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Il Green pass sarà eterno: DCPM del 2 marzo. Pronti per la sottomissione bio-elettronica

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Il DCPM dello scorso 2 marzo, sul quale pochi hanno concentrato l’attenzione, rende il green pass valido 540 giorni dopo il booster – cioè, 18 mesi. Alla scadenza dei quali deve venire emesso un altro documento, di durata equivalente.

 

Distratti dalla guerra in Ucraina, non abbiamo visto quel che stava facendo il governo Draghi: ha istituito un green pass eterno. Con buona pace di chi poteva pensare che il suo uso si sarebbe esaurito con lo stato di emergenza, che (in teoria) dovrebbe scadere a breve.

 

Il testo è nella Gazzetta Ufficiale del 4 marzo.

Distratti dalla guerra in Ucraina, non abbiamo visto quel che stava facendo il governo Draghi: ha istituito un green pass eterno

 

«Nella realtà, senza tanti giri di parole, all’articolo 1 (comma b) spiega che la blockchain sottostante il lasciapassare, una volta somministrata la dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale, durerà 540 giorni. Al termine dei quali la piattaforma nazionale provvederà in automatico a emettere un secondo green pass, anch’esso valido per altri 540 giorni. In tutto farebbe 1080 giorni, la bellezza di quasi tre anni» scrive Claudio Antonelli su La Verità, praticamente il solo giornalista in Italia (in Europa) ad aver capito cosa si cela dietro al certificato verde.

 

«Attenzione. Nulla ci dice che tutto si ferma lì. L’automatismo dovrebbe poi essere interrotto. Ma nel testo del DCPM non c’è alcuna traccia di una tale intenzione. In pratica (…) un green pass sarà per sempre».

 

Il DCPM inoltre emana le direttive per la lettura di tutte le categorie di cittadini italiani (forse dovremmo dire «classi»? Forse dovremmo dire «razze»?) attualmente considerate dallo Stato biotico: da una parte i triplodosati e i rarissimi esentati. Dall’altra i non vaccinati, i terribili no vaxi, ora incasellati informaticamente per ordine del Primo Ministro.

 

Parlano di anonimizzazione, ma sappiamo tutti, alcuni per esperienza, che è una palla colossale: nelle app attuali il controllore deve sapere in anticipo quale green pass scansionare, se uno da vaccinato o da tamponato.

 

La privacy poi sparisce del tutto se pensiamo che i non vaccinati continueranno ad essere esclusi dal lavoro, dalla scuola, dai trasporti, dagli eventi, dai locali, dalla palestra, dalla piscina, paria biomolecolari del XXI secolo.

 

Nel DCPM si parla quindi di sincronizzazione del nostro green pass con quello degli altri Paesi. Inoltre il DCPM «prevede nel dettaglio le modalità di controllo per i lavoratori dipendenti e l’iter di comunicazione tra ministero della salute (che gestisce l’anagrafe vaccinale) e l’Agenzia delle Entrate».

 

«Per capirsi, per coloro che si lamentavano dei ritardi nelle multe agli over 50 non vaccinati, ecco la risposta».

 

Vengono così infrante le speranze che tutto si sarebbe fermato, come qualcuno sussurrava, il 15 giugno.

Il sistema del green pass non avrebbe teoricamente più motivo di esistere. A meno che, dietro a tutto questo, non vi sia qualcos’altro. Un altro progetto. Un altro «programma»

 

Leggendo il DCPM, diviene chiaro il pattern del governo: dicono che ad aprile apriranno a tutti i locali all’aperto, dicono a breve chiunque potrà salire su treni e autobus. Poi, nella realtà, fa l’esatto contrario.

 

La quasi totalità della popolazione italiana è vaccinata, dicono, perfino con terza dose. La quasi totalità della popolazione italiana, vaccinata e non, ha preso il COVID questo inverno: e questo lo sappiamo tutti.

 

Il sistema del green pass non avrebbe teoricamente più motivo di esistere. A meno che, dietro a tutto questo, non vi sia qualcos’altro. Un altro progetto. Un altro «programma».

 

Come riportato da Renovatio 21, di fatto, l’Unione Europea lavorava da anni alla piattaforma di digitalizzazione della cittadinanza, dove ogni abitante d’Europa diviene un account di una piattaforma europubblica, dotato poi di un wallet, un portafogli elettronico su cui, a breve, far correre l’«inevitabile» euro digitale, la monte virtuale che la BCE si appresta ad emettere.

«L’obbiettivo dichiarato è quello di trasformare i governi in piattaforme e i cittadini in identità digitali»

 

Come abbiamo scritto varie volte, questo progetto di controllo massivo dell’economia e della popolazione è partito da ben prima della pandemia, anzi ha trovato in quest’ultima il combustibile definitivo per il suo lancio. Vale la pena di ricordare che la struttura informatica blockchain del green pass è la stessa di quella sviluppata da anni dalla UE.

 

«L’obbiettivo dichiarato è quello di trasformare i governi in piattaforme e i cittadini in identità digitali», scrive Antonelli. Riconosciamo che non si tratta di un fenomeno legato solo all’Europa: pochi giorni fa abbiamo visto l’inquietante video dell’Associazione delle Banche del Canada che promuove l’ID digitale unico per tutti i cittadini.

 

Su La Verità viene quindi notato che la Legge finanziaria approvata con lo scadere del 2021 aveva «infilato dentro a un decreto legge collegato» il fatto che «il ministero dell’Economia ha unilateralmente prorogato a fine 2022 l’autorizzazione a tracciare la salute degli italiani in barba alla privacy».

 

«Si tratta di uno schema nato ad aprile 2020 assieme allo stato di emergenza. Serviva per lanciare la app Immuni e Io. Poi è servito per lanciare il green pass». Ora, con un blitz, è stato sganciato dallo stato di emergenza ed è entrato nella manovra. «C’è da scommettere sarà rinnovato con la prossima manovra».

Si tratta di un «tassello del progetto più ampio: rendere permanente la carta verde, al di là di ogni natura emergenziale o persino sanitaria»

 

Si tratta di un «tassello del progetto più ampio: rendere permanente la carta verde, al di là di ogni natura emergenziale o persino sanitaria».

 

Bisogna rammentare che il decreto Riaperture consentirà agli enti pubblici di scambiare i nostri dati senza che si dichiari l’uso che intendono fare: in gergo tecnico è la «interoperabilità dei silos di dati. Tradotto, è la possibilità di tracciare i cittadini che a questo punto possono essere chiamati utenti digitali».

 

Il cittadino digitale, come sappiamo, non si troverà la libertà limitata solo dallo status vaccinale giudicato insoddisfacente dall’autorità. Un domani, lo stesso sistema si applicherà ai sospetti evasori, ai sospetti inquinatori, ai sospetti dissidenti – chi è bannato da Facebook sta solo esperendo l’avanguardia di un mondo di censura totale, e i social media hanno semplicemente iniziato a fare il lavoro per conto dello Stato moderno.

 

E poi, lo ripetiamo. Con l’euro digitale, cioè il danaro programmabile, ogni vostra transizione sarà tracciata, studiata, o proibita. Ai diabetici non sarà concesso di compare la nutella.

La libertà, che giocoforza passa dal portafogli, sarà possibile togliervela con un clic. Perché, di fatto, il portafogli è loro. Chi comanda la piattaforma, decide il destino degli utenti, cioè degli esseri umani

 

A chi ha un basso reddito sarà impedito di comprare il salmone. A chi è in lockdown (o nelle forme ibride che seguiranno, incrociate con  le «domeniche senza auto»), non sarà concesso di spendere in un luogo che non sia quello deciso.

 

Oppure, vista la crisi alimentare che arriva con la guerra nelle Russie, potranno permettervi di acquistare la quantità di cibo che secondo lo Stato è più consona a voi: un sistema immediato di razionamento del cibo, per il quale non serve nemmeno che, come in guerra, ve lo portino – semplicemente, non ne potete acquistare di più.

 

Potranno mettere un tetto alla quantità di benzina che acquistate (se ve la potrete ancora permettere), o impedirvi del tutto di fare il pieno – perché c’è il climate change. Che non è discutibile, e chi osa dire una parola deve essere cacciato, isolato, zittito.

 

Fino al momento in cui a coloro che dimostrano, secondo la Scienza e il CTS, una possibile predisposizione genetica al cancro, sarà impedito di compare le sigarette. Oppure: predisposizione genetica all’alcolismo? Niente birra. Gene dell’obesità? Niente dolci.

 

La fase di immissione della genetica nella piattaforma digitale ci porta al capitolo più importante: i figli.

 

Pensate che, con l’emergenza climatica, vi lasceranno figliare liberamente? Il Partito Comunista Cinese ancora oggi multa chi ha più figli di quelli consentiti dallo Stato: piazzato il tetto alla prole anche da noi, semplicemente potrebbero svalutare il denaro del cittadino-coniglio che ha voluti farne cinque, quattro, tre, due, uno. Tra gli insulti social dei benpensanti che votano PD e fanno controllano la differenziata degli altri.

Sì, è il Grande Reset che disinstalla la democrazia costituzionale, e carica uno Stato-macchina, invincibile e onnipervadente, dinanzi a cui solo una forma di rapporto è possibile: la sottomissione

 

È importante ricordare che di certo, quando la riproduzione artificiale sarà istituzionalizzata e resa il primario metodo di «figliare», chi sceglierà la strada «naturale» sarà emarginato e punito, perché è crudele e sbagliato sottoporre il nascituro alla roulette della biologia, quando possiamo programmargli geni che lo facciano eccellere a scuola e nello sport, e che lo tengano lontano dall’AIDS, dalla depressione, dal diabete e magari anche da certi caratteri disobbedienti.

 

Anche lì: possono colpire, subito, il vostro wallet. Prelevare la multa senza che possiate fare nulla. Congelarvi il conto – come sono abituati a subire i vostri account social. Oppure farvi acquistare solo determinate classi di prodotto. Le opzioni per sorvegliare e punire il reo, con il supertotalitarismo digitale, sono infinite.

 

La libertà, che giocoforza passa dal portafogli, sarà possibile togliervela con un clic. Perché, di fatto, il portafogli è loro. Chi comanda la piattaforma, decide il destino degli utenti, cioè degli esseri umani.

 

Qualcuno pensa alla Cina, con il suo sistema di credito sociale, dove puoi perdere la possibilità di accedere a aerei, treni, mutui semplicemente perché hai fatto un commento che non va bene al Partito. Ebbene, il caso che sta montando in Europa è, senza dubbio molto, molto peggiore.

 

Vi potranno spegnere con un clic: un giudice, o magari un vigile – o magari un algoritmo. Diverrete paria senza più alcun potere senza possibilità alcuna di riscatto.

 

Sì, è il Grande Reset che disinstalla la democrazia costituzionale, e carica uno Stato-macchina, invincibile e onnipervadente, dinanzi a cui solo una forma di rapporto è possibile: la sottomissione.

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

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Se la realtà esiste, fino ad un certo punto

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I genitori si accorgono improvvisamente che la biblioteca scolastica mette a disposizione degli alunni strani libri «a fumetti» dove si illustra amabilmente il bello della liaison omoerotica.

 

L’intento degli autori è inequivocabile, quello di presentare un modello antropologico indispensabile per una adeguata formazione dell’individuo in crescita… Meno chiaro appare nell’immediato se la scuola, nel senso dei suoi responsabili vicini o remoti, di questa trovata educativa abbiano coscienza e conoscenza.

 

Di istinto, i genitori dell’incolpevole alunno si chiedono se tutto ciò sia proprio indispensabile per uno sviluppo armonico della psicologia infantile, magari in sintonia con i suggerimenti più elementari della natura e della fisiologia.

 

Tuttavia, poiché anche lo zeitgeist ha una sua potenza suggestiva, a frenare un po’ il comprensibile sconcerto, in essi affiora anche qualche dubbio sulla adeguatezza culturale dei propri scrupoli educativi, tanto che sono indotti a porsi il dubbio circa una loro eventuale inadeguatezza culturale rispetto ai tempi, votati come è noto, a sicure sorti progressive.

 

Ma il caso riassume bene tutto il paradosso di un fenomeno che ha segnato questo quarto di secolo e soltanto incombenti tragedie planetarie, mettono un po’ in sordina, finché dagli inciampi della vita quotidiana esso non riemerge con tutta la sua inaspettata consistenza.

 

Infatti la domanda sensata che si dovrebbero porre questi genitori, è come e perché una anomalia privata abbia potuto meritare prima una tutela speciale nel recinto sacro dei valori repubblicani, per poi ottenere il crisma della normalità e quindi quello di un modello virtuoso di vita; il tutto dopo essersi insinuata tanto in profondità da avere disattivato anche quella reazione di rigetto con cui tutti gli organismi viventi si difendono una volta attaccati nei propri gangli vitali da corpi estranei capaci di distruggerli.

 

Eppure, per quanto giovani possano essere questi genitori allarmati, non possono non avere avvertito l’insistenza con cui questa merce sia stata immessa di prepotenza sul mercato delle idee, quale valore riconosciuto, dopo l’adeguata santificazione dei cultori della materia ottenuta col falso martirio per una supposta discriminazione. Quella che già il dettato costituzionale impediva ex lege.

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Ma tutta l’impalcatura messa in piedi intorno a questo teatro dell’assurdo in cui i maschi prendono marito, le femmine si ammogliano nelle sontuose regge sabaude come nelle case comunali di remote province sicule, non avrebbe retto comunque all’urto della ragione naturale e dell’evidenza senza la gioiosa macchina da guerra attivata nel retrobottega politico con il supporto della comunicazione pubblica e lasciata scorrazzare senza freni in un mortificato panorama culturale e partitico.

 

Nella sconfessione della politica come servizio prestato alla comunità, secondo il criterio antico del bene comune, mentre proprio lo spazio politico è in concreto affollato da grandi burattinai e innumerevoli piccoli burattini, particelle di un caos capace di tenere in scacco «il popolo sovrano». Una parte cospicua del quale si sente tuttavia compensato dalla abolizione dei pronomi indefiniti, per cui tutte e tutti possono toccare con mano tutta la persistenza dei valori democratici.

 

Non per nulla proprio in omaggio a questi valori è installato nella anticamera della presidenza del Consiglio, da anni funziona a pieno regime un governo ombra, quello terzogenderista dell’UNAR. Un ufficio che ha lavorato con impegno instancabile, e indubbia coerenza personale, alla attuazione del «Piano» (sic) elaborato già sotto i fasti renziani e boschiani, per la imposizione capillare nella società in generale e nella scuola in particolare, di tutto l’armamentario omosessista.

 

Il cavallo di battaglia di questa benemerita entità governativa è la difesa dei «diritti delle coppie dello stesso sesso», dove sia il «diritto», che la «coppia» hanno lo stesso senso dei famosi cavoli a merenda.

 

Ecco dunque un esempio significativo ed eccellente di quella desertificazione della politica per cui il governo ombra guidato da interessi particolari in collaborazione e in sintonia con centri di potere radicati in istituzioni sovranazionali, possa resistere ad ogni cambio di governo istituzionale senza che ne vengano disinnescati potere e funzioni.

 

I partiti, dismessi gli apparati ideologici, e omogeneizzati nella sostanza, sono ridotti a «parti», alla moda di quelle fiorentine che pure un qualche ideale di fondo ce l’avevano, anche se tutte si assestavano su un gioco di potere.

 

Qui prevale il gioco dei quattro cantoni, dove tutti sono guidati dall’utile di parte che coincide a seconda dei casi con l’utile politico personale o ritenuto tale. Un utile calcolato tra l’altro senza vera intelligenza politica ovvero senza intelligenza tout court. Anche chi si è abbigliato di principi non negoziabili, alla bisogna può negoziare tutto, perché secondo il noto Principio della Dinamica Politica, «Tutto vale fino ad un certo punto».

 

Tajani, insieme a Rossella O’Hara ci ha offerto il compendio di tutta la filosofia occidentale contemporanea. Quindi dobbiamo stare sereni. Ma i genitori attoniti devono comprendere che quei libretti e questa scuola non sono caduti dal cielo. Sono il frutto di una politica diventata capace di tutto perché incapace a tutto sotto ogni bandiera.

 

Patrizia Fermani

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Putin: il futuro risiede nella «visione sovrana del mondo»

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Le nazioni devono basarsi sulle proprie tradizioni storiche e spirituali, oltre che su una «visione sovrana del mondo», mentre plasmano il loro avvenire, ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin in un messaggio scritto ai partecipanti del II Simposio Internazionale «Inventare il Futuro» a Mosca. L’evento, in programma il 7 e 8 ottobre, accoglierà oltre 7.000 partecipanti provenienti da quasi 80 Paesi.   Discussioni aperte e innovative sul futuro dell’umanità supportano i governi nel rispondere adeguatamente alle nuove sfide, ha osservato il presidente russo. «Le conclusioni e i risultati di un dialogo così profondo e sostanziale sono di grande valore», ha aggiunto Putin. «Sono fiducioso che dobbiamo creare il nostro futuro sulla base di una visione del mondo sovrana».   Promosso su iniziativa del presidente russo, il simposio comprende circa 50 eventi, organizzati in tre aree tematiche: società, tecnologia e cooperazione globale. Il forum ospiterà oltre 200 relatori provenienti da Russia, Cina, Stati Uniti, Italia e da Paesi di Africa, America Latina, Medio Oriente e Sud-est asiatico, che discuteranno di temi che spaziano dalle sfide demografiche all’intelligenza artificiale (IA) e all’esplorazione spaziale.

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Nel primo giorno del simposio si è svolta una tavola rotonda incentrata sul futuro delle tecnologie di intelligenza artificiale e sul loro potenziale di diventare non solo uno strumento professionale di nicchia, ma una base per un’infrastruttura globale e un nuovo «linguaggio della realtà» per governi e imprese private.   Un altro dibattito tenutosi martedì si è concentrato sulle prospettive di collaborazione tra Russia e Africa nei prossimi decenni, fino al 2063. Mosca mira a rafforzare i legami con il continente, promuovendo attivamente la condivisione di tecnologie con le nazioni africane, contribuendo a garantire la sicurezza regionale e sostenendo la sovranità degli attori locali, oltre a favorire un approccio più equo nelle relazioni internazionali.   Al forum del Club Valdai, a Sochi, giorni prima Putin aveva parlato dei «valori tradizionali» anche in merito alla «disgustosa atrocità» dell’assassinio di Charlie Kirk.   «Sapete, questa disgustosa atrocità, e ancora di più, dal vivo», ha detto Putin a un forum organizzato dal Valdai Discussion Club a Sochi, in Russia. «In effetti, l’abbiamo vista tutti, ma non so, è davvero disgustoso. Era orribile». «Prima di tutto, naturalmente, porgo le mie condoglianze alla famiglia del signor Kirk e a tutti i suoi cari», ha continuato il leader russo. «Siamo solidali e solidali, soprattutto perché ha difeso quei valori tradizionali».   Putina aveva aggiunto che la sparatoria mortale è il segno di una «profonda frattura nella società», secondo Reuters. «Negli Stati Uniti, non credo ci sia bisogno di aggravare la situazione all’esterno, perché la leadership politica del Paese sta cercando di ristabilire l’ordine a livello nazionale», ha affermato Putin.

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La questione di Heidegger

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Negli scorsi mesi è scoppiata sul quotidiano La Verità una bizzarra diatriba riguardo ad un pensatore finito purtroppo per essere centrale nel nostro panorama filosofico accademico, Martin Heidegger (1889-1976), già noto per la collaborazione con il nazismo e per l’adulterio consumato con la celebre ebrea Hannah Arendt, all’epoca sua studentessa, e da alcuni, per qualche ragione, considerato come un filosofo «cattolico».

 

Un articolista con fotina antica a nome Boni Castellane (supponiamo si chiami Bonifazio, ma lo si trova scritto così, con il diminutivo, immaginiamo) ha cominciato, con un pezzo importante, a magnificare le qualità dell’Heidegger lo scorso 17 agosto:«Omologati e schiavi della Tecnologia – Heidegger ci aveva visti in anticipo».

 

Giorni dopo, aveva risposto un duo di autori, tra cui Massimo Gandolfini, noto, oltre che la fotina con il sigaro, per aver guidato (per ragioni a noi sconosciute) eventi cattolici di odore vescovile, che come da programma non sono andati da nessuna parte, se non verso la narcosi della dissidenza rimasta e il compromesso cattolico. Sono seguite altri botta e risposta sul ruolo del «sacro» secondo l’Heideggerro e la sua incompatibilità con il cristianesimo.

 

Il Gandolfini e il suo sodale scrivono, non senza ragione, che «il dio a cui si riferisce Heidegger non è il nostro». Una verità non nota agli intellettuali cattolici che, in costante complesso di inferiorità nei confronti del mondo, hanno iniziato ad importare il pensatore tedesco dalle Università italiane – dove ha tracimato, dopo un progetto di inoculo sintetico non differente da quello avutosi con Nietzsche – per finire addirittura nei seminari.

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Il progetto, spiegava anni fa Gianni Collu al direttore di Renovatio 21, era del tutto identico a quello visto con Nietzsche, recuperato dall’ambito della cultura nazista, purgato nell’edizione Adelphi di Giorgio Colli e Mazzino Montinari – la cura dell’opera omnia nicciana arriva prima in italiano che in tedesco! – e servito alla massa del ceto medio riflessivo italiota, e mondiale, per distoglierlo dal marxismo e introdurre elementi di irrazionalismo e individualismo nichilista nella vita del popolo – di lì all’esoterismo di massa, il passo diventa brevissimo.

 

Con Heidegger si è tentato un lavoro simile, ma Collu aveva profetizzato allo scrivente che stavolta non avrebbe avuto successo, perché era troppo il peso del suo legame con l’hitlerismo, e troppa pure la cifra improponibile del suo pensiero. Di lì a poco, vi fu lo scandalo dei cosiddetti «Quaderni neri», scritti ritenuti inaccettabili che improvvisamente sarebbero riemersi – in verità, molti sapevano, ma il programma di heidegerizzare la cultura (compresa quella cattolica) imponeva di chiudere un occhio, si vede. Fu ad ogni modo divertente vedere lo stupore di autori e autrici che avevano dedicato una buona porzione della carriera allo Heidegger – specie se di origini ebraiche.

 

L’incompatibilità di Heidegger – portatore di una filosofia oscura e disperata – con il cattolicesimo è, comunque, totale. Di Heidegger non vanno solo segnalati i pericoli, va combattuto interamente il suo pensiero, che altro non è se non un ulteriore sforzo per eliminare la metafisica, e quindi ogni prospettiva non materiale – cioè spirituale – per l’uomo.

 

Molto vi sarebbe da dire sul personaggio, anche a partire dal suo dramma biografico. Lasciamo qui la parola al professor Matteo D’Amico, che ha trattato il tema dell’influenza di Heidegger nel mondo cattolico, e la difformità di questo personaggio e del suo pensiero, in un intervento al Convegno di studi di Rimini della Fraternità San Pio X nel 2017.

 

 

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Immagine di Landesarchiv Baden-Württemberg, Staatsarchiv Freiburg W 134 Nr. 060680b / Fotograf: Willy Pragher via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

 

 

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