Economia
Una nuova moneta BRICS sarà annunciata al Summit di agosto?

Il 30 marzo il vicepresidente della Duma di Stato russa, Alexander Babakov, ha dichiarato che il blocco delle economie emergenti BRICS – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – sta lavorando allo sviluppo di una «nuova moneta» che sarà presentata al prossimo vertice dell’organizzazione a Durban. Lo riporta il sito Cradle.
Babakov ha dichiarato a margine del forum che «il passaggio agli accordi nelle valute nazionali è il primo passo. Il prossimo è fornire la circolazione del digitale o di qualsiasi altra forma di una valuta fondamentalmente nuova nel prossimo futuro. Penso che al vertice BRICS verrà annunciata la disponibilità a realizzare questo progetto, tali lavori sono in corso».
Babakov ha anche affermato che una moneta unica potrebbe probabilmente emergere all’interno dei BRICS, e questo sarebbe ancorato non solo al valore dell’oro ma anche ad «altri gruppi di prodotti, elementi delle terre rare o terreno».
Gli Stati membri BRICS rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e circa un quarto del PIL globale. Negli ultimi mesi, il gruppo si è posizionato come l’alternativa del Sud del mondo al gruppo di nazioni del G7.
Come riportato da Renovatio 21, la settimana scorsa è emerso uno studio che dimostrerebbe che, a parità di potere di acquisto, il PIL globale dei BRICS è stato nel 2022 superiore a quello dei G7.
Diverse nazioni dell’Asia occidentale e del Nord Africa hanno espresso interesse ad aderire al blocco, tra cui l’Arabia Saudita e l’Algeria. L’anno scorso, l’Iran ha chiesto ufficialmente di aderire ai BRICS.
All’inizio di questo mese, il ministro degli Esteri sudafricano Naledi Pandor ha rivelato che l’interesse globale per i BRICS è «enorme», aggiungendo di avere sulla sua scrivania 12 lettere di paesi interessati, tra cui Emirati Arabi Uniti, Egitto, Argentina, Messico e Nigeria.
Come riportato da Renovatio 21, l’Egitto è diventato ufficialmente un nuovo membro della BRICS New Development Bank (NDB) il 22 marzo, anche se la domanda è stata approvata il 20 febbraio, e il tutto è stato comunicato solo pochi giorni fa.
Il 24 marzo, il consiglio di amministrazione dell’NDB ha eletto all’unanimità Dilma Rousseff, ex presidente del Brasile, come nuovo presidente. Si prevede che Rousseff possa espandersi e utilizzare in modo più completo le risorse dell’NDB, soprattutto alla luce dell’espansione del numero di membri in quello che sta diventando il BRICS-Plus.
Come riportato da Renovatio 21, la Roussef è tra chi crede che alla de-dollarizzazione in atto, ossia alla fine dell’egemonia del dollaro. La Roussef si era spinta a dichiarare pubblicamente che le sanzioni USA saranno la causa della fine della supremazia della valuta statunitense, finora usata, ha detto durante una sua presentazione il 20 marzo ad un evento di «Amici della Cina socialista», come arma contro altri Paesi.
Il 27 febbraio il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha affermato che «è indicativo che proprio negli ultimi due anni … il numero di paesi che vogliono aderire ai BRICS, [e] alla SCO, è aumentato in modo significativo». Ora ce ne sono circa due dozzine.
«Solo questa settimana, il gruppo di nazioni dell’ASEAN ha discusso dell’eliminazione del dollaro USA, dell’euro, dello yen e della sterlina britannica dalle transazioni finanziarie e del passaggio invece agli accordi nelle valute locali» scrive Cradle. Allo stesso modo, il Brasile, la più grande economia dell’America Latina, ha raggiunto un accordo con la Cina per consentire transazioni di importazione ed esportazione tra le due nazioni senza utilizzare il dollaro USA.
Renovatio 21 aveva riportato la direzione dei BRICS verso valute alternative al dollaro per il commercio mondiale ancora un anno fa.
Immagini di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Economia
Crollo dei prezzi nel mercato immobiliare tedesco

I prezzi delle case tedesche sono diminuiti del 9,9% nel periodo aprile-giugno di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2022, segnando il calo più marcato da quando sono iniziate le registrazioni nel 2000, come hanno mostrato i dati ufficiali venerdì.
Secondo Destatis, l’Ufficio federale di statistica, i prezzi degli immobili in Germania hanno raggiunto un livello record nel secondo trimestre del 2022. «Da allora, i prezzi degli immobili residenziali sono diminuiti trimestre dopo trimestre», ha affermato l’ente, sottolineando che il calo è stato particolarmente pronunciato nelle città più grandi della Germania.
Rispetto ai tre mesi precedenti i prezzi sarebbero diminuiti dell’1,5%, meno che nei due trimestri precedenti. Nel periodo da gennaio a marzo 2023 i prezzi degli immobili hanno registrato un calo del 2,9% su base trimestrale. Nell’ultimo trimestre del 2022 il calo è stato pari al 5,1%.
Il settore edile del Paese è stato gravemente colpito da una campagna di stretta monetaria senza precedenti lanciata dalla Banca Centrale Europea in risposta all’inflazione furiosa e dall’incertezza sulle nuove normative energetiche.
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All’inizio di questo mese, la multinazionale immobiliare tedesca Vonovia aveva avvertito che il settore edile del Paese, cruciale per la più grande economia dell’UE, era sull’orlo del collasso, mettendo a repentaglio l’intera economia.
Il settore, che ha goduto di un boom prolungato nell’era dei costi di finanziamento estremamente bassi, costituisce il 12% del PIL tedesco e impiega un milione di lavoratori.
Ad aprile, Destatis ha pubblicato previsioni cupe per il settore edile, affermando che il numero di permessi di costruzione era in costante calo da maggio 2022 ed è diminuito del 10% ogni mese da ottobre 2022.
In Germania la produzione è diminuita per la prima volta da gennaio, guidata da un forte calo della produzione industriale.
Come riportato da Renovatio 21, l’industria chimica tedesca, per fare un esempio, è letteralmente in caduta libera. Lo stesso dicasi per il settore automotive, un tempo fiore all’occhiello dell’industria del continente.
Solo pochi mesi fa la Germania ancora parlava di razionamento dell’energia, mentre il governo Scholz spenge gli ultimi reattori nucleari.
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Immagine di duesentrieb via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
Economia
Il debito globale raggiunge il livello record di 307 trilioni di dollari

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Economia
La Siemens non venderà più turbine eoliche?

Il quotidiano economico tedesco Handelsblatt ha pubblicato il 17 settembre un articolo secondo cui la divisione di energia eolica di Siemens Energy, Siemens Gamesa, che è uno dei maggiori produttori mondiali di turbine eoliche per parchi offshore, avrebbe smesso di venderle e di accettarne ordini.
Siemens Energy ha smentito l’articolo in una dichiarazione al sito web Recharge, affermando che «la nostra priorità assoluta è rivedere [sistemare] i sistemi interessati nei progetti esistenti dei clienti».
Come riportato da Renovatio 21, i problemi alle turbine eoliche prodotte da Siemens hanno causato il crollo delle azioni di Siemens Energy negli ultimi mesi.
Come riportato da Renovatio 21, la Germania ha rinunciato catastroficamente al nucleare nell’era Merkel, affidandosi alle rinnovabili che non solo hanno disatteso le aspettative, ma hanno addirittura fatto riaprire le centrali a carbone.
Nella società tedesca, tuttavia, affioravano segni di pentimento ancora prima della distruzione del gasdotto Nord Stream: scienziati, normali cittadini e pure qualche ministro rivogliono l’atomo inibito dalla cancelliera, fautrice dei multiplo disastri ora slatentizzatisi in Europa.
Come riportato da Renovatio 21, gli anni di politiche folli della Germania merkeliana hanno prodotto disastri grotteschi: non c’è abbastanza vento per le pale eoliche ed è tornata ad far funzionare centrali a carbone, una risorsa che la Germania, alla pari del gas, importava dalla Russia.
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La regressione tedesca è stata tale che ad un certo punto, scrisse un’analisi Deutsche Bank, si era cominciato a parlare nel Paese della fornitura di legna da ardere per passare l’inverno.
Le pale eoliche, che oltre che parte dell’agenda climatica costituiscono per alcuni amministrazioni un vero e proprio culto, hanno dato problemi anche in Texas, Paese che di conseguenza ha subito negli anni scorsi blackout e morti per il freddo.
Secondo un documento recentemente pubblicato da Wade Allison, matematico e fisico dell’Università di Oxford, ricercatore al CERN e membro del Keble College professore emerito, l’eolico «fallisce su ogni aspetto».
Sull’origine della transizione ecologica la parlamentare di Alternative fuer Deutschland Beatrix von Storch ha dato interessanti ragguagli al Bundestag, spiegando bene «il business delle pompe di calore».
«L’azienda statunitense Carrier Global acquista il produttore tedesco di WP Viessmann per 12 miliardi di dollari. Chi possiede Carrier Global? L’86% è detenuto da investitori istituzionali. Ciò significa l’industria finanziaria statunitense, BlackRock, Vanguard, American Star e Capital Group» ha rivelato la deputata di AfD.
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