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Fernandez rattoppa la Fiducia Supplicans. Ma la benedizione gay è il nuovo granello d’incenso da sacrificare all’Imperatore

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Il cardinale Victor «Tucho» Fernandez ha rilasciato un comunicato stampa inteso a «chiarire» il suo testo Fiducia Supplicans che consentiva la benedizione delle coppie dello stesso sesso, nel tentativo di limitare la diffusa opposizione dei vescovi a tali benedizioni.

 

Il cardinale argentino avverte che «non c’è spazio per prendere le distanze dottrinali» dalla Fiducia Supplicans. I contenuti della nota di spiegazione sono, sotto tanti aspetti, preoccupanti, forse ancora più del documento papale stesso.

 

Diramato il 4 gennaio, il comunicato stampa del Fernandez tenta di «aiutare a chiarire la ricezione di Fiducia supplicans, raccomandando al contempo una lettura completa e attenta della Dichiarazione per comprendere meglio il significato della sua proposta».

 

Si tratta forse della prima volta in due millenni che la Chiesa fa uscire un documento per spiegare che una dichiarazione precedente non è eretica. Per molti osservatori la mossa di Fernandez ricade nella categoria metafisica del «tacòn pezo del buso», espressione veneta che corrisponde alla «toppa peggio del buco».

 

Il capo del Dicastero per la Dottrina della Fede sembrerebbe preoccupato dalle reazioni avutesi in tutto il mondo, epperò non ne cita nemmeno una, limitandosi ha scritto che «comprensibili pronunciamenti di alcune Conferenze episcopali sul documento Fiducia supplicans hanno il valore di evidenziare la necessità di un periodo più lungo di riflessione pastorale».

 

«Evidentemente, non ci sarebbe lo spazio per prendere le distanze dottrinali da questa Dichiarazione o per considerarla eretica, contraria alla Tradizione della Chiesa o blasfema» scrive il cardinale scelto da Bergoglio.

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L’opposizione globale dei vescovi alla Fiducia Supplicans, tuttavia, non è stata scatenata dalle sue dichiarazioni sulla natura del matrimonio, come sembra voler dire il Fernandez, forse cercando di confondere le acque di fronte ad un fatto incontrovertibile: l’opposizione di moltissimi vescovi e sacerdoti in tutto il mondo è riguardo l’apertura alle benedizioni offerte alle coppie dello stesso sesso.

 

Il Fernandez sostiene che si tratta di chiedere benedizioni alle persone che stanno insieme, ma non alle loro unioni in sé: «la Dichiarazione contiene la proposta di brevi e semplici benedizioni pastorali (non liturgiche né ritualizzate) di coppie irregolari (non delle unioni), sottolineando che si tratta di benedizioni senza forma liturgica che non approvano né giustificano la situazione in cui si trovano queste persone».

 

Ovviamente, nel mondo è già stato raggiunto l’obiettivo vero di questo processo, ossia le benedizioni dei «matrimoni omosessuali». Vi sono già esempi, con foto, che provengono dagli Stati Uniti. Abbiamo visto la benedizione del gesuita pro-gay, grande favorito di Bergoglio, padre Martin a due gay «sposati». Ora circolano anche foto che sembrano tutto meno che le «benedizioni private» di cui si dice parli la Fiducia Supplicans: ecco foto di lesbiche «sposate» da abbi a testa china mentre il sacerdote impone le mani davanti all’altare e al crocefisso.

 

 

E poi, attenzione: il comunicato-toppa non rappresenta un passo indietro, anzi.

 

Scrivendo che diverse diocesi attueranno la Fiducia Supplicans in tempi diversi «a seconda dei contesti locali e del discernimento di ogni Vescovo diocesano con la sua Diocesi», e che ogni vescovo ha autorità nella propria diocesi, Fernández ha tuttavia proibito ai vescovi di vietare ai sacerdoti di agire in linea con Fiducia Supplicans: «la prudenza e l’attenzione al contesto ecclesiale e alla cultura locale potrebbero ammettere diverse modalità di applicazione, ma non una negazione totale o definitiva di questo cammino che viene proposto ai sacerdoti». Si tratta della posizione già assunta dal presidente della Conferenza Episcopale Austriaca, monsignor Franz Lackner, che aveva detto che in fondo ai sacerdoti non sarà possibile «dire di no».

 

Il fronte di opposizione più caldo è stato di certo quello dell’episcopato africano, con varie dichiarazioni pubbliche delle conferenze episcopali dei Paesi del Continente Nero ad emettere – contrariamente a quanto dice Fernandez – un chiaro divieto contro l’applicazione del documento papale di benedizione gay.

 

I vescovi del Camerun, ad esempio hanno pubblicato una dichiarazione piuttosto diretta: «noi proibiamo formalmente ogni benedizione delle “coppie omosessuali” nella Chiesa del Camerun». Contrariamente a molte società liberali in Occidente, l’omosessualità non è un comportamento socialmente accettato in gran parte dell’Africa, una realtà evidenziata da numerosi vescovi del continente nelle loro rispettive risposte.

 

Lo stesso dicasi per l’arcidiocesi di Nairobi, in Kenya. Idem per la conferenza episcopale zambiana.

 

A questo punto, il Fernandez si inerpica in un discorso che sembra suggerire che l’opposizione dei prelati africani avviene non per loro intima convinzione teologica ma perché «è evidente che i Vescovi non vogliono esporre le persone omosessuali alla violenza» dei Paesi con «legislazioni che condannano con il carcere e in alcuni casi con la tortura e perfino con la morte il solo fatto di dichiararsi omosessuale».

 

In pratica, sembra dirci il porporato argentino, abbiamo sbagliato a capire noi tutti, e pure gli stessi vescovi africani non hanno scritto quello che davvero pensano. L’opposizione non è al papa, al suo scherano connazionale posto alla Dottrina della Fede e alla perversione della dottrina: ma no, è colpa dei governi africani omofobi, da cui i vescovi neri vogliono solo proteggere gli omosessuali.

 

Davanti ad una simile gabola la mandibola del fedele cattolico tenderebbe a crollare: tuttavia, dopo il gaslighting (termine assai usato dall’americano odierno per indicare una manipolazione grossolana), arriva, anche qui come sopra, il bastone.

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«Resta importante che queste Conferenze episcopali non sostengano una dottrina differente da quella della Dichiarazione approvata dal Papa, in quanto è la dottrina di sempre, ma piuttosto che propongano la necessità di uno studio e di un discernimento per agire con prudenza pastorale in un tale contesto».

 

«In verità, non sono pochi i Paesi che in varia misura condannano, proibiscono e criminalizzano l’omosessualità. In questi casi, al di là della questione delle benedizioni, vi è un compito pastorale grande e di largo respiro che include formazione, difesa della dignità umana, insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa e diverse strategie che non ammettono fretta».

 

Insomma, Fernandez assicura che i vescovi adirati in realtà non lo sono, anzi, aderiscono alla dottrina perenne della Chiesa, che a quanto sembra prevede le benedizioni omo. Va tutto bene. Niente da vedere, circolare.

 

Nel comunicato il prelato argentino sostiene che il «tema centrale» di Fiducia Supplicans «invita in modo particolare ad un approfondimento che arricchisca la nostra prassi pastorale, è la comprensione più ampia delle benedizioni e la proposta di accrescere le benedizioni pastorali, che non esigono le medesime condizioni delle benedizioni in un contesto liturgico o rituale».

 

La chiesa tutta, viene ribadito, deve sottomettersi alla nuova prassi, nonostante le ribellioni in atto

 

«Sebbene qualche Vescovo consideri prudente per il momento non dare queste benedizioni, resta vero che tutti necessitiamo di crescere nella convinzione che le benedizioni non ritualizzate non sono una consacrazione della persona o della coppia che le riceve, non sono una giustificazione di tutte le sue azioni, non sono una ratifica della vita che conduce» scrive la nota.

 

«Quando il Papa ci ha chiesto di crescere in una comprensione più ampia delle benedizioni pastorali, ci ha proposto di pensare ad un modo di benedire che non richiede di porre tante condizioni per realizzare questo semplice gesto di vicinanza pastorale, che è un mezzo per promuovere l’apertura a Dio in mezzo alle più diverse circostanze».

 

Infine, un’ulteriore discesa nell’abisso del ridicolo, con l’introduzione delle benedizioni «microtemporizzate». Si tratta di un’ulteriore piroetta che lascia a bocca aperta.

 

Offrendo indicazioni concrete su come potrebbe avvenire una benedizione per una coppia dello stesso sesso, Fernandez ha suggerito una formula da utilizzare per i sacerdoti nonostante la sua precedente dichiarazione secondo cui tali benedizioni sarebbero in gran parte «spontanee» e non formalizzate.

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È pronta una formula fissa: «in questo caso, il sacerdote può recitare una semplice orazione come questa: “Signore, guarda a questi tuoi figli, concedi loro salute, lavoro, pace e reciproco aiuto. Liberali da tutto ciò che contraddice il tuo Vangelo e concedi loro di vivere secondo la tua volontà. Amen». E conclude con il segno della croce su ciascuno dei due».

 

Poi il suggerimento riguardo la tempistica: «si tratta di 10 o 15 secondi. Ha senso negare questo tipo di benedizioni a queste due persone che la implorano?».

 

Le benedizioni di 10 secondi possono sconvolgere il lettore, che ha il diritto di sentirsi definitivamente preso in giro dal cardinale e dalla sua neochiesa: dobbiamo ricordare sempre che né la chiesa né il papa parlano a noi, ma alla massa vaccina, alla mandria di bovidi che ancora ci stanno, aiutati dall’imbuto dei media mainstream.

 

Tuttavia a noi, quei dieci secondi di benedizione contro dottrina ricordano altro: il granello d’incenso delle persecuzioni anticristiane del IV secolo. Gli imperatori Decio e Valeriano avevano capito che per piegare il cristianesimo, la cui ascesa nell’Impero Romano era un fatto non più disputabile, dovevano macchiarne il credo, spingendo i fedeli cristiani a commettere un atto positivo di culto pagano.

 

I cristiani che accettavano l’ordine divenivano lapsi («caduti»), chi preservava la fede diveniva martire (cioè, testimone). Tra i lapsi, vi erano i sacrificati, cioè cristiani che accettavano di compiere veri e proprio sacrifici pagani (se pensate alla Pachamama, alla messa Maya, non siete soli); i traditores, cioè coloro che avevano tradito – etimologicamente, «consegnato» – le Sacre Scritture alle autorità pagane; e i thurificati: coloro che avevano bruciato anche un solo granello d’incenso davanti alle immagini del paganesimo imperiale.

 

Un granello d’incenso: bastava sacrificare quello, dicevano i soldati ai cristiani, poi ti avrebbero lasciato stare. Altrimenti, c’era la morte – per te e magari per tua moglie, tua madre, tuo padre, i tuoi figli. Un solo granello d’incenso.  Anche qui, immaginiamo che all’epoca sia stato detto che «si tratta di 10 o 15 secondi». Ha senso non farlo?

 

Le benedizioni gay sono il nuovo granello d’incenso. Gli africani lo hanno capito.

 

Ora bisogna realizzare che il ruolo di Imperatore della Morte, oggi, ce lo ha il papa.

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine da screenshot Twitter; modificata

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Religioso canadese arrestato per essersi rifiutato di scrivere delle scuse al bibliotecario della «Drag Queen Story Hour»

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Un pastore protestante canadese è stato arrestato per essersi rifiutato di scusarsi con una bibliotecaria che aveva organizzato un’ora di racconti drag queen per bambini. Lo riporta LifeSite.   Nel pomeriggio del 3 dicembre, la polizia di Calgary ha arrestato il pastore cristiano Derek Reimer per essersi rifiutato di ottemperare a un’ordinanza del tribunale che gli imponeva di scrivere delle scuse formali al direttore della biblioteca pubblica di Calgary, da lui criticato per aver promosso un’ora di racconti drag queen per bambini nel 2023.   «Sapete perché lo state arrestando? Non si pentirà delle sue convinzioni», ha chiesto alla polizia un giornalista canadese indipendente con lo pseudonimo di Dacey Media durante l’arresto.  

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All’arresto erano presenti il ​​pastore Artur Pawlowski – già noto per le sue azioni di disobbedienza in pandemia – e il figlio di Reimer. I video dell’arresto sono rapidamente circolati sui social media, con molti attivisti canadesi che lo hanno condannato, in quanto considerato un attacco ai valori cristiani e pro-famiglia.   Al momento dell’arresto, Reimer stava scontando un anno di arresti domiciliari, contro i quali aveva già presentato ricorso e si è presentato in tribunale per discutere le condizioni della sua condanna. Nel 2023, l’avvocato di Reimer, Andrew MacKenzie, della Mission 7 Ministries, ha presentato ricorso contro la condanna a un anno di arresti domiciliari e due anni di libertà vigilata inflitta al pastore prima di Natale per aver protestato contro un evento «drag queen story hour» rivolto ai bambini presso la Saddletown Library di Calgary nella primavera del 2023. Gli avvocati del governo avevano cercato di condannare Reimer al carcere per la sua protesta contro il piano di indottrinamento omotransessualista.   Reimer aveva chiesto a Shannon Slater, la direttrice della biblioteca, perché la biblioteca stesse organizzando un evento del genere. Non avendo ricevuto risposta, Slater disse a Reimer di andarsene.  

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Tuttavia, Reimer aveva pubblicato la sua interazione con Slater sui social media. Gli era stato ordinato di scrivere una lettera di scuse a Slater, che doveva essere consegnata entro la fine della settimana scorsa. Reimer ha dichiarato ai media locali che non avrebbe consegnato la lettera, poiché per «dispiacere» bisogna «ammettere la colpa», ovvero «aver sbagliato», sottolineando come questo equivalga ad ammettere di aver commesso un «errore» e che questo è ciò che significa «chiedere scusa».   Reimer ha anche sottolineato di aver detto alla corte di aver «fatto leva sulla mia libertà di coscienza, su uno studio approfondito e sulla mia comprensione di essa, unita alla libertà di espressione e di religione», e che «ciò ha spiegato e stabilito che devi esprimere alla corte le tue profonde opinioni religiose sul perché questa è una violazione della tua coscienza e perché non puoi farlo».

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Le femministe britanniche espungono i membri transgender (nel senso, agli affiliati transessuali)

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Due tra le più importanti organizzazioni britanniche riservate a donne e ragazze, il Girlguiding (l’equivalente delle Girl Scout) e il Women’s Institute, hanno deciso di chiudere le porte ai membri transgender, nel senso degli affiliati transessuali.

 

Martedì il Girlguiding ha reso noto che «le ragazze e le giovani donne trans non potranno più iscriversi» come nuove socie. Il giorno successivo, mercoledì, il Women’s Institute, fondato oltre 110 anni fa, ha annunciato che «l’iscrizione sarà riservata esclusivamente alle persone di sesso femminile alla nascita».

 

Entrambe le associazioni hanno sottolineato che la scelta non era quella auspicata, ma è diventata inevitabile per evitare possibili contenziosi legali dopo la sentenza emessa ad aprile dalla Corte Suprema del Regno Unito. I giudici hanno stabilito che, ai sensi dell’Equality Act 2010, i termini «donna» e «sesso» si riferiscono esclusivamente al sesso biologico e non all’identità di genere.

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La pronuncia era arrivata al termine di un ricorso presentato da For Women Scotland contro una norma del governo scozzese che includeva i transgenderri (munite di certificato di riconoscimento del genere) nel calcolo delle quote femminili nei consigli di amministrazione pubblici.

 

Un sondaggio realizzato subito dopo la sentenza ha mostrato che il 59% dei britannici concorda sul fatto che una persona transgender non sia legalmente una donna (dati Electoral Calculus). Tra chi ha accolto favorevolmente la decisione c’è anche J.K. Rowling, da tempo sostenitrice di For Women Scotland.

 

Sempre quest’anno, la Federazione calcistica inglese (FA) e British Rowing (l’ente per il canottaggio) hanno adottato politiche analoghe: dal 1º giugno 2025 i transgender non potranno più competere nelle categorie femminili del calcio in Inghilterra, mentre nel canottaggio britannico l’accesso alla gara femminile è limitato a chi è «assegnato di sesso femminile alla nascita»; per tutti gli altri resta aperta la categoria Open.

 

Secondo le ultime indiscrezioni, anche il Comitato Olimpico Internazionale starebbe valutando di escludere i transessuali dalle competizioni femminili olimpiche.

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La battaglia tra femministe e transessuali va avanti oramai da un pezzo, al punto che il mondo transessualista ha trovato un acronimo per definire le femministe che non accettano il dogma transgenderro imposto ora all’intera società occidentale: le chiamano TERF, trans-exclusionary radical feminists ossia femministe radicalo trans-escludenti.

 

Il caso più celebre di persona definita TERF per aver espresso dubbi sul fatto che maschi biologici possano essere definiti «donne» è stata la scrittrice di Harry Potter JK Rowling, che è peraltro la donna più ricca del Regno Unito.

 

In Europa si era avuto il caso della norvegese Christina Ellingsen, dell’organizzazione femminista globale Women’s Declaration International (WDI), è sotto indagine della polizia per aver fatto la denuncia in un tweet in cui ha criticato il gruppo di attivismo trans FRI. «Perché insegna ai giovani che i maschi possono essere lesbiche? Non è una terapia di conversione?» avrebbe twittato la Ellingsen.

 

Il caso si replicò in Norvegia con l’attrice e cineasta Tonje Gjevjon, una lesbica nota nella cultura popolare del Paese, che osò scrivere su Facebook che «è semplicemente impossibile per gli uomini diventare lesbiche quanto lo è per gli uomini rimanere incinti. Gli uomini sono uomini indipendentemente dai loro feticci sessuali». L’attrice fu quindi informata di essere sotto indagine e di rischiare tre anni di carcere per l’espressione delle sue opinioni.

 

Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020 la Norvegia ha adottato una nuova legge penale che punisce le persone per aver detto qualcosa di considerabile come incitamento all’odio nei confronti di persone transgender anche nel contesto della propria casa o conversazioni private.

 

Più recente il caso dell’attivista brasiliana per i diritti delle donne Isabella Cepa, la quale ha ottenuto lo status di rifugiata in un Paese europeo non specificato, dopo essere stata accusata di reati penali in Brasile per aver definito un politico transgender da uomo a donna come un uomo.

 

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Immagine: The Girl Guides Association in Britain 1914-1918; un gruppo di Guide posa per una fotografia nel Regno Unito durante la Prima Guerra Mondiale.

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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La donna più forte del mondo in realtà era un uomo

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Jammie Booker, vincitrice del torneo «La donna più forte del mondo» 2025, è stata privata del titolo dopo che gli organizzatori hanno accertato che l’atleta di Philadelphia era nata maschio. La squalifica, l’ultima di una serie crescente di polemiche sui maschi biologici che gareggiano nelle categorie femminili, è arrivata a pochi giorni dalla competizione.   Il caso è esploso durante i Cerberus Strength Official Strongman Games in Texas lo scorso fine settimana, dove Booker ha dominato la categoria Women’s Open. Gli organizzatori hanno precisato di non essere stati informati in anticipo del background biologico dell’atleta e, a seguito di un’indagine urgente, l’hanno esclusa dalla classifica. «Abbiamo la responsabilità di garantire equità, assegnando gli atleti alle divisioni maschile o femminile in base al sesso alla nascita», si legge in un comunicato diffuso sui social da Official Strongman, che ha aggiornato i punteggi e incoronato la britannica Andrea Thompson come nuova campionessa.   La partecipazione di atlete transgender a competizioni sportive continua a generare dibattiti accesi. A luglio, il Comitato Olimpico e Paralimpico degli Stati Uniti (USOPC) ha vietato alle donne transgender di gareggiare nelle categorie femminili alle Olimpiadi, in linea con un ordine esecutivo del presidente Donald Trump che esclude le trans dalle squadre femminili e minaccia di tagliare i fondi alle istituzioni che lo violano.   Casi emblematici come quello della nuotatrice statunitense Lia Thomas e della sollevatrice neozelandese Laurel Hubbard hanno riacceso il confronto su eventuali vantaggi fisici persistenti per le atlete transgender rispetto alle donne biologiche, nonostante il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) abbia affermato nel 2021 che non si debba presumere un «vantaggio automatico» e abbia demandato le regole di idoneità alle singole federazioni sportive.

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La questione è tornata d’attualità alle Olimpiadi di Parigi 2024, quando la pugile algerina Imane Khelif – squalificata l’anno prima ai Mondiali per presunti motivi di genere – ha conquistato l’oro, spingendo l’ex presidente del CIO Thomas Bach a negare l’esistenza di un «sistema scientificamente solido» per distinguere uomini e donne nello sport.   Ora il CIO è orientato a escludere le donne transgender dalle categorie femminili alle prossime Olimpiadi, sulla base di una nuova politica di ammissibilità prevista per il 2026, come riportato dal Times all’inizio di novembre citando fonti interne. La revisione si fonda su una valutazione scientifica che conferma come i vantaggi acquisiti durante la pubertà maschile possano perdurare anche dopo trattamenti farmacologici per ridurre i livelli di testosterone.   Come riportato da Renovatio 21, l’ex presidente del CIO Thomas Bach sosteneva all’epoca che non esisteva «un sistema scientificamente solido» per distinguere tra uomini e donne nello sport.   Come riportato da Renovatio 21, il sollevamento pesi, come ogni altra disciplina (il nuoto, la maratona, il ciclismo, la BMX, l’hockey, il sollevamento pesi, il basket, il ju jitsu, etc.), era già stato colpito dal transessualismo sportivo. Lo è stato persino il biliardo in un’episodio noto, Alexandra Cunha, 49 anni, capitano della squadra nazionale femminile portoghese, si è ritirata dal torneo International Rules Pool Tour, incolpando i recenti cambiamenti alle regole da parte dell’autorità governativa dello sport, la World Eightball Pool Federation.   Come riportato da Renovatio 21, alle Olimpiadi di Tokyo vi fu il caso del sollevatore di pesi supermassimi transessuale Laurel Hubbard, 43 anni, che rappresentò la Nuova Zelanda a Giochi e riuscì, incredibilmente, a non vincere.   Due anni fa il pesista transessuale «Anne» Andres aveva stabilito il record nazionale durante un campionato durante il Campionato del Canada Occidentale 2023.  

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