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Geopolitica

«Come un barboncino che urina ad Odessa»: le truppe di Macron in arrivo in Ucraina?

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Il capo dell’Intelligence estera russa, Sergej Naryshkin, ha dichiarato martedì che migliaia di truppe francesi si stanno preparando per il dispiegamento nella regione ucraina di Odessa. Lo riporta la testata legata al Cremlino Sputnik.

 

Secondo Mark Sleboda, esperto di relazioni internazionali e sicurezza sentito dal giornale russo, il piano del presidente francese Emmanuel Macron di inviare circa 2.000 soldati a Odessa servirebbe solo come «forza di trappola umana» e sarebbe «l’equivalente della NATO, come un cane, che urina su Odessa, contrassegnandola come territorio della NATO». L’analista ha quindi detto, usando un’analogia, che la Francia è come «un barboncino».

 

Come riporto da Renovatio 21, negli scorsi giorni il capo di stato maggiore dell’esercito francese, generale Pierre Schill, ha affermato in un editoriale che le sue forze sono pronte a rispondere «agli scontri più duri» e che il paese potrebbe impegnare una divisione di 20.000 soldati entro 30 giorni.

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«Ha torto. L’esercito francese non è certamente pronto per questo», ha detto Sleboda commentando l’affermazione del generale. «Se fossero impegnati in un conflitto ad alta intensità come quello in cui è impegnato il regime di Kiev, sparando molti meno proiettili di artiglieria rispetto alla Russia, allora la Francia avrebbe abbastanza proiettili di artiglieria per quattro giorni di conflitto con la Russia. Quattro giorni».

 

In confronto, secondo le analisi russe e occidentali, la Russia ha più di 600.000 soldati dispiegati nella zona delle operazioni speciali. «C’è una probabilità che i francesi credano che la Russia non sparerà contro queste truppe francesi, perché indossano l’uniforme, per paura di colpire un membro della NATO, anche se ovviamente l’Articolo Cinque della NATO non si applicherebbe», ha continuato a spiegare lo Sleboda, che ha aggiunto di credere che Macron pensi che se le truppe francesi venissero uccise dalla Russia, ciò creerebbe maggiore sostegno al conflitto a livello nazionale e «aiuterebbe a mobilitare politicamente» altri paesi europei affinché si uniscano alla lotta.

 

«Penso che se Macron inviasse le sue truppe a Odessa, ovviamente non una forza in grado di ingaggiare la Russia in un attacco sul campo di battaglia, ma come una sorta di forza umana in grado di creare una trappola. Sarebbe l’equivalente della NATO, come un cane, che urina su Odessa, contrassegnandola come territorio della NATO», ha detto Sleboda.

 

«Naturalmente, con le truppe NATO ufficialmente in uniforme che muoiono in Ucraina, ciò ci porterebbe a un livello completamente diverso», ha avvertito.

 

Sleboda ha previsto che ci sarà un «enorme gioco di guerra dell’informazione, i cui obiettivi saranno i francesi», e altri stati membri della NATO, sottolineando che la Finlandia, la Repubblica Ceca, i Paesi baltici e il Canada hanno già suggerito di unirsi ai francesi.

 

Il co-conduttore della trasmissione di Sputnik The Critical Hour Wilmer Leon ha chiesto se Macron potesse seriamente credere che «un enorme dietrofront non sia all’orizzonte», Sleboda ha risposto descrivendo la «tattica di affettamento» della NATO basata sull’incrementalismo.

 

«Ora abbiamo i leader della NATO che ammettono apertamente: “sì, abbiamo truppe in tutta l’Ucraina”. Sono stati pesantemente coinvolti in tutte le operazioni di combattimento», ha detto citando un giornale spagnolo. «La Russia non ha ancora intrapreso alcuna azione di ritorsione contro la NATO al di fuori dell’Ucraina, al di fuori dei parametri della guerra per procura. Quindi, penso che questa sia un’ulteriore escalation che credono di poter superare usando l’incrementalismo».

 

Secondo l’edizione francese del sito Politico, il presidente francese Emmanuel Macron ritiene che l’Ucraina potrebbe essere sconfitta sul campo di battaglia in breve tempo.

 

La testata avrebbe parlato con diversi membri del partito presidenziale che la sera prima avevano partecipato a una cena di lavoro all’Eliseo. Mentre la maggior parte della discussione si è concentrata sulle imminenti elezioni del Parlamento europeo, è emerso anche il conflitto in Ucraina.

 

«L’Ucraina potrebbe cadere molto rapidamente», ha detto una delle fonti di Politico citando Macron.

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Macron ha intensificato la sua retorica sull’Ucraina poche settimane dopo che un certo numero di cittadini francesi che combattevano per conto di Kiev erano stati uccisi in un attacco missilistico russo. In un incontro dei leader europei a Parigi alla fine di febbraio, ha rifiutato di escludere la possibilità di un intervento della NATO in Ucraina.

 

Sebbene l’idea sia stata rapidamente respinta da quasi tutti i membri del blocco guidato dagli Stati Uniti e dal suo segretario generale, Macron ha insistito, dichiarando che non ci sarebbero stati «limiti» al sostegno francese a Kiev e definendo la Russia un «avversario».

 

Mosca ha condannato fermamente le osservazioni di Macron e ha messo in guardia la NATO dal compiere ulteriori mosse ostili. Secondo il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov, lo spiegamento di soldati occidentali in Ucraina renderebbe «inevitabile» il conflitto diretto con la Russia.

 

Marine Le Pen, membro di spicco del partito di opposizione Raggruppamento Nazionale e rivale di Macron alle elezioni del 2022, la settimana scorsa ha accusato il presidente di «dirottare» la questione ucraina per il bene della politica elettorale interna. I sondaggi hanno dimostrato che i francesi sostengono di aiutare Kiev con armi e denaro, ma sono restii a farsi coinvolgere direttamente con le forze sul campo, riporta RT.

 

Le preoccupazioni che Kiev possa perdere la guerra sembrano basarsi su diverse valutazioni militari francesi trapelate all’inizio di questo mese al quotidiano Marianne. Un rapporto, successivo all’offensiva estiva di Kiev, concludeva che l’Ucraina non avrebbe potuto vincere il conflitto con mezzi militari. Un altro ha descritto la battaglia di Avdeevka come una disfatta ucraina e ha fatto sudare freddo l’esercito francese, secondo il giornale francese.

 

Pochi giorni dopo, il quotidiano Le Monde ha affermato che le voci di Macron sull’eventuale invio di truppe risalivano al giugno 2023, quando la controffensiva ucraina era appena iniziata. Il generale Schill ha anche affermato che le dichiarazioni pubbliche di Macron sono state «principalmente un messaggio politico e strategico» alla Russia sulla «volontà e l’impegno» della Francia, piuttosto che una vera e propria escalation.

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La Francia, come la Russia, è, ricordiamo, una potenza nucleare.

 

Tra i due Paesi c’è il grande tema dell’Africa francofona che oramai ha quasi completamente ripudiato l’ex colonizzatore parigino a favore di un appoggio della Russia – come visibile nelle manifestazioni di popolo durante il golpe in Niger, dove l’ambasciata francese veniva circondata da una folla che sventolava bandiere russe e striscioni che inneggiavano a Putin.

 

È stato inevitabile dunque le diplomazie di Mosca e Parigi arrivassero a scontrarsi, anche se sempre nel caso circoscritto degli affari africani.

 

Come riportato da Renovatio 21, una ONG russa ha accusato i media francesi di coprire i crimini militari commessi da Parigi in Mali.

 

Al momento, anche se non riportato dai media mainstream, in Francia vi è fermento per l’incredibile teoria secondo la quale la moglie di Macron sarebbe in realtà un uomo transessuale. Il tutto avviene mentre il presidente parigino ha spinto aborto in costituzione e lanciato la corsa del Paese verso la libera eutanasia.

 

Sul comportamento recente di Macron Renovatio 21 ha fatto qualche ipotesi di natura geodemonologica.

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Immagine di Stiftung Münchner Sicherheitskonferenz (gemeinnützige) GmbH via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Droga

Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela

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Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.   Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.   Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».

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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.   Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.     Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.   Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».   Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.   Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.   Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.   La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.   Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.   Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.

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Geopolitica

Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco

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Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.

 

Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.

 

Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.

 

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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.

 

Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.

 

Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.

 

Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.   Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.   «Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.   Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.   All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.   La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.   Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.   Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.  

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