Geopolitica
Ex diplomatico britannico avverte: «andremo in guerra» con l’Iran a causa dell’espansionismo israeliano

Nella sua ultima apparizione nel programma Judging Freedom, l’ex diplomatico di Londra Alastair Crooke avverte che la strada verso la guerra con l’Iran è lastricata da crisi interne in Israele e dal sogno sionista di espandere i propri confini e il proprio potere con la forza.
Cogliendo i segnali, Crooke conclude «andremo in guerra» mentre spiega al giudice Andrew Napolitano come una scadenza urgente per le sanzioni all’Iran si combini con il progetto del Grande Israele, minacciando un conflitto senza limiti in Medio Oriente.
La scadenza per le sanzioni delle Nazioni Unite (ONU) sta dettando il calendario. Crooke spiega che «tutti gli Stati membri» dell’ONU saranno obbligati ad applicare sanzioni ai sensi di un accordo che scadrà nell’ottobre 2025.
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L’unica speranza è che gli iraniani riescano a negoziare un accordo prima che scada il tempo e gli Stati Uniti attacchino l’Iran.
«A che punto l’Iran può negoziare?», chiede Crooke, un veterano con vent’anni di esperienza nella direzione dei negoziati di pace tra Israele e gli arabi. Spiega che Trump sta «pretendendo l’impossibile» dagli iraniani.
«È abbastanza chiaro che ciò che Trump sta dicendo… come ha detto nel 2018… l’intero programma nucleare deve essere smantellato e rimosso». Napolitano afferma che Trump chiede la rimozione della «sovranità», aggiungendo che la vera minaccia della proliferazione nucleare si è già materializzata, in Israele.
Afferma che lo Stato degli ebrei possiede effettivamente «missili a lungo raggio» e un arsenale nucleare creato con materiali e segreti «rubati» agli Stati Uniti, una questione che ha portato a un ultimatum da parte del defunto presidente John F. Kennedy.
«Andremo in guerra», afferma Crooke, affermando che è evidente che gli iraniani si stanno preparando. Egli spiega come la «prima ondata» dovrebbe neutralizzare le difese aeree iraniane, mentre la seconda – «sul modello di Hezbollah» – dovrebbe «decapitare» la leadership iraniana attraverso omicidi mirati assistiti da Israele.
Il passo finale, dice Crooke, sarà la «Siria», un Iran senza difese né leadership nel quale Israele potrà semplicemente «entrare».
Perché sta succedendo tutto questo? «Il Grande Israele», dice Crooke, sottolineando che «chiunque si opponga» all’espansione del potere e del territorio israeliano è «Amalek, e deve essere ucciso». «Ci sono circa due o tre milioni di israeliani – anche laici – che credono in questo».
Crooke spiega che la crisi in Israele sta rendendo ardua anche la guerra con l’Iran. «È molto probabile che Israele si disintegri», afferma Crooke, citando i crescenti scandali sul cosiddetto «Qatargate» e il licenziamento da parte di Netanyahu di funzionari della sicurezza, dell’esercito e della giustizia.
«Non esiste una Costituzione in Israele», afferma Crooke, né una Corte Suprema. Ciò significa che non esiste un quadro normativo che possa impedire a Netanyahu di concentrare ulteriormente il potere dello Stato nella sua persona e di creare una dittatura antidemocratica.
«Netanyahu è alle corde, sia personalmente che legalmente», afferma Napolitano. Con l’indignazione degli azionisti statunitensi per i dazi di Trump, la guerra potrebbe essere la risposta ai problemi interni di Stati Uniti e Israele?
Secondo Crooke, questa potrebbe essere una «meravigliosa distrazione» sia per Trump che per Netanyahu. Crooke spiega inoltre come tagliare l’accesso al petrolio iraniano sarebbe una catastrofe per la Cina, il che fornisce un ulteriore impulso al cambio di regime in Iran guidato dagli Stati Uniti.
Poco dopo la diffusione del video di Crooke, la giornalista del New York Times Farnaz Fassihi ha riferito ieri sera che potrebbero essere in corso dei colloqui per scongiurare una guerra in Iran.
La sua dichiarazione è stata seguita da un annuncio su X da parte del ministro degli esteri iraniano, che ha confermato che i negoziati tra Stati Uniti e Iran si sarebbero svolti in Oman questo fine settimana.
L’ex ispettore delle Nazioni Unite per le armi Scott Ritter ha affermato che la notizia del 7 aprile dimostrava che «Trump ha ammorbidito la sua posizione sull’Iran, restringendo la sua attenzione esclusivamente alle questioni nucleari, come avevo previsto».
La preoccupazione principale per tutte le nazioni della regione è stata e continuerà a essere il possesso non dichiarato e senza restrizioni da parte di Israele di almeno 200 armi nucleari e sistemi di lancio di missili, compresi quelli provenienti da sottomarini israeliani.
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Il presidente Kennedy e suo fratello Bobby erano profondamente preoccupati per il furto da parte di Israele di segreti e materiali nucleari statunitensi per costruire le loro bombe nucleari segrete e per il rifiuto di aderire a un trattato per il controllo delle armi nucleari. Avvertirono che ciò avrebbe destabilizzato l’intero Medio Oriente, cosa che in effetti è accaduta.
Mentre l’attenzione dei media e della politica occidentale è da molti anni rivolta a impedire all’Iran di sviluppare un’arma nucleare, cosa che ancora non ha fatto, nessuno menziona la questione ben più importante delle armi nucleari di Israele.
Israele ha ripetutamente minacciato, nel corso degli anni, di usarli per costringere gli Stati Uniti e altre nazioni a non opporsi alle loro guerre di espansione e a terrorizzare tutte le nazioni circostanti. Questa volta, questo ricatto sembra avere meno impatto.
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Immagine di New America via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Europa e Gran Bretagna preparano il blocco navale della Russia: parla il consigliere di Putin

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Geopolitica
«Basta demonizzare Putin»: parla il leader del serbi di Bosnia

L’UE dovrebbe smettere di denigrare la Russia e il suo leader, Vladimir Putin, ha affermato il presidente della Repubblica Serba, Milorad Dodik. Il leader serbo della regione autonoma della Bosnia-Erzegovina ha anche respinto le accuse secondo cui Mosca nutre piani aggressivi contro i paesi dell’UE.
In un’intervista rilasciata mercoledì alla rivista svizzera Die Weltwoche, Dodik ha affermato che «il punto di vista russo è che la guerra in Ucraina è stata imposta alla Russia dall’élite mondiale occidentale», citando quindi il presunto ruolo di Boris Johnson nel fallimento dei negoziati di pace tra Mosca e Kiev a Costantinopoli, in Turchia, nel 2022. Da allora, funzionari russi hanno affermato che l’allora primo ministro britannico avrebbe convinto l’Ucraina a non firmare un accordo e a «continuare a combattere».
Nel novembre 2023, David Arakhamia, parlamentare alleato di Zelens’kyj e alla guida della delegazione ucraina, ha confermato che le accuse erano fondate. Johnson ha negato l’accusa.
Secondo Dodik, «i russi hanno imparato che non possono fidarsi dell’Occidente perché l’Occidente mente continuamente». Il leader dei serbi di Bosnia ha fatto riferimento alle ammissioni dell’ex cancelliera tedesca Angela Merkel e dell’ex presidente francese François Hollande, secondo cui gli accordi di Minsk del 2014-2015 erano stati un mero stratagemma per aiutare Kiev a rafforzare le sue capacità militari.
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Commentando le preoccupazioni di alcuni stati membri dell’UE sul fatto che la Russia potrebbe pianificare un attacco contro i membri orientali del blocco, Dodik ha affermato: «penso che questa non sia una spiegazione o un’aspettativa razionale e che Putin non nutra alcuna aspirazione nei confronti di quegli Stati».
Quando gli è stato chiesto di fornire raccomandazioni a Bruxelles su come rapportarsi con la Russia, ha sostenuto che «dovrebbero, prima di tutto, smettere di demonizzare Putin e la Russia, e cercare di inventare una narrazione che possa sostenere ciò». Secondo Dodik, il presidente russo sembra voler dialogare con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, senza tuttavia avere alcuna intenzione di «dialogare con l’Europa».
Il Dodik ha suggerito che nei suoi colloqui con Mosca, Trump «dovrebbe prendere in considerazione e rispettare le esigenze e le richieste russe» e puntare a un «accordo globale», anziché a uno incentrato solo sull’Ucraina.
Parlando ai media serbi questa settimana, Dodik ha sfidato l’avvertimento rivolto dalla diplomatica di alto rango dell’UE Kaja Kallas ai paesi candidati all’adesione all’UE, chiedendo loro di «non prendere parte agli eventi del 9 maggio a Mosca». Il 9 maggio è il giorno in cui la Russia celebra la vittoria nella «Guerra Patriottica», cioè la Seconda Guerra Mondiale.
«Voglio essere lì e ci andrò», ha detto il leader serbo-bosniaco, aggiungendo di non temere possibili ripercussioni da parte di Bruxelles.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa un tribunale della Bosnia-Erzegovina ha condannato Dodik a un anno di prigione per aver sfidato l’autorità di un funzionario internazionale incaricato di supervisionare la pace nel Paese balcanico.
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Immagine di Medija centar Beograd via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Geopolitica
Il giornale israeliano Haaretz chiede al mondo di costringere Israele a «smettere di affamare Gaza»

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