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Politica

Aumentano le prove della corruzione del clan Biden. Trump giura che perseguirà la famiglia dell’attuale presidente

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Il candidato presidenziale degli Stati Uniti Donald Trump ha detto venerdì durante una manifestazione pubblica in Alabama che nominerà un procuratore speciale per indagare sulla potenziale illegalità perpetrata dalla «famiglia criminale Biden» nel suo primo giorno in carica, se reclamerà la Casa Bianca nel 2024.

 

Trump, che è stato incriminato tre volte negli ultimi quattro mesi nel corso di una serie di indagini penali sulla sua condotta, ha detto alla folla durante un evento di raccolta fondi a Montgomery: «il giorno delle elezioni del 2024, sfratteremo il disonesto Joe Biden dal White Casa. Espelleremo i criminali e i delinquenti dalle stanze del potere a Washington».

 

L’ex presidente degli Stati Uniti ha aggiunto che un procuratore speciale sarebbe stato nominato nel suo «primo giorno in carica», che avrebbe “studiato ciascuna delle principali affermazioni avanzate dal Congresso riguardo a tutti gli atti illeciti, comprese le tangenti dalla Cina e molti altri Paesi stranieri che vanno nelle casse della famiglia criminale Biden».

 

Trump stava parlando appena un giorno dopo essersi dichiarato non colpevole di varie accuse, inclusa la cospirazione per frodare gli Stati Uniti, avanzata dal consigliere speciale Jack Smith come parte di un’indagine sulle circostanze che circondano le rivolte del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Stati Uniti a Washington.

 

Il 77enne deve anche affrontare indagini simultanee relative alle accuse di aver deliberatamente nascosto documenti riservati nella sua tenuta in Florida e di aver ostacolato gli sforzi del governo per recuperarli. È anche coinvolto in un altro caso promosso dal procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg relativo a frode finanziaria e falsificazione di documenti aziendali. Nega ogni accusa di illecito.

 

Trump, che secondo i sondaggi è il chiaro favorito per rivendicare la nomina presidenziale del Partito Repubblicano il prossimo anno, ha detto alla folla della città di Montgomery che le «false accuse» mosse contro di lui equivalevano a «interferenza elettorale».

 

«Il motivo per cui sta accadendo è semplice», ha detto Trump. «Joe Biden è il presidente più incompetente e corrotto della storia degli Stati Uniti».

 

«La situazione deve cambiare e distruggeremo il Deep State» ha promesso il biondo 45° presidente USA.

 

Nel frattempo, la storia della corruzione dei Biden si arricchisce di tasselli sempre più concreti. La settimana scorsa ha testimoniato un ex socio di Hunter Biden, Devon Archer, che ha partecipato al deal con Burisma, controversa società gasiera ucraina che mise il figlio dell’allora vicepresidente USA Joe Biden nel board.

 

Burisma fu oggetto dell’attenzione dell’allora procuratore generale ucraino Viktor Shokin. Come riportato da Renovatio 21, Biden ha rivendicato con buonumore di aver volato a Kiev dove ha ricattato l’allora presidente Poroshenko e l’allora premier Yatsenyuk per licenziare il procuratore, dicendo che avrebbe potuto negare loro un miliardo in aiuti.

 

Ottenne quello che voleva: «oh… figlio di puttana… è stato licenziato», disse allegramente ad un incontro pubblico del Council for Foreign Relations.

 

 

Le motivazioni date all’epoca non riguardavano l’azienda che strapagava il figlio (che anni dopo avrebbe ammesso di essere stato assunto solo per il suo nome), ma una possibile mancanza di durezza di Shokin.

 

Il quotidiano britannico Daily Mail la settimana scorsa ha fatto nuove rivelazioni che riguardano danaro non solo dall’Ucraina, ma anche dalla Russia. Secondo il giornale, la società immobiliare di Hunter Biden ha ricevuto un investimento di 40 milioni di dollari dalla vedova miliardaria di un oligarca russo, Yelena Baturina, la donna che fu moglie del controverso ex sindaco di Mosca Yurij Luzhkov, che resse la città dal 1992 al 2010.

 

La Baturina avrebbe trasferito 3,5 milioni di dollari a una società collegata a Hunter, in quello che suo fratello, Viktor Baturin, dice al Daily Mail era «un pagamento per entrare nel mercato americano».

 

Come ha testimoniato Devon Archer lunedì, la Baturina è stata tenuta fuori dalla lista delle sanzioni imposte dall’amministrazione Biden a varie personalità russe.

 

Il Daily Mail sostiene che il rapporto finanziario di Hunter con Baturina era in realtà molto più esteso, con la sua azienda che ha investito 40 milioni di dollari in un’impresa immobiliare da parte della società di Hunter, Rosemont Realty.

 

Nel 2012 l’azienda di Hunter aveva un piano da 69,7 milioni di dollari da investire in 2,15 milioni di piedi quadrati di uffici in sette città degli Stati Uniti.

 

I documenti che delineano il piano affermano che il denaro proveniva da un mix di investitori, tra cui 40 milioni di dollari di Inteco Management AG, una società svizzera di proprietà di Baturina. Il gruppo Inteco è un colosso della plastica e dell’edilizia che, con un patrimonio netto attuale di 1,4 miliardi di dollari secondo Forbes, ha reso la Baturina la donna più ricca della Russia dell’epoca.

 

La vedova Luzhkov avrebbe trasferito i 3,5 milioni di dollari il 14 febbraio 2014, quando Joe Biden era vicepresidente degli Stati Uniti. I bonifici sono stati effettuati in una serie di pagamenti a Rosemont Seneca Thornton LLC, per «Contratto di consulenza DD12.02.2014».

 

L’accordo era stato negoziato nel 2012. Nel 2016, Baturina ha istituito un ufficio negli Stati Uniti per supervisionare i suoi investimenti negli Stati Uniti e nel 2016 ha investito 10 milioni di dollari in edifici commerciali vicino al Barclays Center di Brooklyn.

 

I pagamenti sono stati contrassegnati in rapporti di attività sospette depositati presso il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. L’avvocato di Hunter ha precedentemente negato che i soldi siano andati a Hunter.

 

La fonte del Daily Mail, che avrebbe mandato le e-mail del caso, sarebbe un gruppo anti-corruzione, una iniziativa kazaka per il recupero dei beni.

 

Devon Archer ha dichiarato che Joe Biden ha incontrato la Baturina a Georgetown prima dell’investimento da 40 milioni di dollari, dopo di che è stata esclusa dall’elenco delle sanzioni dell’amministrazione Biden.

 

Il tutto per ricordare ai lettori che quello che stanno processando, nei tribunali e sui giornali, è Donald J. Trump.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Il presidente romeno fischiato per il sostegno all’Ucraina

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Il presidente rumeno Nicusor Dan è stato contestato  per il suo sostegno all’Ucraina durante un evento commemorativo tenutosi venerdì.

 

Decine di manifestanti hanno espresso il loro dissenso quando Dan è giunto al Teatro Nazionale di Iasi per partecipare a una celebrazione storica, come riportato dall’emittente locale Digi24.

 

Un video mostra Dan scendere dall’auto e salutare i manifestanti, che gridavano «Vergogna!» e «Vai in Ucraina!».

 


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Secondo il quanto riportato, le proteste sono continuate anche dopo l’evento, al momento dell’uscita del presidente dal teatro.

 

Come riportato da Renovatio 21i, Dan, politico favorevole all’UE, è salito al potere quest’anno dopo una controversa ripetizione delle elezioni, in seguito all’annullamento della vittoria iniziale del candidato conservatore Calin Georgescu, critico esplicito della NATO e delle forniture di armi occidentali all’Ucraina. Georgescu è stato successivamente escluso dalla competizione elettorale e affronta accuse di aver pianificato un colpo di Stato, tanto da essere arrestato.

 

Georgescu, che ha sempre avuto il favore di migliaia e migliaia di manifestanti pronti a scendere in piazza, ha definito la UE «una dittatura». Di contro, Bruxelles ha rifiutato di commentare l’esclusione del candidato dalle elezioni rumene. A inizio anno Georgescu aveva chiesto aiuto al presidente americano Donaldo Trump.

 

Georgescu aveva definito Zelens’kyj come un «semi-dittatore», accusando quindi la NATO di voler utilizzare la Romania come «porta della guerra».

 

Il CEO di Telegram Pavel Durov aveva parlato di pressioni su di lui da parte della Francia per influenzare le elezioni presidenziali in Romania.

 

Il Dan ha ribadito il suo impegno a sostenere l’Ucraina. La Romania ha già destinato 487 milioni di euro  a Kiev, principalmente in aiuti militari, dall’intensificarsi del conflitto nel 2022, secondo i dati del Kiel Institute tedesco.

 

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I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi

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Un video girato con un cellulare nella prigione parigina La Santé sembra mostrare che i detenuti hanno minacciato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy di vendicare la morte del defunto leader libico Muammar Gheddafi.   Sarkozy, 70 anni, ha iniziato a scontare la sua condanna a cinque anni martedì, dopo che un tribunale di Parigi lo ha dichiarato colpevole di associazione a delinquere finalizzata a finanziare la sua campagna presidenziale del 2007 con denaro di Gheddafi, contro il quale in seguito guidò un’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che distrusse la Libia e portò alla morte di Gheddafi.   Martedì hanno iniziato a circolare video ripresi da La Sante, in cui presunti detenuti minacciavano e insultavano Sarkozy, che sta scontando la sua pena nell’ala di isolamento del carcere.   «Vendicheremo Gheddafi! Sappiamo tutto, Sarko! Restituisci i miliardi di dollari!», ha gridato un uomo in un video pubblicato sui social media. «È tutto solo nella sua cella. È appena arrivato… se la passerà brutta».  

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Il ministro degli Interni francese Laurent Nunez ha sottolineato che, a causa del pericolo, due agenti di polizia della scorta di sicurezza assegnata agli ex presidenti saranno di stanza in modo permanente nelle celle adiacenti a quella di Sarkozy.   «L’ex presidente della Repubblica ha diritto alla protezione in virtù del suo status. È evidente che sussiste una minaccia nei suoi confronti, e questa protezione viene mantenuta durante la sua detenzione», ha dichiarato Nunez mercoledì alla radio Europe 1.   Sarkozy, che ha guidato la Francia tra il 2007 e il 2012, ha negato tutte le accuse a suo carico, sostenendo che siano di matrice politica. Il suo team legale ha presentato una richiesta di scarcerazione anticipata, in attesa del procedimento di appello.   L’inchiesta su Sarkozy è iniziata nel 2013, in seguito alle affermazioni del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, secondo cui suo padre aveva fornito alla campagna dell’ex presidente circa 50 milioni di euro.   A dicembre 2024, la Corte Suprema francese ha confermato una condanna del 2021 per corruzione e traffico di influenze, imponendo a Sarkozy un dispositivo elettronico per un anno. È stato anche condannato per finanziamento illecito della campagna per la rielezione fallita del 2012, scontando la pena agli arresti domiciliari.   Nel 2011, Sarkozy ha avuto un ruolo di primo piano nell’intervento della coalizione NATO che ha portato alla cacciata e alla morte di Gheddafi, facendo sprofondare la Libia in un caos dal quale non si è più risollevata.   Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.     Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».  

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Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro

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Sanae Takaichi è diventata la prima donna Primo Ministro del Giappone, vincendo le elezioni parlamentari di Tokyo martedì. Esponente di lungo corso del Partito Liberal Democratico (LDP), nota come la «Lady di Ferro» del Giappone per la sua ammirazione verso l’ex primo ministro britannico Margaret Thatcher, Takaichi è riconosciuta per il suo conservatorismo sociale, il nazionalismo e il sostegno a un ruolo più ampio per le forze armate giapponesi.

 

A 64 anni, Takaichi ha sostenuto la revisione della clausola pacifista della costituzione postbellica del Giappone e il riconoscimento ufficiale delle Forze di autodifesa come esercito nazionale. Ha inoltre appoggiato un aumento della spesa per la difesa e una maggiore cooperazione militare con gli Stati Uniti.

 

Le sue posizioni sulla sicurezza nazionale richiamano le politiche dell’ex premier Shinzo Abe, di cui è considerata una protetta e con cui aveva stretti legami politici.

 

Frequente visitatrice del Santuario Yasukuni di Tokyo, che rende omaggio ai caduti giapponesi, inclusi criminali di guerra della Seconda Guerra Mondiale, Takaichi è stata spesso criticata dai Paesi vicini per quello che considerano revisionismo storico. Ha difeso le sue visite come atti di rispetto personale, sostenendo che i crimini di guerra dei soldati giapponesi siano stati esagerati.

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A livello interno, Takaichi si oppone al matrimonio tra persone dello stesso sesso, sostiene la successione imperiale esclusivamente maschile e ha criticato le proposte di cognomi separati per le coppie sposate.

 

La Takaicha ha inoltre appoggiato il rafforzamento dei confini e politiche migratorie più rigide, chiedendo misure contro i visti non concessi, il turismo eccessivo e l’acquisto di terreni da parte di stranieri, soprattutto vicino a risorse strategiche.

 

In politica estera, la Takaichi ha definito la crescente potenza militare della Cina una «seria preoccupazione», proponendo misure di deterrenza, tra cui un patto di sicurezza con Taiwan.

 

Si ritiene che Takaichi non intenda perseguire un significativo riavvicinamento con la Russia, avendo ripetutamente rivendicato la sovranità sulle isole Curili meridionali, annesse dall’Unione Sovietica nel 1945 come parte degli accordi postbellici.

 

Takaichi assume la carica in un momento critico per il Giappone, che affronta un tasso di natalità ai minimi storici, un rapido invecchiamento della popolazione, un’inflazione persistente e il malcontento pubblico per gli scandali politici che hanno eroso la fiducia nel PLD, il partito al governo.

 

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Immagine di 内閣広報室|Cabinet Public Affairs Office via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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