Economia
Il CEO di Volkswagen dice che l’azienda non può continuare come prima

Se si vuole che il gruppo Volkswagen sopravviva, sono necessari grandi cambiamenti. Lo ha dichiarato al quotidiano Bild il CEO dell’azienda, Oliver Blume.
La dichiarazione di Blume segue un annuncio fatto all’inizio di questo mese, secondo cui il più grande produttore di automobili dell’UE potrebbe chiudere almeno due fabbriche in Germania come parte di una campagna di riduzione dei costi. La potenziale chiusura sarebbe una prima volta nella storia quasi novantennale del produttore di automobili.
In un’intervista al tabloid di domenica, il Blume ha difeso i piani per tagli su larga scala. L’attuale situazione economica è «così grave che non possiamo semplicemente continuare come prima», ha ammesso il CEO.
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L’utile operativo della casa automobilistica è sceso del 20% nel primo trimestre del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel secondo trimestre di quest’anno, gli utili sono scesi di un ulteriore 2,4% rispetto all’anno scorso.
Procedere con i tagli di posti di lavoro farebbe risparmiare alla Volkswagen 4 miliardi di euro, ha affermato Blume. Il consiglio di amministrazione del gruppo Volkswagen stava lavorando a «ulteriori misure» per sopravvivere a un crollo delle vendite di auto, ha aggiunto. La Volkswagen impiega circa 120.000 lavoratori in Germania.
Secondo Blum, le principali sfide che l’industria automobilistica europea deve affrontare derivano dalla pandemia scoppiata quattro anni fa e dall’ingresso sul mercato dei concorrenti asiatici.
«La torta si sta rimpicciolendo e abbiamo più ospiti a tavola», ha affermato il dirigente di vertice del gruppo proprietario di marchi di auto, camion e motociclette come Audi, Bentley, Lamborghini, SEAT, Skoda, Porsche, Scania e Ducati.
L’UE è diventata il più grande mercato estero per i produttori cinesi di veicoli elettrici (EV). Il valore delle importazioni UE di auto elettriche cinesi è salito a 11,5 miliardi di dollari nel 2023, da soli 1,6 miliardi di dollari nel 2020, rappresentando il 37% di tutte le importazioni di EV nel blocco, secondo una ricerca recente.
I critici dei tagli pianificati alla Volkswagen hanno sottolineato che il gruppo ha pagato 4,5 miliardi di euro ai suoi azionisti per l’anno finanziario 2023 a giugno. La presidente del partito politico di sinistra Die Linke, Janine Wissler, ha dichiarato la scorsa settimana al quotidiano Rheinische Post che era «incredibilmente squallido» che la Volkswagen potesse pagare una tale somma in dividendi e ora affermare di non poter impedire chiusure di stabilimenti e perdite di posti di lavoro.
«Se la VW ha davvero bisogno di soldi così urgentemente, allora i principali azionisti… dovrebbero restituire questi 4,5 miliardi di euro», ha affermato.
L’economia tedesca si è contratta nel secondo trimestre di quest’anno, secondo le statistiche ufficiali. La produzione industriale del Paese è scesa più del previsto a luglio, guidata principalmente dalla debole attività nel settore automobilistico, ha riferito Reuters la scorsa settimana.
Il rallentamento ha alimentato i timori che la più grande economia europea potrebbe contrarsi di nuovo nel terzo trimestre e andare in un’altra recessione, dopo averne subita una alla fine dell’anno scorso.
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La pianificazione dei tagli in VW era emersa già una settimana fa, con il Blume che citava tra i fattori alla base della decisione un «ambiente economico difficile» e una «causa di scarsa competitività dell’economia tedesca».
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Herbert Diess, capo di Volkswagen, aveva chiesto all’UE di perseguire una soluzione negoziata della guerra in Ucraina per il bene dell’economia del continente.
Gli alti costi dell’energia hanno spinto i grandi nomi dell’automotive tedesco a delocalizzare. Volkswagen a inizio anno aveva annunciato che non costruirà più la sua Golf a combustione a Wolfsburg, ma in Polonia.
L’anno passato le principali case automobilistiche tedesche – Volkswagen, Audi, BMW e Mercedes 2 hanno prodotto circa mezzo milione di auto in meno tra gennaio e maggio, rispetto allo stesso periodo del 2019, con un calo di circa il 20%.
Il crollo della produzione di auto nel contesto attuale riguarda anche l’Italia.
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Immagine di Alexander-93 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Economia
Draghi della distruzione: reloaded

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🚨⚠️ Draghi parla di cessione di sovranità come se fosse una banale chiacchiera da bar, minimizzando un tema cruciale con una leggerezza pericolosa, come se non fosse un tradimento delle fondamenta stesse della nostra nazione. 🇮🇹#eversione pic.twitter.com/HsoXSHvwbS
— Sabrina®️🇮🇹 (@SabrySocial) March 18, 2025
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Alimentazione
Gli USA chiedono uova all’UE

Il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (USDA) ha contattato i produttori di diversi paesi dell’UE per assicurarsi ulteriori importazioni di uova a fronte dell’impennata dei prezzi interni, ha riferito venerdì la Reuters, citando l’associazione danese delle uova.
La richiesta giunge nonostante le recenti tensioni commerciali tra Washington e Bruxelles a causa dei dazi sulle importazioni imposti dal governo statunitense su vari prodotti dell’UE.
Secondo quanto riferito, a fine febbraio un rappresentante dell’USDA in Europa ha inviato richieste formali a diversi paesi produttori di uova, tra cui Danimarca, Svezia e Finlandia.
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I prezzi all’ingrosso delle uova negli Stati Uniti hanno recentemente raggiunto il massimo storico di 8,41 dollari la dozzina, segnando un aumento di oltre il 200% rispetto all’anno precedente, secondo Bloomberg. L’aumento dei prezzi è attribuito a un’epidemia in accelerazione di influenza aviaria tra le galline ovaiole, che ha ridotto significativamente le scorte di uova.
«Stiamo ancora aspettando ulteriori indicazioni da Washington sui prossimi passi, ma avete una stima del numero di uova che potrebbero essere fornite agli Stati Uniti (supponendo che soddisfino tutti i requisiti di importazione)», si legge in una lettera di follow-up all’associazione danese delle uova esaminata da Reuters, indicando che la Casa Bianca stava cercando di stimare le quantità di importazione fattibili.
Un portavoce dell’associazione ha dichiarato alla Reuters che avrebbero indagato sulla situazione, sottolineando tuttavia che in Europa non vi è alcuna eccedenza di uova.
«C’è una carenza di uova ovunque su scala globale, perché il consumo è in aumento e molti sono colpiti dall’influenza aviaria», ha specificato, aggiungendo che le esportazioni di uova negli Stati Uniti potrebbero essere difficili a causa delle normative igieniche e di altri fattori.
Il rappresentante dell’industria danese Jorgen Nyberg Larsen ha confermato in un’intervista con AgriWatch che Washington aveva chiesto informazioni su quanto potesse essere potenzialmente fornito, aggiungendo che «hanno anche contattato i miei colleghi nei Paesi Bassi, in Svezia e in Finlandia».
La scorsa settimana, fonti a conoscenza della questione hanno riferito a Bloomberg che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti aveva avviato un’indagine preliminare sull’impennata dei prezzi delle uova in tutto il Paese. L’indagine si concentrerebbe sulla possibilità che i fornitori locali come Cal-Maine Foods e Rose Acre Farms avessero cospirato per aumentare i prezzi o limitare l’offerta.
All’inizio di questa settimana, è entrato in vigore l’aumento del 25% dei dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio dall’UE da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, in seguito alla scadenza delle precedenti esenzioni e quote esenti da dazi. La Commissione Europea ha risposto annunciando contro-dazi su 26 miliardi di euro (oltre 28 miliardi di dollari) di beni statunitensi, che dovrebbero iniziare ad aprile.
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Il prezzo alle stelle delle uova è considerato un segno evidente dell’ondata inflattiva che ha colpito gli USA negli anni di Biden. Il problema, che arriva a far mancare del tutto le uova negli scaffali dei supermercati americani, deriva anche dall’abbattimento massivo di volatili per l’isteria dell’influenza aviaria, che ciclicamente per mesi e anni è stata lanciata da stampa ed autorità USA come un nuovo COVID in arrivo.
Altri ritengono che si tratti di una scarsità programmata, quasi un’operazione di sabotaggio, tra le altre, che hanno colpito il settore alimentare americano.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi anni si è registrata una strana serie di incidenti ad impianti di produzione alimentare e grandi fattorie degli USA.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Economia
Trump è peggio del COVID: lo dice il vicepresidente BCE

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