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I Navy SEAL considerati alla missione per l’omicidio di Maduro

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L’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump sta esaminando tre opzioni per destituire il presidente venezuelano Nicolas Maduro, tra cui un’operazione dei Navy SEAL. Lo riporta il New York Times citando fonti anonime.

 

L’articolo del quotidiano neoeboraceno appare dopo un recente potenziamento militare statunitense nei Caraibi, in seguito alle accuse di Trump secondo cui Maduro sarebbe legato a reti «narcoterroristiche» dedite al contrabbando di droga verso gli Stati Uniti.

 

Il mese scorso, Trump ha autorizzato operazioni della CIA in Venezuela per presunti traffici sostenuti dallo Stato, mentre Washington ha dispiegato unità navali nei Caraibi occidentali con l’ordine di impiegare forza schiacciante contro presunte imbarcazioni dedite al narcotraffico. Maduro ha respinto le imputazioni, accusando Trump di «fabbricare una nuova guerra».

 

Secondo il NYT, i piani in valutazione potrebbero combinare attacchi aerei su installazioni militari che appoggiano Maduro, missioni di forze speciali mirate direttamente al presidente e sforzi per impadronirsi dei giacimenti petroliferi e delle infrastrutture venezuelane.

 

L’articolo descrive uno scenario che prevede bombardamenti su strutture militari, alcune delle quali, stando a funzionari statunitensi, sarebbero coinvolte nel narcotraffico. L’obiettivo sarebbe indebolire il sostegno armato a Maduro.

 

Un secondo approccio contemplerebbe lo spiegamento di unità speciali USA, inclusa la Delta Force e la SEAL Team 6 – nota come «Navy SEAL» –, per catturare o eliminare Maduro. La Casa Bianca mirerebbe a eludere i divieti esistenti su attacchi a leader stranieri, ritraendo Maduro come capo di un cartello narcoterroristico, in linea con le giustificazioni per i raid aerei su navi dedite al traffico di droga, come riportato dal quotidiano.

 

Il terzo piano implicherebbe l’invio di forze antiterrorismo in Venezuela per assumere il controllo di aeroporti, campi petroliferi e asset critici.

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Gli Stati Uniti hanno offerto una taglia di 50 milioni di dollari per informazioni che conducano all’arresto o alla condanna di Maduro, ritenuto dagli americani a capo di una ghenga narcoterrorista.

 

Diverse notizie della scorsa settimana indicano che Washington stia pianificando operazioni in Venezuela e abbia identificato potenziali bersagli legati al presunto narcotraffico. Gli USA avrebbero schierato nella zona circa 16.000 soldati e otto navi da guerra della Marina.

 

Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.

 

Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.

 

Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.

 

Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.

 

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Il generale Flynn dice che la CIA lavora contro Trump per la guerra imminente in Europa

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L’ex consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Michael Flynn ha accusato la CIA di colludere con i servizi segreti europei per ostacolare gli sforzi del presidente Donald Trump mirati a raggiungere una pace negoziata in Ucraina.   In un post pubblicato domenica su X, Flynn ha dichiarato che la CIA è «in combutta con l’MI6 e altri membri della comunità di intelligence dell’UE», ribadendo il suo monito secondo cui lo «stato profondo» starebbe complottando contro Trump.   «L’UE, ovvero la NATO (senza gli Stati Uniti), vuole disperatamente la guerra con la Russia», ha scritto Flynn, aggiungendo che «i guerrafondai della nostra amministrazione e del Congresso vogliono una guerra perpetua e fottuta». Le sue affermazioni fanno eco alle recenti dichiarazioni della direttrice dell’intelligence nazionale statunitense Tulsi Gabbard, che ha accusato Reuters di diffondere «bugie e propaganda» sulle intenzioni russe al fine di indebolire la diplomazia di Trump e favorire l’escalation.  

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Flynn è andato oltre, invitando Trump a rifiutare le narrazioni promosse dai sostenitori europei di Kiev. «Dovete prendere posizione sulla situazione nell’Europa orientale e sulle sciocchezze che vi vengono propinate dall’Europa e da alcune parti dell’USIC», ha scritto.   L’ex consigliere ha inoltre criticato quello che ha definito uno spreco di denaro dei contribuenti americani per finanziare Kiev, accusando il leader ucraino Volodymyr Zelensky di reprimere l’opposizione e di rimandare le elezioni con il pretesto del conflitto.   «Noi, il popolo degli Stati Uniti, non vogliamo più questa guerra. Non vogliamo spendere un solo centesimo per un dittatore da quattro soldi che arresta le voci dell’opposizione, anche nella sua stessa Rada [Congresso], e i media», ha affermato Flynn.   I commenti del Flynn arrivano nel pieno di delicati colloqui segreti tra Stati Uniti e Russia tenutisi a Miami, dove l’inviato russo Kirill Dmitriev ha incontrato i fiduciari di Trump Steve Witkoff e Jared Kushner per discutere di un possibile accordo di pace. Mosca ha accusato i membri europei della NATO di aver cercato di interferire nei negoziati, annacquando le proposte americane e spingendo per il sequestro dei beni russi congelati al fine di finanziare Kiev.   I funzionari russi hanno lodato quelle che definiscono rare voci capaci di sfidare la «lobby bellica» occidentale. Dmitriev ha elogiato la Gabbard per aver rivelato le «origini della bufala russa» e «aver smascherato la macchina guerrafondaia dello Stato profondo».  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
 
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I servizi segreti tedeschi avranno poteri offensivi

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La Cancelleria di Berlino ha proposto di attribuire all’agenzia di intelligence estera tedesca, il BND, attualmente orientata prevalentemente alla sorveglianza, l’autorità di effettuare sabotaggi e altre operazioni offensive all’estero. Lo riporta il quotidiano Süddeutsche Zeitung.

 

Il Servizio Federale di Intelligence (BND) venne istituito nel 1956 nella Germania Ovest del dopoguerra e, analogamente alle forze armate, disponeva inizialmente di poteri limitati. Fino ad ora, al BND è stato permesso soltanto di raccogliere e analizzare informazioni.

 

Secondo quanto riportato, una nuova bozza di legge esaminata dai media tedeschi permetterebbe all’agenzia di spionaggio di operare in modo assai più aggressivo, autorizzandola a eseguire attacchi informatici, atti di sabotaggio e altre azioni offensive.

 

Se approvata, la norma estenderebbe inoltre i poteri di sorveglianza interna del BND, consentendo agli agenti di introdursi nelle abitazioni dei sospettati per installare in segreto software spia su computer e altri dispositivi. Amplierebbe ulteriormente l’impiego della tecnologia di riconoscimento facciale e la raccolta di dati sulle posizioni dei veicoli e sui percorsi di viaggio.

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Secondo le disposizioni proposte, gli ufficiali dei servizi segreti sarebbero apparentemente autorizzati a impiegare i nuovi poteri solo qualora il Consiglio di sicurezza nazionale tedesco, di recente creazione, accertasse l’esistenza di una «minaccia sistematica». Una commissione parlamentare incaricata di vigilare sui servizi segreti dovrebbe poi approvare la misura a maggioranza dei due terzi.

 

Il quotidiano, citando un portavoce, ha riferito che i funzionari governativi stanno «lavorando intensamente insieme in una consultazione preliminare» per far avanzare la proposta.

 

All’inizio di quest’anno, all’agenzia di intelligence erano stati concessi poteri più ampi per sorvegliare il partito di opposizione Alternativa per la Germania (AfD), dopo che Berlino lo aveva ufficialmente classificato come gruppo «estremista», nonostante avesse ottenuto oltre il 20% dei voti alle elezioni federali.

 

Alti funzionari dell’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump hanno criticato la decisione, definendola una soppressione della libertà di espressione. Il vicepresidente statunitense J.D. Vance ha paragonato le azioni del governo tedesco contro l’AfD, che ha descritto come «il partito più popolare in Germania», alla ricostruzione del Muro di Berlino.

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Immagine di Jan Kleihues (Stefan Müller, photographer) via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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La rivoluzione dei giovani in Nepal finanziata dal fondo americano per il regime-change

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Secondo un’inchiesta pubblicata dal sito indipendente statunitense The Grayzone, il National Endowment for Democracy (NED), un’organizzazione finanziata dal governo USA, avrebbe sostenuto e coordinato le proteste che hanno portato alla caduta del governo nepalese a settembre 2025.   Il primo ministro KP Sharma Oli si è dimesso il 9 settembre in seguito a violente manifestazioni – note come proteste della Generazione Z – scoppiate in tutto il Nepal contro la corruzione, il nepotismo e un divieto imposto a numerose piattaforme social. Gli scontri hanno provocato circa 77 morti e oltre 2.000 feriti.   The Grayzone ha reso pubblici documenti riservati che indicano come il NED abbia investito centinaia di migliaia di dollari in programmi di formazione per giovani nepalesi, insegnando tecniche per organizzare manifestazioni e campagne di sensibilizzazione.   Secondo Reuters, le proteste hanno generato danni economici superiori ai 586 milioni di dollari per l’economia nepalese (che vale circa 42 miliardi), come dichiarato dall’ufficio della prima ministra ad interim Sushila Karki – ex presidente della Corte Suprema – che ha succeduto a Oli.

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I documenti rivelano un’operazione segreta gestita dall’International Republican Institute (IRI), una divisione del NED, volta a creare una rete di giovani attivisti nepalesi progettata esplicitamente per «diventare una forza importante a sostegno degli interessi degli Stati Uniti».   Tali iniziative includevano il collegamento di «giovani dinamici con leader politici» e «formazioni complete su come lanciare campagne di sensibilizzazione e proteste», sempre secondo il reportaggio di The Grayzone.   L’IRI è stato accusato di aver condotto attività simili anche in Bangladesh. La NED, fondata nel 1983, è un’organizzazione no-profit ufficialmente finanziata dal Dipartimento di Stato USA per promuovere «iniziative democratiche» nel mondo, ma è stata ripetutamente criticata per aver interferito in processi politici stranieri, assumendo funzioni un tempo attribuite alla CIA per destabilizzare governi non allineati.   L’organizzazione è stata accusata di indebolire sovranità nazionali attraverso il sostegno a movimenti oppositori.   Un think tank statunitense, il Center for Renewing America, ha inoltre rimproverato il NED di aver dirottato decine di milioni di dollari verso entità politiche ucraine e interessi anti-russi.  

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