Cina
Kiev guarda verso Taiwan: la rabbia di Pechino
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
L’ambasciata cinese in Ucraina voleva impedire la creazione di un gruppo di amicizia con Taiwan del Parlamento di Kiev. Il suo promotore denuncia i metodi «sovietici» di Pechino, che si è rifiutata di aiutare i civili ucraini allo scoppio del conflitto. Dai taiwanesi ampio sostegno alla causa ucraina.
L’Ucraina guarda sempre più a Taiwan, facendo irritare la Cina, che considera l’isola una provincia «ribelle». Oleksandr Merezhko, capo del comitato Affari esteri del Parlamento ucraino, ha rivelato di aver subito pressioni dall’ambasciata cinese a Kiev per fermare la creazione di un gruppo di amicizia parlamentare con Taipei.
Merezhko ha detto a Focus Taiwan che Pechino ha usato metodi «sovietici» per bloccare la sua iniziativa, accolta con favore da molti colleghi deputati di diversi partiti: il gruppo conta ora 10 esponenti della maggioranza e cinque dell’opposizione. Molti Paesi europei hanno gruppi parlamentari di contatto con Taiwan. Fra loro, i baltici sono i più attivi, insieme alla rappresentanza del Parlamento UE.
Il politico ucraino rivela di essersi rifiutato di incontrare l’ambasciatore cinese Fan Xianrong. in primo luogo perché la richiesta d’incontro non rispettava il protocollo; in seconda battuta perché a marzo, all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’inviato cinese si è rifiutato di vedere una delegazione del Parlamento ucraino.
I deputati di Kiev chiedevano l’aiuto di Xi Jinping per aprire corridori umanitari a favore dei civili in fuga dai bombardamenti di Mosca.
I rovesci di Putin in Ucraina, con le truppe di Kiev che continuano a riconquistare porzioni di territorio prima occupate dai russi, rischiano di mettere in crisi la Cina. Xi punta su un (junior) partner russo forte per indebolire l’influenza USA nel mondo; Mosca non dimostra però di avere la forza e la stabilità politico-economica per competere in un scontro tra potenze.
Perdere l’Ucraina non sarebbe un piccolo particolare per Pechino: lo spazio ucraino è chiave per collegare Cina ed Europa con le «nuove Vie della Seta», il megaprogetto commerciale e infrastrutturale di Xi Jinping conosciuto come Belt and Road Initiative.
Il malcelato appoggio della Cina all’impresa bellica della Russia ha alimentato un sentimento anti-cinese in Ucraina. Secondo le autorità di Kiev, viste le posizioni cinesi, la “partnership strategica” con Pechino esiste solo sulla carta. Al contrario Taiwan si è schierata a sostegno della causa ucraina, fornendo anche aiuti umanitari.
Con il suo atteggiamento pro-Cremlino, il gigante cinese potrebbe perdere l’opportunità di contribuire alla futura ricostruzione dell’Ucraina.
Il 15 e 16 settembre Xi parteciperà in Uzbekistan al summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, al quale sarà presente anche Vladimir Putin.
Il partenariato «senza limiti» annunciato in febbraio tra Mosca e Pechino, alla vigilia dell’aggressione russa all’Ucraina, sembra stia dando più grattacapi che vantaggi alla Cina.
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Cina
In disgrazia l’uomo del vaccino cinese anti-COVID: espulso dall’Assemblea del popolo
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Il provvedimento contro Yang Xiamong, il presidente della China National Biotec Group, ha scatenato i commenti dei netizen cinesi su Weibo. Secondo i media ufficiali è accusato di «gravi violazioni della disciplina e della legge». Dall’estate scorsa il settore farmaceutico è uno dei più coinvolti dalla campagna anti-corruzione, con centinaia di funzionari sotto inchiesta.
Il presidente della China National Biotec Group, il gruppo di ricerca che ha scoperto e prodotto il vaccino anti-COVID della Sinopharm utilizzato in Cina, è stato estromesso dall’Assemblea nazionale del popolo, il più importante organo politico della Repubblica popolare che conta 3000 personalità. L’espulsione di Yang Xiaoming, 62 anni, è stata annunciata dai media statali nel fine settimana e motivata con «gravi violazioni della disciplina e della legge», l’espressione utilizzata solitamente per le persone indagate per corruzione in Cina.
Yang era stato il responsabile del team Sinopharm che ha sviluppato il vaccino BBIBP-CorV, il primo approvato e utilizzato massicciamente nel 2021 nella Repubblica popolare cinese per la campagna vaccinale contro il COVID . Con un’efficacia stimata dall’Organizzazione mondiale della sanità al 79% contro l’ospedalizzazione, fu poi diffuso in milioni di dosi anche in altri Paesi del mondo (…)
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Oltre a sviluppare il vaccino anti-COVID di Sinopharm, Yang era anche a capo del progetto cinese sui vaccini nell’ambito del programma 863, che mira a rendere Pechino più indipendente sviluppando tecnologie avanzate interne.
La notizia dell’epurazione di Yang è diventata virale sul social network cinese Weibo, con circa 180 milioni di visualizzazioni che, per diverse ore, l’hanno reso l’argomento più caldo della giornata di ieri. Per molti utenti è stata l’occasione per tornare a parlare della gestione della pandemia, anche se finora non ci sono notizie ufficiali di un legame tra le accuse contro di lui e il vaccino anti-COVID.
In realtà è tutto il settore sanitario cinese a essere da mesi tra i più toccati dalla campagna anticorruzione voluta da Xi Jinping. Vi sono state indagini contro centinaia di rettori e segretari di ospedali, con accuse pesanti di corruzione tra fornitori di farmaci e strutture sanitarie. Un terremoto che – ad agosto – aveva portato anche a un crollo in Borsa dei valori delle azioni del settore farmaceutico, arrivando addirittura a bruciare in un solo giorno un valore di mercato stimato in 27 miliardi di dollari.
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Immagine di LUMUMBA via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Cina
La Cina prepara la sua missione di raccolta di materiali dal lato nascosto della Luna
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Cina
La ristorazione smentisce il PIL cinese in crescita: 459 mila chiusure nel primo trimestre 2024
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Piccoli ristoranti ma anche nuovi ambiziosi brand costretti a gettare la spugna dal calo dei consumi: le cessazioni delle attività sono aumentate del 232% rispetto a dodici mesi fa. Le riaperture dopo la politica Zero Covid si sono scontrate con l’aumento dei prezzi e la minore disponibilità economica delle famiglie.
Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio nazionale di statistica, in Cina nel primo trimestre di quest’anno sono state cancellate o soppresse 459mila imprese di ristorazione, con un aumento di circa il 232% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Di questi ristoranti 180mila hanno chiuso nel solo mese di marzo, quando l’anno scorso furono 140mila nell’intero primo trimestre.
Si tratta di un indicatore «dal basso» che mostra un panorama decisamente diverso rispetto all’ottimismo «ufficiale» sull’economia cinese, che appena pochi giorni fa sbandierava per lo stesso arco di tempo una crescita del Prodotto interno lordo del 5,3%, addirittura superiore agli obiettivi fissati per il 2024.
Al dato sulla chiusura delle imprese della ristorazione ha dedicato un approfondimento Radio Free Asia, che ha raccolto alcune voci di operatori locali secondo cui il mercato dei consumi in Cina non si è affatto ripreso dopo la fine della politica Zero COVID. «Alti costi di affitto, alti costi di manodopera, aumento dei prezzi e diminuzione dei consumi dei clienti», ha riassunto il quadro della situazione un ristoratore di Wuhan. «Ci sono ancora alcune attività di catering che vanno molto bene, ma gli affari dei ristoranti più grandi no». All’inizio di quest’anno anche brand considerati in ascesa nella pasticceria cinese come ad esempio Hutou sono stati costretti a gettare la spugna.
La signora Yao, residente a Jingdezhen, nella provincia di Jiangxi, ha raccontato all’emittente che molti dei suoi amici che gestivano ristoranti hanno chiuso e faticano ad arrivare alla fine del mese: «I residenti non hanno più soldi, è difficile portare avanti qualsiasi attività».
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Immagine di Frank Michel via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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