Geopolitica
Attaccata l’ambasciata saudita in Sudan
L’Arabia Saudita ha condannato un attacco alla sua ambasciata nella capitale del Sudan, Khartoum, dove dal 15 aprile infuria una lotta per il potere, che ha ucciso centinaia di persone e provocato un esodo di massa.
Giovedì il ministero degli Esteri saudita ha dichiarato che gruppi armati hanno preso d’assalto e vandalizzato il suo edificio nella città devastata dal conflitto e hanno anche distrutto le proprietà e gli alloggi dei dipendenti sauditi.
«Il ministero degli Esteri esprime il totale rifiuto da parte del Regno di ogni forma di violenza e sabotaggio nei confronti di missioni e rappresentanze diplomatiche», si legge in un comunicato dei sauditi, che sottolineano la necessità di affrontare i gruppi armati che, viene detto, starebbero tentando di «minare il ritorno della sicurezza e della stabilità al Sudan e al suo popolo».
L’Arabia Saudita, insieme agli Stati Uniti, ha cercato di portare le fazioni in guerra in Sudan ad accettare di fermare i combattimenti, che ora sono alla sua ottava settimana.
I colloqui per il cessate il fuoco sono iniziati nella città di Gedda sul Mar Rosso all’inizio di maggio, ma si sono interrotti la scorsa settimana dopo che i mediatori hanno affermato che vi erano state numerose violazioni delle tregue concordate.
Nel frattempo, il notiziario saudita Al Arabiya ha riferito martedì che gli inviati dell’esercito sudanese e le forze paramilitari di supporto rapido hanno ripreso i colloqui indiretti a Gedda.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken e il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan si sono impegnati a mantenere la cooperazione nell’affrontare il conflitto di Khartoum durante un incontro a Riyad mercoledì, secondo Al Arabiya.
Ryadh ha recentemente concluso un accordo di pace, mediato dalla Cina, con l’arcirivale della regione, cioè l’Iran: si tratta di una mutazione diplomatica e geopolitica che ridefinisce l’intero Medio Oriente e oltre.
L’accordo ha portato ad un raffreddamento della guerra in Yemen, con tanto di scambio di 900 prigionieri tra sauditi e Houthi, che sono sciiti sostenuti dall’Iran.
Come riportato da Renovatio 21, da mesi oramai il regime saudita sta significando apertis verbis la sua volontà di uscire dal petrodollaro, comunicandolo pure durante le sessioni del World Economic Forum di Davos. Di conseguenza, è stato deciso che tra Pechino e Ryadh i pagamenti per il commercio energetico saranno regolati in yuan, un cambiamento epocale dagli accordi che Re Faisal fece con Roosevelt negli anni Quaranta – gli accordi del Grande Lago Amaro – in cui si assicurava l’uso del dollaro per il commercio del petrolio in cambio della sicurezza della famiglia Saud.
Due mesi fa, a sorpresa, i sauditi hanno tagliato la produzione di petrolio.
Geopolitica
Trump: Zelens’kyj deve essere «realista»
Il presidente statunitense Donald Trump ha dichiarato che Volodymyr Zelens’kyj deve fare i conti con la realtà del conflitto contro la Russia e con l’urgenza di indire nuove elezioni.
Il mandato presidenziale quinquennale di Zelens’kyj è scaduto a maggio 2024, ma il leader ucraino ha sempre escluso il voto per via della legge marziale in vigore. Vladimir Putin ha più volte sostenuto che lo Zelens’kyj non può più essere considerato un interlocutore legittimo e che la sua posizione renderebbe giuridicamente problematico qualsiasi accordo di pace.
Mercoledì Trump ha affrontato la questione Ucraina in una telefonata con i leader di Regno Unito, Francia e Germania. «Ne abbiamo parlato in termini piuttosto netti, ora aspettiamo di vedere le loro risposte», ha riferito ai giornalisti alla Casa Bianca.
«Penso che Zelens’kyj debba essere realista. Mi domando quanto tempo passerà ancora prima che si tengano le elezioni. Dopotutto è una democrazia… Sono anni che non si vota», ha aggiunto Trump, sottolineando che l’Ucraina sta «perdendo moltissima gente».
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Il presidente americano ha poi sostenuto che l’opinione pubblica ucraina sia largamente favorevole a un’intesa con Mosca: «Se guardiamo i sondaggi, l’82 % degli ucraini vuole un accordo – è uscito proprio un sondaggio con questa cifra».
Trump ha insistito sulla necessità di chiudere rapidamente il conflitto: «Non possiamo permetterci di perdere altro tempo».
Secondo Axios e RBC-Ucraina, Kiev ha trasmesso agli Stati Uniti la sua ultima proposta di pace. Zelens’kyj , che fino a ieri escludeva elezioni in tempo di legge marziale, ha dichiarato mercoledì di essere disposto a indire il voto, a patto però che Stati Uniti e alleati europei forniscano solide garanzie di sicurezza.
Il consenso verso Zelens’kyj è precipitato al 20 % dopo uno scandalo di corruzione nel settore energetico che ha travolto suoi stretti collaboratori e provocato le dimissioni di diversi alti funzionari. Trump ha più volte invitato il leader ucraino a tornare alle urne, ribadendo che la corruzione endemica resta uno dei problemi più gravi del paese.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela
Today, the Federal Bureau of Investigation, Homeland Security Investigations, and the United States Coast Guard, with support from the Department of War, executed a seizure warrant for a crude oil tanker used to transport sanctioned oil from Venezuela and Iran. For multiple… pic.twitter.com/dNr0oAGl5x
— Attorney General Pamela Bondi (@AGPamBondi) December 10, 2025
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Geopolitica
Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino
La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.
Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.
«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.
Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.
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«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».
Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.
Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.
Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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