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Ennesimo caso di struzzo che causa un ingorgo stradale

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La città americana di Sioux Falls, nel Dakota del Sud, è l’ultima a vedere il proprio traffico urbano compromesso dalla presenza di uno struzzo.

 

I filmati emersi in rete parlano chiaro: l’enorme uccello arriva in strada e blocca lo scorrere delle auto, seminando terrore ed incertezza fra automobilisti e pedoni.

 


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Il lettore deve essere informato del fatto che non si tratta di un episodio isolato, ma solo l’ultimo capitolo di una lunga serie che si snoda su tutto il globo, dove il titanico pennuto, forte dei suoi muscoli e della sua velocità (forse più vantata che concreta), decide di invadere le strade degli esseri umani.

 

Nel 2022 in Canada, nella provincia dell’Alberta, si ebbe una grande fuga di struzzi da un allevamento. Il risultato fu la dura repressione della polizia locale, che non esitò a tentare di acciuffarli sporgendosi dal finestrino della volante, o perfino investirli.

 

 

Nel 2020 Sudafrica, dove va detto gli struzzi sono presenti in natura, un gruppo di ciclisti fu gravemente minacciato dal possente bipede, con grande costernazione dei pedalatori con casco e tutina.

 

 

In altri casi filmati dall’occhio della telecamera diviene evidente come la specie abbia disprezzo dei cicloamatori impegnandosi in quella che è di fatto una caccia degli amanti delle due ruote della domenica.

 

 

Anche la Repubblica Popolare Cinese ha i suoi problemi stradali con gli struzzi. Prendete il caso del grande pennuto visto correre liberamente in corsia di sorpasso nell’autostrada di Tianjin.

 

 


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Vi è stato un episodio di struzzo urbano anche nella Provincia dello Yunnan.

 

 

Colpita, nel 2022, anche l’autostrada Rongcheng-Wuhai.

 

 

Niente in confronto allo stormo di uccelloni neri che attaccò le vie della città di Chongzuo nella provincia del Guangxi.

 

 

Nel 2023 la specie aggredì direttamente la capitale Pechino.

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Un altro filmato emerso circa una diecina di anni fa mostra uno struzzo percorrere un’autostrada in quella che si direbbe essere la città di Hong Kongo.

 

 

Va riconosciuto, tuttavia, che i cinesi stanno cercando modi di contenimento del fenomeno, spesso sorprendenti.

 

 

A marzo il titanico pennuto ha attaccato le vie cittadine di Seongnam, in Corea del Sud.

 

 

Idem a Lahore, in Pakistan.

 

 

E nelle Filippine? Certo che c’è stato uno struzzo libero in istrada.

 

A Quezon City, città dell’arcipelago dove Renovatio 21 ha dei lettori, l’uccello è stato tuttavia rispettoso della sbarra abbassata acciocché egli non passasse.

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E in Italia? Chi conosce la gravità del fenomeno sa che l’elenco è tristemente lungo.

 

Luglio 1985: fugge dal parco naturale di Cavriglia, provincia di Arezzo, lo struzzo Orazio, appartenente alla nobile stirpe degli Emù. Dopo un’intesa caccia, la creatura viene ritrovate nei boschi di Gaiole, in Chianti, a ben 20 chilometri dal punto in cui era iniziata la sua folle evasione. Si sarebbe appreso dai giornali che Orazio sarebbe stato quindi rimesso in gabbia con la sua compagna, la struzza Betty: la stampa, all’epoca forse più pudica in tema di problemi coniugali altrui, non fece speculazioni sulle possibili ragioni dietro alla fuga da casa dell’uccello.

 

Fine gennaio 1999, Arcisate, provincia di Varese: struzzo blocca la circolazione della provinciale. «È toccato ai carabinieri inseguirlo e fare da accalappiastruzzi» scrisse l’edizione regionale del Corriere della Sera.

 

Roma, novembre 2001: fuggito da un allevamento vicino a Villa Miani, uno struzzo razzola per ore lungo via Trionfale. La cattura avviene grazie ad un coordinamento tra polizia di Stato e carabinieri.

 

4 giugno 2002: struzzo crea scompiglio in Tangenziale a Milano. «Uno struzzo in libertà ha creato scompiglio tra gli automobilisti prima di essere catturato. L’animale si aggirava ieri sera sulla strada tra Corsico e Milano» riporta allarmato il Corriere Milano. «subito si sono mossi militari e vigili urbani: l’animale si è innervosito e ha percorso la statale Vigevanese fino alle porte di Milano. Durante la sua corsa ha persino superato un automobilista che ha segnalato il fatto premettendo “non sono pazzo né ubriaco”». La storia ha un tragico epilogo: dopo essere stato acciuffato da un militare dell’Arma, l’animale «è morto subito dopo la cattura, forse per un infarto dovuto allo “stress” e alla lunga corsa».

 

Febbraio 2020: struzzo da 100 chili per le strade di Padiglione, provincia di Pesaro e anche di Urbino.

 

Giugno 2020, Roppolo, provincia di Biella: struzzo scappa dal recinto e si mette a passeggiare in istrada, creando scompiglio tra gli esseri umani.

 

Gennaio 2022: struzzo in strada ad Avellino.

 

Sempre gennaio 2022, neanche una manciata di giorni dopo: «Struzzo blocca una strada provinciale in Piemonte» titola La Gazzetta dello Sport.

 

Marzo 2022: «struzzo in fuga tra le auto a Roma: la giungla del traffico capitolino» titola Il Messaggero. «L’enorme uccello passeggiava in pieno giorno lungo la strada mentre qualcuno (il proprietario dello struzzo? Un’animalista convinto?) cercava invano di braccarlo» riporta il giornale capitolino.

 

Novembre 2022: struzzo per le strade di Castiglione Chiavarese.

 

Gennaio 2023: folle corse in strada in mezzo agli autoveicoli di due struzzi a Cosenza.

 

Sempre gennaio 2023: struzzo in strada ad Azzate, nel varesotto.

 

Ottobre 2023: struzzo avvistato a spasso a Casalvieri, provincia di Frosinone.

 

Febbraio 2024: uno struzzo bianco viene investito da un tir a Gela, nel libero consorzio comunale di Caltanissetta. Gli automobilisti hanno chiamato i soccorsi preoccupati per le condizioni del pennuto, per il quale non c’è stato tuttavia niente da fare.

 

Insomma, quello dello struzzo stradale è un problema serio che prima o poi l’opinione pubblica e la classe politica dovranno affrontare.

 

Perché non si può andare avanti così. Davvero

 

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Maiale salva due soldati russi che stavano calpestando una mina: come i muli degli Alpini

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In un video diffuso di recente su Telegram, un maiale ha evitato che due soldati russi calpestassero una mina antiuomo.   Ripreso da un drone, il video mostra due militari russi che si avvicinano a un fabbricato in rovina, con un maiale domestico nelle prossimità. Il filmato è stato caricato sabato sul canale Telegram RVvoenkor.   Il soldato in avanguardia balza in avanti allorché il compagno è a pochi metri, innescando una mina antiuomo. I due soldati deviano quindi il cammino, procedendo lungo i ruderi di una staccionata adiacente.  

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«Il destino finale dell’animale resta ignoto. Le nostre unità hanno alterato il tragitto e proseguito l’operazione», ha commentato l’emittente. Non ha precisato la data né il luogo delle riprese. Stando al Ministero della Difesa di Mosca, le truppe russe stanno progredendo su più assi lungo il fronte, tra cui i presidi ucraini assediati di Kupyansk, nella regione di Kharkov, e Krasnoarmeysk (detta Pokrovsk in Ucraina) nella Repubblica Popolare di Donetsk.   Le forze del raggruppamento congiunto «Est» hanno completamente liberato il villaggio di Yablokovo dal dominio ucraino nella regione russa di Zaporiggia, ha annunciato sabato il dicastero. Si tratta del nono centro strappato dalle unità «Est» nel corso del mese, ha precisato.   Non è il filmato più bizzarro che abbiamo visto provenire dal teatro di guerra ucraino.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa un soldato russo ha sconfitto un drone ucraino con un sacco di patate, un altro ha catturato un drone a mani nude, un altro ancora lo ha preso a testate.   La vicenda del maiale minatore ricorda la pratica degli Alpini riguardo al mulo. Come noto, gli Alpini usavano spesso muli come animali da soma per trasportare equipaggiamenti, munizioni e razioni in terreni impervi dove i veicoli non potevano arrivare. Tuttavia, c’è una credenza diffusa – supportata da testimonianze di veterani e resoconti militari – secondo cui i soldati tenevano i muli molto vicini a sé (a volte legati o condotti a mano) non solo per praticità, ma anche per sicurezza personale. Tenendolo accanto o davanti, i soldati speravano che il mulo facesse da «scudo vivente» (assorbendo l’esplosione), che l‘esplosione avvenisse in prossimità, permettendo ai soldati di gettarsi a terra o reagire immediatamente, che si riducesse il rischio di mine attivate dietro il gruppo (dove magari c’erano altri soldati o animali).   In pratica, il mulo era programmaticamente, per gli alpini, un sistema anti-mina. Lasciarlo libero poteva servire da operazione di sminamento, oppure era visto come un rischio, perché il mulo deambula erraticamente, innescando potenzialmente le bombe che possono danneggiare i militari e la loro operazione.

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Dinosauro morto sotto un museo di dinosauri

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Un dinosauro sembra essere morto sul punto esatto in cui hanno poi costruito un museo dei dinosauri, seppellendo il suo fossile sotto la struttura musiva.

 

A Denver alcuni scienziati hanno scoperto un fossile di dinosauro di 67,5 milioni di anni fa nel sottosuolo del parcheggio del museo che ospita questi enormi animali oramai estinti milioni di anni fa. Come il Denver Museum of Nature and Science ha spiegato a Catalyst, la sua rivista online, l’antico frammento osseo è stato sepolto a circa 230 metri sotto il parkingo dell’istituzione.

 

Al di là della coincidenza di tale scoperta sotto un museo di storia naturale, tuttavia, il modo in cui gli amabili resti dinosaurici sono stati rivenuti sfida la credulità del lettore.

 

Diversi mesi fa, i ricercatori hanno iniziato a perforare sotto il parcheggio del museo per vedere se le temperature sotterranee della Terra potrebbero riscaldarle e raffreddarle in modo sostenibile. Questo «riscaldamento geotermico» utilizza lo stesso principio delle sorgenti termali, rendendo questa forma di energia rinnovabile una delle più antiche del mondo, scrive Futurism.

 

Una volta che le due piattaforme di perforazione sono iniziate, gli scienziati dietro il progetto hanno deciso di vedere cos’altro potevano trovare scavando in profondità nella crosta terrestre.

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Come spiega un articolo sull’incredibile scoperta, gli archeologi non solo hanno scoperto interessanti campioni geologici all’interno del nucleo campione di sei centimetri e mezzo, ma anche, per puro caso, l’osso parziale di un dinosauro scomparso circa 70 milioni di anni fa.

 

«È fondamentalmente come vincere alla lotteria e rimanere colpiti da un fulmine nello stesso giorno», ha spiegato il curatore di geologia del museo James Hagadorn in un’intervista a Catalyst. «Nessuno avrebbe potuto prevedere che questo piccolo piede quadrato di terra dove abbiamo iniziato a perforare avrebbe effettivamente contenuto un osso di dinosauro sotto di esso!».

 

Naturalmente ci sono volute alcune ricerche per determinare che l’osso era di un dinosauro di una non determinata specie fosse e comprendere come fosse deceduto. Successivamente, come spiegato nel documento di Rocky Mountain Geology, l’osso è stato catalogato come un frammento vertebrale da un ornitopode, un’ampia classificazione paleontologica per i dinosauri bipedi ed erbivori del periodo Cretaceo.

 

Come comunicato dalla direzione del museo, il ritrovamento ha dell’incredibile.

 

«Questo fossile proviene da un’epoca appena prima dell’estinzione di massa che ha spazzato via i dinosauri», ha spiegato lo Hagadorn, curatore di geologia del museo. «Questa è una scoperta scientificamente e storicamente emozionante».

 

Come sottolinea Rocky Mountain Geology, questi tipi di «scoperte paleontologiche urbane» sono davvero rari, ma quando accadono, «accendono l’interesse pubblico per la scienza e approfondiscono la nostra connessione con la natura».

 

Curioso ripensare a un noto cartone animato dinosauresco trasmesso sulla rete berlusconide qualche decennio fa che ha accompagnato i pomeriggi di tanti bambini parcheggiati dai bommer dinanzi alla TV: Ti voglio bene Denver, con l’inevitabile, come sempre inascolatabile ed inaffrontabile, sigla di Cristina D’Avena.

 

 

La storia parlava di un cucciolo di dinosauro verde, trovato da un gruppo di adolescenti californiani (sportivissimi, capelli lunghi e biondi) ancora all’interno del suo uovo, che ha il potere di teletrasportare qualsiasi essere vivente nella preistoria oppure di mostrare sulla sua superficie scene di quell’epoca, viene rinvenuto. I californici ragazzotti si affezionano al dinosauro, al quale danno il nome di Denver, ispirandosi all’omonima città capitale del Colorado, dopo aver letto questo nome su un autobus. Il Denverro si scopre un abile schettinatore e chitarrista ghiotto di patatine in bustina. Il rettile pasticcione inoltre riesce a parlare il linguaggio degli esseri umani, doppiato in italiano da Graziano Galoforo.

 

Se gli scienziati di Denver chiamassero la creatura preistorica del parcheggio Denver saremmo a cavallo. Di un dinosauro.

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Immagine generata artifizialmente.

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Il Giappone invia truppe per contrastare l’aumento degli attacchi mortali degli orsi

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Il 5 novembre il Giappone ha dispiegato truppe nel Nord del Paese per aiutare a gestire gli orsi nella zona, dopo che le autorità locali hanno ammesso di essere in difficoltà di fronte a un’ondata di attacchi senza precedenti.   Stando a quanto riferito dal quotidiano nipponico Asahi Shimbun, i soldati della Forza di Autodifesa Terrestre giapponese (GSDF) sono stati inviati nella regione per collaborare con i cacciatori locali e tenere sotto controllo gli animali.   Alle truppe, tuttavia, non sarà consentito l’uso di armi da fuoco durante l’operazione: potranno impiegare solo spray anti-orso per deterrenza e protezione, oltre a contribuire a posizionare trappole a scatola, condurre pattugliamenti, trasportare cacciatori, spostare orsi catturati o abbattuti e raccogliere informazioni.

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L’intervento è partito da Kazuno, città nella prefettura di Akita (nota ai lettori di Renovatio 21 per essere sede dell’ultima, apocalittica, apparizione mariana approvata dalla Chiesa), all’estremo nord dell’isola principale di Honshu. Nelle ultime settimane a Kazuno si è registrato un forte incremento degli avvistamenti di orsi; i residenti sono stati invitati a evitare i boschi fitti intorno all’insediamento e a rimanere in casa dopo il tramonto per scongiurare gli orsi in cerca di cibo vicino alle abitazioni.   La premier giapponese Sanae Takaichi ha inoltre annunciato in parlamento che entro metà mese il governo deciderà misure di emergenza per affrontare la problematica degli orsi. «Adotteremo le misure necessarie tempestivamente, senza attendere la decisione finale», ha dichiarato la Takaichi, secondo l’agenzia Jiji.   Secondo il ministero dell’Ambiente, da aprile in Giappone si sono verificati oltre 100 attacchi di orsi, con un record di 13 persone uccise nel Paese nello stesso periodo.   Due terzi di questi decessi si sono concentrati nella prefettura di Akita e nella confinante Iwate. Ad Akita, le autorità riferiscono che gli avvistamenti di orsi sono aumentati di sei volte quest’anno, superando gli 8.000, e gli attacchi sono in procinto di stabilire un nuovo primato, spingendo il governatore a richiedere l’intervento delle Forze di autodifesa la settimana scorsa.   Dopo Kazuno – cittadina di circa 30.000 abitanti nota per le sorgenti termali e il paesaggio – i soldati GSDF si sposteranno a Odate e Kitaakita, in base a un accordo che durerà fino a fine mese, secondo NHK.   L’incremento della popolazione di orsi, lo spostamento delle fonti alimentari naturali e lo spopolamento delle aree rurali stanno portando a un maggior contatto con gli esseri umani. Nel frattempo, i cacciatori – molti dei quali anziani – su cui le autorità contavano per gestire il problema si sono trovati sopraffatti quest’anno.   Nelle ultime settimane gli orsi hanno attaccato clienti all’interno di un supermercato, un turista diretto a una fermata dell’autobus vicino a un sito UNESCO e un dipendente di un resort termale.   Gli attacchi degli orsi raggiungono tipicamente il picco tra ottobre e novembre, quando gli animali accumulano cibo prima del letargo.   Secondo Bear Conservation, gli orsi neri giapponesi, diffusi in gran parte del Paese, possono pesare fino a 125 kg, mentre gli orsi bruni dell’isola settentrionale di Hokkaido superano i 600 kg.

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A settembre il governo ha allentato le norme sulle armi da fuoco per facilitare ai cacciatori l’abbattimento degli orsi nelle aree urbane. La modifica legislativa consente ora alle autorità comunali di richiedere a cacciatori autorizzati di catturare o eliminare gli orsi, purché garantiscano la sicurezza delle comunità limitando il traffico ed evacuando i residenti in collaborazione con la polizia.   In precedenza, la legge proibiva ai cacciatori di sparare agli animali in zone densamente popolate, salvo ordine della polizia per pericolo imminente alla vita, scrive il quotidiano giapponese in lingua inglese Japan Times.   Il terrore scatenato del Sol Levante dai malvagi tardigradi era stato già descritto da Renovatio 21 due anni fa. Aveva fatto notizia anche l’impiego dell’Intelligenza Artificiale per arginare il fenomeno, ma a quanto pare l’opzione migliore è mandare l’esercito, o meglio, il suo surrogato nipponico (per Costituzione, il Paese è pacifista e privo di forze armate ufficiali).   Resta da capire, a questo punto, cosa un giapponese, che assiste nel suo Paese a centinaia di attacchi ursini, possa pensare dell’Italia che gli orsi li importa dall’Estero – per poi vedere i suoi cittadini danneggiati, impauriti, aggrediti e perfino sbranati a morte.

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