Connettiti con Renovato 21

Politica

October Surprise in Casa Pelosi. Le cose che non tornano

Pubblicato

il

La narrativa ufficiale dell’aggressione a Paul Pelosi, miliardario marito della Speaker della Camera USA Nancy Pelosi, è durata piuttosto poco.

 

Ricapitoliamo: Pelosi è stato aggredito con un martello in casa, ci viene detto. I chirurghi gli stanno ricomponendo le fratture al cranio. In America, ma anche in Italia, partono subito i giornaloni: è colpa del clima tossico creato dagli oppositori. Si lascia intendere che l’aggressore possa essere un sostenitore di Trump, un nazionalista bianco, un QAnonaro, un no-vax, etc.

 

Il presidente Biden ha immediatamente attribuito l’attacco ai 2020 election deniers, cioè coloro che negano la validità della sua elezione.

 

 

La Clinton ha detto che il responsabile è il Partito Repubblicano con le sue teorie del complotto.

 

La deputata somalo-americana Ilhan Omar parla di un tentativo di assassinio della Pelosi (che non era in casa) da parte di un «nazionalista bianco di estrema destra». Tanti altri esempi sono possibili. Insomma, una bella October Surprise, cioè uno di quegli eventi che avvengono stranamente subito prima delle elezioni americane che si tengono solitamente in novembre, con il potenziale di alterarne il risultato.

 

Poco dopo emerge però che il sospetto, il 42enne David DePape, non si attaglia alla categoria. Vive a Oakland, non lontanissimo dalla magione di San Francisco dei Pelosi, universalmente nota perché, in un segno di classismo intollerabile, anni fa Nancy mostrò ai media sottolineando la sua bellezza del suo immenso frigo-ghiacciaia, dove teneva i gelati di cui anche lei, come Biden va ghiotta.

 

Nella casetta del DePape, invece, si vendono solo bandiere LGBT, segni con la foglia di canapa e cartelloni fatti a mano inneggianti a Black Lives Matter. I vicini lo definiscono come una persona instabile, che ha chiamato la polizia contro tutto il vicinato, che pure è tutto sinistroide, anche se non zelotamente hippy come lui e la compagna (o moglie, non si capisce) con cui ha dei figli. La tizia viene infine sentita da Fox News è chiarisce una volta per tutte le inclinazioni domestiche «Quando l’ho incontrato aveva solo 20 anni, non aveva alcuna esperienza in politica, era molto in linea con le mie opinioni, e io sono sempre stato molto progressista». Aggiunge qualcosa di importante: «ammiro assolutamente Nancy Pelosi».

 

 

La Pelosi, per chi non lo sapesse, è l’eterno rappresentante politico del distretto di San Francisco, il più liberal – e gay – dell’intero Paese.

 

Il DePape, apprendiamo, è un nudista convinto. Chi conosce San Francisco sa che, per quanto sia una città dove la follia scorre sovrana, il numero di nudisti praticanti sia davvero esiguo, al punto che è possibile averli presente tutti. Il più famoso è Luis Andrew Martinez (1972-2006), che fu bandito per via del suo nudismo dal campus di Berkeley, e la sua insistenza era tale che lo stesso comune di Berkeley promanò una legge antinudisti (si presentava anche ad assistere il consiglio comunale senza vestiti). La sua storia, tristissima, passa per la vera malattia mentale e finisce in carcere con la testa dentro un sacchetto di plastica.

 

Tuttavia, il fenomeno nudista persiste anche nel quartiere di Castro, epicentro dell’omosessualismo mondiale, dove all’angolo con Market Street era possibile rimirare una sorta di cowboy nudo (cioè: aveva solo stivali e cappello) che si esponeva per la gioia dei passanti, che talvolta si fermavano a rimirarlo e financo a fotografarlo. Quasi mai l’uomo era solo: c’era un gruppo, scostante ma presente, di persone che si denudavano assieme a lui. Sono i cosiddetti «Castro-nudist».

 

 

Come dire: persone così eccentriche, persino a San Francisco, sono rare, e ben conosciute.

 

Non solo: potrebbe essere che il Pelosi, già noto alle cronache per un arresto per guida in stato di ubriachezza poche settimane fa, conoscesse la vittima? Secondo quanto emerge da un audio della polizia locale, sì. Il Pelosi, alle 2 e 30 della notte, chiama la polizia e dice che c’è un signore a casa sua, uno che non conosce, ma si chiama «David ed è un amico»…

 

 

Un’ulteriore dubbio: l’avvocato Harmeet Dhillon, attiva nelle cause riguardanti il primo emendamento, dice di aver portato documenti legali a tutte le case della zona dei Pelosi, che sono tutte pesantemente circondate da forze di sicurezza: Nancy Pelosi come speaker della Camera è ufficialmente terza  in linea di successione alla Casa Bianca – dovesse succedere qualcosa a Biden e alla vicepresidente Harris, la Pelosi diverrebbe presidente USA.

 

 

Come può infiltrarsi in un luogo simile un uomo, indisturbato e, secondo quanto riportato, con indosso solo le mutande?

 

Eppure, circolano foto di una porta-finestra rotta: DePape sarebbe entrato da lì. Chiaramente, dovrebbero esistere video dell’accaduto: le foto che ritraggono la presenza di telecamere del posto sono già condivise online, dove gli utenti aspettano la pubblicazioni dei video di sorveglianza, che però non arrivano, con qualcuno che parla, non si sa con quanta validità, di opposizione da parte dei Pelosi.

 

 

Inoltre, alcune voci in rete, come quella di un poliziotto con 11 anni di esperienza in rapine, sostengono come sia bizzarro che i vetri rotti, come si vede nella foto, siano caduti fuori dalla casa e non dentro, come avviene solitamente negli episodi di scasso.

 

 

Vi sarebbe, inoltre, un terzo uomo: secondo Politico, una delle testate più impegnate a ricostruire l’accaduto, «gli agenti sono arrivati ​​​​alla casa, hanno bussato alla porta d’ingresso e sono stati fatti entrare da uno sconosciuto». L’identità di quest’uomo è ancora da svelare. Come non è facile capire cosa facesse lì in quel momento: stava assistendo all’aggressione senza far nulla? Anche qui, in vari stanno chiedendo la pubblicazione del video delle body-cam, le telecamere montate su ogni agente di polizia. Tale pubblicazione toglierebbe ogni dubbio, ma anche quella tarda ad arrivare…

 

Gli agenti di Polizia arrivati in casa Pelosi, continua Politico, «hanno scoperto che DePape e Pelosi stavano lottando per un martello e, dopo aver ordinato loro di abbandonare l’arma (…) DePape ha preso il martello e “ha attaccato violentemente” Pelosi». Quindi l’aggressione è avvenuta sotto gli occhi della polizia?

Le stranezze non finiscono. Secondo quanto riportato sempre da Politico, il Pelosi avrebbe detto all’intruso  che «doveva andare in bagno» nel bel mezzo dell’irruzione da parte del malintenzionato nudista. Da lì, il Pelosi sarebbe stato apparentemente in grado di chiamare la polizia da un telefono che aveva lasciato in carica, bizzarramente, in bagno. Pelosi, dicendo che c’è uno sconosciuto in casa ma che è un amico che si chiama David,  parla in codice per cercare di far arrivare un messaggio all’operatore senza che il DePape capisca?

 

Ancora: Pelosi, che non è solo marito della terza carica politica più importante della superpotenza, ma anche investitore miliardario (e controverso, secondo alcuni, per possibili conflitti di interesse con la moglie, che va a Taiwan quando la famiglia comincia ad investire sui semiconduttori…)

 

Tutto è molto bizzarro, contorto.

 

Ad un certo punto su Twitter era entrato in campo anche il suo nuovo padrone, Elone Musk. Il quale non ha resistito rispondendo a Hillary che sbavava contro i Repubblicani linkandole un articolo e commentando che «c’è una piccola possibilità che ci possa essere di più in questa storia di quanto sembri».

 

L’articolo è interessante: è di un micrologico giornale locale, il Santa Monica Observer, che sostiene che il DePape sarebbe un «Castro-nudist», di quelli che si trovano all’angolino con il cowboy di cui vi abbiano ritrovato sopra. «Da anni a San Francisco si vociferava che Paul Pelosi fosse gay. Si dice che David DePape sia un nudista di Castro» si spinge a scrivere il giornalista, specificando di avere ricevuto questa teoria da una fonte: «i Castro Nudists sono un gruppo di prostituti gay ì davvero radicali che sfilano nudi con anelli al c**zo». Il giornalista si spinge a dire che non si trattava di una telefonata alla polizia, ma di una risposta ad un wellness check, cioè qualcuno li avrebbe chiamati per controllare se Pelosi stesse bene. Questa idea sembra negata dalla telefonata registrata dalla polizia.

 

Per riassumere, il Santa Monica Observer titola: «L’orribile verità: Paul Pelosi era di nuovo ubriaco e ha litigato con un prostituto venerdì mattina presto».

 

Su Twitter tutti si sono buttati contro il giornalino californiano, accusato di essere poco affidabile e destroide. Elon Musk, in una figura da cioccolataio non bella visto che siamo all’inizio della sua proprietà di Twitter, rimuove il link. Fake news?

 

 

La stampa mainstream non sembra voler fare domande su nessuna delle questioni sollevate: anche le più semplici, come i video di sorveglianza della casa e dei poliziotti.

 

Non ricevendo una versione credibile, il pubblico su internet si sta dando, oltre che a fantasiose teorie del complotto, anche alla satira più volgare ed inaccettabile.

 

 

Prendiamo le distanze da simili offensive volgarità.

 

Sapendo i suoi trascorsi col personaggio, immaginiamo tuttavia che una certa versione di un meme con Bill Gates che sta circolando in rete per un momento l’avrebbe voluta condividere anche Elon Musk.

 

 

 

 

Immagine di Nancy Pelosi via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

 

 

 

Continua a leggere

Politica

Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

Pubblicato

il

Da

L’UE è sull’orlo del collasso e non sopravvivrà oltre il prossimo decennio senza una «revisione strutturale fondamentale» e un distacco dal conflitto ucraino, ha avvertito il primo ministro ungherese Viktor Orban.

 

Intervenendo domenica al picnic civico annuale a Kotcse, Orban ha affermato che l’UE non è riuscita a realizzare la sua ambizione fondante di diventare una potenza globale e non è in grado di gestire le sfide attuali a causa dell’assenza di una politica fiscale comune. Ha descritto l’Unione come entrata in una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e ha avvertito che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».

 

«L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban, proponendo di trasformare l’UE in «cerchi concentrici».

Sostieni Renovatio 21

L’anello esterno includerebbe i paesi che cooperano in materia di sicurezza militare ed energetica, il secondo cerchio comprenderebbe i membri del mercato comune, il terzo quelli che condividono una moneta, mentre il più interno includerebbe i membri che cercano un allineamento politico più profondo. Secondo Orbán, questo amplierebbe la cooperazione senza limitare lo sviluppo.

 

«Ciò significa che siamo sulla stessa macchina, abbiamo un cambio, ma vogliamo muoverci a ritmi diversi… Se riusciamo a passare a questo sistema, la grande idea della cooperazione europea… potrebbe sopravvivere», ha affermato.

 

Orban ha accusato Brusselle di fare eccessivo affidamento sul debito comune e di usare il conflitto in Ucraina come pretesto per proseguire con questa politica. Finché durerà il conflitto, l’UE rimarrà una «anatra zoppa», dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e incapace di agire in modo indipendente in ambito economico, ha affermato.

 

Il premier magiaro ha anche suggerito che, invece di «fare lobbying a Washington», l’UE dovrebbe «andare a Mosca» per perseguire un accordo di sicurezza con la Russia, seguito da un accordo economico.

 

Il primo ministro di Budapest non è il solo a nutrire queste preoccupazioni. Gli analisti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno lanciato l’allarme: l’UE rischia la stagnazione e persino il collasso a causa di sfide strutturali, crescita debole, scarsi investimenti, elevati costi energetici e tensioni geopolitiche.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

 

Continua a leggere

Politica

Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Il primo ministro giapponese ha annunciato ieri le dimissioni dopo settimane di tensioni con i membri del Partito Liberaldemocratico, in difficoltà di fronte alla perdita di consenso tra gli elettori conservatori. Diversi candidati si sono già fatti avanti segnalando la volontà di succedere a Ishiba nella presidenza del partito, ma resta il nodo della guida del governo senza la maggioranza in parlamento.   A meno di un anno dal suo insediamento, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato ieri le dimissioni, aprendo una nuova fase di incertezza politica. La decisione è una conseguenza delle crescenti pressioni all’interno del suo stesso partito, il Partito Liberaldemocratico (LDP), che alle ultime elezioni ha subito significative sconfitte, arrivando a perdere la maggioranza in entrambe le Camere.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Ishiba si è assunto la responsabilità per i pessimi risultati dell’LDP alle elezioni della Camera dei Consiglieri a luglio e ha sottolineato che le sue dimissioni servono a prevenire un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Già a luglio, il quotidiano giapponese Mainichi aveva per primo riportato che Ishiba si sarebbe dimesso, basandosi su informazioni raccolte tra il premier e i suoi più stretti collaboratori.   Le prime indiscrezioni indicavano che i preparativi per la corsa alla presidenza dell’LDP sarebbero iniziati entro agosto. Ishiba, tuttavia, aveva pubblicamente smentito queste notizie e nelle sue affermazioni aveva sottolineato l’importanza di portare a termine le trattative sui dazi con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva imposto il primo agosto come scadenza ultima.   Nel suo discorso di ieri, Ishiba ha spiegato che l’annuncio delle dimissioni a luglio avrebbe indebolito la posizione del Giappone: «chi negozierebbe seriamente con un governo che dice “ci dimettiamo”?», ha detto.   Ishiba ha poi cercato di placare le pressioni interne all’LDP minacciando di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire elezioni anticipate, una mossa che ha esacerbato le divisioni e spinto il principale partner di coalizione, il partito Komeito, a ritenere inaccettabile la decisione. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, l’ex primo ministro Yoshihide Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi entrambi tenuto colloqui con il premier sabato, evitando una scissione all’interno del partito e aprendo la strada all’annuncio delle dimissioni di ieri.   Ora l’attenzione si sposta sulla scelta del prossimo leader dell’LDP, che potrebbe assumere anche la carica di primo ministro se ci fosse una qualche forma di sostegno o di accordo anche con le opposizioni. Tra i principali contendenti ci sono membri del partito che avevano già sfidato Ishiba in passato, tra cui Sanae Takaichi, ex ministra per la sicurezza economica, che ha ricevuto il 23% dei consensi in un recente sondaggio di Nikkei. Takaichi fa parte dell’ala conservatrice e ha una forte base di sostegno tra i fedelissimi dell’ex primo ministro Shinzo Abe, di cui è considerata l’erede, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche, che potrebbero favorire una ripresa dei mercati azionari. Takaichi ha inoltre la reputazione di andare d’accordo con il presidente Donald Trump.   Anche Shinjiro Koizumi, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio dell’ex leader Junichiro Koizumi, è un altro papabile candidato, dopo essere riuscito ad abbassare i prezzi del riso appena entrato in carica. Il sondaggio di Nikkei ha registrato un 22% dei consensi nei suoi confronti.   Altri membri del partito hanno segnalato la volontà di candidarsi, tra cui Yoshimasa Hayashi, attuale segretario capo del Gabinetto e portavoce principale del governo Ishiba, che si è classificato quarto nella corsa per la leadership del partito del 2024. Tra gli altri contendenti figurano Takayuki Kobayashi, un altro ex ministro per la sicurezza economica che gode di un maggiore sostegno all’interno dell’ala centrista, e Toshimitsu Motegi, ex segretario generale dell’LDP e il più anziano tra i candidati con i suoi 69 anni.   L’LDP oggi si trova in una posizione di forte debolezza. Molti elettori conservatori alle ultime elezioni hanno preferito il partito di estrema destra Sanseito anche a causa dell’allontanamento di Ishiba dall’ala conservatrice.

Iscriviti al canale Telegram

Secondo un sondaggio di Kyodo, condotto prima che fossero riportate le dimissioni di Ishiba, l’83% degli intervistati ha dichiarato che un chiarimento pubblico del partito sulle ultime sconfitte non avrebbe comunque aumentato la fiducia degli elettori. È chiaro, quindi, che il compito del prossimo presidente di partito sarà quello di ripristinare la credibilità del centrodestra.   Chiunque verrà scelto si troverà davanti a un’importante decisione: se indire elezioni anticipate per cercare di riconquistare la maggioranza alla Camera bassa o rischiare di perdere il potere del tutto. Quest’ultima scelta rischierebbe di aprire una nuova fase di instabilità politica senza precedenti, che richiederebbe la ricerca di sostegno anche tra i partiti dell’opposizione per approvare le leggi e i bilanci.   Secondo diversi commentatori, il prossimo leader dovrà prima di tutto godere di una genuina popolarità sia all’interno che all’esterno del partito per affrontare sfide come l’invecchiamento della società, la forza lavoro in calo, l’inflazione e i timori che gli Stati Uniti possano abbandonare il loro ruolo di garanti della sicurezza nella regione asiatica.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Politica

Il governo francese collassa

Pubblicato

il

Da

Il governo francese è collassato dopo che il Primo Ministro François Bayrou ha perso un cruciale voto di fiducia in Parlamento lunedì. Bayrou è il secondo primo ministro consecutivo sotto Emmanuel Macron a essere destituito, precipitando la Francia in una crisi politica ed economica.

 

Per approvare una mozione di sfiducia all’Assemblea Nazionale servono almeno 288 voti. Quella di lunedì ne ha ottenuti 364, con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra e il Raggruppamento Nazionale di destra coalizzati per superare lo stallo sul bilancio di austerità di Bayrou.

 

Dopo aver resistito a otto mozioni di sfiducia, Bayrou ha convocato questo voto per ottenere supporto alle sue proposte, che prevedevano tagli per circa 44 miliardi di euro per ridurre il debito francese in vista del bilancio di ottobre.

Sostieni Renovatio 21

Bayrou, che aveva definito il debito pubblico un «pericolo mortale», sembra aver accettato la sconfitta. Domenica, ha criticato aspramente i partiti rivali, che, pur «odiandosi a vicenda», si sono uniti per far cadere il governo.

 

Bayrou è il secondo primo ministro deposto dopo Michel Barnier, rimosso a dicembre dopo soli tre mesi, e il sesto sotto Macron dal 2017.

 

La caduta di Bayrou lascia Macron di fronte a un dilemma: nominare un Primo Ministro socialista, cedendo il controllo della politica interna, o indire elezioni anticipate, che i sondaggi indicano favorirebbero il Rassemblement National di Marine Le Pen.

 

Con la popolarità di Macron al minimo storico, entrambe le opzioni potrebbero indebolire ulteriormente la sua presidenza. Gli analisti temono che una perdita di fiducia dei mercati nella gestione del deficit e del debito francese possa portare a una crisi simile a quella vissuta dal Regno Unito sotto Liz Truss, il cui governo durò meno della via di un cavolo prima della marcescenza.

 

Il malcontento verso Macron è in crescita: un recente sondaggio di Le Figaro rivela che quasi l’80% dei francesi non ha più fiducia in lui.

 

Come riportato da Renovatio 21, migliaia di persone hanno protestato a Parigi nel fine settimana, chiedendo le dimissioni di Macron con slogan come «Fermiamo Macron» e «Frexit».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni

 

Continua a leggere

Più popolari