Cina
Pechino conferma la crescita al 5% (ma senza troppe domande)
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Cancellata l’abituale conferenza stampa del primo ministro Li Qiang che intervenendo alle «due sessioni» ha ribadito l’obiettivo programmatico, nonostante le stime pessimiste del Fondo monetario internazionale. Crisi del settore immobiliare e debito delle amministrazioni locali hanno portato alla sospensione di progetti infrastrutturali in 12 province. Mentre nel Partito continuano le epurazioni di Xi Jinping.
La Cina punta a far crescere nel 2024 il suo Prodotto interno lordo di «circa il 5%», lo stesso obiettivo dell’anno scorso. Punta inoltre a creare più di 12 milioni di nuovi posti di lavoro nelle città, mantenendo il tasso di disoccupazione urbana al 5,5% e l’inflazione al 3%.
Sono le promesse che il premier Li Qiang ha esposto questa mattina nel suo intervento di apertura al Congresso Nazionale del Popolo, che insieme alla Conferenza consultiva politica del popolo cinese formano le cosiddette «due sessioni», l’appuntamento politico che ogni anno vede riuniti per una settimana migliaia di delegati a Pechino.
Le «due sessioni» si sono aperte in un clima segnato dall’incertezza proprio per le nubi che si addensano sull’economia cinese. Una situazione che Xi Jinping vuole mettere al riparo da ogni forma pubblica di dissenso. Pechino in questi giorni ha rafforzato la sicurezza nella capitale, i giornalisti devono ancora sottoporsi al test COVID per accedere alle riunioni.
Ma soprattutto è stato annunciato che lo stesso Li Qiang non terrà la tradizionale conferenza stampa che da trent’anni era un appuntamento fisso a conclusione delle «due sessioni». Il primo ministro non incontrerà dunque i giornalisti; e il portavoce dell’Assemblea Nazionale del Popolo Lou Qinjian ieri ha dichiarato che «se non ci sono condizioni particolari, la conferenza stampa non si terrà nemmeno nei prossimi anni».
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Gli analisti stimano che la crescita nel 2024 sarà inferiore all’obiettivo annunciato da Li Qiang. Il Fondo Monetario Internazionale a febbraio l’ha stimata sotto il 4%. E secondo i dati ufficiali stessi della Cina, finora la metà delle province non hanno raggiunto il loro obiettivo di crescita. La crisi del settore immobiliare e i debiti delle amministrazioni locali sono le cause principali del rallentamento dell’economia.
Il governo centrale cinese ha ordinato la sospensione di progetti infrastrutturali in 12 province per evitare un ulteriore peggioramento della crisi del debito. L’invecchiamento della popolazione, il rallentamento dei consumi e la disoccupazione sono altri ostacoli alla crescita. Si parla anche di un possibile adeguamento dell’età pensionabile con un innalzamento a 65 anni.
Nel frattempo permangono anche le epurazioni tra gli alti funzionari. Gli ex ministri degli Esteri Qin Gang e della Difesa Li Shangfu sono da tempo spariti dalla circolazione senza alcuna spiegazione ufficiale. Anche alcuni importanti leader dell’Esercito Popolare di Liberazione sono scomparsi, mentre si continua a parlare di indagini sulla corruzione nelle forze armate.
La scorsa settimana, il Congresso nazionale del popolo ha annunciato di aver accettato le dimissioni di Qin Gang, mentre il portavoce del Congresso ha confermato che anche Li Shangfu non partecipa alla sessione.
Quelli scomparsi erano tutti fedelissimi Xi. Inoltre tuttora non si hanno notizie della data del terzo plenum del 20° Comitato centrale del Partito comunista cinese, che secondo la scansione abituale si sarebbe dovuta svolgere nell’autunno dello scorso anno. Il dettaglio è importante perché le decisioni importanti come i piani di sviluppo, gli spostamenti del personale, le nomine e le dimissioni sono prese dal Partito Comunista. E il Congresso nazionale del popolo non fa altro che ratificare tutti gli ordini del giorno stabiliti dal partito.
Ciò che resta evidente è il mantenimento della sicurezza nazionale come priorità. L’anno scorso la Cina ha riformato la legge anti-spionaggio che ha inciso sulla fiducia delle aziende straniere: gli investimenti diretti esteri sono calati del 13,7%.
Ma nonostante questo il Congresso nazionale del popolo ha incoraggiato Hong Kong a portare avanti la propria legislazione sulla sicurezza nazionale. Mentre il premier Li Qiang ha confermato al 7,2% la crescita delle spese militari, lo stesso dato del 2023.
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Immagine di China News Service via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.5 Generic
Cina
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Cina
Le Filippine vicine all’espulsione dei diplomatici cinesi
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La Cina questa settimana ha diffuso una presunta conversazione telefonica risalente a gennaio durante la quale un ammiraglio filippino accetta di fare delle concessioni ai funzionari cinesi. Il consigliere per la sicurezza nazionale ieri ha sottolineato che in questo modo Pechino sta violando le leggi locali.
Continuano le tensioni nel Mar cinese meridionale tra la Cina e le Filippine. Il consigliere per la sicurezza nazionale Eduardo Ano ha chiesto l’espulsione dei diplomatici cinesi dopo che questi hanno rilasciato la presunta conversazione telefonica di un ufficiale militare filippino: «i ripetuti atti da parte dell’ambasciata cinese di creare e diffondere ora rilasciando trascrizioni o registrazioni fasulle di presunte conversazioni tra funzionari del Paese ospitante – non dovrebbero essere consentiti senza autorizzazione o senza gravi sanzioni», ha affermato ieri il consigliere per la sicurezza nazionale.
La presunta conversazione, che risalirebbe a gennaio, è stata diffusa questa settimana. Nell’audio, un diplomatico cinese e un ammiraglio filippino di nome Alberto Carlos, discutono della disputa nel Mar cinese meridionale, dove Pechino ripetutamente invade le acque territoriali non solo delle Filippine, ma anche di altri Paesi del sud-est asiatico, per ottenere il controllo delle risorse ittiche e marine.
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Il militare filippino avrebbe accettato di «allentare la tensione ad Ayungin», un isolotto sommerso (chiamato Second Thomas Shoal a livello internazionale) parte delle Isole Spratly, dove un piccolo contingente di militari filippine vive a bordo del relitto di una nave da guerra fatta intenzionalmente arenare da Manila nel 1999 per promuovere le proprie rivendicazioni territoriali. Oggi viene utilizzata come appoggio per i rifornimenti. Carlos avrebbe promesso di limitare il numero di navi filippine che si recano alla base e fornire un preavviso alla Cina.
Il ministero degli Esteri cinese ha subito risposto alle dichiarazioni di Ano di ieri, affermando di «chiedere solamente che le Filippine garantiscano ai diplomatici cinesi di poter svolgere normalmente i loro compiti».
Le relazioni tra i due Paesi continueranno a essere tese, secondo gli osservatori, nonostante a gennaio entrambi avessero promesso di voler migliorare le comunicazioni per gestire le tensioni. Dall’inizio dell’anno ci sono stati tre scontri diretti tra la Guardia costiera filippina e la Marina cinese, ha fatto sapere Manila.
Nelle ultime settimane la Cina ha anche più volte fatto riferimento ad un presunto «accordo segreto» stipulato con il precedente presidente Rodrigo Duterte, effettivamente più filo-cinese rispetto all’attuale Ferdinand Marcos Jr. In base al presunto accordo, Manila avrebbe promesso di non riparare o costruire strutture a Second Thomas Shoal, ma il ministro della Difesa filippino ha dichiarato di non essere a conoscenza di nessun trattato di questo tipo.
Don McLain Gill, analista e docente presso l’Università De La Salle di Manila, ha spiegato al Nikkei che nel caso in cui le Filippine decidano di espellere i diplomatici cinesi, Pechino risponderebbe alla stessa maniera. Al momento la questione resta senza una vera risoluzione.
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