Geopolitica
La Siria ristabilisce le relazioni con il mondo arabo. Geopolitica USA al palo
La riconnessione della Siria con i Paesi del mondo arabo e le loro istituzioni sta prendendo piede.
Nel suo articolo riguardo la visita di Bashar al-Assad negli Emirati Arabi Uniti del 19 marzo, la testata araba Al-Monitor ha riferito che le discussioni per riportare la Siria nella Lega Araba stanno guadagnando slancio, così come la considerazione dei modi per portare più aiuti economici nel Paese.
Assad era accompagnato da sua moglie, Asma al-Assad, una presenza ritenuta significativa.
Bassam Barabandi, ex diplomatico siriano, ha dichiarato ad Al-Monitor che lo scopo principale della visita è facilitare gli aiuti umanitari al Paese, possibilmente da inserire nelle iniziative dell’ufficio della first lady
A febbraio, in seguito ai terremoti in Siria e Turchia, gli Emirati Arabi hanno promesso una somma maggiore di quella offerta da qualsiasi altro Paese per aiutare la Siria: 100 milioni di dollari.
«Questo dossier [umanitario] ha visto un grande sviluppo da metà febbraio, attraverso l’attivazione di canali diretti di coordinamento”, ha detto Barabandi.
«Probabilmente Abu Dhabi presenterà un pacchetto di proposte relative alla possibilità di fornire il necessario sostegno economico alla parte siriana nel caso in cui siano soddisfatte una serie di condizioni», ha continuato Barabandi. «Il primo dei quali è l’adozione di misure serie relative al contenimento delle minacce alla sicurezza nazionale nei Paesi vicini, tra cui Turchia e Giordania».
Abdulkhaleq Abdulla, professore di scienze politiche alla New York University-Abu Dhabi, ha detto ad Agence France-Presse che è giunto il momento di riconciliarsi con Assad e vedere la Siria tornare nella Lega Araba.
«Gli Emirati Arabi Uniti sta guidando gli sforzi per riconciliarsi con i nemici del passato e trasformarli negli amici di domani», ha affermato.
Gli Emirati hanno ripristinato la loro ambasciata in Iran lo scorso agosto dopo anni di stallo politico. Quale potrebbe essere il ruolo della Cina in tutto questo non è indicato. La presenza di truppe turche nel nord della Siria è un altro problema che gli Emirati Arabi Uniti sta aiutando a mediare con Assad, secondo Barabandi.
«La parte emiratina presenterà un’iniziativa per avvicinare le opinioni alla parte turca, con l’obiettivo di accelerare i negoziati facendo pressioni su Assad affinché riduca la sua lista di condizioni», ha affermato, senza indicare se si chiederanno concessioni anche alla Turchia.
Come riportato da Renovatio 21, le sanzioni USA contro Damasco hanno ostacolato la risposta alla devastazione del sisma. La Siria è poi stata bombardata dallo Stato di Israele poco dopo la catastrofe del terremoto.
Due settimane fa il Capo di Stato Maggiore USA Mark Milley ha visitato le truppe americane che occupano parte della Siria. Assad, in visita a Mosca, ha rivelato che nella base di siriana Al Tanf gli USA addestrerebbero terroristi.
L’anno passato l’Intelligence russa aveva accusato gli Stati Uniti di addestrare in Siria militanti ISIS da spedire sul fronte ucraino. Alcune foto di combattenti ucraini con le mostrine dello Stato Islamico potrebbero esserne testimonianza.
Assad era stato in visita ufficiale negli Emirati anche un anno fa. Un evento che poteva essere letto come i primi passi di un mondo che prova a fare senza Washington. L’accordo, stipulato tramite la Cina, tra gli arcinemici regionali Iran e Arabia Saudita fa propendere per questa lettura: la geopolitica mondiale calcola sempre meno il volere della Casa Bianca.
Immagine di Beshr Abdulhadi via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Geopolitica
Missili Hezbollah contro basi israeliane
Hezbollah ha preso di mira diverse installazioni militari israeliane, inclusa una base critica di sorveglianza aerea sul Monte Meron, con una raffica di razzi e droni sabato, dopo che una serie di attacchi aerei israeliani avevano colpito il Libano meridionale all’inizio della giornata.
Decine di missili hanno colpito il Monte Meron, la vetta più alta del territorio israeliano al di fuori delle alture di Golan, nella tarda notte di sabato, secondo i video che circolano online. I quotidiani Times of Israel e Jerusalem Post scrivono tuttavia che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che tutti i razzi sono stati «intercettati o caduti in aree aperte», senza che siano stati segnalati danni o vittime.
Il gruppo militante sciita libanese ha rivendicato l’attacco, affermando in una dichiarazione all’inizio di domenica che «in risposta agli attacchi del nemico israeliano contro i villaggi meridionali e le case civili» ha preso di mira «l’insediamento di Meron e gli insediamenti circostanti con dozzine di razzi Katyusha».
Il gruppo paramilitare islamico ha affermato di aver anche «lanciato un attacco complesso utilizzando droni esplosivi e missili guidati contro il quartier generale del comando militare di Al Manara e un raduno di forze del 51° battaglione della Brigata Golani», sabato scorso. L’IDF ha affermato di aver intercettato i proiettili in arrivo e di «aver colpito le fonti di fuoco» nell’area di confine libanese.
⚡️⭕️#LEBANON, Hezbollah :
The Israeli Meron air base and its surroundings are being subjected to the strongest targeting operation so far.
Iron dome seems to be absent, rockets are landing and there are reports of precise targeting on the base (probably ATGMS). pic.twitter.com/EvnavJ6BZP
— Middle East Observer (@ME_Observer_) April 27, 2024
⚡️ #Hezbollah statement :
In response to the #Israeli enemy’s attacks on the steadfast southern villages and civilian homes, especially the towns of Al-Qozah, Markaba, and Serbin, the Mujahideen of the Islamic Resistance bombed the Meron settlement and the surrounding… pic.twitter.com/om5HpMkXPQ
— Middle East Observer (@ME_Observer_) April 27, 2024
🔴 And then Hezbollah rockets hit Israel pic.twitter.com/bm0Fsrna6A
— S p r i n t e r F a c t o r y (@Sprinterfactory) April 27, 2024
Ieri l’aeronautica israeliana ha condotto una serie di attacchi aerei nei villaggi di Al-Quzah, Markaba e Sarbin, nel Libano meridionale, presumibilmente prendendo di mira le «infrastrutture terroristiche e militari» di Hezbollah. Venerdì l’IDF ha colpito anche diverse strutture a Kfarkela e Kfarchouba.
Secondo quanto riferito, gli attacchi israeliani hanno ucciso almeno tre persone, tra cui due combattenti di Hezbollah. I media libanesi hanno riferito che altre 11 persone, tra cui cittadini siriani, sono rimaste ferite negli attacchi.
Il gruppo armato sciita ha ripetutamente bombardato il suo vicino meridionale da quando è scoppiato il conflitto militare tra Israele e Hamas lo scorso ottobre. Anche la fondamentale base israeliana di sorveglianza aerea sul Monte Meron è stata attaccata in diverse occasioni. Hezbollah aveva precedentemente descritto la base come «l’unico centro amministrativo, di monitoraggio e di controllo aereo nel nord dell’entità usurpatrice [Israele]», senza il quale Israele non ha «alcuna alternativa praticabile».
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Geopolitica
Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati
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Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.
Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.
Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».
La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.
Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.
Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.
The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».
Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.
La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.
Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.
Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.
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