Geopolitica
Assalto al Congresso: allerta per i cinesi. Pechino critica la democrazia USA
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.
I cinesi presenti nella capitale degli Stati Uniti invitati a prendere precauzioni. Morti quattro sostenitori di Trump negli scontri con la polizia. L’appoggio di molti Paesi alle autorità statunitensi. La Cina parla di «due pesi e due misure», ricordando il sostegno di Washington a un’irruzione nel Parlamento di Hong Kong da parte di manifestanti pro-democrazia.
L’indicazione è arrivata oggi dall’ambasciata della Cina nella capitale USA, che oltre ai rischi per le violenze sottolinea quelli di possibile contagio da coronavirus
I cittadini cinesi presenti a Washington sono invitati a prendere precauzioni dopo che ieri centinaia di sostenitori del presidente Trump hanno assaltato il Congresso. L’indicazione è arrivata oggi dall’ambasciata della Cina nella capitale USA, che oltre ai rischi per le violenze sottolinea quelli di possibile contagio da coronavirus. Anche il ministero degli Esteri di Taiwan ha emanato un’allerta per i propri cittadini, a quali sarà offerta tutta l’assistenza del caso.
Istigati da Trump durante un comizio, un gruppo di suoi supporter ha fatto irruzione a Capitol Hill per bloccare la certificazione della vittoria del candidato democratico Joe Biden alle presidenziali di novembre.
Secondo l’ultimo bollettino, gli scontri con la polizia hanno provocato quattro morti e diversi feriti fra i facinorosi.
Il giornale nazionalista cinese Global Times ha pubblicato oggi un editoriale in cui attacca la «decadente» democrazia statunitense
I governi occidentali hanno espresso la ferma condanna per quanto avvenuto nella sede della Camera e del Senato USA . Anche India e Taiwan si sono detti scioccati per l’accaduto, nonostante i due Paesi abbiamo avuto una buona relazione con l’amministrazione Trump.
I media e cinesi soffiano invece sul fuoco della violenza. Il Global Times ha pubblicato oggi un editoriale in cui attacca la «decadente» democrazia statunitense. Per il tabloid nazionalista, i fatti di ieri dimostrano che i governi occidentali hanno «due pesi e due misure» quando si trovano di fronte a proteste popolari.
Il riferimento della pubblicazione governativa cinese è all’irruzione nel 2019 di un gruppo di manifestanti nel Legco, il Parlamento di Hong Kong. La speaker della Camera Usa dei rappresentanti, Nancy Pelosi, la definì una «bellissima scena», chiamando i manifestanti «combattenti per la libertà».
Irruzione nel 2019 di un gruppo di manifestanti nel Legco, il Parlamento di Hong Kong: la speaker della Camera USA dei rappresentanti, Nancy Pelosi, la definì una «bellissima scena», chiamando i manifestanti «combattenti per la libertà»
Secondo alcuni netizen cinesi, la democrazia USA ha avuto la giusta «punizione» per le sue interferenze negli affari interni della Cina.
Osservatori fanno notare però che la condanna dell’assalto al Congresso USA è arrivata per difendere la democrazia, minacciata da chi vuole sovvertire il voto popolare
A Hong Kong, i dimostranti anti-Pechino vogliono difendere quel poco di libertà costituzionale che è rimasto loro. In un fatto senza precedenti, proprio ieri la polizia dell’ex colonia britannica ha arrestato 53 attivisti ed esponenti democratici con «l’orwelliana» accusa di voler ottenere la maggioranza nelle elezioni legislative.
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Immagine screenshot da ruptly.tv
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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