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Donatore di sperma con 96 figli gira tristemente il mondo per conoscerli tutti. Ecco la vera distruzione della paternità

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Il Wall Street Journal ha dedicato un articolo al caso di un donatore di sperma che sta viaggiando attraverso gli Stati Uniti e il Canada per incontrare i suoi 96 figli confermati sottolinea i problemi della fecondazione in vitro e dell’aborto.

 

Il pezzo del WSJ, che è in fondo una testata economica, mostra come la riproduzione sessuale sia diventata un business.

 

Un gruppo Facebook per donne che hanno acquistato il seme del ragazzo è composto principalmente da «coppie o donne single» che il WSJ definisce «una tendenza nel settore delle banche del seme».

 

La questione dei gruppi Facebook relativi alla «donazione» del seme è stata trattata altre volte da Renovatio 21: come noto, oramai la pratica è totalmente uscita dal controllo dello Stato, degli enti sanitari, delle cliniche stesse – come abbiamo visto in tanti casi, il seme, previa contrattazione sui vari social network, viene scambiato al volo, nei caffè e nei centri commerciali, come nel caso del «prolifico» matematico ebreo-americano il cui seme è ora bandito in Israele.

 

Da una parte, donne che frequentano uomini infertili o, più spesso, donne single che decidono di prodursi in laboratorio la cosa che, nonostante il cane e il gatto, cominciano a sentir mancare nella loro vita – un figlio. Oltre alle donne singole, c’è, ovviamente un’altra categoria che ricorre alla «donazione selvaggia» dello spermatozoo: le lesbiche.

 

Dall’altra parte, una classe di individui che la psicologia non ha ancora pienamente analizzato: qualcuno dice che hanno la sindrome dei super-spreader, i «super diffusori» di seme, ognuno di essi è forse latore di un narcisismo estremo e contorto, che gode nel sapere che il mondo è pieno della loro discendenza genetica, anche se con questa non ha in genere alcun contatto. Parliamo, come abbiamo scritto tante volte su Renovatio 21, di uomini che quindi hanno materialmente diecine se non centinaia di figli. Una regolamentazione sulla materia nei vari Paesi non esiste, e se esiste è giovanissima e molto difficile da implementare.

 

Il WSJ descrive le avventure che il superdonatore spermico deve affrontare mentre è alle prese con il fatto di essere responsabile di almeno 96 bambini con i quali ha rapporti poco chiari.

 

«Poiché monitorare la progenie di un donatore non è sempre affidabile, “non saprò mai con certezza quanti figli ho”»: di fatto, il giovane uomo è pienamente definibile come un padre moderno, un padre nell’era di rivolta contro il padre. Il genitore maschio, lo sappiamo almeno dall’avvento del divorzio ma lo vediamo con forza soverchiante oggidì, non è così necessario alla crescita del bambino.

 

Nel pezzo, si trasmette l’idea che l’origine della missione di diffusione spermatica del ragazzo sia dovuta ad un trauma da aborto. Quando aveva 19 anni, dice il ragazzo dell’articolo, una donna con cui usciva gli disse che era incinta. Aveva programmato di avere il bambino ma ha poi cambiato idea.

 

«Avevo iniziato a fare il cambiamento mentale per diventare padre» racconta al quotidiano neoeboraceno. «Avevo una visione nella mia mente su come sarebbe potuto sembrare aver portato la vita nel mondo». La sua decisione lo ha lasciato con un persistente senso di perdita, rivela. Si tratta in pratica di un caso maschile di sindrome post-aborto. La cosa è più che possibile.

 

Nove mesi dopo, il ragazzo iniziò a vendere il suo sperma per pagare l’avvocato che aveva assunto per combattere un’accusa di consumo di alcol. Il suo viaggio per vedere i suoi figli è seguito dal fatto che sua moglie ha divorziato da lui e se n’è andata con suo figlio, replicando lo scenario che aveva vissuto in casa sua: anche i suoi genitori sono divorziati.

 

Una delle lesbiche nella storia ha spiegato come il padre dei suoi figli non potrà mai avere un rapporto completo con loro.

 

«Man mano che lo conosciamo di più, ci sentiamo tutti più a nostro agio. Ma ho la sensazione che si sentirà più autorizzato, il che può essere problematico», ha detto la lesbica intervistata. «Dobbiamo mantenere abbastanza muri per proteggere le nostre ragazze e la nostra famiglia, ma renderli abbastanza permeabili da permettere a lui di entrare».

 

«Non voglio che H. – cioè una delle figlie – senta di poterlo chiamare in qualsiasi modo», dice la lesbica utilizzatrice finale dello sperma del superdonatore.

 

«Lui non è suo padre. Periodo. Se lo dicesse davanti a noi, diremmo subito: “non è tuo padre”. Non sarà mai tuo padre. Non hai un padre», ha sentenziato la donna saffica al WSJ. «Hai un donatore».

 

Lo stesso donatore, finito in questa storia dopo una serie di traumi più o meno razionalizzabili – divorzio e aborto sono non solo tollerati, ma incoraggiati dalla società – è da considerarsi quindi come responsabile della creazione di quantità di famiglie senza padre.

 

È, inoltre, responsabile anche della sua paternità fallita, moltiplicata per quasi un centinaio di casi almeno.

 

«È difficile dire addio ogni volta» ammette. «Sono un genitore? Forse a volte dal punto di vista del bambino? Non lo so… È stato difficile guardare negli occhi mia figlia biologica e dirle che non ero suo padre».

 

Un’immagine più nitida della distruzione della paternità operata dal mondo moderno non potevamo trovarla. Puoi essere materialmente padre cento volte, eppure non esserlo in nessun modo. Perché la Cultura della Morte opera, da decenni, per la distruzione, prima che della famiglia, della figura paterna – e il lettore può capire la cifra religiosa contenuta in questa dinamica.

 

Divorzio, aborto hanno distrutto la famiglia ma anche e soprattutto non solo l’autorità, ma la stessa presenza del maschio, che deve diventare padre per completare il suo ciclo esistenziale.

 

Come messo in chiaro da riflessioni come quelle del poeta Robert Bly, la mancanza di un padre genera nel bambino un’assenza di riferimento, di «iniziazione» guidata al mondo adulto, che non gli permette di crescere, creando così una «società di eterni adolescenti» che cerca di sublimare la mancanza del padre con la droga e la violenza, e riproduce il ciclo fallito facendo figli con donne da cui poi si separano, lasciando specularmente la prole a vivere una vita senza padre.

 

Non dimentichiamo, poi, l’altro fenomeno che, sosteneva fino a qualche tempo fa certa psicoanalisi, può ingenerarsi nei bambini che non hanno avuto dinanzi a loro una figura paterna salda: l’emersione di tendenze omosessuali.

 

La figura del padre è, insomma, quello che vediamo decostruito, e umiliato, nella storia dei donatori spermatici. Essi sono solo un altro tassello nella guerra archetipale contro il padre – e il suo carattere metafisico, sacro.

 

Perché attacco è al padre, l’attacco è a Dio, e alla legge naturale. Così da crescere generazioni di bambini sintetici, figli di un matriarcato che li ha resi effemminati e problematici, interessati, più che alla realtà, ai loro appetiti intimi e al loro instabile equilibrio.

 

È la rivoluzione satanica della provetta, che distrugge la società come nient’altro. I cattolici non lo hanno capito, anzi, ora si dirigono da quella parte.

 

Chi lo comprende, invece, deve opporvisi con ogni forza che gli rimane.

 

 

 

 

Immagine generata sinteticamente

 

 

 

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IVF

Bambini in provetta, la natura immorale della pratica di distruzione degli embrioni: parla l’esperta

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Il sito pro-life statunitense Live Action ha intervistato la dottoressa Lauren Rubal, ginecologa e ostetrica certificata, in occasione del Young Leaders Summit del 2025 il 22 marzo 2025 per discutere dell’attuale e delicato argomento della fecondazione in vitro (IVF) davanti a un pubblico di 1.500 persone.

 

La Rubal ha discusso i problemi che circondano il calo del tasso di fertilità, tra cui l’aspettativa sociale di ritardare la procreazione. Ritardare la gravidanza significa che le donne hanno una «riserva inferiore» di ovuli quando sono «pronte» ad avere figli, rendendo più difficile rimanere incinte.

 

In combinazione con un calo del 50% del numero di spermatozoi negli uomini dei paesi occidentali negli ultimi 40 anni, sta diventando più difficile per le coppie rimanere incinte. La Rubal ha spiegato che cinque anni fa, aveva detto ai pazienti che una coppia su otto avrebbe sperimentato l’infertilità, ma ora quel numero è di una su sei e sta spingendo più persone verso la fecondazione in vitro.

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«Quindi qual è il problema, giusto?» ha chiesto. «La fecondazione in vitro non è pro-life, come sostengono le persone, perché aiuta a creare più vita?»

 

«È questa la risposta… al declino della nostra popolazione e di fronte a una catastrofe imminente? Assolutamente no. Non scientificamente, non medicamente, non moralmente e non eticamente.

 

«Come posso dirtelo? Beh, sono oggettivamente un’esperta in materia. Ho fatto una borsa di studio di tre anni in endocrinologia riproduttiva e infertilità dopo i miei quattro anni di formazione in ostetricia e ginecologia. Ho lavorato come medico per la fecondazione in vitro».

 

«Sono stata coinvolta in alcune delle procedure di cui sto per parlare con te. Mi sono seduto di fronte ai pazienti e ho sofferto con loro e ho dato loro consigli e ho parlato con loro di infertilità e di fecondazione in vitro e, come la stragrande maggioranza dei miei colleghi, ho pensato davvero di fare una buona cosa perché desiderare di avere figli è un desiderio buono e ordinato».

 

«Ma mi sbagliavo completamente su come farlo. Non me ne sono resa conto al momento».

 

 

La Rubal ha spiegato che i medici sono convinti che la fecondazione in vitro sia il metodo migliore per curare l’infertilità, ma alla fine ha capito che i problemi riproduttivi sono sintomi di altri problemi di salute che devono essere prima curati.

 

«Mi sono anche resa conto che stavo giocando a fare Dio», ha detto. «Ero letteralmente coinvolta nella vita e nella morte di almeno migliaia di embrioni. Questi sono esseri umani unici e insostituibili che, sapevo dalla mia formazione scientifica, erano stati creati al momento della fecondazione, il momento in cui l’ovulo viene fecondato dallo sperma…»

 

Nonostante il dolore dell’infertilità, ha affermato: «i bambini non sono un diritto dovuto alle persone».

 

Inoltre, Rubal ha detto che «medicamente, la fecondazione in vitro in realtà non è tutto ciò che si presume sia. Ho visto con i miei occhi che nulla nell’infertilità è al 100%. La probabilità media di nascita viva negli Stati Uniti da una donna che si sottopone a una procedura di prelievo degli ovuli è del 37%».

 

In oltre 30 anni, ha spiegato, ci sono state circa 333.000 nascite vive tramite fecondazione in vitro, ma poiché in ogni ciclo vengono creati da sette a 11 embrioni, sono stati creati 6,5 milioni di embrioni. Ciò significa, ha spiegato, che solo il 5% degli embrioni creati tramite fecondazione in vitro in tre decenni sono arrivati ​​alla nascita. Il 95% viene distrutto, muore durante il processo o è stato lasciato congelato. Molti saranno sottoposti a biopsia e screening per condizioni di salute e poi intenzionalmente distrutti quando non ce la fanno.

 

Tuttavia, la «medicina riproduttiva riparativa» adotta un approccio diverso, ha spiegato Rubal.

 

«Se c’è un problema di fertilità, deve esserci una ragione di fondo. Identificare e, si spera, correggere queste ragioni di fondo risolverà e ripristinerà la salute riproduttiva», ha affermato. «In altre parole, la medicina riproduttiva ricostituente è un approccio scientifico per cooperare e ripristinare la normale fisiologia e anatomia, in contrapposizione a metodi che mirano a eluderle, distruggerle o sopprimerle».

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La dottoressa Rubal ha incoraggiato i giovani presenti offrendo misure pratiche per aiutarli con la loro fertilità. Oltre ad abbandonare la contraccezione ormonale, la Rubal ha incoraggiato i partecipanti a limitare i cibi lavorati, a mangiare biologico e ad assicurarsi che il loro intestino funzioni bene, consigliando agli uomini di non usare steroidi o assumere testosterone e ha consigliato loro di informarsi sui propri cicli riproduttivi.

 

Secondo dati recenti, quattro milioni di embrioni sono uccisi negli USA ogni anno dalla provetta.

 

Il fatto che il numero delle vittime della provetta sia maggiore di quello dell’aborto è ampiamente noto al lettore di Renovatio 21.

 

Riguardo ai numeri degli embrioni IVF in Italia – dove vi è stato un amento del 30% in 10 anni – secondo l’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici (AIGOC), nel solo 2018 la fecondazione in provetta ha ucciso 171.730 embrioni italiani nel corso di un solo anno. Vale a dire, più bambini morti che con l’aborto di Stato della 194/78.

 

Vi è poi il tema della crioconservazione degli embrioni – una dimensione biologicamente, legalmente e teologicamente ancora non definita dove si possono trovare gli esseri umani prodotti in laboratorio.

 

Negli USA si stima che più di un milione di embrioni siano congelati in deposito dopo la fecondazione in vitro e che fino al 93% di tutti gli embrioni creati tramite fecondazione in vitro vengano infine distrutti. Un profilo del 2019 della NBC News sul professionista della fecondazione in vitro della Florida Craig Sweet ha riconosciuto che il suo studio ha scartato o abbandonato circa un terzo degli embrioni che conserva in celle frigorifere.

 

In Italia secondo una stima dell’Istituto superiore di Sanità, nel 2020 gli embrioni abbandonati sotto azoto liquido erano 37.500 distribuiti in 320 centri.

 

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Immagine di Dpastor via Wikimedia pubblicato su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

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IVF

La provetta uccide più dell’aborto: conferme dagli USA

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Quattro milioni di embrioni sono uccisi negli USA ogni anno dalla fecondazione in vitro (IVF). Lo dichiara l’attivista pro-famiglia statunitense Katy Faust in un’intervista rilasciata a LifeSiteNews durante una conferenza tenutasi a Londra.   Qui la Faust ha valutato l’azione intrapresa dal presidente Donald Trump durante il primo mese del suo secondo mandato. Ha affermato che «c’è stato molto più di buono di quanto pensassi», riferendosi alla dichiarazione secondo cui ci sono solo due generi, allo sradicamento delle pratiche DEI (diversità, equità, inclusione, e della Critical Race Theory (CRT) e alla grazia per i pro-life imprigionati.   Tuttavia la Faust, che è fondatrice di Them before Us, un gruppo di attivisti che si dedica alla tutela del diritto dei bambini ad avere una madre e un padre, ha criticato l’ordine esecutivo di Trump che ha ampliato l’accesso alla fecondazione in vitro.   «Quando si guardano i numeri che siamo in grado di mettere insieme, ciò che vediamo è che la fecondazione in vitro, la grande fertilità, l’industria della produzione di bambini, immola circa 4 milioni di bambini ogni anno», ha dettola  Faust a LifeSiteNews.     «Contrasta con l’aborto e la Planned Parenthood, che ogni anno fa vittime “solo” 1 milione di bambini. Quindi, se credi che i bambini abbiano diritto alla vita dal momento del concepimento, devi essere molto critico nei confronti della fecondazione in vitro e non vuoi che il governo federale la sovvenzioni».   Non c’è modo di sapere esattamente quanti embrioni, ovvero esseri umani, vengono uccisi tramite fecondazione in vitro. Tuttavia, secondo l’ente di controllo epidemico statunitense CDC, nel 2021 negli Stati Uniti sono stati eseguiti circa 435.000 cicli di fecondazione in vitro, con ogni ciclo che produceva più embrioni. Allo stesso tempo, solo circa 98.000 neonati sono nati tramite fecondazione in vitro quell’anno. Ciò significa che milioni di bambini vengono congelati, abortiti, abortiti spontaneamente o altrimenti scartati nel processo di fecondazione in vitro ogni anno.   La Faust ha anche sottolineato che «i bambini hanno diritto alla madre e al padre», e ogni tentativo di forzare i bambini a concepire idee «moderne» di famiglia, ad esempio la genitorialità omosessuale, finisce per rendere i bambini «delle vittime».   «Quindi, indipendentemente dai modi in cui cerchiamo di armeggiare tecnologicamente con i bambini, indipendentemente dal numero di volte in cui ripetiamo “L’amore fa una famiglia”, indipendentemente da ciò che cinque giudici della Corte Suprema hanno da dire sulla definizione di matrimonio, i bambini sono – e saranno sempre – gli stessi», ha affermato. «Vengono da un uomo e una donna. Hanno bisogno di quell’uomo e di quella donna. Hanno diritto a quell’uomo e a quella donna. E tutte le nostre conversazioni su matrimonio e famiglia o si conformeranno a quella verità o vittimizzeranno i bambini. Queste sono le uniche due opzioni».   Il fatto che il numero delle vittime della provetta sia maggiore di quello dell’aborto è ampiamente noto al lettore di Renovatio 21.   Riguardo ai numeri degli embrioni IVF in Italia – dove vi è stato un amento del 30% in 10 anni – secondo l’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici (AIGOC), nel solo 2018 la fecondazione in provetta ha ucciso 171.730 embrioni italiani nel corso di un solo anno. Vale a dire, più bambini morti che con l’aborto di Stato della 194/78.   Immaginiamo, nel 2024, quanto questa cifra sia aumentata. E quindi, di quanti embrioni scartati ed eliminati eugeneticamente, di quanti esseri terminati, stiamo parlando? Di un milione? Due? Tre milioni?   Vi è poi il tema della crioconservazione degli embrioni – una dimensione biologicamente, legalmente e teologicamente ancora non definita dove si possono trovare gli esseri umani prodotti in laboratorio.   Negli USA si stima che più di un milione di embrioni siano congelati in deposito dopo la fecondazione in vitro e che fino al 93% di tutti gli embrioni creati tramite fecondazione in vitro vengano infine distrutti. Un profilo del 2019 della NBC News sul professionista della fecondazione in vitro della Florida Craig Sweet ha riconosciuto che il suo studio ha scartato o abbandonato circa un terzo degli embrioni che conserva in celle frigorifere.   In Italia secondo una stima dell’Istituto superiore di Sanità, nel 2020 gli embrioni abbandonati sotto azoto liquido erano 37.500 distribuiti in 320 centri.  

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IVF

Le nasce un bambino in provetta nero: donna fa causa alla clinica di FIVET, ma è costretta a darlo via

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Una donna nello Stato americano della Georgia ha fatto causa a un centro di fecondazione in vitro (IVF, in italiano detta spesso FIVET) dopo aver dato alla luce un bambino che chiaramente non era biologicamente suo ed è stata successivamente costretta a darlo ai suoi genitori originali. Lo riporta LifeSiteNews.

 

Krystena Murray, una fotografa di matrimoni di 38 anni, ha intentato martedì una causa spiegando come, dopo aver partorito, si sia resa conto che il suo bambino non era stato concepito utilizzando il suo embrione, poiché sia ​​lei che il suo donatore di sperma sono bianchi e il bambino che ha dato alla luce è di origine africana.

 

«Spero che si tratti solo di uno scambio di sperma, non di uno scambio di embrioni», ha detto Murray alla NBC News. Un test del DNA ha confermato, tuttavia, che il bambino non era biologicamente suo.

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«Cinque mesi dopo il parto, la signora Murray aveva stretto un legame con il suo bambino e desiderava disperatamente tenerlo. Ma dopo che la Coastal Fertility ha scoperto che gli imputati avevano trasferito alla signora Murray un embrione appartenente a un’altra coppia («coppia di estranei») – e poi hanno avvisato la coppia di estranei – la coppia di estranei ha citato in giudizio la signora Murray presso il tribunale della famiglia per la custodia del bambino», racconta la causa.

 

«Il giorno più felice della loro vita è il giorno peggiore della mia», ha detto Murray alla NBC.

 

«Sono entrata con una mamma con un bambino e un neonato che mi amavano, erano miei e mi erano affezionati, e sono uscita dall’edificio con un passeggino vuoto, e loro se ne sono andati con mio figlio», ha detto Murray alla NBC News, in merito al giorno in cui ha dovuto consegnare il bambino in tribunale.

 

«L’ho cresciuto, l’ho cresciuto, l’ho amato. Non lo vedevo diverso da come lo vedevo se fosse stato mio, il mio embrione genetico», ha aggiunto.

 

Questa «coppia di estranei» ha ora la piena custodia del bambino e vive in uno stato diverso da quello di Murray. Nel frattempo, Murray non sa se ha un figlio biologico cresciuto da un’altra coppia.

 

Dopo questi eventi, che la causa descrive come traumatici per la Murray, la futura madre ha accusato i dipendenti della Coastal Fertility di otto capi d’imputazione per cattiva condotta, tra cui grave negligenza e occultamento fraudolento. «Le azioni della clinica per la fertilità sono state molto vicine a distruggermi, hanno lasciato danni irreparabili alla mia anima e, alla fine, mi hanno fatto dubitare se dovrei essere una madre», ha detto Murray in una conferenza stampa.

 

Coastal Fertility Specialists ha affermato in una nota di «esprimere profondo rammarico per il disagio causato da un errore senza precedenti che ha portato a un errore nel trasferimento degli embrioni». La società di fecondazione in vitro ha aggiunto che si tratta di un «incidente isolato» e che, a quanto si dice, ha implementato misure di sicurezza per garantire che un simile scambio non si ripeta.

 

In effetti, questi errori di fecondazione in vitro hanno attirato sempre più l’attenzione di alto profilo. Nel 2021, due coppie della California hanno cresciuto bambini concepiti tramite fecondazione in vitro che non erano biologicamente loro per mesi, finché non hanno scoperto l’errore e alla fine hanno scambiato i figli. Una coppia ha capito subito che qualcosa non andava quando ha dato alla luce una figlia con i capelli neri come la pece, e non chiari come i loro.

 

Nel 2019, una coppia di New York ha intentato causa dopo che la moglie ha dato alla luce due gemelli concepiti tramite fecondazione in vitro, che non erano di origine asiatica come la coppia.

 

Il fatto che questi errori nella FIVET siano stati evidenziati da evidenti disparità razziali e fisiche solleva la questione di quanto spesso gli errori si verifichino ma passino inosservati a causa di differenze fisiche meno evidenti nei bambini nati da fecondazione in vitro.

 

Murray ha descritto il bambino che ha dato alla luce come «l’essere umano più bello» che abbia mai visto e ha detto che lo considererà sempre suo figlio, ha riportato la NBC News. «Ho trascorso tutta la mia vita desiderando di essere una mamma. Ho amato, nutrito e cresciuto mio figlio, e avrei fatto letteralmente qualsiasi cosa in mio potere per tenerlo», ha detto.

 

In pratica la donna è divenuta – pagando – la madre surrogata per altri: ha affittato l’utero e pure pagato.

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L’episodio è solo uno dei possibili scenari allucinanti, grotteschi, mostruosi che si possono ingenerare con l’ascesa della fecondazione in vitro, che, ricordiamo in primis, distrugge decine di embrioni prima di per ogni bambino prodotto, mentre altri finiscono nel limbo dell’azoto liquido.

 

Altri casi inquietanti, e inevitabili, sono quelli di un futuro dove si ha certezza degli incesti provocati dall’IVF (i figli dello stesso «donatore») si trovano e, inconsapevoli, si accoppiano. Casi di questo tipo sono già all’ordine del giorno.

 

Come riportato da Renovatio 21, un’ulteriore ramificazione diretta, mostruosa e sottaciuta, è quella dell’aumento (automatico con la provetta) delle chimere umane, ossia degli individui dotati di due DNA: gli embrioni impiantati si mischiano in modo che alcuni organi (per esempio: l’apparato riproduttivo…) di quello dominante sono formati dall’embrione minore, che continua a crescere, talvolta disorganicamente (con occhi e capelli che si creano dentro la carne) per tutta la vita.

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