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Cina

La Cina ha rubato più dati americani di «ogni altra Nazione messa insieme»: parla l’ex capo dell’FBI

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Christopher Wray, il direttore del Federal Bureau of Investigation, ha dichiarato martedì alla House Homeland Security Committee che la Cina ha rubato più dati da aziende e privati ​​americani di qualsiasi altra Nazione.

 

Una delle principali preoccupazioni per la sicurezza che preoccupa Wray è l’app del social media TikTok, di proprietà della società pechinese Bytedance. L’azienda è quindi soggetta alla legge cinese sull’Intelligence nazionale del 2017 che richiede ai cittadini e alle imprese di assistere nella raccolta di informazioni e di condividere l’Intelligence raccolta.

 

«Il vasto programma di hacking della Cina è il più grande del mondo e hanno rubato più dati personali e aziendali americani di ogni altra nazione messa insieme», ha detto Wray, che ha servito come assistente procuratore generale sotto l’ex presidente George W. Bush.

 

«Abbiamo preoccupazioni su TikTok per la sicurezza nazionale che provengono dall’FBI», ha detto il Wray.  Tali preoccupazioni «includono la possibilità che il governo cinese possa usarlo per controllare la raccolta di dati su milioni di utenti. Oppure controllare l’algoritmo di raccomandazione, che potrebbe essere utilizzato per operazioni di influenza qualora lo desiderassero. O per controllare il software su milioni di dispositivi, il che gli offre l’opportunità di compromettere tecnicamente i dispositivi personali».

 

Wray ha aggiunto che «c’è una serie di preoccupazioni su ciò che sta effettivamente accadendo e si sta effettivamente facendo» in relazione al fatto che TikTok stia o meno condividendo informazioni sui dati con il governo cinese, i cui dettagli rimangono sconosciuti.

 

Le preoccupazioni del funzionario sono state precedentemente toccate dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dai senatori Marco Rubio e Mark Warner, nonché da Brendan Carr, il commissario federale per le comunicazioni repubblicano che in precedenza aveva chiesto a Google e Apple di bandire l’app cinese dai propri store.

 

In effetti, sia Rubio che il deputato repubblicano del Wisconsin Mike Gallagher hanno recentemente chiesto un divieto totale contro TikTok in un editoriale che citava accuse di presunti abusi cinesi dell’app, che possono essere utilizzate per tracciare la posizione di un telefono cellulare e raccogliere dati di navigazione in Internet.

 

Nel frattempo, alcuni rami del governo, compresi i militari, hanno già vietato ai propri dipendenti di avere l’app sui loro telefoni.

 

TikTok, una delle app più popolari al mondo, aveva a settembre 2021 più di 1 miliardo di utenti. TikTok rappresenta una crescente sfida per aziende social della Silicon Valley come Meta (che controlla Facebook e Instagram), che stanno cercando di capire come possono competere con il successo del video social pechinese.

 

In realtà, esisteva un’app del tutto simile in USA anni fa, chiamata Vine, che fu comprata – e uccisa – da Twitter. Con la nuova gestione di Elon Musk, si parla della possibilità che Vine torni online.

 

Come riportato da Renovatio 21, c’è un’altra applicazione passata per la Cina che potrebbe aver rubato i dati, davvero sensibili dei cittadini di tutto il mondo: l’app per incontri omosessuali Grindr.

 

Nata negli USA, Grindr fu acquistata da un gruppo cinese. Donald Trump, allora presidente USA, domandò ufficialmente alla Repubblica Popolare un inusuale restituzione, cioè il ritorno in mano americana dell’app per omosessuali. I vertici degli Stati Uniti  consideravano i dati degli utenti dell’app come una potenziale minaccia, in quanto tramite essi si aveva la possibilità in grado di compromettere gravemente lo Stato Americano: migliaia di funzionari di ogni dipartimento e di ogni livello potevano divenire improvvisamente ricattabili: alcuni perché magari avevano una doppia vita (uomini sposati con figli, persone che non lo hanno ancora detto alla mamma), altri per il dettaglio dei propri gusti ricreativi, talvolta al limite del legale.

 

La Cina, incredibilmente, acconsentì e diede indietro tutto. È piuttosto sciocco pensare che la Repubblica Popolare Cinese, che come scritto sopra deve ricevere per legge i dati di Intelligence raccolti da ogni cittadino o ente cinese, non abbia conservato i preziosi dati contenuti nel sistema.

 

Renovatio 21 ha ipotizzato che dietro agli osceni accordi tra il Vaticano e il Partito Comunista Cinese – che costituisce un infame tradimento dei perseguitati, dei fedeli cinesi torturati e dei martiri il cui sangue bagna in questo stesso momento il Regno di Mezzo – potrebbe esservi un’enorme macchina di ricatto resa possibile da questi dati. Le cronache nazionali italiane e non solo, di fatto, abbondano di segnalazioni di sacerdoti dalla doppia vita presenti sull’app di incontri omofili.

 

 

 

 

 

Immagine di Solen Feyissa via Wikimedia pubblicata su licenza Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

 

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La Casa Bianca annuncia l’incontro Trump-Xi

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump incontrerà il presidente cinese Xi Jinping la prossima settimana durante un viaggio in Asia, ha dichiarato giovedì la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt.

 

Trump si recherà in Malesia e Corea del Sud, dove incontrerà Xi Jinping giovedì prossimo a margine del Vertice di Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC). Leavitt non ha fornito ulteriori dettagli sull’incontro.

 

L’annuncio giunge in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra i due Paesi. La settimana scorsa, Trump ha minacciato di introdurre un ulteriore dazio del 100% sui prodotti cinesi a partire da novembre.

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Questa escalation segue la decisione di Pechino di imporre restrizioni più severe sulle esportazioni di terre rare, nonostante avesse precedentemente definito «insostenibili» le tariffe elevate. La nuova politica cinese non colpisce direttamente gli Stati Uniti, ma le aziende tecnologiche americane dipendono fortemente dalle forniture cinesi di terre rare.

 

Sebbene Trump avesse annunciato settimane fa l’intenzione di incontrare Xi al vertice APEC, non aveva specificato la data. Tuttavia, aveva anche accennato alla possibilità di cancellare l’incontro, a causa del disappunto per le restrizioni cinesi sull’export di minerali di terre rare.

 

Mercoledì, il presidente statunitense ha dichiarato che i due leader avrebbero discusso di temi che spaziano dal commercio all’energia nucleare, aggiungendo che intende affrontare anche la questione degli acquisti di petrolio russo da parte della Cina.

 

L’incontro in Corea del Sud sarà il primo faccia a faccia tra i due leader da quando Trump è tornato al potere a gennaio. I due si sono parlati almeno tre volte quest’anno, ma l’ultimo incontro di persona risale al 2019, durante il primo mandato di Trump.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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Cina

La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico

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La Cina ha accusato la National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti di aver condotto un «significativo» attacco informatico protrattosi per anni contro l’ente cinese incaricato di gestire l’orario nazionale ufficiale.   In un comunicato diffuso domenica sul suo account social ufficiale, il Ministero della Sicurezza dello Stato (MSS) ha dichiarato di aver acquisito «prove inconfutabili» dell’infiltrazione della NSA nel National Time Service Center. L’operazione segreta sarebbe iniziata nel marzo 2022, con l’obiettivo di sottrarre segreti di Stato e compiere atti di sabotaggio informatico.   Il centro rappresenta l’autorità ufficiale cinese per l’orario, fornendo e trasmettendo l’ora di Pechino a settori cruciali come finanza, energia, trasporti e difesa. Secondo l’MSS, un’interruzione di questa infrastruttura fondamentale avrebbe potuto provocare «instabilità diffusa» nei mercati finanziari, nella logistica e nell’approvvigionamento energetico.

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L’MSS ha riferito che la NSA avrebbe inizialmente sfruttato una vulnerabilità (exploit) nei telefoni cellulari di fabbricazione straniera utilizzati da alcuni membri del personale del centro, accedendo così a dati sensibili.   Nell’aprile 2023, l’agenzia avrebbe iniziato a utilizzare password rubate per penetrare nei sistemi informatici della struttura, un’operazione che avrebbe raggiunto il culmine tra agosto 2023 e giugno 2024.   Il ministero ha dichiarato che gli intrusi hanno impiegato 42 diversi strumenti informatici nella loro operazione segreta, utilizzando server privati virtuali con sede negli Stati Uniti, in Europa e in Asia per nascondere la loro provenienza.   L’MSS ha accusato gli Stati Uniti di «perseguire in modo aggressivo l’egemonia informatica» e di «violare ripetutamente le norme internazionali che regolano il cyberspazio».   Le agenzie di intelligence americane «hanno agito in modo sconsiderato, conducendo incessantemente attacchi informatici contro la Cina, il Sud-est asiatico, l’Europa e il Sud America», ha aggiunto il ministero.   Negli ultimi anni, Pechino e Washington si sono scambiate accuse reciproche di violazioni e operazioni di hacking segrete. Queste tensioni si inseriscono in un più ampio contesto di scontro tra le due potenze, che include anche una guerra commerciale.   All’inizio di gennaio, il Washington Post aveva riportato che, il mese precedente, hacker cinesi avrebbero preso di mira l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del dipartimento del Tesoro statunitense. All’epoca, Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, aveva definito tali accuse «infondate».   Come riportato, ad inizio anno le agenzie federali USA accusarono hacker del Dragone di aver colpito almeno 70 Paesi. Due anni fa era stata la Nuova Zelanda ad accusare hackerri di Pechino di aver penetrato il sistema informatico del Parlamento di Wellington.

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Le attività dell’hacking internazionale da parte di gruppi cinesi hanno negli ultimi anni raggiunto le cronache varie volte. A maggio 2021 si è saputo che la Cina ha spiato per anni i progetti di un jet militare USA, grazie a operazioni informatiche mirate.   Come riportato da Renovatio 21, a ottobre 2023 si è scoperto che hackers cinesi hanno rubato dati da un’azienda biotech americana, colpendo il settore della ricerca.   A febbraio 2022, allo scoppio del conflitto ucraino, Microsoft ha rilevato un malware «wiper» diretto a Kiev, con sospetti di coinvolgimento cinese.   Come riportato da Renovatio 21, a gennaio 2023 un attacco cibernetico cinese ha colpito università sudcoreane. Due anni fa vi fu inoltre un attacco cibernetico a Guam, isola del Pacifico che ospita una grande base USA. Analisti dissero che poteva essere un test per il vero obbiettivo, cioè lo scontro con Taiwan.

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La Cina espelle 9 generali di alto rango, tra cui due dirigenti del Partito Comunista, in una purga radicale

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In una delle più significative operazioni di epurazione degli ultimi decenni, il presidente cinese Xi Jinping ha avviato una nuova ondata di licenziamenti ai vertici delle forze armate. Il Partito Comunista Cinese (PCC) ha infatti espulso nove generali di alto rango, in quella che gli analisti definiscono una mossa dettata non solo da motivazioni disciplinari, ma anche da logiche di lealtà politica.

 

Secondo una dichiarazione del ministero della Difesa pechinese, i nove ufficiali sarebbero sotto inchiesta per «grave illecito finanziario». A rendere il caso ancora più insolito è il fatto che la maggior parte di loro erano generali a tre stelle e membri del potente Comitato Centrale del Partito.

 

Non si è trattato di semplici retrocessioni: la maggior parte dei militari è stata completamente espulsa dalle forze armate. Nella nota ufficiale, il ministero ha accusato i generali di aver «gravemente violato la disciplina di partito» e di essere «sospettati di gravi reati connessi al servizio, che coinvolgevano una quantità di denaro estremamente elevata, di natura estremamente grave e con conseguenze estremamente dannose».

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Le autorità cinesi hanno sottolineato che gli ufficiali «saranno puniti legalmente e militarmente» a seguito dell’indagine, definita «un risultato significativo nella campagna anticorruzione del partito e dell’esercito».

 

La figura più illustre tra gli epurati è il generale He Weidong, fino a poco tempo fa vicepresidente della Commissione Militare Centrale (CMC) e membro del Politburo, l’élite di 24 dirigenti che guidano il Paese. He era considerato il secondo uomo più potente dell’apparato militare dopo Xi Jinping stesso, che presiede la CMC.

 

Negli ultimi mesi si erano diffuse voci secondo cui il generale He si fosse scontrato con Xi e con la leadership del Partito. Da marzo, infatti, non era più apparso in pubblico, circostanza che aveva alimentato le speculazioni su una possibile inchiesta interna.

 

Secondo il Wall Street Journal «il generale He è l’ufficiale militare in servizio attivo più anziano che Xi abbia mai epurato, e il primo vicepresidente in carica della Commissione Militare Centrale a essere estromesso in quasi quarant’anni». Il quotidiano statunitense ricorda inoltre che il 68enne He è «il primo membro in carica del Politburo a essere indagato dal 2017».

 

L’ultima volta che la Cina aveva assistito a un’epurazione di vertici militari di simile livello risale a circa un decennio fa, quando furono espulsi due vicepresidenti in pensione della CMC per corruzione, durante il primo mandato di Xi Jinping.

 

Segnali di una possibile purga erano già emersi a luglio, quando la Commissione Militare Centrale aveva emanato nuove linee guida che invitavano a eliminare «l’influenza tossica» nelle forze armate e a seguire «regole ferree» per gli ufficiali di alto grado.

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I nove ufficiali epurati sono He Weidong (vicepresidente della Commissione Militare Centrale, CMC); Miao Hua (direttore del dipartimento di Lavoro Politico del CMCM), He Hongjun (vicedirettore esecutivo del Dipartimento di Lavoro Politico del CMC); Wang Xiubin (vicedirettore esecutivo del Centro di Comando delle Operazioni Congiunte del CMC; Lin Xiangyang (comandante del Teatro Orientale); Qin Shutong (commissario politico dell’Esercito); Yuan Huazhi (commissario politico della Marina); Wang Houbin (Comandante delle Forze Missilistiche); Wang Chunning (comandante della Forza di Polizia Armata).

 

Secondo osservatori interni, potrebbero esserci ulteriori epurazioni nelle prossime settimane. I licenziamenti, infatti, sono stati annunciati alla vigilia del conclave annuale a porte chiuse del Comitato Centrale del Partito Comunista, in programma dal 20 al 23 ottobre a Pechino, durante il quale si discuterà il prossimo piano quinquennale.

 

Wen-Ti Sung, analista del Global China Hub dell’Atlantic Council, ha commentato la notizia ai media statunitensi affermando: «Xi sta sicuramente facendo pulizia. La rimozione formale di He e Miao significa che potrà nominare nuovi membri della Commissione Militare Centrale, che è rimasta praticamente mezza vuota da marzo, durante il Plenum».

 

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Immagine di China News Service via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported

 

 

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