Geopolitica
Gli attacchi Houthi rilanciano il «corridoio saudita» fra Golfo e Israele
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
In queste ore i miliziani filo-iraniani hanno colpito una imbarcazione britannica mentre navigava nel Golfo di Aden. Un pesante ostacolo nelle rotte fra Oriente e Occidente. Da qui l’accelerazione al progetto «alternativo» alla via della Seta cinese, caldeggiato da India e Stati Uniti. Le proteste del mondo musulmano.
Gli attacchi degli Houthi alle imbarcazioni dirette verso il Mar Rosso, l’ultimo dei quali è avvenuto nelle ore scorse e ha colpito una nave britannica nel Golfo di Aden finita sotto una pioggia di missili, sta rilanciando con forza una nuova rotta commerciale: un «corridoio» che, partendo dall’India, attraversa il Golfo via terra per arrivare al porto israeliano di Haifa, per poi proseguire la rotta verso i Paesi dell’Unione europea.
Un progetto ribattezzato «nuova via della Seta» in contrapposizione a quello cinese, che già in queste settimane di guerra lanciata da Israele contro Hamas a Gaza e le ripercussioni nella regione mediorientale (non ultimi gli ostacoli ai commerci) sta trovando una applicazione concreta.
In una nota rilanciata dall’emittente satellitare tv al-Masirah il portavoce militare Houthi Yahya Sarea riferisce che le milizie ribelli filo-iraniane in Yemen hanno compiuto una operazione «contro una nave britannica, la Lycavitos, mentre navigava nel Golfo di Aden». I missili, prosegue la dichiarazione, avrebbero centrato il mezzo «in modo diretto e accurato» mentre navigava dall’Oceano indiano ad Aden.
«Continueremo ad attaccare – conclude la dichiarazione – le navi legate a Israele o quelle dirette verso i porti israeliani nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, fino a quando l’aggressione a Gaza non si fermerà e l’assedio del popolo palestinese non sarà revocato».
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Per ovviare agli attacchi dei miliziani legati all’Iran l’idea è quella di rafforzare lo sviluppo della cosiddetta alternativa alla Via della Seta cinese, un corridoio economico fra India, Medio oriente ed Europa sottoscritto nei mesi scorsi a New Delhi, a margine del G20. Sostenuto da Washington, esso registra l’adesione fra gli altri degli Emirati Arabi Uniti (Eau) e dell’Arabia Saudita, che rivestirebbe un ruolo di primo piano nel progetto come emerge in maniera sempre più evidente proprio in queste settimane di tensione regionale e crisi nei trasporti.
Importante anche il contributo di Giordania e Israele: quest’ultimo, infatti, rappresenta la porta che apre i collegamenti verso l’Europa attraverso il Mediterraneo, oltre a favorire uno sviluppo delle relazioni da dietro le quinte con Riyadh, in attesa di pieni rapporti diplomatici che i sauditi condizionano al riconoscimento di uno Stato palestinese.
I missili e i droni Houthi risultano essere un ulteriore elemento di spinta al progetto, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo di un «ponte di terra» alternativo per trasportare i camion dal Golfo a Giordania, Israele ed Egitto attraverso l’Arabia Saudita. Come racconta in un lungo reportage Voice of America (VOA), il progetto ha di fatto già preso piede con decine di mezzi che, ogni giorno, raggiungono il porto di Haifa in Israele sebbene Riyadh – almeno per il momento – non è intenzionata a pubblicizzare troppo l’accordo.
Il collegamento resta fonte di controversia nella regione – e nel mondo musulmano – per il coinvolgimento dello Stato ebraico, sollevando proteste come è avvenuto la scorsa settimana in Giordania: a centinaia hanno marciato per le vie di Amman e di altre città chiedendo al governo, fra gli altri, di bloccare i camion provenienti dal Golfo e destinati a Israele.
Gli sforzi per stabilire la rotta terrestre sono in corso almeno dalla metà del 2023 e hanno subito una accelerazione con gli attacchi di droni e missili Houthi. Diverse compagnie di navigazione stanno dirottando le navi verso il continente africano, con un notevole aumento dei tempi e dei costi, rendendo la rotta terrestre interessante sul piano finanziario. In base all’accordo, le navi merci dall’Estremo oriente dispongono il carico su camion giordani a Dubai o nel Bahrein, i quali percorrono Arabia Saudita e Giordania per poi trasferire la merce su mezzi israeliani per il tratto finale dal confine al porto israeliano di Haifa, nel Mediterraneo.
Le merci destinate all’Egitto possono invece proseguire su strada o via nave verso il Paese dei faraoni. L’amministratore delegato di Mentfield, Omer Izhari, ha dichiarato al Times of Israel che «il percorso via terra consente di risparmiare circa 20 giorni, quindi invece di 50-60 giorni, le merci arrivano in 20-25 giorni dalla Cina a Israele».
Barry Pintow, direttore della Federazione israeliana degli spedizionieri e degli agenti doganali, ha dichiarato che l’idea del ponte terrestre è «brillante»; tuttavia, che la sua attuazione è ancora problematica in un momento di forti tensioni nella regione.
«L’idea – spiega – è quella di consentire l’arrivo di un singolo camion e di un autista da Dubai al porto di Haifa senza dover cambiare guidatore e mezzo ai valichi di frontiera tra i Paesi».
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Immagine di Przemek Pietrak via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
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Geopolitica
Il genero di Trump farà hotel di lusso al posto degli edifici bombardati dalla NATO in Kosovo
Il genero dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Jared Kushner, e un altro ex aiutante della Casa Bianca hanno firmato un contratto con il governo serbo per costruire un hotel di lusso sul sito di un complesso militare bombardato dalla NATO nel 1999.
La scorsa settimana Belgrado ha firmato un contratto di locazione di 99 anni con Affinity Global Development, una società di investimento affiliata a Kushner che vanta sostenitori come il fondo sovrano dell’Arabia Saudita.
Lavorando in collaborazione con Richard Grenell, che è stato direttore ad interim dell’Intelligence nazionale nell’amministrazione Trump, il Kushner prevede di convertire l’ex quartier generale dell’esercito jugoslavo, gravemente danneggiato, in un hotel da 500 milioni di dollari.
Grenell, allora ambasciatore in Germania, lavorava come inviato speciale nei Balcani nel 2019, quando suggerì per la prima volta agli investitori statunitensi di riqualificare il complesso militare bombardato.
Il Grenello, harvardiano e omosessuale dichiarato, è stato insignito della «medaglia presidenziale di merito del Kosovo» per la sua opera di mediazione in fatto di commercio tra Kosovo e Serbia. Il diplomatico si distinse come alfiere dell’amministrazione Trump nello sforzo verso la depenalizzazione dell’omosessualità nelle nazioni in cui l’omosessualità era illegale.
Nell’autunno del 2018, il Grenell ha svolto un ruolo diplomatico chiave nella pianificazione dell’arresto di Julian Assange, fornendo garanzie all’Ecuador che il giornalista australiano non sarebbe stato condannato a morte negli Stati Uniti.
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Kushner, che ha in programma anche progetti di hotel di lusso nella vicina Albania, ha affermato che la riqualificazione «eleverà ulteriormente Belgrado nella principale destinazione internazionale che sta diventando».
Il progetto serbo comprenderà anche appartamenti e spazi commerciali, nonché un memoriale in memoria delle persone uccise durante i bombardamenti della NATO. L’accordo prevede la riqualificazione di un’area di tre blocchi e la condivisione dei profitti con il governo serbo. Il governo manterrà la proprietà del sito e, secondo quanto riferito, annullerà il contratto di locazione se lo sviluppo non sarà completato in tempo.
Giovedì i politici del partito di opposizione hanno protestato contro l’impresa, esibendo cartelli che dicevano: «smettete di dare il quartier generale dell’esercito in regalo alle società offshore americane». Il deputato Dragan Jonic, presente alla protesta, ha detto ai giornalisti: «qualcuno sta cercando di chiarire il pasticcio che hanno fatto, e non sono loro che dovrebbero fare qualcosa in questo posto».
Mercoledì un funzionario serbo ha difeso l’accordo Kushner-Grenell, affermando in una nota: «il governo della Serbia ha scelto come partner in questa impresa una rispettabile società americana, che investirà nella rivitalizzazione dell’ex complesso del Segretariato federale per la difesa nazionale».
I fondi di investimento di Kushner sono finanziati principalmente da sostenitori stranieri, inclusi investitori in Israele, Germania ed Emirati Arabi Uniti. I critici hanno suggerito che progetti come l’hotel serbo creano potenziali conflitti di interessi perché se Trump riconquistasse la presidenza, le sue decisioni di politica estera potrebbero favorire gli interessi finanziari dei suoi familiari.
I democratici del Congresso hanno chiesto un’indagine sulle iniziative all’estero di Kushner a marzo, dopo che il New York Times aveva riferito dei suoi piani di sviluppo nei Balcani. «Jared Kushner sta perseguendo nuovi affari esteri proprio mentre Donald Trump diventa il presunto candidato repubblicano alla presidenza», avevano dichiarato i rappresentanti democratici Jamie Raskin del Maryland e Robert Garcia della California in una dichiarazione a marzo.
Kushner ha sostenuto che, come privato cittadino, è libero di perseguire opportunità commerciali all’estero, comprese quelle che coinvolgono governi stranieri.
Nel 1999 la NATO è intervenuta nel conflitto tra il governo serbo e i separatisti albanesi in Kosovo. Gli aerei occidentali hanno bombardato obiettivi in Serbia e Montenegro per 78 giorni, costringendo Belgrado a ritirare la polizia e l’esercito dal Kosovo. Le forze di pace guidate dalla NATO furono quindi dispiegate nella provincia.
Le autorità albanesi, sostenute dall’Occidente, hanno dichiarato l’indipendenza del Kosovo nel 2008. La Serbia e un certo numero di Paesi, tra cui Russia e Cina, considerano ancora il Kosovo territorio serbo.
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Il Kosovo è essenzialmente una creazione dei Clinton, che si appoggiavano al cosiddetto «Ulivo mondiale»: Blair a Londra e l’ex comunista Massimo D’Alema a Roma, che fornì aiuto politico, materiale, militare dal nostro Paese. Lo «Stato» kosovaro fu creato grazie a massicci bombardamenti NATO della Serbia voluti dall’amministrazione americana a fine anni Novanta, in primis il senatore Joe Biden, che, amico personale di Tito, rivendica addirittura di aver indicato ai militari le zone da colpire.
Secondo il New York Times il Kosovo è percentualmente il più grande fornitore di foreign fighter ISIS in rapporto alla popolazione.
L’ex presidente kosovaro Hashim Thaci, pupillo del segretario di Stato clintoniano Madeleine Albright a lungo al vertice del Paese, è stato accusato di crimini tra cui il traffico di organi.
Non è il primo affare internazionale condotto, non senza una certa spregiudicatezza, dal marito ebreo di Ivanka Trump.
Ottenuto un posto di potere come consigliere della Casa Bianca trumpiana, Jared si mosse subito ingraziandosi l’uomo forte saudita Mohammed bin Salman; il rapporto ha condotto a quella sorta di armistizio tra Israele e le monarchie del Golfo persico chiamato «accordi di Abramo». Tuttavia, è emerso come Mohammed bin Salman e il suo mentore e confidente omologo emiratino Mohammed bin Zayed al Nahyan fra loro scherzassero dicendo che se lo tengono nel taschino.
Giornali americani hanno dettagliato la ricerca di danari islamici da parte di Kushner durante la suo incarico alla Casa Bianca, insistendo anche presso il Qatar. I Kushnerri avevano bisogno di investimenti per ripianare il grande disastro della famiglia, l’acquisto del colossale – e inquietante – palazzo Fifth Avenue 666: il numero civico 666 sulla celeberrima Quinta Strada di Nuova York. Un affare immane andato malamente: l’edificio, una volta acquistato dai ricchi palazzinari ebrei del New Jersey, rimase a lungo mezzo vuoto. Avrebbero poi pudicamente cambiato il nome del palazzo da Fifth Avenue 666 a Fifth Avenue 660.
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La famiglia di Kushner, immobiliaristi ortodossi del New Jersey, ha contatti intimi e risalenti con il premier israeliano Beniamino Netanyahu, la cui carriera politica il padre di Jared, Charles Kushner (finito in galera per storie di grande sordidità) ha finanziato lautamente, mentre in USA erano fiancheggiatori del Partito Democratico dei Clinton.
Il Kushner si è distinto recentemente per i suoi commenti su Gaza, del cui lungomare ha elogiato il futuro valore immobiliare, per poi dire che i Paesi europei dovrebbero accogliere più rifugiati palestinesi in fuga dalla Striscia ora martoriata catastroficamente dallo Stato Ebraico.
La base dei sostenitori di Trump non ha mai amato Jared Kushner, ritenendolo – a causa del background di grandi sostenitori Democratici della famiglia – un potenziale traditore, o meglio, nel gergo politico MAGA, un «RINO», «repubblicano solo di nome».
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa la nipote di Trump ha dichiarato che Kushner potrebbe aver svolto il ruolo di talpa per l’FBI nel caso del raid a Mar-a-Lago.
L’anno passato Trump ha rivelato di aver chiesto alla figlia Ivanka e al genero Kushner di non partecipare alla campagna 2024.
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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Geopolitica
Il generale USA Milley difende Israele perché «anche noi abbiamo ammazzato gente in gran numero»
Ret. Gen. Mark Milley says the US has committed so many war crimes over the years, it has no right to criticize Israel’s devastation of Gaza
Palantir CEO Alex Karp chimes in: “The peace activists are actually the war activists, and we’re the peace activists.” Karp says of Gaza… pic.twitter.com/Ktc5H4uYJi — Max Blumenthal (@MaxBlumenthal) May 8, 2024
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“Milley” is trending, so here’s the woke traitor wanting to ‘understand white rage.’
I met him once at the Pentagon, during my brothers promotion. Not impressed. pic.twitter.com/LuRasRx2Op — 🇺🇸ProudArmyBrat (@leslibless) April 4, 2024
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