Connettiti con Renovato 21

Immigrazione

Bergoglio: opporsi alle migrazioni è «un peccato grave». Ecco lo spot per la gestione episcopale dell’invasione

Pubblicato

il

Bergoglio ha condannato gli sforzi per regolamentare l’immigrazione, affermando che coloro che «sistematicamente» lavorano per «respingere i migranti» stanno commettendo un «peccato grave».

 

Molti commentatori si sono concentrati sulla difformità delle parole del pontefice regnante dalla dottrina o la loro astrusità, tuttavia quasi tutti hanno mancato il fine pragmatico: il rilancio, duro e puro, del ruolo della Chiesa nella gestione materiale della migrazione di massa, con tanto di barche disposte sul canale di Sicilia.

 

Per operare la sua ennesima, inesausta propaganda dell’invasione migratoria – che pare addirittura superare ideologicamente le posizioni precedenti, già estremiste – Francesco ha utilizzato l’udienza del mercoledì, di fatto monopolizzata dall’infuocata agiografia dell’invasione straniera in Italia, in Europa ed oltre.

 

«Oggi rimando la consueta catechesi e desidero fermarmi con voi a pensare alle persone che – anche in questo momento – stanno attraversando mari e deserti per raggiungere una terra dove vivere in pace e sicurezza», ha esordito il gesuita argentino.

Iscriviti al canale Telegram

Utilizzando i temi di «mari e deserti», Francesco ha affermato che sia i mari che i deserti stanno diventando «cimiteri di migranti». «E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati» ha dichiarato il Bergoglio, in un impeto di retorica immigrazionista che è sembrato perfino più roboante del solito.

 

«Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti – per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave» ha tuonato il gesuita sudamericano.

 

Elaborando la sua descrizione dell’opposizione alla migrazione come un «peccato», il Bergoglio ha voluto attingere alla Sacra Scrittura: «non dimentichiamo ciò che dice la Bibbia: “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai” (Es 22,20). L’orfano, la vedova e lo straniero sono i poveri per eccellenza che Dio sempre difende e chiede di difendere».

 

Verrebbe da rispondere al papa che di orfani e vedovi, nei barconi carichi solo di giovani sani e forti in età militare, ve ne è pochi – e la cosa è oramai nota a chiunque che non sia cieco o in malafede totale. Né, va detto, possiamo definirli poveri, visto che godono di vitto alloggio, vestiti e cellulari nuovi, tutte cose che molti italiani non riescono a permettersi.

 

L’occupante del Soglio ha quindi sottolineato una disparità tra la ricchezza delle diverse società, commentando che «nell’epoca dei satelliti e dei droni, ci sono uomini, donne e bambini migranti che nessuno deve vedere: li nascondono. Solo Dio li vede e ascolta il loro grido. E questa è una crudeltà della nostra civiltà».

 

La retorica è alle stelle, e non vorremmo che fosse per il possibile nervosismo di chi scrive i discorsi papali riguardo l’arrivo del vaiolo delle scimmie.

 

Ma non è finita: rivolgendosi ancora una volta alla Scrittura, Francesco ha paragonato l’attuale immigrazione – un fenomeno particolarmente concentrato in Europa dall’Africa e negli Stati Uniti dal confine meridionale – alla «grande migrazione» del popolo ebraico che fu guidato da Mosè fuori dalla schiavitù in Egitto.

 

«Ci farà bene, oggi pensare: il Signore è con i nostri migranti nel mare nostrum, il Signore è con loro, non con quelli che li respingono», ha commentato Francesco, ad un passo dal dire, magari proprio in lingua tedesca, Gott mit uns, espressione utilizzata in un precedente progetto di pulizia etnica e ridefinizione della popolazione europea.

 

Come da pensiero della sinistra radicale di cui si attornia, Bergoglio non ha fatto distinzioni tra immigrazione legale e illegale durante il suo discorso in udienza, o sul modo in cui gli immigrati dovrebbero essere accolti ed integrati nella cultura locale, un aspetto sul quale la Chiesa avrebbe pure un insegnamento chiaro.

Sostieni Renovatio 21

L’insegnamento della Chiesa cattolica in materia di immigrazione è un attento mix di carità verso i cittadini di una nazione e coloro che cercano di entrare in quella nazione per giuste ragioni. Il Catechismo al punto 2241 scrive che «Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l’esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie».

 

Inoltre, allo stesso punto, il Catechismo sottolinea che «l’immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri».

 

Un simile insegnamento era stato esposto nel 2011 da Papa Benedetto XVI nel suo messaggio per la 97ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Mentre citava Papa Giovanni Paolo II per difendere la «possibilità» per le persone «di entrare in un altro Paese per cercare migliori condizioni di vita», Benedetto aveva anche difeso i diritti delle nazioni di origine a limitare tali ingressi.

 

In precedenza Giovanni Paolo II, nella stessa occasione del 2001, aveva scritto che l’esercizio del «diritto di emigrare … va regolamentato, perché esercitarlo indiscriminatamente può arrecare danno e recare pregiudizio al bene comune della comunità che accoglie il migrante».

 

Invece, le recenti parole del Bergoglio «sembrerebbero essere un invito generale a un aumento dell’immigrazione di qualsiasi tipo» nota LifeSite.

 

«Non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato» ha continuato il pontefice pro-invasione. «Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e le vie di accesso regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle tante calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà. E unendo le forze per combattere la tratta di esseri umani, per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano la miseria altrui».

 

In pratica, il vecchio discorso antiproibizionista (rendere libera la droga per colpire la mafia che la traffica) ora applicato all’immigrazione – da un papa.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Concludendo l’udienza del mercoledì, Papa Francesco ha elogiato gli «uomini e donne coraggiosi» che «si prodigano per soccorrere e salvare i migranti feriti e abbandonati sulle rotte di disperata speranza, nei cinque continenti».

 

Come hanno notato in molti, si tratta di una svolta all’interno dello stesso pensiero bergogliano sull’immigrazione. Nel 2016, tornando in volo da Ginevra, dichiarò ai giornalisti che «il migrante deve essere tratto con certe regole perché migrare è un diritto, ma è un diritto molto regolato». Nel giugno 2018, parlando in aereo di ritorno da Ginevra, disse che, riguardo l’integrazione dei migranti, «ogni Paese deve fare questo con la virtù propria del governo, cioè con la prudenza».

 

Insomma: qualcosa, negli ultimi giorni deve essere successo: la sterzata con accelerazione a tavoletta qualcosa deve pure avere dietro.

 

Ecco che infine Bergoglio ha nominato l’organizzazione Mediterranea Saving Humans (MSH), l’ente dell’ex capo no-global Luca Casarini, descrivendola come «in prima linea» nella «lotta per la civiltà». Nei giorni scorsi, l’organizzazione, al centro di scandali e polemiche sui giornali nei mesi scorsi, ha intrapreso un altro viaggio per portare extracomunitari in Italia, e per la prima volta lo ha fatto in collaborazione diretta con la Conferenza Episcopale Italiana.

 

Papa Francesco ha inviato una nota scritta a mano elogiando l’iniziativa.

 

La nave «Mare Jonio» della MSH era stata precedentemente sequestrata e multata per controversie con le autorità locali in merito all’ingresso di rifugiati illegali nei porti italiani.

 

Lo scandalo era scoppiato lo scorso dicembre quando è stato riferito che l’attivista Luca Casarini, invitato personalmente per qualche ragione da Francesco al Sinodo sulla sinodalità, già indagato l’anno scorso per immigrazione clandestina. I finanziamenti elargiti dalla CEI (il vostro 8 per mille…) furono al centro di polemiche nazionali, con – addirittura – agguatini dei giornalisti mainstream che sbucavano davanti al cardinale arcivescovo di Bologna e presidente CEI Matteo Zuppi (l’amico della Murgia, il porporato del tortellino proislamico de-suinizzato, il papabile che, sussurrava il compianto cardinale Pell, potrebbe finire a fare il papa in vece del capo di Sant’Egidio, l’ex ministro del governo Monti Andrea Riccardi).

Aiuta Renovatio 21

Insomma, la storia del danaro cattolico alle ONG che trasportano nelle nostre città le masse afroislamiche era salita di livello, era un imbarazzo del quale forse non si poteva far finta di niente.

 

Serviva, quindi, una parola forte, un discorso infuocato del papa re, anzi, per quanto ringhiosa, una vera benedizione dal vertice del Sacro Palazzo. L’invasione ci sarà – e i vescovi daranno una concretamente mano. Roma locuta, causa finita.

 

Il papato di Bergoglio rivendica apertis verbis, quindi, il suo ruolo, anche fisico, nel processo di ridefinizione integrale della nostra società – della nostra civiltà.

 

Il lettore può quindi aver compreso, se non lo ha già fatto negli ultimi dieci anni, che versare alla CEI l’8 per 1000 corrisponde tecnicamente a contribuire alla rovina della propria vita, alla distruzione di un futuro per i propri figli che non sia l’anarco-tirannia etnocriminale, con mafie cannibali ed integralisti islamici fuori dalla porta di casa, o, ad un certo punto, anche dentro.

 

La comprensione ulteriore che bisogna generare nella propria mente, per quanto ardua ed incredibile, è quella della necessità di rimuovere il potere dell’attuale papato dalla società e dalle nostre esistenza, pena la morte delle nostre comunità.

 

Il Vaticano è divenuto fattore centrale nel programma di disgregazione della civiltà cristiana, e di devastazione della vita delle nostre città, delle nostre famiglie.

 

E se ne vanta pure.

 

Roberto Dal Bosco

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine originaria da Lula Oficial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic; immagine modificata.

 

 

 

 

Immigrazione

La Gran Bretagna ha perso il controllo dei suoi confini, afferma il ministro degli Interni

Pubblicato

il

Da

Il ministro degli Interni britannico Shabana Mahmood ha dichiarato che le autorità del Regno Unito stanno perdendo il controllo dei confini nazionali a causa di un drastico aumento dell’immigrazione illegale.   Si prevede che il ministro lancerà questo monito durante un vertice a Londra con i ministri degli Interni dei Balcani mercoledì, incentrato sulla riduzione dei flussi migratori verso la Gran Bretagna.   Secondo anticipazioni del suo discorso, riportate da diversi media britannici, Mahmood evidenzierà che «l’opinione pubblica si aspetta giustamente che il governo sia in grado di decidere chi può entrare nel Paese e chi deve lasciarlo». «Oggi, nel nostro Paese, questo non avviene», ammette nel discorso preparato. «L’incapacità di ristabilire l’ordine ai nostri confini sta minando la fiducia non solo nei confronti di noi leader politici, ma nella credibilità stessa dello Stato».   Tuttavia, il Mahmood sottolinea che la soluzione richiede una cooperazione internazionale, non un «ripiegamento su se stessi», proponendo, tra l’altro, la creazione di «centri di rimpatrio» per i migranti.

Aiuta Renovatio 21

Martedì ha annunciato che il governo innalzerà il requisito di conoscenza della lingua inglese per i migranti, passando dal livello del General Certificate of Secondary Education (GCSE) a quello di competenza A-level.   La Gran Bretagna affronta da anni una crisi migratoria, con dati ufficiali che registrano 49.000 arrivi irregolari nell’anno conclusosi a giugno 2025, un aumento del 27% rispetto all’anno precedente. Le traversate su piccole imbarcazioni hanno rappresentato l’88% di questi arrivi, con un incremento del 38% su base annua.   In un clima percepito da molti come un fallimento del governo laburista nel gestire la crisi, il mese scorso si sono svolte in tutto il Regno Unito grandi proteste nell’ambito dell’«Operazione Raise the Colours», con manifestanti che sventolavano bandiere di San Giorgio e Union Jack.   Nel frattempo, un sondaggio di BMG pubblicato il mese scorso ha rivelato che il sostegno al partito riformista anti-immigrazione e scettico sull’UE, guidato da Nigel Farage, è salito al 35%, superando laburisti e conservatori, fermi rispettivamente al 20% e al 17%.    

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21    
 
Continua a leggere

Arte

Da Nasser a Sting e i Police: il mistero di Miles Copeland, musicista e spia della CIA

Pubblicato

il

Da

La I.R.S. Records venne fondata nel 1979 da Miles Copeland III. L’etichetta produsse alcuni tra i più rappresentativi artisti musicali degli anni Ottanta. L’influenza che esercitò nel punk inglese e nella new wave fu fondamentale producendo prodigi come i Police, i R.E.M., i Dead Kennedys. Il logo della casa discografica statunitense ritraeva un uomo in primo piano con un cappello anni ’50 stilizzato in bianco e nero e chiamato spy guy

 

Un altro fratello Copeland, Ian (1949-2006), fondò la Frontier Booking International, in acronimo F.B.I., una agenzia di talenti specializzata nella musica e che rappresentò tra gli altri anche i R.E.M., Jane’s Addiction, Snoop Dog, Sting. 

 

Il terzo fratello Copeland, Steward invece era il batterista dei Police e quindi proprio di Sting. Entrato di diritto nella Rock and Roll Hall of Fame come membro dei Police, venne aggiunto anche nella Modern Drummer Hall of Fame e nella Classic Drummer Hall of Fame. Ha avuto poi una carriera come compositore di colonne sonore per il cinema, musicando pellicole rimaste nella storia come il capolavoro di Francis Ford Coppola Rusty il selvaggio (1983), Wall Street (1987) e Talk Radio (1988) di Oliver Stone, Riff-Raff (1991) e Piovono pietre (1993) di Ken Loach e pure il videogioco Alone in the Dark.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Se i tre fratelli denotano una esagerata presenza di talento scorrere nelle loro vene quello che sorprende ancora di più è la fonte da cui questi tre fenomeni derivano. Il loro padre, di nome Miles Copeland, fu uno dei fondatori della CIA nonché musicista e personaggio eccezionale nel panorama politico dalla Seconda Guerra Mondiale in avanti. 

 

Prima della guerra, ancora in Alabama provò a seguire le orme del padre iscrivendosi alla locale università con l’intenzione di diventare medico. Folgorato dal jazz, invece, comprò una tromba e si diede totalmente allo swing. Nel giro di poco si ritrovò a suonare e comporre con giganti come Glenn Miller, Benny Goodman, Buddy Rich, racconta lo storico John Simkin in un suo articolo.

 

Arrivò però Pearl Harbour e la direzione della sua vita cambiò completamente. Entrò a far parte dell’ufficio finanziario della guardia nazionale. Racconta proprio il sito della CIA che un giorno gli venne chiesto di ripetere un test d’intelligenza perché, dal risultato ottenuto, erano tutti convinti che avesse utilizzato un trucco. Una volta ripetuto guadagnò un risultato se possibile ancora maggiore. 

 

L’esito del test attirò l’attenzione del generale William «Wild Bill» Donovan, direttore di una nuova agenzia chiamata Office of Strategic Service (OSS), la prima agenzia americana che fungeva da servizio segreto. Donovan, che stava formando la base della nuova agenzia, era sempre alla ricerca dei migliori prospetti e con le migliori connessioni. Miles aveva senza dubbio colpito il generale anche per quello che il figlio Stewart chiamava il gift of gab, il dono della chiacchiera. Era un abile oratore e una persona di grande spirito per cui creare empatia non era mai stato un problema.

 

Amava giocare, si considerava un giocatore, prendeva parte con entusiasmo alle simulazioni di guerra. Nel dopo guerra creò un gioco da tavola cult basato sul suo fondamentale libro, pieno di rivelazioni, Games of Nation, anche questo diventato introvabile oggetto di culto.

 

Mentre era Londra Copeland divenne amico di Boris Pash, capo della sicurezza del Manhattan Project e anche di Ernest Hemingway. Venne assegnato a dirigere la scuola di controspionaggio, la Corps of Intelligence Police, che divenne nel 1942 la Counterintelligence Corps, CIC, partecipazione che gli valse la Legione di Merito. Copeland partecipò attraverso la CIC all’operazione Overlord, lo sbarco in Normandia ed era parte della BIGOT list, acronimo per British Invasion of German Occupied Territory, un ristrettissimo gruppo di persone con un passato inattaccabile e degne di ottenere i documenti più protetti e riservati. 

 

La CIC, oltre ad impegnarsi nel più famoso Manhattan Project si occupò anche di altri progetti di spicco per l’epoca. Uno di questi, la missione ALSOS, diretta da Boris Pash, era il tentativo da parte degli alleati di raccogliere quante più informazioni possibili sugli sviluppi scientifici nazisti in ambito nucleare; quindi l’operazione Paperclip che cooptò oltre 1600 scienziati, ingegneri e tecnici vari dalla Germania nazista per reinserirli in ambito per lo più scientifico militare statunitense; l’operazione TICOM che aveva come scopo l’impadronirsi di risorse riguardanti la crittografia e le ultime vette della ricerca scientifica sulle telecomunicazioni, ambito in cui i tedeschi eccellevano. Alla fine della guerra Copeland venne anche incaricato di redigere la cronaca del controspionaggio del periodo appena trascorso, intervistando decine di spie e scienziati nazisti. 

 

In seguito alla trasformazione dell’OSS in CIA, Copeland partecipò alla messa a punto del progetto fino alla sua realizzazione nel 1947, anno di nascita della più grande agenzia spionistica americana. Dopodiché ottenne la gestione dell’ufficio dell’agenzia a Damasco in Siria e divenne l’uomo in Medio Oriente per i servizi statunitensi. Nel marzo del 1949 supportò il colpo di stato in Siria in cui venne deposto il governo legalmente eletto in favore del potere militare. Nel 1953 prese parte all’operazione Ajax incaricata di destituire il primo ministro iraniano, Mohammed Mossadegh, reintegrando Reza Pahlavi, assicurando così l’accesso statunitense al petrolio iraniano e contemporaneamente istituendo un avamposto del primo mondo contro i sovietici. 

 

Fluente in almeno dieci lingue, divenne amico personale del presidente egiziano Nasser. Nonostante il cammino tra USA e Egitto avesse preso due strade differenti e i servizi americani avessero preso in considerazione operazioni estreme verso il presidente africano Copeland rimase genuinamente al suo fianco e un ammiratore dell’opera politica di Nasser. 

 

Mantenne ufficialmente questo ruolo per dieci anni costruendo la posizione dell’Intelligence americana nel territorio attraverso il reclutamento di agenti in loco e la costruzione delle reti informative necessarie.

Iscriviti al canale Telegram

In seguito, dopo aver rassegnato le dimissioni perché in totale disaccordo con le politiche di Eisenhower, continuò a lavorare privatamente nel solco dell’Intelligence a stelle e strisce fino agli anni Settanta quando si distaccò completamente dando vita a una nuova carriera di autore. I vari articoli e libri che scrisse ottennero un notevole successo ma ebbero anche la conseguenza di esacerbare definitivamente i rapporti con l’agenzia governativa. Nel 1988, scrisse un articolo «Spooks for Bush» in cui dichiarò il totale supporto del mondo dell’Intelligence verso la candidatura di G. W. Bush all’elezione come presidente del 1994.

 

E. Micheal Burke, ex ufficiale OSS, CIA, e in seguito con una importante carriera nel mondo dello spettacolo, scrisse nell’agosto 1974 una recensione su uno dei suoi testi più famosi Without cloak or dagger (1974). Copeland nel suo libro descriveva la CIA come il demonio di cui ignoriamo l’esistenza, gestita da una cricca di vecchi commilitoni abbastanza potenti da buttare giù un direttore non particolarmente apprezzato come James Schlesinger.

 

La CIA è un organo interno più potente dei vari governi succedutosi sullo sfondo che ha come grande dilemma trovare il modo per restare potenti, anonimi, silenziosi ma allo stesso vincere la confidenza del pubblico. Come scrive Copeland nel libro: «conosciamo il nemico, sappiamo come gestirlo, siamo incorruttibili. Anche se non ci conoscete, potete implicitamente fidarvi di noi».

 

Marco Dolcetta Capuzzo

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Immigrazione

Il Belgio valuta l’invio dell’esercito sulle strade di Bruxelles

Pubblicato

il

Da

Il ministro della Difesa belga Theo Francken ha annunciato che potrebbe dispiegare truppe a Bruxelles entro la fine dell’anno per pattugliare la città, in risposta alle crescenti pressioni sul governo per contrastare la criminalità violenta e ristabilire l’ordine nella capitale, oramai totalmente sconvolta dall’immigrazione che ne ha cambiato i connotati.   Secondo i media locali, quest’anno Bruxelles ha registrato circa 60 episodi di sparatorie, di cui circa un terzo durante l’estate, con un bilancio di due morti.   Il mese scorso, il ministro della Sicurezza e degli Affari Interni Bernard Quentin ha definito la situazione «una catastrofe», sottolineando che le bande criminali sono diventate «sempre più audaci». Ha proposto l’impiego di squadre miste di polizia e militari per pattugliare «i punti critici della criminalità a Bruxelles», con l’obiettivo di generare un «effetto shock».   In un’intervista a Le Soir, pubblicata sabato, Francken, esponente del partito nazionalista fiammingo N-VA, ha dichiarato di non essere contrario all’invio di soldati, ma ha chiarito che tale misura deve essere legalmente giustificata e limitata a compiti essenziali di sicurezza.   «Sono sempre disponibile a rafforzare la sicurezza a Bruxelles», ha detto Francken, noto per la sua linea dura sull’immigrazione. «La situazione è diventata disastrosa, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma anche a livello politico e sociale». Ha aggiunto che i disordini nella capitale «hanno ripercussioni sulle regioni circostanti».

Aiuta Renovatio 21

«La sicurezza è compito della polizia, non dell’esercito. Tuttavia, quando il ministro dell’Interno lo richiede, diventa una responsabilità della Difesa, che ha il dovere di proteggere la nazione», ha proseguito. «È possibile inviare soldati in strada entro la fine dell’anno? Non ho detto sì, ma nemmeno no».   Il procuratore di Bruxelles Julien Moinil ha recentemente riferito che, entro metà agosto, la città aveva registrato 57 sparatorie, di cui 20 in estate, chiedendo un’azione coordinata contro le gang. Moinil ha avvertito che «chiunque, ogni residente di Bruxelles e ogni cittadino, rischia di essere colpito da un proiettile vagante», evidenziando il crescente pericolo della criminalità violenta nella capitale.   Un recente rapporto di Euronews ha descritto Bruxelles come la «capitale europea dei crimini legati alle armi da fuoco», sottolineando che molti incidenti si sono verificati in quartieri come Anderlecht e Molenbeek, noti per le attività delle gang e il traffico di droga.   Secondo Statbel, l’ufficio nazionale di statistica belga, il 46% dei residenti di Bruxelles è nato all’estero, rispetto al 18% a livello nazionale, un cambiamento demografico che, secondo le autorità, ha intensificato le sfide sociali e di sicurezza della città.   Come riportato da Renovatio 21, Bruxelles fu oggetta, come tante altre città d’Europpa (Berlino, Milano, etc.) di momenti di pura barbarie durante anche l’ultimo capodanno, quando i facinorosi sono arrivati a tirare molotov sulle ambulanze.   Il quartiere di Moleenbek è risaputamente una delle no-go zone islamiche europee, ossia un luogo dove di fatto lo Stato moderno ha ceduto il potere agli immigrati.   Brusselle è stata oggetto di una brutale sequela di attentati il 16 marzo 2016.   Rimane tuttavia impressa la reazione delle forze dell’ordine della capitale del Belgio e dell’Europa, pochi mesi prima, agli eventi terroristici di Parigi: secondo quanto riportato, in una stazione di polizia presso Ganshoren, alcuni agenti di polizia e alcuni soldati avrebbero partecipato ad una clamorosa orgia organizzata in commissariato proprio durante l’allerta anti-terrorismo dei giorni del Bataclan.   La caserma protagonista degli atti orgiastici delle forze dell’ordine belghe si trova peraltro vicino al quartiere di Molenbeek, dove in quei giorni erano stati pure effettuati alcuni raid.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Continua a leggere

Più popolari