Spirito
La chiesa «concubina del Nuovo Ordine Mondiale»: Mons. Viganò e le «benedizioni» alle coppie omosessuali

Renovatio 21 pubblica il discorso di monsignor Carlo Maria Viganò riguardo la dichiarazione vaticana Fiducia Supplicans.
CONSIDERAZIONI
a proposito del documento vaticano Fiducia supplicans sulla liceità di benedire le coppie irregolari
Quando il demonio cerca di persuaderci a peccare, enfatizza il presunto bene dell’azione malvagia che vuole farci compiere, mettendone invece in ombra gli aspetti necessariamente contrari ai Comandamenti di Dio. Egli non ci dice: Pecca e offendi il Signore che è morto per te in Croce, perché sa che una persona normale non vuole il male in sé, ma che di solito compie il male sotto apparenza di bene.
Questa strategia dell’inganno si ripresenta invariabilmente. Per indurre una madre ad abortire, Satana non le chiede di compiacersi dell’uccisione del bambino che porta in grembo, ma di pensare alle conseguenze della gravidanza, al fatto che perderà il lavoro, o che è troppo giovane e inesperta per crescere e educare un figlio; e sembra quasi che quella madre, rendendosi assassina e infanticida, dimostri senso di responsabilità nel voler evitare alla creatura innocente una vita senza amore.
Per convincere un uomo all’adulterio, lo spirito tentatore gli mostra i presunti vantaggi del trovare sfogo in una relazione extraconiugale, a tutto vantaggio della pace in famiglia.
Per spingere un sacerdote ad accettare le deviazioni ereticali dei suoi Superiori, mette in risalto l’obbedienza all’autorità e la preservazione della comunione ecclesiale.
Questi inganni servono ovviamente per trascinare le anime lontano da Dio, cancellare in esse la Grazia, macchiarle con il peccato, offuscarne la coscienza in modo che la caduta successiva sia tanto più disinvolta quanto essa è più grave. In qualche modo, l’azione del demonio si esplica come la «finestra di Overton», rendendo meno orribile l’offesa a Dio, facendoci credere meno tremenda la punizione che ci attende, e più accettabili le conseguenze della nostra colpa.
Il Signore è buono: perdona tutti, ci sussurra, facendo ben attenzione a tenerci lontano dal pensiero della Passione di Cristo, al fatto che ogni colpo di flagello, ogni schiaffo, ogni spina conficcata nel Suo capo, ogni chiodo piantato nelle Sue carni è frutto dei nostri peccati. E poi, se cedi alla tentazione, non è colpa tua, ma della tua fragilità.
E una volta sprofondata, peccato dopo peccato, nell’abitudine al male e nel vizio, l’anima si lascia trascinare sempre più in basso, finché la richiesta del diavolo si presenta in tutto il suo orrore: Ribellati a Dio, rifiutaLo, bestemmiaLo, odiaLo perché ti ha privato del tuo diritto alla felicità con precetti opprimenti.
Questo, a ben vedere, è l’elemento ricorrente nella tentazione, sin dal peccato di Adamo: mostrare il male sotto le false apparenze di bene, e il bene come un fastidioso intralcio all’appagamento della propria volontà ribelle.
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La Chiesa, che ci è Madre, sa bene quanto pericoloso sia per un’anima cristiana ignorare questa strategia infernale.
I confessori, i direttori spirituali, i predicatori consideravano imprescindibile spiegare ai fedeli come agisce il diavolo, perché essi comprendessero con l’intelletto la frode del maligno, in modo da potervisi opporre con la volontà, aiutata in questo dall’assiduità alla preghiera e dalla frequenza ai Sacramenti.
D’altra parte, come potremmo immaginare una madre che incoraggia il proprio figlio a non progredire nell’amore di Dio, e che lo rassicura sul fatto che il Signore gli concederà la salvezza senza condizioni? Quale madre assisterebbe alla rovina del figlio, senza cercare di ammonirlo ed anche punirlo, affinché comprenda la gravità delle sue azioni e non si danni per l’eternità?
La delirante Dichiarazione Fiducia supplicans, recentemente pubblicata dalla parodia dell’ex-Sant’Uffizio ridenominato Dicastero, squarcia definitivamente la coltre di ipocrisia e di inganno della Gerarchia bergogliana, mostrando questi falsi pastori per ciò che sono: servi di Satana e suoi zelantissimi alleati, ad iniziare dall’usurpatore che siede – abominazione della desolazione – sul Soglio di Pietro.
Lo stesso incipit del documento suona, come tutti quelli emanati da Bergoglio, canzonatorio e ingannevole: perché la fiducia nel perdono di Dio senza pentimento si chiama presunzione di salvarsi senza merito ed è un peccato contro lo Spirito Santo.
La falsa sollecitudine pastorale di Bergoglio e dei suoi cortigiani nei confronti degli adulteri, dei concubinari e dei sodomiti dovrebbe essere denunciata anzitutto dai presunti beneficiari del documento vaticano, i quali sono le prime vittime del sulfureo fariseismo conciliare e sinodale. È la loro anima immortale ad essere sacrificata all’idolo woke, perché nel giorno del Giudizio particolare scopriranno di essere stati ingannati e traditi da coloro che in terra rivestono l’autorità di Cristo.
La colpa che il Signore contesterà a questi sventurati non riguarderà solo i peccati commessi, ma anche e soprattutto nell’aver voluto credere a una menzogna diabolica, a una frode di falsi pastori – a cominciare da Bergoglio e da Tucho – che la coscienza aveva loro mostrato come tale. Una menzogna a cui vogliono credere molti membri della Gerarchia, che sperano prima o poi di poter ricevere la medesima benedizione assieme ai loro complici nel vizio, ratificando quello stile di vita sacrilego e peccaminoso che praticano già, e con il consenso ostentato di Bergoglio.
Il fatto che la Dichiarazione di Tucho Fernandez approvata da Bergoglio ribadisca che benedire una coppia irregolare non deve sembrare una forma di rito nuziale, e che il Matrimonio è solo tra un uomo e una donna fa parte della strategia dell’inganno. Perché non è qui in questione se il Matrimonio possa essere contratto da due uomini o due donne, bensì se persone che vivono in uno stato gravemente peccaminoso possano meritare come coppia irregolare una benedizione impartita da un diacono o da un sacerdote, con il solo accorgimento che essa non dia l’impressione di essere una celebrazione liturgica.
L’attenzione dei Sinedrio vaticano è tutta rivolta a tranquillizzare il popolo cristiano sul fatto di non voler ufficializzare nuove forme di matrimonio, mentre è totalmente trascurato lo stato di peccato mortale e di grave scandalo di chi dovrebbe ricevere la benedizione, e il pericolo di dannazione eterna che grava su quelle povere anime.
Senza dire dell’impatto sociale che questa Dichiarazione avrà su chi Cattolico non è, e che grazie ad essa si riterrà autorizzato ad eccessi ben peggiori. Viene da chiedersi se, in questa corsa alla legittimazione della sodomia – ottenuta senza giungere alla celebrazione di matrimoni tra sodomiti – vi sia un conflitto di interessi in chi la propone con tanta insistenza: come se dei governanti si tutelassero con uno scudo penale prima di imporre alla popolazione un siero genico sperimentale di cui non ignorano gli effetti avversi.
Non c’è che dire: un bel risveglio per i cosiddetti conservatori, con la beffa di trovarsi platealmente presi in giro dal Prefetto Tucho, il quale si preoccupa che la benedizione di una coppia non sembri un matrimonio, ma non ha nulla da dire sull’intrinseca peccaminosità del pubblico concubinato e della sodomia. L’importante è che i moderati – difensori del Vaticano II – possano ritenersi appagati da quella gesuitica postilla (in questo caso che queste benedizioni spontanee e arituali non sono un Matrimonio) che dovrebbe salvare la dottrina sul Papato mentre spinge le anime a dannarsi.
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Per i sacerdoti che non accetteranno di benedire questi sventurati si preparano due vie: la prima, essere cacciato dalla parrocchia o dalla Diocesi ad nutum Pontificis; la seconda, rassegnarsi a barattare il proprio diritto di dissentire in cambio del riconoscimento del diritto di altri confratelli di approvare; cosa peraltro già vista in campo liturgico con Summorum Pontificum.
Quello di Bergoglio è insomma un outlet della Fede, dove si trova di tutto, dai riti della Settimana Santa pre-1955 alle «eucaristie» LGBTQ, a patto di non mettere in discussione nulla del suo «pontificato».
A ciò si aggiunga lo scandalo per i Cattolici, che davanti agli orrori della setta di Santa Marta sono tentati di abbracciare lo scisma, o di abbandonare la Chiesa.
E ancora: con quale amarezza e senso di disinganno guarderanno a Roma coloro che, consapevoli della propria situazione di oggettiva irregolarità, hanno cercato e cercano con tutte le loro forze e con la Grazia di Dio di non peccare e di vivere conformemente ai Comandamenti?
Come possono sentirsi quanti chiedono una voce paterna che li esorti a proseguire sulla via della santità, e non il riconoscimento ideologico dei loro vizi che sanno essere incompatibili con la Morale naturale?
Chiediamoci: cosa vuole ottenere Bergoglio? Nulla di buono, di vero, di santo.
Egli non vuole che le anime si salvino; non proclama il Vangelo opportune, importune per richiamare le anime a Cristo; non mostra loro il Salvatore flagellato e insanguinato per spronarle a cambiar vita. No. Bergoglio vuole la loro dannazione, come tributo infernale a Satana e sfida sfrontata a Dio.
Ma c’è uno scopo più immediato e semplice da ottenere: provocare i Cattolici perché si allontanino dalla sua chiesa e lo lascino libero di trasformarla nella concubina del Nuovo Ordine Mondiale.
Le donne prete, le benedizioni gay, gli scandali sessuali e finanziari, il business dell’immigrazione, le campagne di vaccinazione forzata, l’ideologia gender, l’ecologismo neomalthusiano, la gestione tirannica del potere sono lo strumento con cui scandalizzare i fedeli, disgustare chi non crede, screditare la Chiesa e il Papato. Comunque vada, Bergoglio ha già ottenuto il suo scopo, che poi è la premessa per assicurarsi il consenso degli eretici e dei fornicatori che lo riconoscono come Papa ed estromettere qualsiasi voce critica.
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Se davvero questo Documento, assieme ad altri pronunciamenti più o meno ufficiali, avesse come scopo il bene degli adulteri, dei concubinari e dei sodomiti, essa avrebbe dovuto additare loro l’eroismo della testimonianza cristiana, ricordare loro l’immolazione di sé che Nostro Signore chiede a ciascuno di noi, insegnar loro a riporre fiducia nella Grazia di Dio per superare le prove e vivere conformemente alla Sua Volontà. E invece li incoraggia, li benedice in quanto irregolari, come se non lo fossero; ma al tempo stesso li priva delle nozze, e in questo modo ammette che sono irregolari. Bergoglio non chiede loro di cambiar vita, ma si autorizza una farsa grottesca in cui due uomini o due donne potranno presentarsi dinanzi a un Ministro di Dio per essere benedetti, assieme ai loro parenti e amici, per poi celebrare questa unione peccaminosa con un banchetto, il taglio della torta, le bomboniere. Ma non sono nozze, sia chiaro…
Mi chiedo cosa impedirà, tra qualche tempo, che questa benedizione sia impartita non a una coppia, ma a più persone, in nome del poliamore; o ai minori, in nome della libertà sessuale che l’élite globalista sta introducendo tramite l’ONU e le altre organizzazioni eversive internazionali. Basterà precisare che la Chiesa non approva le unioni poligamiche e la pedofilia, per consentire a poligami e pedofili di essere benedetti?
E perché non estendere questa trovata anche a chi pratica la bestialità? Sarebbe sempre in nome dell’accoglienza, dell’integrazione, dell’inclusività.
La stessa diabolica falsificazione sta avvenendo per le donne prete. Se da un lato il Sinodo sulla Sinodalità non ha affrontato l’Ordinazione delle donne, dall’altro si sta già progettando una forma di «ministero non ordinato» che le ammetta a presiedere celebrazioni spurie col pretesto che non ci sono più sacerdoti e diaconi. Anche in questo caso i fedeli vedono sull’altare una donna in camice che legge il Vangelo, predica, distribuisce la Comunione, come farebbe un sacerdote, ma senza esserlo. E con la postilla vaticana che si tratta di un ministero che non mette in discussione il Sacerdozio cattolico.
Il marchio della chiesa conciliare e sinodale, di questa setta di ribelli e pervertiti, è la falsità e l’ipocrisia. Il suo scopo è intrinsecamente malvagio, perché toglie onore a Dio, espone le anime al pericolo della dannazione, impedisce di fare il bene e incoraggia a compiere il male. Chi nella chiesa bergogliana continua a seguire la dottrina e i precetti della Chiesa Cattolica è fuori posto e prima o poi finirà per separarsene o per cedere.
La Chiesa Cattolica è l’unica arca tramite la quale il Signore ha disposto la salvezza e la santificazione del genere umano. Laddove essa agisca ed operi per la sua dannazione, non è Chiesa, ma la sua blasfema contraffazione. Lo stesso vale per il Papato, che la Provvidenza ha voluto come vincolo di Carità nella Verità, e non come strumento per dividere, scandalizzare e dannare le anime.
Esorto quanti sono insigniti della dignità cardinalizia, i miei Confratelli nell’Episcopato, i sacerdoti, i chierici e i fedeli ad opporsi fermissimamente a questa corsa folle verso l’abisso cui vorrebbe costringerci una setta di rinnegati apostati.
Scongiuro i Vescovi e i Ministri di Dio – per le Santissime Piaghe di Nostro Signore Gesù Cristo – non solo di levare alta la voce per difendere l’insegnamento immutabile della Chiesa e condannare le deviazioni e le eresie, sotto qualsiasi apparenza esse possano presentarsi; ma anche di mettere in guardia i fedeli e impedire queste benedizioni sacrileghe nelle loro Diocesi.
Il Signore ci giudicherà sulla base della Sua santa Legge, e non sulle farisaiche seduzioni di chi serve il Nemico.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
20 Dicembre 2023
Feria IV Quattuor Temporum Adventus
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Il cardinale Sarah afferma che papa Leone è «consapevole della battaglia» sulle restrizioni alla messa in latino

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Messi in vendita gli effetti personali di Pio XII

Il 28 giugno 2025, presso la Galleria Moenius di Berna, saranno messi all’asta oggetti appartenuti a Papa Pio XII, il Venerabile Eugenio Pacelli (1890-1958). La vendita, ha annunciato la galleria svizzera, comprendeva autografi, libri, oggetti devozionali, abiti, scarpe e oggetti personali.
La maggior parte di questi oggetti fu tramandata da Suor Pascalina Lehnert (1894-1983). Suora tedesca delle Suore della Santa Croce, fu governante e assistente di Papa Pio XII, che servì anche quando questi fu Nunzio Apostolico in Baviera dalla fine del 1918.
Tra questi oggetti c’erano delle scarpe da cerimonia, probabilmente indossate raramente perché in ottime condizioni. Decorate con una raffinata bordatura in argento e oro lungo i bordi, le scarpe presentavano lo stemma dei Pacelli con la colomba bianca e il ramoscello d’ulivo ricamato sul collo del piede. Attorno allo stemma sono presenti la croce di San Giovanni e il cappello rosso cardinalizio con le sue tradizionali nappe.
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Se Pio XII fosse stato canonizzato, gli oggetti venduti a Berna sarebbero stati classificati come reliquie di seconda classe e quindi proibiti alla vendita. La Chiesa cattolica riconosce tre classi di reliquie. Le reliquie di prima classe sono i resti mortali terreni dei santi; sono sacre. Questi resti possono essere qualsiasi parte del corpo, comprese ossa, carne e persino capelli.
Una reliquia di seconda classe è un oggetto appartenuto o utilizzato da un santo durante la sua vita. Può includere abiti, gioielli, Bibbie o libri di preghiere e altri oggetti di uso quotidiano.
Una reliquia di terza classe è qualsiasi oggetto, nuovo o vecchio, che sia entrato in contatto con i resti di un santo o ne abbia toccato la tomba o il reliquiario. Queste sono anche chiamate reliquie di contatto.
Nella Chiesa cattolica, il commercio di reliquie di prima e seconda classe è proibito. Tuttavia, con l’autorizzazione della Sede Apostolica, possono essere trasferite, scambiate o donate. Le reliquie di terza classe possono essere vendute, ma il loro valore è molto limitato.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Mons. Eleganti critica duramente il Vaticano II e la nuova liturgia

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Un’infanzia segnata dal Concilio
«Da bambino, ho assistito all’iconoclastia nella venerabile Chiesa della Santa Croce nella mia città natale. Gli altari gotici scolpiti furono demoliti davanti ai miei occhi infantili. Tutto ciò che rimase fu un altare comune, una sala del coro vuota, la croce nell’arco del coro, Maria e Giovanni a sinistra e a destra su pareti bianche e spoglie». «Nuove vetrate inondavano la chiesa con il sole che sorgeva a est. Niente di più: era una deforestazione senza precedenti. Noi bambini trovavamo tutto questo normale e appropriato e risparmiavamo con fervore per il nuovo pavimento in pietra, così da dare il nostro contributo alla riforma o al rinnovamento della chiesa. L’euforia del Concilio veniva trasmessa dai sacerdoti; venivano convocati sinodi, ai quali io stesso partecipavo da adolescente. Non avevo assolutamente idea di cosa stesse succedendo». Un’accettazione sicura ma lucida «All’età di 20 anni, come novizio [benedettino, ndr], ho sperimentato da vicino e dolorosamente le tensioni liturgiche tra tradizionalisti e progressisti tra i riformatori. Furono introdotte nuove professioni ecclesiastiche, come quella di assistente pastorale (principalmente per i coniugati)». «Ricordo i miei commenti critici su questo perché le tensioni e i problemi che stavano lentamente emergendo tra ordinati e non ordinati erano prevedibili fin dall’inizio. Il calo del numero di candidati al sacerdozio era prevedibile e divenne rapidamente evidente». «Da giovane, ho sostenuto con tutto il cuore il Concilio e in seguito ne ho studiato i documenti con fede e fiducia. Tuttavia, fin dall’età di vent’anni, ho notato diverse cose: la desacralizzazione del santuario, del sacerdozio, del Santissimo Sacramento, così come la ricezione della Santa Eucaristia, e l’ambiguità di alcuni passaggi nei documenti conciliari. Da giovane laico ancora poco versato in teologia, ho notato tutto questo molto presto». «Sebbene il sacerdozio fosse la scelta che mi stava più a cuore fin dall’infanzia, non sono stato ordinato sacerdote fino all’età di 40 anni. Sono cresciuto con il Concilio, ho raggiunto l’età adulta e ho potuto osservarne gli effetti fin da quando ha avuto luogo. Oggi ho 70 anni e sono vescovo».Iscriviti al canale Telegram
La consapevolezza del fiasco conciliare
«Guardando indietro, devo dire che la primavera della Chiesa non è mai arrivata; ciò che è arrivato è stato invece un declino indescrivibile nella pratica e nella conoscenza della fede, una diffusa mancanza di forma liturgica e una certa arbitrarietà (alla quale io stesso ho in parte contribuito senza rendermene conto)». «Guardando indietro, sono sempre più critico verso tutto, compreso il Concilio, i cui testi la maggior parte delle persone ha già abbandonato, pur invocandone costantemente lo spirito. Cosa non è stato confuso con lo Spirito Santo e attribuito a lui negli ultimi 60 anni? Cosa è stato chiamato “vita” senza apportare vita, ma al contrario dissolvendola?» «I cosiddetti riformatori volevano ripensare il rapporto della Chiesa con il mondo, riorganizzare la liturgia e rivalutare le posizioni morali. E continuano a farlo. Il segno distintivo della loro riforma è la fluidità nella dottrina, nella moralità e nella liturgia, l’allineamento con le norme secolari e una rottura spietata, post-conciliare, con tutto ciò che era venuto prima». «Per loro, la Chiesa è, soprattutto, ciò che è stata dal 1969 (Editio Typica Ordo Missae, Cardinale Benno Gut). Ciò che è venuto prima può essere trascurato o è già stato rivisto. Non si può tornare indietro. I più rivoluzionari tra i riformatori sono sempre stati consapevoli dei loro atti rivoluzionari. Ma la loro riforma postconciliare, i loro processi, sono falliti – su tutta la linea. Non sono stati ispirati. L’altare del popolo non è un’invenzione dei padri conciliari». «Io stesso celebro la Santa Messa secondo il nuovo rito, anche in privato. Tuttavia, grazie alla mia attività apostolica, ho riscoperto l’antica liturgia della mia infanzia e ne noto la differenza, soprattutto nelle preghiere e nelle posture, e naturalmente nell’orientamento». «A posteriori, l’intervento postconciliare sulla forma molto coerente della liturgia, vecchia di quasi duemila anni, mi sembra una ricostruzione piuttosto violenta e provvisoria della Santa Messa negli anni successivi alla conclusione del Concilio, che è stata associata a grandi perdite che devono essere colmate. È stato fatto anche per ragioni ecumeniche». «Molte forze, anche protestanti, furono direttamente coinvolte in questo sforzo di allineare la liturgia tradizionale con la Cena del Signore protestante e forse anche con la liturgia del Sabato ebraico. Ciò fu fatto in modo elitario, dirompente e sconsiderato dalla Commissione Liturgica Romana e imposto all’intera Chiesa da Paolo VI, non senza causare gravi fratture e divisioni nel corpo mistico di Cristo, che persistono ancora oggi».Aiuta Renovatio 21
Giudica l’albero dai suoi frutti
«Una cosa è certa per me: se si può giudicare un albero dai suoi frutti, è urgente una rivalutazione spietata e onesta della riforma liturgica postconciliare: storicamente onesta e meticolosa, non ideologica e aperta, a immagine della nuova generazione di giovani credenti che non conoscono né leggono i testi del Concilio. «Non hanno nemmeno problemi con la nostalgia, perché conoscono la Chiesa solo nella sua forma attuale. Sono semplicemente troppo giovani per essere tradizionalisti. Tuttavia, hanno sperimentato come funzionano attualmente le parrocchie, come celebrano la liturgia e cosa rimane della loro socializzazione religiosa attraverso la parrocchia? Molto poco! Per questo motivo, non sono nemmeno progressisti». «Dalla prospettiva odierna, il cattolicesimo liberale o progressismo degli anni Settanta – più recentemente sotto le mentite spoglie del “cammino sinodale” – ha fatto il suo corso e ha condotto la Chiesa in un vicolo cieco. La frustrazione è ancora maggiore. Lo possiamo vedere ovunque. Le funzioni domenicali e feriali sono frequentate principalmente dagli anziani. I giovani sono assenti, tranne che in alcuni luoghi di culto molto affollati. La riforma sta avvenendo da sola, perché nessuno ci va più né ne legge i risultati». «Come è possibile che la riforma postconciliare possa essere ancora oggi considerata in modo così acritico e limitato, a giudicare dai suoi frutti? Perché un esame onesto della tradizione e della nostra storia (della Chiesa) non è ancora possibile? Perché non si vuole vedere che siamo a un punto di svolta e che dovremmo fare il punto della situazione, soprattutto a livello liturgico?» «”Essere o non essere”, in termini di fede e vita ecclesiale, si decide sulla base o sui fondamenti della liturgia. È qui che la Chiesa vive o muore. Tradizionalisti e progressisti hanno correttamente valutato questo aspetto fin dal 1965. Allora perché la tradizione è in aumento tra i giovani? Cosa la rende così attraente per i giovani? Pensateci! I piedi votano, non i concili. Forse dovremmo semplicemente cambiare direzione! Capito?» Articolo previamente apparso su FSSPX.NewsIscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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