Economia
Il Congo vuole introdurre il sistema di pagamento russo Mir
L’ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo a Mosca Ivan Vangu Ngimbi ha dichiarato il 14 aprile all’agenzia di stampa RIA Novosti che il suo paese sta esaminando l’utilizzo del sistema Mir russo, apparentemente in risposta a problemi con i trasferimenti di denaro alla Repubblica Democratica del Congo dalla Russia creato dalle sanzioni occidentali.
«Abbiamo inoltrato questa proposta al governo congolese, che sta discutendo la questione con la Banca centrale e le autorità interessate», ha affermato Ngimbi.
Il diplomatico ha osservato che la stessa ambasciata della Repubblica Democratica del Congo in Russia sta affrontando difficoltà con le operazioni bancarie a causa delle sanzioni anti-russe e non può ricevere fondi per pagare gli stipendi al personale della missione. Anche molte famiglie congolesi sono turbate dall’attuale situazione, poiché non possono inviare denaro ai propri figli che studiano in Russia.
Lanciato nel 2017, il Mir è un canale di pagamento e trasferimento di denaro gestito dal Russian National Payment Card System. Il sistema Mir è, in pratica, l’alternativa di Mosca al circuito Visa e Mastercard.
Il 6 marzo 2022 Visa e Mastercard avevano interrotto le operazioni per i russi a seguito dello scoppio del conflitto ucraino. Da allora i titolari di carte bancarie Visa e Mastercard emesse in Russia non possono pagare beni e servizi al di fuori del loro Paese.
In seguito le banche russe erano passate al sistema di carte di credito cinesi.
Come noto, USA e alleati avevano colpito Mosca con l’esclusione dal SWIFT, il principale sistema di pagamenti internazionali, controllato da Washington – una mossa che, un tempo impensabile, era stata definita come una «bomba atomica finanziaria». Ora Mosca con l’Iran – un altro grande escluso dai sistemi di pagamento mondiali – sta concordando un sistema bancario alternativo allo SWIFT.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso anche lo Sri Lanka si era detto ad aderire al sistema russo di pagamenti Mir.
Nel frattempo si affastellano gli annunci per l’arrivo di una moneta BRICS, che forse sarà annunciata al prossimo Summit di agosto.
Immagini di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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