Bioetica
Ecco la “Banca del seme per i sieropositivi” per combattere il pregiudizio contro l’AIDS
Renovatio 21 pubblica questa traduzione su gentile concessione di LifeSiteNews
Un paio di anni fa, probabilmente qualcuno lo ricorda, il senatore della California Scott Wiener di San Francisco suscitò l’indignazione generale per il sostegno ad una legge che riduceva da crimine a reato minore l’esposizione consapevole di altre persone al virus dell’HIV.
Alcuni attivisti, apparentemente, sembrano certi che molte donne siano desiderose di scegliere un donatore sieropositivo solo per aiutare a «ridurre lo stigma» rispetto alla tanto temuta e letale AIDS
In altre parole, nascondere al proprio partner di essere sieropositivi non è più un reato in California.
La stessa legge si applica ai donatori di sangue che non comunicano la sieropositività. Lo stesso Wiener, non sorprende, è sieropositivo e ha affermato che la nuova legge è un modo per “ridurre lo stigma” attorno alle persone affette da questa condizione.
Non sono del tutto certo come nascondere questa importante informazione al partner sessuale che, come risultato, potrebbe contrarre l’HIV, possa essere efficace per “ridurre lo stigma” – a mio avviso provoca l’effetto contrario.
Ma la piccola crociata di Wiener non è nulla a confronto del grottesco tentativo attuato in Nuova Zelanda per contrastare il pregiudizio.
In altre parole, nascondere al proprio partner di essere sieropositivi non è più un reato in California. La stessa legge si applica ai donatori di sangue che non comunicano la sieropositività
Secondo The Telegraph, i neozelandesi hanno «lanciato la prima banca del seme per i sieropositivi per ridurre lo stigma sul virus».
Gli autori di questo bizzarro tentativo – in senso ironico – sono certi di avere la fila di donne desiderose di accollarsi questo rischio assolutamente inutile, che non porta benefici a nessuno: «La banca del seme online “Sperm Positive” ha iniziato con tre donatori positivi all’HIV, che presentano una carica virale non rilevabile, cioè il virus non può essere trasmesso neanche in caso di rapporti non protetti. La carica virale nel sangue è talmente bassa che non viene rilevata dalle analisi di routine ma ciò non significa che l’HIV sia stato completamente curato durante i trattamenti».
Secondo The Telegraph, i neozelandesi hanno «lanciato la prima banca del seme per i sieropositivi per ridurre lo stigma sul virus»
Sarete d’accordo – in senso ironico – che tale descrizione sembra molto rassicurante.
La fredda e brutale industria riproduttiva ha già creato lo scenario in cui le donne scorrono i profili dei donatori in cerca del seme che vogliono usare per concepire i loro bambini, generalmente senza padre, determinate a scegliere il perfetto esemplare genetico.
La fredda e brutale industria riproduttiva ha già creato lo scenario in cui le donne scorrono i profili dei donatori in cerca del seme che vogliono usare per concepire i loro bambini, generalmente senza padre, determinate a scegliere il perfetto esemplare genetico
Ma alcuni attivisti, apparentemente, sembrano certi che molte donne siano desiderose di scegliere un donatore sieropositivo solo per aiutare a «ridurre lo stigma»– di cosa, poi? Di una condizione che può portare alla tanto temuta e letale AIDS?
Non sorprende che il donatore sieropositivo Damien Rule-Neal abbia dichiarato a The Telegraph che è stato lieto di partecipare perché «c’è mancanza di educazione e comprensione in Nuova Zelanda su cosa significhi avere una carica virale non rilevabile» e che ha «vissuto i pregiudizi in prima persona, nella vita privata e professionale». Infatti, dice, conosce molte persone affette da HIV che hanno avuto bambini, e il Telegraph riporta che «gli uomini sieropositivi possono far nascere bambini con un rischio minimo di trasmissione del virus al partner o ai figli avendo a disposizione consigli, supporto e farmaci adeguati, anche se la carica virale è rilevabile».
Quindi, oggi ci sono persone che pensano seriamente che sia stata una buona idea aprire una banca del seme, dove le donne a caccia di donatori sieropositivi possano finalmente realizzare i loro sogni
Mettere a rischio le persone di contrarre il virus dell’HIV per «ridurre lo stigma», anche se esiste un «rischio minimo», è immorale e incosciente
Sospetto che molte persone leggeranno questa notizia, alzeranno gli occhi al cielo e scuoteranno la testa. Mettere a rischio le persone di contrarre il virus dell’HIV per «ridurre lo stigma», anche se esiste un «rischio minimo», è immorale e incosciente.
Ma se ascoltate Wiener e Rule-Neal, le persone – che si tratti di partner o, in questo caso, di figli – devono essere pronte a correre un rischio potenzialmente mortale per “ridurre lo stigma” degli altri.
Il solo pensiero probabilmente susciterà l’effetto opposto.
Jonathon Van Maren
Pubblicato su gentile concessione di Lifesitenews
Bioetica
L’India approva l’aborto alla 30ª settimana
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La Corte Suprema di New Delhi ha dato il via libera «in via eccezionale» all’interruzione di gravidanza di una quattordicenne vittima di uno stupro. Dr. Carvalho: «Il trauma e la violenza subita dalla ragazza è innegabile, ma resta il fatto che la vita più indifesa viene uccisa».
Una vicenda molto delicata sta facendo discutere in India sul tema del diritto alla vita. La Corte Suprema ha accordato a una quattordicenne vittima di violenza sessuale di interrompere la gravidanza ormai di quasi 30 settimane.
Una corte guidata dal presidente del massimo organo giudiziario, D Y Chandrachud, l’ha definito un «caso davvero eccezionale in cui dobbiamo proteggere la ragazza» e ha scelto di avvalersi dei poteri speciali garantiti alla Corte suprema dall’articolo 142 della Costituzione indiana.
La minorenne è venuta a conoscenza delle sue condizioni solo in una fase molto avanzata. La madre della ragazza vittima dello stupro si è rivolta alla Corte Suprema dopo che l’Alta Corte di Bombay aveva negato il consenso all’aborto essendo trascorso il termine ultimo di 24 settimane previsto dalla legge indiana.
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Commentando la vicenda il dr. Pascoal Carvalho, membro della Pontificia Accademia per la Vita, ha dichiarato ad AsiaNews: «il trauma della minorenne sopravvissuta allo stupro è innegabile e la Corte Suprema ha preso la sua decisione sottolineando l’eccezionalità delle circostanze, ma resta il fatto che la vita più vulnerabile e indifesa viene uccisa. Anche il recente documento vaticano Dignitas Infinita elenca l’aborto tra le “gravi violazioni” della dignità umana, collegandolo giustamente all’erosione di “basi solide e durature per la difesa dei diritti umani”».
Carvalho ricorda che in India, le Missionarie della Carità accolgono i bambini indesiderati: «stiamo combattendo l’aborto con l’adozione», ripeteva sempre Madre Teresa.
Inoltre, fornirebbero anche alla vittima dello stupro un sostegno sociale e un trattamento terapeutico adeguato.
«I meccanismi istituzionali per la protezione dell’infanzia ci sono – osserva ancora il dr. Carvalho, membro del Comitato per la Vita umana dell’arcidiocesi di Mumbai. Il Paese ha adottato tante leggi e politiche per garantire la protezione e il miglioramento della situazione dei bambini. Ma non potrai essere uno sforzo completo se si escludono gli indifesi che necessitano di cure e protezione».
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Immagine di Pinakpani via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Bioetica
La Bioetica torna a parlare delle atrocità di Gaza
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Bioetica
Polonia, l’aborto avanza in Parlamento
Il 12 aprile 2024, i parlamentari polacchi hanno votato a favore di quattro progetti di legge volti a generalizzare l’accesso delle donne all’aborto nel paese. Fatto senza precedenti in quasi trent’anni, ma che non dovrebbe cambiare radicalmente la situazione a breve termine, perché una modifica della legge in questa direzione si scontrerebbe con il veto presidenziale del conservatore Andrzej Duda.
«Lo Stato deve fare tutto affinché l’aborto sia accessibile, legale, praticato in condizioni adeguate, senza pericoli». I commenti espressi l’11 aprile 2024 da Katarzyna Kotula non hanno mancato di offendere più di un cattolico polacco, poiché erano inimmaginabili anche un anno fa.
Tuttavia, è dalla piattaforma della Dieta – la camera bassa del parlamento polacco – che il ministro dell’Uguaglianza presenta il disegno di legge portato avanti dalla Coalizione Civica del primo ministro Donald Tusk, volto a liberalizzare l’accesso all’aborto fino a dodici settimane di gravidanza.
Per essere più precisi, quattro testi sono stati presentati da componenti della coalizione filoeuropea arrivata al potere in seguito alle elezioni del 15 ottobre 2023, dopo otto anni di governo del partito nazionalista Diritto e Giustizia (PiS).
La Sinistra Unita ha presentato i primi due progetti che prevedono, da un lato, la depenalizzazione dell’aborto assistito, e dall’altro la legalizzazione completa dell’aborto, senza ostacoli, fino alla dodicesima settimana di gravidanza.
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Il terzo progetto viene dal partito politico del primo ministro Donald Tusk, e chiede anch’esso la legalizzazione fino alla dodicesima settimana, con diverse riserve rispetto al testo della Sinistra Unita.
Il quarto testo, presentato dalla Terza Via, un’alleanza del partito contadino conservatore PSL e del movimento cristiano-democratico Polonia 2050 del presidente della Dieta, Szymon Holownia, chiede il ritorno allo status quo in vigore tra il 1993 e il 2020. L’IVG era possibile in tre casi: malformazione del feto, pericolo per la vita o la salute della madre, stupro o incesto.
Il partito della Terza Via è anche favorevole all’indizione di un referendum su un’eventuale legalizzazione più ampia dell’aborto, un ricorso al voto popolare sorprendentemente criticato dalle organizzazioni femministe – che però hanno sulle labbra solo le parole di «democrazia» e «libertà» – e per una buona ragione.
Secondo un sondaggio effettuato poco prima del voto in Parlamento da IPSOS, la società polacca appare divisa sulla questione. Il 35% delle intervistate vuole avere accesso all’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza; Il 21% è favorevole al ripristino di questo diritto in caso di malformazione fetale; Il 23% vuole un referendum e il 14% si ritiene soddisfatto dell’attuale stato della legislazione nel Paese. Una prova, se fosse necessaria, che la secolarizzazione avanza a passi da gigante sulle rive della Vistola.
Tuttavia, il campo progressista non rivendica la vittoria: «abbiamo motivi di soddisfazione, tuttavia molto moderati e cauti», ha dichiarato Donald Tusk dopo il voto alla Dieta del 12 aprile. Perché la liberalizzazione dell’aborto in Polonia non è per domani: resta da convocare la Commissione parlamentare speciale che dovrà essere incaricata di adottare un disegno di legge da sottoporre in seconda lettura.
Probabilmente il futuro testo dovrà essere corretto in senso meno liberale per conquistare la maggioranza del parlamento polacco e, se così fosse, il capo dello Stato potrebbe porre il veto. Andrzej Duda – affiliato al PiS – dovrebbe normalmente rimanere al potere fino al 2025: abbastanza per dare ai conservatori polacchi qualche mese di tregua per organizzare la difesa del diritto alla vita.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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