Spirito
Distensione tra Chiesa e Stato in Venezuela
Un nuovo passo verso la pacificazione tra la Chiesa e lo Stato venezuelano è stato compiuto alla vigilia della festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con la nomina di tre vescovi in posizioni chiave: decisioni prese d’intesa con il Presidente della Repubblica, come stabilito dal concordato che regola i rapporti tra questo Paese sudamericano e la Santa Sede.
L’arcivescovo metropolita di Caracas, capitale del Venezuela, ha un successore dal 28 giugno 2024. Sono passati più di cinque anni da quando il cardinale Baltazar Porras ha inviato la sua lettera di dimissioni a papa Francesco, dopo aver raggiunto l’età di 75 anni il 10 ottobre 2019.
Va detto che i rapporti tra la Chiesa e il presidente Nicolás Maduro si erano notevolmente deteriorati da quando i vescovi del Paese, sostenuti dal Vaticano, avevano dichiarato «illegittimo» il secondo mandato del capo dello Stato, con un vescovo che aveva denunciato «la repressione e la violenza da parte delle forze di sicurezza dello Stato e dei gruppi armati», aveva riferito La Croix nel 2019.
Nel luglio 2021, il Presidente ha descritto una lettera del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede ed ex Nunzio a Caracas, come un «compendio di odio».
La lettera aveva «chiesto alle imprese venezuelane locali di avere negoziati seri nel Paese» e il cardinale aveva affermato che è «importante che anche la società civile sia protagonista nella soluzione della crisi in questo amato Paese», riporta ancora La Croix.
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La diplomazia vaticana è stata costretta a cambiare metodo: per evitare uno scenario come quello del Nicaragua, dove lo scontro diretto tra Chiesa e Stato si traduce in un peggioramento delle condizioni di vita dei fedeli, Roma ha deciso di adottare un atteggiamento di “neutralità positiva” nei confronti del potere bolivariano.
Un primo segnale di distensione è arrivato dal Palazzo Miraflores il 14 maggio 2024: è stato nominato un nuovo nunzio in Venezuela, nella persona dell’arcivescovo Alberto Ortega Martín, come riportato da FSSPX.News. Sono bastate poche settimane a questo diplomatico esperto, riconosciuto per la sua grande esperienza, per sbloccare i casi di diverse nomine episcopali di alto profilo.
Vida Nueva descrive i nuovi vescovi. Così, il vescovo Raúl Biord, religioso salesiano che fino a poco tempo fa era vescovo di La Guaira, dove era stato assegnato nel novembre 2013, è stato nominato nuovo arcivescovo di Caracas. Il vescovo Jesús González de Zárate Salas è stato nominato arcivescovo di Valencia, e il vescovo Polito Rodríguez Méndez è stato nominato arcivescovo di Barquisimeto: tre figure moderate dell’episcopato.
Il gesto di pace di Nicolás Maduro non è privo di secondi fini, visto che è intervenuto alla vigilia delle elezioni presidenziali: il 28 luglio di quest’anno, i venezuelani, che votano elettronicamente dal 2004, dovranno decidere il futuro dell’attuale presidente, mentre le urne danno un notevole vantaggio a Edmundo González Urrutia, l’avversario del capo dello Stato.
«Statisticamente tutti sanno, compreso il governo, che questa elezione è persa per l’attuale presidente», ritiene Benigno Alarcon, direttore del Centro di studi politici e governativi dell’Università cattolica Andrés Bello, citato da Le Figaro.
In altre parole, peseranno molto sulla bilancia i voti dell’elettorato cattolico, in un Paese in cui oltre il 90% degli abitanti dichiara di appartenere alla Chiesa.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di LHommeDuMonde via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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Spirito
Due nuovi «santi» venezuelani riaccendono le tensioni tra Chiesa e Stato
Tralasciando il dubbio valore delle nuove procedure di canonizzazione, una doppia canonizzazione in Venezuela è diventata rapidamente una questione di Stato, rivelando le profonde fratture tra una Chiesa cattolica fortemente coinvolta nell’arena politica, a rischio di apparire come una forza di opposizione, e il potere chavista detenuto dal presidente Nicolas Maduro.
Per comprendere la storia, dobbiamo fare un passo indietro. Il 19 ottobre 2025, papa Leone XIV proclamò «santi» i primi due venezuelani nella storia del Paese: José Gregorio Hernández Cisneros, il «medico dei poveri», e María del Carmen Rendiles Martínez, fondatrice della comunità delle Serve di Gesù. L’evento divenne rapidamente un affare politico.
Nicolás Maduro, al potere dal 2013, non ha perso tempo a sfruttare la canonizzazione. Dopo la cerimonia nella casa-museo di José Gregorio Hernández, circondato da fedeli e autorità governative, il capo dello Stato ha rilasciato una serie di dichiarazioni sui social media: «Siamo felici per i nostri santi. Sono entrambi grandi! Il papa ha agito giustamente!», ha dichiarato, esprimendo «immensa, eterna gratitudine» al pontefice, che ha definito un «amico» e un «fratello».
E presentare l’evento come un gesto provvidenziale di fronte alle «minacce» che la «più grande potenza militare della storia» rappresenterebbe nei Caraibi, vale a dire gli Stati Uniti, che da diversi anni cercano invano di far cadere il regime chavista.
Il chavismo ha una lunga storia con la religione: Hugo Chavez ha invocato la cosiddetta Teologia della Liberazione per la sua «Rivoluzione Bolivariana». Il processo di canonizzazione, guidato con grande entusiasmo dal defunto Papa Francesco, è visto da Nicolas Maduro come una forma di benedizione per il regime.
Ma l’opposizione non è rimasta indietro. Maria Corina Machado, vincitrice del premio Nobel per la Pace 2025, un premio altamente politico, ed Edmundo Gonzalez, il candidato presidenziale fallito, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui José Hernández e Carmen Rendiles vengono descritti come «due santi per 30 milioni di ostaggi venezuelani», riferendosi al destino di 800.000 prigionieri «politici» e migliaia di esuli.
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«Questi santi esemplari, che hanno dedicato la loro vita al servizio degli altri, offrono speranza e consolazione in mezzo all’oscurità», scrivono, invocando un «miracolo imminente»: la caduta del regime chavista.
Temendo che la messa papale del 19 ottobre potesse suggerire una forma di approvazione per Maduro, il giorno seguente, durante una messa di ringraziamento a San Pietro, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede ed ex nunzio in Venezuela dal 2009 al 2013, ha pronunciato un’omelia in cui ha chiesto «di aprire le prigioni ingiuste, di spezzare le catene dell’oppressione, di liberare gli oppressi, di spezzare tutte le catene».
Il caso torna di attualità a Caracas: la «Festa della Santità», prevista per il 25 ottobre 2025 allo stadio Monumental Simon Bolívar , davanti a 50.000 fedeli e alla presenza di tutti i vescovi venezuelani, è stata annullata il 22 ottobre, ufficialmente per «problemi di sicurezza e capienza» – erano state registrate più di 80.000 iscrizioni mentre la capienza non supera i 40.000 posti: «È una questione di sicurezza, sarebbero stati necessari circa tre stadi», spiega uno dei portavoce dell’arcidiocesi.
Nell’arcidiocesi di Caracas si vociferava addirittura che il regime chavista intendesse noleggiare autobus per migliaia di sostenitori, trasformando l’evento in una dimostrazione di forza pro-Maduro. Il cardinale Baltazar Porras, arcivescovo emerito di Caracas, ha denunciato il 17 ottobre una situazione «moralmente inaccettabile»: «crescente povertà, militarizzazione come forma di governo, corruzione, mancanza di rispetto per la volontà popolare» e ha chiesto il rilascio dei prigionieri.
Nicolas Maduro rispose quattro giorni dopo: «Baltazar Porras ha dedicato la sua vita a cospirare contro José Gregorio Hernández (uno dei neo-canonizzati). È stato sconfitto da Dio, dal popolo». L’accesa discussione tra Chiesa e Stato – in un Paese in cui l’80% della popolazione è cattolica – arriva mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione contro il regime chavista.
Lo schieramento di una grande flotta al largo delle coste del Paese, accompagnata da un sottomarino nucleare d’attacco, da caccia F-35 e dalla CIA ufficialmente autorizzata da Donald Trump a operare sul territorio venezuelano: si intensifica la pressione su un Paese economicamente rovinato dal bolivarianismo e che – per fortuna o per sfortuna? – è uno dei più dotati in termini di risorse petrolifere. Abbastanza da suscitare cupidigia.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Guillermo Ramos Flamerich via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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