Predazione degli organi
Donna senza attività cerebrale si sveglia dopo aver sentito la voce della figlia

Una madre di 36 anni senza attività cerebrale si è svegliata dopo aver sentito la voce della figlia di un anno, uno dei tanti episodi che mettono in discussione la consolidata conoscenza medica della cosiddetta «morte cerebrale». Lo riporta il sito prolife nordamericano LifeSiteNews.
Padre Michael Orsi, che ha ascoltato il resoconto dettagliato dell’episodio straordinario da uno degli infermieri anestesisti coinvolti, ha detto a LifeSiteNews che la donna si è recata di recente in ospedale per una doppia endoscopia. Mentre i pazienti normalmente si svegliano entro cinque o dieci minuti dalla fine della procedura, la madre non si è svegliata: il personale ospedaliero ha scoperto che il suo cuore si era fermato.
Dopo una respirazione cardio-polmonare, il suo cuore è tornato a battere da solo. Credendo che avesse avuto un ictus, i medici hanno mandato a fare una risonanza magnetica, dove avevano scoperto che la donna non aveva onde cerebrali. La signora quindi è stata trasferita in terapia intensiva e attaccata a un respiratore per aiutarla a respirare.
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Dopo due giorni in terapia intensiva, il marito ha detto all’infermiera di turno che se sua moglie avesse potuto sentire la voce della figlia di un anno sarebbe stata bene. Incredibilmente, quando ha chiesto alla figlia di parlare al cellulare con la madre, lei si è svegliata. Era «in perfette condizioni», secondo padre Orsi.
Il sacerdote avrebbe verificato i dettagli della catena di eventi con il medico della donna, Omar Hussein, che ha anche confermato a LifeSiteNews che la madre si è svegliata sentendo la voce della figlia. Il dottor Hussein ha detto che non c’è modo di spiegare scientificamente cosa è successo.
Il consolidato «consenso» scientifico sulla morte cerebrale negli Stati Uniti è contestato da vari medici, alcuni dei quali sottolineano che i pazienti possono effettivamente riprendere conoscenza dopo aver soddisfatto quelli che sono stati considerati i criteri ufficiali per la morte cerebrale.
La dottoressa Heidi Klessig ha spiegato di recente che tali casi di recupero dopo EEG piatti (senza onde cerebrali) possono essere probabilmente attribuiti a una condizione chiamata Penombra Ischemica Globale, o GIP: «come ogni altro organo, il cervello interrompe la sua funzione quando il flusso sanguigno si riduce per conservare energia».
«Al 70% del flusso sanguigno normale, il funzionamento neurologico del cervello si riduce e al 50% di riduzione l’EEG diventa piatto. Ma il danno tissutale non inizia finché il flusso sanguigno al cervello non scende al di sotto del 20% del normale per diverse ore. GIP è un termine che i medici usano per riferirsi a quell’intervallo in cui il flusso sanguigno del cervello è compreso tra il 20 e il 50% del normale» spiega la dottoressa Klessig.
«Durante il GIP, il cervello non risponderà ai test neurologici e non avrà attività elettrica sull’EEG, ma avrà comunque abbastanza flusso sanguigno per mantenere la vitalità dei tessuti, il che significa che il recupero è ancora possibile. Durante il GIP, una persona apparirà “cerebralmente morta” utilizzando le attuali linee guida mediche e i test, ma con cure continue potrebbe potenzialmente migliorare».
Il mese scorso, il New York Times ha condiviso i risultati di un ampio studio che ha rilevato che almeno un quarto dei pazienti privi di sensi (quelli diagnosticati in coma, stato vegetativo o stato di minima coscienza) hanno una certa consapevolezza.
Durante lo studio, team di neurologi hanno chiesto a 241 di questi pazienti non reattivi di svolgere «compiti cognitivi complessi», come immaginare di giocare a tennis. Sorprendentemente, il 25% dei pazienti ha mostrato gli «stessi schemi di attività cerebrale osservati nelle persone sane».
«Non va bene saperlo e non fare nulla», ha osservato il dottor Nicholas Schiff, neurologo presso la Weill Cornell Medicine, ha riportato il NYT. «Questo getta una luce completamente nuova sul caso Terri Schiavo», ha detto Padre Orsi a LifeSiteNews, riferendosi alla decisione di un tribunale di consentire al marito di una donna con disabilità cognitiva in stato vegetativo persistente di rifiutarle cibo e acqua in modo che morisse di una morte lenta e dolorosa per disidratazione – un caso che molti hanno collegato a quello italiano di Eluana Englaro.
Il sacerdote ha sottolineato le implicazioni che queste scoperte hanno per la cura dei pazienti non reattivi, anche in risposta alla loro predisposizione al disagio mentale.
«Immaginate il terrore di ciò, ascoltare cosa faranno», ha detto riguardo ai momenti in cui si decide di staccare la spina a un paziente che non risponde. «O sentire che è il momento di chiamare il team dei trapianti di organi. È orribile».
La dottoressa Klessig ha osservato che la diagnosi di morte cerebrale diventa «una profezia che si autoavvera: la maggior parte delle persone a cui viene diagnosticato il BD/DNC [morte cerebrale/morte secondo criteri neurologici, ndr] si vedono ritirare molto rapidamente il sostegno o diventano donatori di organi». Chiede che le linee guida dell’AAN vengano eliminate in favore della «tradizionale definizione di morte: cessazione della funzione cardiopolmonare».
«La morte cerebrale è una finzione giuridica che priva dei diritti civili le persone vulnerabili con lesioni cerebrali, le quali, secondo la Costituzione degli Stati Uniti, possiedono un “diritto inalienabile alla vita”, meritano protezione e dovrebbero essere trattate come persone con disabilità mentali», sostiene Klessig.
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Come ribadito varie volte nella sua storia da Renovatio 21, la «donazione» è in realtà predazione degli organi, perché può avvenire solo a cuor battente, quindi quando l’organismo è ancora vivo.
La somministrazione di curaro e sostanze antidolorifiche al corpo considerato cadavere prima dell’espianto indicherebbe in maniera autoevidente questa verità: un morto non reagisce ai tentativi di squartamento, non deve essere paralizzato con droghe quando lo aprono (come nelle autopsie, ad esempio) per portarne via gli elementi vitali.
Il concetto della morte cerebrale è una pura convenzione creata per far partire l’industria dei trapianti, creato ad Harvard oramai 60 anni fa, con regole che cambiano da Paese a Paese: nella stessa medesima condizione, può essere considerato morto – quindi, depredabile dei tuoi organi – in un Olanda, ma non in Italia, in Germania ma non negli USA, etc.
Come riportato da Renovatio 21, dinanzi alla verità che il soggetto di espianto è di fatto vivo, vari soggetti stanno iniziando a discutere l’abbandono della regola del «donatore morto» e quindi la possibile «eutanasia del donatore». Il Canada, grazie alla legge sull’eutanasia che permette quasi a chiunque di farsi ammazzare dallo Stato, è infatti ora diventato una delle capitali per numero di trapianti.
La maschera sulla «morte del donatore» sta calando al punto che i chirurghi di trapianti stanno inventando anche una procedura chiamata con il nome mistico e tecnico di «resurrezione parziale».
Oltre al fine economico – quello dei trapianti è un business, come lo è quello dei farmaci antirigetto, di cui i trapiantati divengono clienti per il resto della loro esistenza – non possiamo pensare ad un fine metafisico, che è quello, come per l’aborto, di trasformare gli ospedali, in teoria luoghi di cura, in macchine di morte, dove mentre state leggendo stanno squartando a cuor battente qualcuno che ha l’unica colpa di aver avuto un incidente stradale.
E che potrebbe svegliarsi di colpo, magari sentendo la voce della sua bambina, come è successo alla signora protagonista di questa storia.
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Morte cerebrale
La Littizzetto all’anagrafe per convincere i cittadini a farsi espiantare gli organi

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Predazione degli organi
Aumentano le opposizioni all’espianto degli organi. Gli italiani stanno comprendendo la realtà della predazione?

La legge italiana ha stabilito il principio del consenso o dissenso esplicito, sulla base di cui ad ogni persona maggiorenne viene data la possibilità di dichiarare validamente la propria volontà in merito alla cosidetta donazione degli organi.
La mens del legislatore non era certo quella di rispettare sic et simpliciter la volontà dei cittadini, figuriamoci, bensì quella di ridurre la percentuale delle opposizioni ai trapianti. Infatti, in presenza di una esplicita dichiarazione espressa in vita da parte del «defunto» gli aventi diritto non possono opporsi al prelievo.
In realtà, la legge 91/99 agli articoli 4 e 5 ha stabilito il principio del silenzio-assenso in base a cui la mancata dichiarazione di volontà viene considerata come consenso alla donazione. Tuttavia, tale enunciato non può essere applicato, in quanto, come previsto dalla legge stessa, non è stata ancora costituita un’anagrafe informatizzata che consenta la notifica ad ogni cittadino, da parte di un Pubblico Ufficiale, di un modulo per la dichiarazione di volontà.
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Pertanto, il principale ostacolo da superare al fine di ottenere un numero sempre crescente di organi freschi è la percentuale delle opposizioni da parte dei familiari dei comatosi, che tende a rimanere stabile nel tempo intorno al 30%. La speranza del legislatore era di raccogliere dai cittadini un elevato numero di consensi che consentisse di abbattere in maniera significativa la suddetta soglia, bypassando le dichiarazioni di volontà dei soggetti terzi.
Tale stratagemma però non ha funzionato e si è trasformato in un clamoroso boomerang: nei primi mesi del 2025 ben il 40% delle persone che hanno rinnovato la carta d’identità si è esplicitamente opposto al trapianto degli organi (la percentuale più alta registrata negli ultimi dieci anni), mentre nel 2024 tale percentuale si era attestata intorno al 37%. Complessivamente, nel sistema informativo dei trapianti sono stati depositati 22,3 milioni di dichiarazioni: 15,5 milioni di consensi e 6,8 milioni di opposizioni.
Il centro nazionale trapianti, che coordina la distribuzione degli organi in tutti gli ospedali italiani, giudica questo andamento molto preoccupante.
Vista la malaparata, già da qualche anno la macchina della predazione degli organi ha tirato fuori dal cilindro magico nuove tecniche di accertamento della morte finalizzate ad allargare la platea dei potenziali donatori, come la donazione di organi a cuore fermo (DCD).Inoltre, comincia a filtrare attraverso i media l’ipotesi che la cosiddetta «donazione degli organi» possa un giorno diventare un obbligo.
C’è da tenere presente che in questi ultimi anni è stata organizzata dalle istituzioni una massiccia campagna di (dis)informazione mirata a convincere la popolazione a cedere i propri organi. Ovviamente, trattasi di pura propaganda che si guarda bene dall’informare correttamente il cittadino, tendendo essenzialmente a far leva sull’emotività (la cultura del dono) e sul senso di colpa.
Sembra però che una consistente parte degli italiani non sia caduta nella trappola psicologica e abbia declinato l’invito ad acconsentire di essere trattata come carne da macello.
Del resto, quello della morte cerebrale può apparire un argomento complesso, da addetti ai lavori, quando invece la sua apparente difficoltà deriva unicamente dal fatto che si tratta di un costrutto artificiale, studiato a tavolino, il cui unico fine è consentire l’eliminazione del comatoso e la predazione degli organi.
In effetti, chiunque è in grado di distinguere un cadavere da una persona ancora in vita, anche se non ha mai sfogliato una sola pagina di un libro di medicina o di anatomia. L’inganno della morte cerebrale sta proprio in questo: trasformare la vita e la morte da eventi naturali ed osservabili a eventi artificiali che possono essere accertati solamente tramite l’ausilio di complessi macchinari e da una commissione medica istituita ad hoc.
Ad ogni modo, il sensibile aumento delle opposizioni ai trapianti lascia ben sperare: il buon senso delle persone tende ancora a prevalere sulla menzogna e sull’artificio, almeno fintantoché le sarà concesso di esprimere la loro volontà.
Abbiamo già avuto modo di sperimentare infatti come i valori liberal democratici su cui si fondano gli Stati moderni possono diventare elementi di intralcio per le élite dominanti, soprattutto quando i loro piani non coincidono esattamente con quelli della popolazione generale.
Alfredo De Matteo
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Immagine di Fruehaufsteher2 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Predazione degli organi
Se la cardiologa parla della possibilità di un «obbligo» per la «donazione» degli organi

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