasi quarant’anni dall’approvazione del Prozac, non esista un singolo studio clinico randomizzato controllato di alta qualità che possa guidare i medici nella riduzione sicura della dose di antidepressivi per i pazienti» confessa il medico, incurante del fatto che ha appena detto di essere uno che prescrive gli psicofarmaci ai suoi pazienti. Ci si chiede non solo dove sia Ippocrate, ma anche la logica più comune: non c’è nessuna ricerca in merito, e tu lo dai comunque alla gente? La similitudine con la questione vaccinale diventa sempre più evidente.
«La mancanza di ricerca significa anche che le linee guida ufficiali statunitensi al riguardo sono scarse. Non sorprende che i pazienti si siano riversati nelle comunità online per elaborare strategie autonome, a volte tagliando le pillole in frazioni sempre più piccole per ridurre gradualmente la dose nel corso di mesi e anni» dice ancora, per poi scoprire l’uovo di Colombo: «è improbabile che le aziende farmaceutiche svolgano queste ricerche: non hanno alcun obbligo normativo di studiare questi aspetti, tali studi sono costosi da condurre e risultati sfavorevoli possono danneggiare la reputazione di un farmaco».
Attenzione, ulteriore uovo di Colombo in arrivo sul principale quotidiano mondiale: «i pazienti che interrompono l’assunzione di antidepressivi tendono ad avere maggiori probabilità di ricadere nei sintomi della depressione rispetto ai pazienti che continuano ad assumerli». Ancora: «uno degli studi più autorevoli ha rilevato che il 39% delle persone che hanno continuato ad assumere antidepressivi ha sperimentato un peggioramento della depressione nell’arco di un anno, rispetto al 56% di coloro che hanno interrotto l’assunzione».
Dottore, ci faccia capire: uno sta meglio se non prende psicofarmaci? Uno sta peggio se li prende? Ippocrate, logica, buonsenso… dove siete?
Infine, un appello: «il pubblico merita un consiglio sui farmaci psichiatrici che non oscilli tra torpore e allarmismo. Gli antidepressivi, come tutti gli interventi medici, presentano vantaggi e svantaggi. Se la psichiatria si rifiuta di affrontare seriamente le preoccupazioni dei pazienti, se il mantra “sicuro ed efficace” è tutto ciò che è disposta a ripetere pubblicamente, perderà credibilità. Non possiamo ignorare coloro le cui vite sono state rovinate dai farmaci psichiatrici».
Già: «sicuro ed efficace», e poi milioni di vite distrutte – con le loro famiglie.
Ora, vediamo come il New York Times, in questo timido passettino avanti verso la verità e verso la realtà, si sia completamente dimenticato di un altro effetto paradosso del quale vengono sospettati gli psicofarmaci: le stragi di massa.
Kennedy in passato ha ammiccato a quest’idea, sottolineando come da giovane lui potesse portare armi a scuola con i suoi compagni per farle vedere, senza che vi fossero massacri improvvisi ed immotivati. Cosa è cambiato?
È cambiata la popolazione, che sin da giovanissima viene drogata psichiatricamente con medicinali di cui non si sa nulla, e che sembrano rovesciare l’animo delle persone.
Una quantità imbarazzante di active shooters, stragisti delle scuole, dei supermercati, delle banche, etc. era sotto psicofarmaci, i cui bugiardini riportano il possibile effetto collaterale dell’«ideazione suicidaria», senza minimamente considerare come tale impeto di violenza possa riversarsi anche sugli altri, magari pure i più cari – ecco una possibile spiegazione delle stragi in famiglia che finiscono nelle cronache. Vi dicono «femminicidio», magari la causa invece di essere «il maschio», è la droga alterante che gli mettono nel cervello.
Come riportato da Renovatio 21, c’è caso che anche alcuni piloti di aereo di linea suicidi – quelli che tirano con loro nella morte centinaia di passeggeri – possano essere sotto l’influsso di psicomedicinali come la sertralina, la cui assunzione è stata ritenuta «sicura» per i piloti dalle autorità dell’aviazione, ma che era pure stata prescritta al pilota stragista del volo Germanwings 9525, schiantatosi su una montagna nelle Alpi francesi a nord-ovest di Nizza.
Speculazioni possono essere fatte anche su incidenti ferroviari e di automobile. Sapendo tutto questo, mandereste i vostri figli sullo scuolabus di una persona sotto psicodroghe legali?
Quanto ancora dovremo tollerare non solo questa oscena ingiustizia, ma questo grande pericolo che grava su di noi?
Roberto Dal Bosco
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Droga
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Psicofarmaci
Farmaci come il Prozac contengono sostanze chimiche PFAS e finiscono nelle nostre acque

Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Una nuova ricerca suggerisce che i farmaci fluorurati, una categoria che include farmaci noti come Prozac e Flonase, sono presenti nelle riserve idriche di milioni di persone.
Una nuova ricerca suggerisce che i farmaci fluorurati, una categoria che include farmaci noti come Prozac e Flonase, sono presenti nelle riserve idriche di milioni di persone.
Questi farmaci e i loro prodotti di degradazione sono tecnicamente classificati come sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS), note anche come «sostanze chimiche eterne», che in quanto classe chimica sono oggetto di preoccupazione sanitaria a livello mondiale.
Uno studio pubblicato il 6 gennaio su Proceedings of the National Academy of Sciences ha scoperto che la maggior parte dei PFAS che entrano ed escono dagli impianti di trattamento delle acque reflue è composta da questi farmaci fluorurati.
In particolare, i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte dei prodotti farmaceutici non veniva eliminata dall’acqua mediante le pratiche convenzionali di trattamento delle acque reflue.
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Questo materiale farmaceutico «non viene trattato nell’impianto di trattamento delle acque reflue e non si decompone», ha affermato Bridger Ruyle, coautore dello studio e ricercatore presso la New York University. «E sappiamo che [queste sostanze chimiche] possono rientrare nelle riserve di acqua potabile».
Lo studio stima che questo materiale contamini l’approvvigionamento idrico di circa 23 milioni di americani, ha affermato Ruyle.
Questi farmaci finiscono nelle acque reflue dopo essere stati escreti dalle persone. Circa il 50% delle utenze di acqua potabile si trovano a valle di un impianto di scarico delle acque reflue e utilizzano regolarmente quantità variabili di quest’acqua.
Una piccola parte di questo materiale era composta da soli quattro farmaci e da uno dei loro metaboliti: il farmaco per l’artrite Celecoxib (Celebrex); flecainide (Tambocor), prescritto per l’aritmia; maraviroc (Selzentry) e uno dei suoi metaboliti, usati per curare l’HIV; e sitaglipt (Januvia), un farmaco per il diabete.
«Non sappiamo molto su quali siano le esposizioni o i rischi per la salute» per coloro che bevono piccole concentrazioni di questa sostanza, ha affermato Ruyle.
«Questo studio sottolinea la presenza di rifiuti farmaceutici organofluorurati nell’ambiente e sottolinea l’urgente necessità di comprendere quali siano i rischi per la salute di questi composti».
Gli scienziati definiscono PFAS come qualsiasi molecola organica che abbia almeno un atomo di carbonio completamente fluorurato, vale a dire legato a tre atomi di fluoro.
La maggior parte dei PFAS ha molti più legami carbonio-fluoro di questo tipo, il che li rende estremamente resistenti alla rottura. Tali legami sono quasi inesistenti in natura e non essenziali per la vita.
Di solito, quando si eseguono test per i PFAS, si utilizzano misure individuali per sostanze chimiche specifiche, come l’acido perfluoroottanoico (PFOA) e l’acido perfluoroottansolfonico (PFOS), entrambi notoriamente particolarmente pericolosi.
Nell’aprile 2024, l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA) ha fissato per la prima volta dei limiti per questi e altri quattro PFAS.
Secondo l’EPA, l’esposizione ai PFAS è stata collegata a «tumori mortali, effetti sul fegato e sul cuore e danni al sistema immunitario e allo sviluppo di neonati e bambini».
Tuttavia, lo studio ha rilevato che questi sei tipi di PFAS costituivano in media solo il 7-8% della massa di PFAS in entrata e in uscita dagli impianti di trattamento delle acque reflue.
In questo articolo i ricercatori hanno utilizzato un metodo unico per misurare la quantità totale di organofluoro, ovvero la quantità di gruppi carbonio-fluoro.
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Tutti i PFAS e i fluorocarburi hanno questi gruppi chimici. Ciò fornisce una misura dell’organofluoro estraibile o EOF.
Questo metodo ha il vantaggio di fornire un ritratto completo di cosa sono i PFAS nell’ambiente. L’Unione Europea ha diverse normative che lavorano su misure simili, limitando i PFAS totali, mentre gli Stati Uniti non ne hanno nessuna.
Questo studio sottolinea l’importanza di valutare i PFAS totali e il tipo di miscele complesse presenti nell’ambiente, piuttosto che analizzare ciascuna sostanza chimica una per una, ha affermato Ruyle.
Lo studio ha esaminato queste sostanze chimiche in otto impianti di trattamento delle acque potabili (noti come impianti di trattamento di proprietà pubblica, o POTW) in tutto il paese, simili per dimensioni e metodi tecnologici a quelli che servono il 70% degli Stati Uniti.
Douglas Main
Pubblicato originariamente da The New Lede.
Douglas Main è un collaboratore di The New Lede.
© 7 gennaio 2025 , Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
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