Geopolitica
Haiti, brucia il regno oscuro dei Clinton – tra vudù e corruzione
Ad oggi, giorni dopo il più tremendo attentato politico di questi anni – una nazione decapitata del suo presidente mentre questi si trovava in casa, in teoria protetto – ancora nulla è chiaro. Ora più figure reclamano il potere, le bande armate che scorrazzano per il Paese – di cui ha parlato il missionario passionista americano Padre Rick Flechette (vero eroe di Haiti) al Corriere, – sono l’unica realtà credibile, assieme al cadavere del presidente Moise crivellato di colpi.
Ci hanno fatto vedere un video: fuori dalla villa qualcuno urlava ordini in americano e spagnolo, dicevano di stare lontani perché si trattava di un’operazione della DEA, la potente agenzia governativa USA contro il narcotraffico. Ma anche qui, chi ci capisce qualcosa.
Ad oggi, giorni dopo il più tremendo attentato politico di questi anni – una nazione decapitata del suo presidente mentre questi si trovava in casa, in teoria protetto – ancora nulla è chiaro
Biden si dice dispiaciuto, mentre alcuni pretendenti al trono locali chiedono agli USA di mandare l’esercito: un invito di invasione in piena regola. Dal 2004, Haiti non ha un esercito.
Il New York Times ha mandato in stampa un articolo, peraltro molto credibile, che racconta come i mercenari colombiani accusati probabilmente non sono così colpevoli come dice la polizia di Haiti, che ne arrestati un po’ e ammazzati un altro po’.
La polizia di Haiti – di per sé l’espressione fa ridere – ora accusa un dottore haitiano-americano di tentato golpe, con annesso coinvolgimento a sue spese di mercenari. Il capo della polizia dice che il dottore ha ucciso il presidente perché ne voleva prendere il posto, ma è una storia talmente incredibile (con quale motivazione il dottore residente in Florida, una volta morto il presidente prende il suo posto) da sembrarci la solita dichiarazione illogica da istituzione del Terzo Mondo – e Haiti è il Paese più povero del mondo.
Resta il fatto, diciamo un pochino sospetto, che chi è entrato nella villa del presidente per ammazzarlo non ha trovato alcuna resistenza da parte delle guardie di sicurezza presidenziali.
Haiti negli anni è più volte emersa negli anni come base per il supposto malaffare umanitario della Fondazione Clinton
Nel fango e nella nebbia dell’Isola da cui deriva la parola Zombie, non è detto che sapremo mai la verità.
Tuttavia c’è una cosa che ci piacerebbe riportare alla memoria. Haiti negli anni è più volte emersa negli anni come base per il supposto malaffare umanitario della Fondazione Clinton. Lo ha sostenuto Breitbart e tutto il giro di Steve Bannon nel film e nel libro Clinton Cash, di cui hanno pure fatto una versione a fumetti.
I Clinton hanno decorato le loro case con l’arte haitiana, e sono volati infinite volte nell’isola dell’estrema povertà. Nel tremendo terremoto dello scorso decennio, i Clinton arrivarono subito a farsi fotografare mentre passano casse di viveri. Guido Bertolaso, dominus della Protezione Civile italiana, video ciò che stava facendo la Fondazione Clinton e ebbe a polemizzare, ricevendo la risposta piccata di Hillary.
La stessa Hillary, del resto, una volta ammise come i Clinton fossero «una famiglia ossessionata da Haiti». E Haiti, per quanti credono nello spirituale, significa una cosa precisa: vudù.
La stessa Hillary, del resto, una volta ammise come i Clinton fossero «una famiglia ossessionata da Haiti». E Haiti, per quanti credono nello spirituale, significa una cosa precisa: vudù
La storia dell’influenza del vudù sui Clinton non è peregrina. Sul sito EFFEDIEFFE comparve un articolo sulla questione anni fa, quando morì il «Papa» del vudù haitiano, quel Max Beauvoir con il quale i Clinton trascorsero il viaggio di nozze, proprio ad Haiti, con immancabile rito demoniaco afro-caraibico.
Nel 1975, Bill e Hillary andarono ad Haiti per la luna di miele. Per gli illustri ospiti, che erano giovani ma evidentemente già molto ben inseriti (ricordiamoci le origini di Bill: la Fulbright Scholarship, le lezioni del suo maestro diretto Carrol Quigley) Beauvoir, il «re degli Zombi» (per chi non lo sapesse, lo zombi è una parola vudù che significa il corpo posseduto dagli spiriti), officiò la cerimonia vudù:
«Gli spiriti arrivarono, e possederono una donna e un uomo – ricorda il Bill nella sua autobiografia My Life – L’uomo si strofinò una torcia sul suo corpo e camminò sui carboni ardenti senza essere bruciato. La donna, nella frenesia, urlava ripetutamente, poi prese un pollo vivo e gli staccò la testa a morsi».
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«Gli spiriti arrivarono, e possederono una donna e un uomo – ricorda Bill Clinton nella sua autobiografia My Life – L’uomo si strofinò una torcia sul suo corpo e camminò sui carboni ardenti senza essere bruciato. La donna, nella frenesia, urlava ripetutamente, poi prese un pollo vivo e gli staccò la testa a morsi».
Se qualcosa sia rimasto attaccato ai Clinton, durante questi riti decisamente satanici, lo lasciamo decidere a Dio e forse all’immaginazione del lettore, e fors’anche ad una futura storia della geodemonologia. Fatto sta che l’incontro con il vudù avvenne in un anno decisivo per il futuro presidente: egli stava decidendo se candidarsi o no alle elezioni di Procuratore generale dell’Arkansas.
«Al momento del ritorno da Haiti, ero determinato a candidarmi».
Migliaia di commentatori, più o meno complottisti, avrebbero poi notato, all’altezza delle presidenziali 2016, le strane espressioni di Hillary, che pareva non avere il controllo delle espressioni del volto.
Né la nostra aficionada del Vudù pare in grado di contenere la crudeltà, come quando, dinanzi alle telecamere, rise ammettendo in sostanza di aver ucciso lei Muammar Gheddafi.
Il video, famosissimo, segue la notizia, appena letta sul suo cellulare, dell’eliminazione del colonnello libico, come visibile nel fuorionda.
Il caso di Haiti pare più complesso di quello della White House contaminata dagli idoli vudù dei Clinton: la situazione è totalmente indemoniata, e l’esorcismo necessario è di magnitudine massima
Secondo una voce mai confermata, Melania Trump, una volta arrivata alla Casa Bianca, ordinò un’esorcismo, perché, disse un predicatore protestante con fonti dentro il Palazzo, «convinta che sia i Clinton che gli Obama hanno contaminato spiritualmente la Casa Bianca». Per l’esorcismo vi sarebbero state «persone ovunque che pregavano e ungevano con l’olio».
Il caso di Haiti pare più complesso di quello della White House contaminata dagli idoli vudù dei Clinton: la situazione è totalmente indemoniata, e l’esorcismo necessario è di magnitudine massima sia nella scala Richter che nella scala Mercalli.
Riguardo ai Clinton per coloro a cui non basta quanto abbiamo raccontato sopra e i video annessi, raccomandiamo di dare un’occhiata a cos’è la teoria del «Clinton Body Count». Già a giugno 2021 gli appassionati volevano aggiungere una tacca alla lista, magari di recente ci sarà da aggiornare qualche numero e non solo sul piano nazionale.
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Geopolitica
Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati
Il funzionario di Hamas Khalil al-Hayya ha dichiarato il 24 aprile che Hamas deporrà le armi se ci fosse uno Stato palestinese in una soluzione a due Stati al conflitto.
In un’intervista di ieri con l’agenzia Associated Press, al-Hayya ha detto che sono disposti ad accettare una tregua di cinque anni o più con Israele e che Hamas si convertirebbe in un partito politico, se si creasse uno Stato palestinese indipendente «in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e vi fosse un ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali».
Al-Hayya è considerato un funzionario di alto rango di Hamas e ha rappresentato Hamas nei negoziati per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi.
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Nonostante l’importanza di una simile concessione da parte di Hamas, si ritiene improbabile che Israele prenda in considerazione uno scenario del genere, almeno sotto l’attuale governo del primo ministro Benajmin Netanyahu.
Al-Hayya ha dichiarato ad AP che Hamas vuole unirsi all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, guidata dalla fazione rivale di Fatah, per formare un governo unificato per Gaza e la Cisgiordania, spiegando che Hamas accetterebbe «uno Stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e il ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali», lungo i confini di Israele pre-1967.
L’ala militare del gruppo, quindi si scioglierebbe.
«Tutte le esperienze delle persone che hanno combattuto contro gli occupanti, quando sono diventate indipendenti e hanno ottenuto i loro diritti e il loro Stato, cosa hanno fatto queste forze? Si sono trasformati in partiti politici e le loro forze combattenti in difesa si sono trasformate nell’esercito nazionale».
Il funzioanrio di Hamas ha anche detto che un’offensiva a Rafah non riuscirebbe a distruggere Hamas, sottolineando che le forze israeliane «non hanno distrutto più del 20% delle capacità [di Hamas], né umane né sul campo. Se non riescono a sconfiggere [Hamas], qual è la soluzione? La soluzione è andare al consenso».
Per il resto ha confermato che Hamas non si tirerà indietro rispetto alle sue richieste di cessate il fuoco permanente e di ritiro completo delle truppe israeliane.
«Se non abbiamo la certezza che la guerra finirà, perché dovrei consegnare i prigionieri?» ha detto il leader di Hamas riguardo ai restanti ostaggi nelle mani degli islamisti palestinesi.
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«Rifiutiamo categoricamente qualsiasi presenza non palestinese a Gaza, sia in mare che via terra, e tratteremo qualsiasi forza militare presente in questi luoghi, israeliana o meno… come una potenza occupante», ha continuato
Hamas e l’OLP hanno discusso in varie capitali, tra cui Mosca, nel tentativo di raggiungere l’unità, scrive EIRN. Non è noto quale sia lo stato di questi colloqui.
L’intervista di AP è sta registrata a Istanbul, dove Al-Hayya e altri leader di Hamas si sono uniti al leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, che ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il 20 aprile. Non c’è stata alcuna reazione immediata da parte di Israele o dell’autore palestinese.
Nel mondo alcune voci filo-israeliane hanno detto che le parole del funzionario di Hamas sarebbero un bluff.
Come riportato da Renovatio 21, in molti negli ultimi mesi hanno ricordato che ai suoi inizi Hamas è stata protetta e nutrita da Israele e in particolare da Netanyahu proprio come antidoto alla prospettiva della soluzione a due Stati.
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Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
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Geopolitica
L’Iran minaccia ancora una volta di spazzare via Israele
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha minacciato Israele di annientamento se tentasse di attaccare nuovamente l’Iran.
Raisi è arrivato in Pakistan lunedì per una visita di tre giorni. Martedì ha parlato delle recenti tensioni tra Teheran e Gerusalemme Ovest in un evento nel Punjab.
«Se il regime sionista commette ancora una volta un errore e attacca la terra sacra dell’Iran, la situazione sarà diversa, e non è chiaro se rimarrà qualcosa di questo regime», ha detto Raisi all’agenzia di stampa statale IRNA.
Israele non ha mai riconosciuto ufficialmente un attacco aereo del 1° aprile sul consolato iraniano a Damasco, in Siria, che ha ucciso sette alti ufficiali della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Teheran ha tuttavia reagito il 13 aprile, lanciando decine di droni e missili contro diversi obiettivi in Israele.
L’Iran si è scrollato di dosso una serie di esplosioni segnalate vicino alla città di Isfahan lo scorso venerdì, che si diceva fossero una risposta da parte di Israele. Lo Stato degli ebrei non ha riconosciuto l’attacco denunciato, pur criticando un ministro del governo che ne ha parlato a sproposito. Teheran ha scelto di ignorarlo piuttosto che attuare la rapida e severa rappresaglia promessa.
La Repubblica Islamica ha promesso in più occasioni di spazzare via, distruggere o annientare il «regime sionista», espressione con cui spesso chiama Israele.
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Martedì, parlando a Lahore, il Raisi ha promesso di continuare a «sostenere onorevolmente la resistenza palestinese», denunciando gli Stati Uniti e l’Occidente collettivo come «i più grandi violatori dei diritti umani», sottolineando il loro sostegno al «genocidio» israeliano a Gaza.
Nel suo viaggio diplomatico il Raisi ha promesso di incrementare il commercio iraniano con il Pakistan portandolo a 10 miliardi di dollari all’anno. Le relazioni tra i due vicini sono difficili da gennaio, quando Iran e Pakistan hanno scambiato attacchi aerei e droni mirati a “campi terroristici” nei rispettivi territori.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Teheran ha dichiarato pubblicamente di sapere dove sono nascoste le atomiche israeliane. Nelle scorse settimane lo Stato Ebraico aveva dichiarato di essere pronto ad attaccare i siti nucleari iraniani.
Negli ultimi mesi l’Iran ha accusato Israele di aver fatto saltare i suoi gasdotti. Hacker legati ad Israele avrebbero rivendicato un ulteriore attacco informatico al sistema di distribuzione delle benzine in Iran.
Sei mesi fa l’Iran ha arrestato e giustiziato tre sospetti agenti del Mossad. All’ONU il ministro degli Esteri iraniano aveva dichiaato che gli USA «non saranno risparmiati» in caso di escalation.
Come riportato da Renovatio 21, anche da Israele a novembre 2023 erano partite minacce secondo le quali l’Iran potrebbe essere «cancellato dalla faccia della terra».
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Immagine di duma.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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