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Nucleare

Stoltenberg show: dice che la NATO potrebbe mettere più armi nucleari in «modalità standby» e che l’uso degli F-16 sul territorio russo «non è un’escalation»

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Pesanti dichiarazioni del segretario generale NATO Jens Stoltenberg sono giunte alla stampa nelle ultime ore.

 

I membri della NATO stanno discutendo di mettere in modalità standby un maggior numero delle loro armi nucleari in mezzo alle tensioni con Russia e Cina, ha detto lo Stoltenberg in un’intervista di domenica al quotidiano britannico Daily Telegraph, Stoltenberg dichiarando che la NATO è in trattative per togliere le risorse nucleari dai depositi e renderle pronte per l’uso, poiché il blocco atlantico deve chiaramente comunicare al mondo esterno che ha una forte influenza potenziale deterrente.

 

«Non entrerò nei dettagli operativi su quante testate nucleari dovrebbero essere operative e quali dovrebbero essere immagazzinate, ma dobbiamo consultarci su questi temi», ha detto, aggiungendo che le deliberazioni sono già in corso.

 

Si tratta, in tutto e per tutto, di minacce atomiche condotte verso due Paesi dotati di testate nucleari, in particolare la Russia che è secondo i calcoli il Paese con il maggior numero di armi atomiche al mondo e che ha disposizione un sistema di consegna – la tecnologia ipersonica – impossibile, al momento, da intercettare.

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Il capo della NATO ha sottolineato che, sebbene l’obiettivo finale del blocco sia un mondo senza armi nucleari, «finché esisteranno le armi nucleari, rimarremo un’alleanza nucleare, perché un mondo in cui Russia, Cina e Corea del Nord hanno armi nucleari, e la NATO no, è un mondo più pericoloso».

 

Il norvegese ha espresso particolare preoccupazione per quelle che ha definito le crescenti capacità nucleari della Cina, aggiungendo che la NATO potrebbe presto affrontare «qualcosa che non ha mai affrontato prima, e cioè due potenziali avversari dotati di energia nucleare»: Pechino e Mosca.

 

Come riportato da Renovatio 21, il passato lo Stoltenbergo aveva già citato la Cina come futuro nemico principale dell’Alleanza Atlantica in quanto minaccia alla sua sicurezza e ai suoi valori, qualsiasi cosa queste parole significhino. La Cina ricambia la simpatia attaccando apertis verbis la NATO come fonte delle tensioni in Kosovo e mostrando insofferenza per l’inclusione di Giappone e Corea del Sud nella Difesa Cibernetica NATO.

 

Stoltenberg – noto per i suoi discorsi sulla necessità di «soffrire per la democrazia» – ha proseguito dicendo che gli Stati Uniti stanno anche modernizzando le bombe nucleari a gravità schierate in Europa, e anche i loro alleati nel continente stanno potenziando gli aerei che le trasportano.

 

Tali dichiarazioni arrivano dopo che Pranay Vaddi, assistente speciale del presidente degli Stati Uniti e direttore senior per il controllo degli armamenti, aveva dichiarato all’inizio di questo mese che «in assenza di un cambiamento nella traiettoria degli arsenali avversari», gli Stati Uniti avrebbero presto raggiunto un punto in cui avrebbero dovuto aumentare la numero di armi nucleari schierate.

 

I media e i funzionari occidentali hanno ripetutamente accusato la Russia di usare la spada nucleare nel conflitto in Ucraina. Tuttavia, i funzionari di Mosca hanno ripetutamente affermato di non avere intenzione di usare armi nucleari contro il paese vicino, sottolineando che l’unico scenario in cui potrebbero ricorrere a un’opzione nucleare è se è in gioco l’esistenza stessa della Russia.

 

Allo stesso tempo, la settimana scorsa, il viceministro degli Esteri russo Sergej Ryabkov ha avvertito che Mosca potrebbe potenzialmente modificare la sua dottrina nucleare in vista di una crescente minaccia causata da «azioni inaccettabili e di escalation degli Stati Uniti e dei suoi alleati della NATO».

 

Lo show dello Stoltenberg, che già quattro mesi fa aveva annunciato la possibilità per le forze ucraine di attaccare fin dentro il territorio russo, è continuato anche a tema degli aerei militari occidentali forniti a Kiev.

 

Gli attacchi ucraini ovunque all’interno della Russia utilizzando aerei F-16 donati dall’Occidente non rappresenterebbero un’escalation del conflitto e non renderebbero parti degli Stati membri della NATO, ha affermato lo Stoltenberg intervenendo prima dell’incontro dei ministri NATO a Bruxelles.

 

Diverse nazioni europee intendono fornire dozzine di aerei da guerra una volta che l’Ucraina avrà i piloti e le infrastrutture di terra per farli volare.

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«Diversi alleati hanno diversi tipi di restrizioni sull’uso delle loro armi» ha dichiarato il segretario NATO, accogliendo con favore il recente allentamento di queste regole da parte di alcuni Stati membri.

 

Secondo quanto riferito, Washington ha dato a Kiev il via libera per sparare con armi americane contro obiettivi al di fuori di quello che le due nazioni insistono sia territorio ucraino, consentendo attacchi all’interno della regione russa di Belgorod come parte della lotta per la vicina regione di Kharkov. Anche altre nazioni occidentali hanno affermato che le loro armi possono essere usate in modi simili.

 

L’Ucraina ha il diritto di difendersi, e ciò include «colpire obiettivi militari legittimi» sul territorio della Russia, ha dichiarato Stoltenberg. «L’autodifesa non è un’escalation», ha assicurato.

 

«E abbiamo il diritto di aiutare l’Ucraina», ha continuato con sicumera, garantendo che «in questo modo, gli alleati della NATO non diventano parte del conflitto».

 

Mosca al contrario percepisce l’intero conflitto come parte di una guerra per procura avviata dagli Stati Uniti contro la Russia, scrive RT. Considera la crescente presenza militare della NATO in Ucraina e la sua intenzione di portare infine la nazione all’ovile come gravi rischi per la sicurezza nazionale.

 

Gli Stati membri della NATO che armano l’Ucraina, forniscono «mercenari» per rafforzare le sue truppe e aiutano Kiev a pianificare e sferrare attacchi contro la Russia partecipano di fatto alle ostilità, hanno affermato alti funzionari russi.

 

Il presidente russo Vladimir Putin aveva avvertito che gli F-16 dati all’Ucraina saranno distrutti e che qualsiasi attacco con armi occidentali all’interno della Russia subirà ritorsioni. Mosca potrebbe fornire armi a lungo raggio dal proprio arsenale a terzi, che poi le userebbero contro le risorse militari occidentali, ha suggerito. Tale escalation «occhio per occhio» potrebbe portare a un grave disastro per tutte le parti coinvolte, ha avvertito Putin.

 

Andrej Kartapolov, presidente del Comitato di difesa della Duma di Stato russa, ha dichiarato la scorsa settimana che Mosca considererà qualsiasi base utilizzata da Kiev per far volare gli F-16 donati come obiettivi militari legittimi, indipendentemente dal paese in cui si trovano.

 

Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov l’anno scorso aveva ricordato pubblicamente che gli F-16 sono aerei in grado di trasportare testate nucleari.

 

Il candidato presidenziale USA Robert F. Kennedy jr. ha dichiarato che gli F-16 dati a Kiev saranno un «disastro per l’umanità».

 

Nel frattempo, il presidente francese Macron ha annunciato che Parigi darà a Zelens’kyj i caccia Mirage.

 

A fine maggio, Putin ha dichiarato di rammentare il suo passato rapporto con il segretario NATO: «lo ricordo quando era primo ministro norvegese e ancora non soffriva di demenza», ha affermato il capo del Cremlino secondo l’agenzia TASS.

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

 

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Nucleare

Parlamentare tedesco democristiano gay chiede l’accesso alle armi nucleari di Francia e Gran Bretagna

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La Germania dovrebbe avere accesso alle armi nucleari francesi e britanniche, ha affermato il parlamentare democristiano Jens Spahn. In cambio, Berlino potrebbe collaborare con Parigi e Londra per modernizzare i propri arsenali, ha dichiarato al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung.   Lo Spahn, un gay dichiarato, che guida il gruppo parlamentare congiunto CDU/CSU e si ricorda per il pugno di ferro contro i non vaccinati durante la pandemia, si è distinto come un convinto sostenitore di un sistema di armi nucleari a livello UE.   «Noi… abbiamo bisogno di una capacità di deterrenza a livello europeo… insieme a francesi e britannici», ha affermato in un’intervista pubblicata sabato, sostenendo che le armi nucleari statunitensi in Europa non sono più sufficienti.

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Il parlamentare, ex ministro federale della Salute, ha affermato che il dibattito sulla questione «avrà luogo solo se la Germania lo porterà avanti». Ha suggerito che Londra e Parigi potrebbero mantenere il controllo maggiore sui loro arsenali nucleari, mentre Berlino potrebbe partecipare a un programma di modernizzazione.   A luglio, lo Spahn aveva parlato della necessità di «discutere dell’accesso tedesco o europeo agli arsenali nucleari di Francia e Gran Bretagna» alla luce di quella che ha definito la «minaccia» proveniente dalla Russia. Le nazioni prive di deterrenza nucleare «diventeranno pedine nella politica globale», ha sostenuto.   Il capo del blocco democristiano CDU/CSU al Bundestag, aveva inoltre sostenuto che le armi nucleari statunitensi basate in Germania non sono più sufficienti a scoraggiare la presunta minaccia russa.   Il direttore generale dell’AIEA, Rafael Grossi, ha avvertito che Berlino potrebbe sviluppare la propria bomba nucleare nel giro di pochi mesi, se lo desiderasse.   Le dichiarazioni di Spahn giungono in un momento in cui Berlino ha assunto una posizione più dura nei confronti della Russia sotto la guida del cancelliere Friedrich Merz, che ha promesso ulteriori 5 miliardi di euro in aiuti militari all’Ucraina dopo il suo insediamento a maggio.   Il mese scorso ha affermato il cancelliere democristiano che la Germania era «già in conflitto» con la Russia e ha accusato il presidente Vladimir Putin di «destabilizzare gran parte del nostro Paese».

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Come riportato da Renovatio 21, il Merz ha promesso, appena eletto, di escludere le armi atomiche, ma non è facile credergli. Credere ad un cancelliere tedesco, in una Germania che ripudia le centrali atomiche ma invoca le bombe atomiche, potrebbe essere difficilissimo.
A luglio il direttore generale dell’ente atomico ONU AIEA, Rafael Grossi, in un’intervista al quotidiano polacco Reczpospolita aveva dichiarato che la Germania potrebbe sviluppare le proprie armi nucleari entro pochi mesi.   Come riportato da Renovatio 21, l’eurodeputata SPD Katarina Barley aveva ipotizzato mesi fa il riarmo atomico dell’Europa – e quindi per una Germania rimilitarizzata, un concetto che si dice fosse uno dei motivi della creazione della NATO («Tenere l’Europa dentro, i russi fuori, i tedeschi sotto») e un vero incubo per lo statista italiano Giulio Andreotti («la Germania mi piace così tanto che ne voglio due»).  

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Immagine di Olaf Kosinsky via Wikimedia pubblicata su licenza CC BY-SA 3.0-de
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Cina

«Inarrestabile»: Xi svela la triade nucleare in una parata militare che sfida l’Occidente. A suo fianco Putin e Kim

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La grande parata militare del leader cinese Xi Jinping in piazza Tian’anmen, che ha segnato la fine della Seconda Guerra Mondiale e a cui hanno partecipato leader mondiali, in particolare i cosiddetti «paria» delle attuali relazioni internazionali, il presidente russo Vladimir Putin e il nordcoreano Kim Jong-un, non ha deluso le aspettative, anzi ha suscitato una rapida risposta da parte del presidente Trump.

 

Il leader cinese Xi Jinping ha dichiarato che l’ascesa della Cina è «inarrestabile» e ha mostrato oltre 10.000 soldati in marcia in perfetta sincronia insieme a centinaia di armi avanzate.

 

In particolare, Xi ha anche mostrato per la prima volta la forza nucleare terrestre, marittima e aerea dell’Esercito Popolare di Liberazione – una triade completa e letale.

 

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La parata è stata un’occasione per mostrare al mondo che la modernizzazione del più grande esercito permanente al mondo è in pieno svolgimento e per evidenziare i legami sempre più stretti – forse persino una «relazione speciale» – tra la Cina e le altre potenze nucleari, Russia e Corea del Nord.

 

Nel suo discorso inaugurale, Xi Jinping ha dichiarato: «L’umanità si trova nuovamente a un bivio, dovendo scegliere tra pace o guerra, dialogo o conflitto, cooperazione vantaggiosa per tutti o giochi a somma zero».

 

Riguardo alla triade nucleare completa, questa comprende il missile a lungo raggio lanciato da aerei JingLei-1, il missile intercontinentale lanciato da sottomarini JuLang-3, il missile balistico intercontinentale terrestre DongFeng-61 e una nuova variante del missile balistico intercontinentale terrestre DongFeng-31, come riportato da Xinhua News.

 

La Cina ha potenziato il suo arsenale nucleare, svelando nuove capacità, tra cui missili balistici intercontinentali di ultima generazione come il DF-5C, il DF-61 e il JL-3, quest’ultimo lanciato da sottomarini.

 

Questo completa la triade nucleare cinese, con missili nucleari dispiegabili da aria, terra e mare, rafforzando la capacità di un secondo attacco. In particolare, il JL-3 può colpire il territorio continentale degli Stati Uniti, consentendo a Pechino di minacciare obiettivi strategici in un eventuale conflitto.

 

 

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I media statali cinesi hanno definito queste armi come il «jolly» strategico della Cina, evidenziandone il ruolo cruciale nella protezione della sovranità, della sicurezza e dell’orgoglio nazionale, nonché come elemento centrale della strategia di deterrenza del Paese.

 

Durante la parata sono stati mostrati sistemi laser per la difesa aerea, tra cui un grande laser che, secondo la televisione di stato, sarà utilizzato su navi da guerra, insieme a una versione terrestre. Sono stati presentati inoltre per la prima volta due grandi droni sottomarini, le cui immagini hanno rivelato dimensioni impressionanti rispetto ai soldati nelle vicinanze.

 

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L’arrivo di Kim Jong Un a Pechino ha rivelato la presenza di due membri della sua famiglia: la sorella Kim Yo-jong, una delle sue più fidate consigliere, e una giovane ragazza, presumibilmente la figlia Kim Ju Ae, la cui partecipazione ha suscitato speculazioni su una possibile futura successione.

 

Gli eventi di mercoledì hanno offerto l’inedita immagine di tre leader, definiti dalla stampa occidentale mainstream come «l’asse del rivolgimento», intenti a supervisionare l’esibizione di armamenti nucleari.

 

Il missile balistico intercontinentale DF-5C, composto da tre sezioni trasportate su tre veicoli, può portare fino a 12 testate nucleari e ha una portata di 13.000-20.000 km, sufficiente per colpire qualsiasi bersaglio globale.

 

Riguardo alle relazioni tra Stati Uniti e Cina, la tempistica di questi eventi è significativa, poiché la Casa Bianca ha recentemente annunciato che il presidente Trump potrebbe visitare la regione entro fine ottobre ed è disponibile a incontrare Xi Jinping. Tra i temi principali ci sono un possibile accordo sui dazi, la potenziale vendita di TikTok negli Stati Uniti e l’influenza di Pechino su Putin per quanto riguarda il futuro della guerra in Ucraina, in particolare la possibilità di un cessate il fuoco o di una risoluzione più ampia.

 

In un momento della parata cinese, Xi e Putin hanno discusso di come i trapianti di organi e altri progressi scientifici potrebbero permettere alle persone di vivere fino a 150 anni in questo secolo.

 

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«Pace attraverso la forza» sembra essere il messaggio di Xi in questa parata, per usare un’espressione che in realtà è usata da tempo dai leader americani. In piazza Tian’anmen, nel frattempo, sono sfilati missili ipersonici anti-nave, un chiaro messaggio in direzione di Taiwan, dove incrociano sempre, nelle cicliche provocazioni, portaerei e navi da guerra USA.

 


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Riguardo a Kim Jong Un, è evidente che si è fortemente allineato con la Russia nel conflitto in Ucraina, inviando oltre 10.000 soldati nordcoreani a sostegno dello sforzo bellico – con circa 2.000 di loro rimpatriati da cadaveri– evidenziando un’alleanza sempre più stretta tra Mosca e Pyongyang. Xi Jinping, invece, non si è impegnato a tal punto in questa alleanza e probabilmente non desidera farne parte.

Il presidente americano Donaldo J. Trump non ha potuto trattenersi dal commentare le immagini provocatorie.

 

«Vi prego di porgere i miei più cordiali saluti a Vladimir Putin e Kim Jong-un, mentre cospirate contro gli Stati Uniti d’America» ha scritto il presidente americano.

 

 

Trump ha anche sottolineato la sconfitta americana del Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale, che alla fine ha garantito una pace duratura alla Cina. No, Xi non ha elogiato gli Stati Uniti per questo, ma si è schierato orgogliosamente al fianco dei suoi alleati sanzionati dagli Stati Uniti…

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

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Nucleare

Taiwan alle urne sul nucleare (e la sua sicurezza energetica)

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Nel referendum del 23 agosto voluto dall’opposizione si chiede la riattivazione del reattore di Maanshan, l’ultimo del Paese spento a maggio dopo 40 anni di attività. Dopo Fukushima il fronte ambientalista ha ottenuto il progressivo azzeramento. Ma i timori di un blocco di Pechino all’approvvigionamento di gas naturale oggi stanno riaprendo la questione. Mentre la Cina ha ben 33 impianti in costruzione.   I cittadini di Taiwan si apprestano ad essere chiamati alle urne sabato 23 agosto per un referendum sul tema molto caldo dell’energia nucleare. Dal maggio scorso – allo scadere dei quarant’anni di attività – sull’isola è stato fermato anche l’ultimo reattore nucleare attivo, quello della centrale di Maanshan, realizzando così quella che da anni è stata una promessa del Democratic Progressive Party (DPP), il partito del presidente Lai Ching-te.   Proprio ad annullare questa scelta – prolungando di altri 20 anni la vita della centrale di Maanshan – mira la consultazione, che è stata promossa dal Taiwan People’s Party con il sostegno del Kuomintang, la principale forza di opposizione che oggi è anche quella politicamente più vicina a Pechino.

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Secondo la legge di Taiwan ogni proposta referendaria è da ritenere approvata solo se i «sì» vinceranno sui «no» raccogliendo almeno un quarto dei consensi degli avanti diritto al voto. In pratica occorrono almeno 5 milioni di voti favorevoli, un traguardo non impossibile considerando i voti raccolti dal Kuomintang e dal Taiwan People’s Party nelle elezioni del gennaio 2024.   Da quando imboccò la strada del nucleare negli anni Settanta, sono stati complessivamente tre le centrali operative a Taiwan: quella di Chinshan, situata nel distretto di Shimen a New Taipei, quella di Kuosheng, situata nel distretto di Wanli a New Taipei e – appunto – quella di Maanshan che si trova a Hengchun, nella contea di Pingtung. Nel 1985, quando tutti e tre gli impianti erano in funzione a pieno regime, l’energia nucleare rappresentava addirittura il 52,4% della produzione di elettricità dell’isola.   Col tempo – però – questa quota è diminuita, a causa della crescente opposizione al nucleare e di un cambio nella politica energetica a favore delle importazioni di gas naturale, oggi la maggiore fonte dell’isola. Già nel 2002, durante l’amministrazione del presidente Chen Shui-bian del DPP, era stato fissato l’obiettivo di creare una «patria senza nucleare». La spinta era poi ulteriormente cresciuta dopo il disastro del 2011 nella centrale giapponese di Fukushima: per questo nel 2014 – dopo massicce proteste da parte degli ambientalisti – fu abbandonato il progetto della costruzione di una quarta centrale, che sarebbe dovuta sorgere nel distretto di Gongliao.   Negli ultimi anni, poi, allo scadere dei quarant’anni dal loro avvio, tutte e tre le centrali di Taiwan hanno cessato l’attività: quella di Chinshan nel 2019, quella di Kuosheng nel 2022 e quella di Maanshan nel maggio scorso. Attualmente, dunque, nessuna quota di energia viene più prodotta sull’isola attraverso il nucleare.   Al di là del profilo ambientale – che vede ovunque nel mondo fronteggiarsi oggi quanti sottolineano i pericoli delle centrali con quanti ritengono sia la forma più «pulita» ed efficiente di produzione dell’energia – a Taiwan la questione nucleare ha anche una dimensione geopolitica. Anche nel fronte più ostile a Pechino sono in molti, infatti, a sottolineare che l’aumento della dipendenza dal gas naturale è un elemento di debolezza di Taipei, perché espone la sicurezza energetica dell’isola a gravi rischi nel caso di un blocco navale da parte delle forze armate cinesi.

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Per questo motivo lo stesso presidente Lai Ching-te – pur invitando a votare «no» al referendum sulla centrale di Maanshan – non esclude più a priori il ricorso all’energia atomica per uso civile, aprendo alla possibilità di costruire nuovi impianti più piccoli di nuova generazione. Eventualità questa fortemente contestata – invece – dal fronte ambientalista, tradizionalmente molto forte sull’isola e che invita a puntare maggiormente sulle energie rinnovabili, che attualmente generano solo l’11,6% dell’energia.   Va aggiunto anche che un reiterato «no» di Taiwan al nucleare rappresenterebbe un’ulteriore divaricazione rispetto alle scelte di Pechino: la Repubblica Popolare Cinese ha attualmente 58 reattori in attività che producono circa il 5% del suo fabbisogno energetico. Ma è il Paese che nel mondo sta costruendo il maggior numero di nuove centrali nucleari: sono ben 33 gli impianti in costruzione per un potenziale complessivo di ulteriori 35.355 Megawatt elettrici di capacità produttiva, che la porterebbero a un livello molto vicino a quello degli Stati Uniti.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine di Sgroey via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International    
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