Geopolitica
Israele attacca una chiesa anglicana a Ramallah

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Ieri l’esercito ha attaccato «senza preavviso» e in modo «ingiustificato» il complesso anglicano. L’obiettivo dei militari erano gli uffici di al-Haq, organizzazione che lotta per i diritti dei palestinesi, soprattutto i prigionieri politici. L’operazione, di portata più vasta, ha coinvolto anche altre cinque ONG in Cisgiordania.
Un attacco «senza preavviso e ingiustificato”, che si inserisce nel quadro di una più vasta operazione contro ONG e movimenti attivisti palestinesi presenti sul territorio. Nelle prime ore di ieri le forze di sicurezza israeliane sono penetrate nei locali della chiesa anglicana di sant’Andrea a Ramallah, in Cisgiordania, forzando gli ingressi, rompendo le serrature e sfondando il vetro di sicurezza.
Testimoni locali riferiscono che per oltre due ore i militari hanno occupato il complesso che comprende il santuario, la sala parrocchiale, gli uffici della chiesa, la canonica e il centro medico gestito dalla chiesa episcopaliana.
Il reverendo Fadi Diab, rettore di Sant’Andrea, racconta che i soldati «hanno occupato l’intero complesso» provocando danni consistenti alla struttura.
Gli attacchi ai luoghi di culto e le devastazioni di proprietà ecclesiastiche, aggiunge, «violano il diritto internazionale e gettano nel terrore una intera comunità» che opera in modo pacifico.
Quanti vivono all’interno del complesso a Ramallah hanno sperimentato una condizione di «profonda insicurezza» per tutta la durata dell’assalto. Il rumore dei colpi di arma da fuoco, delle granate stordenti e lo schianto delle porte ha causato «terrore» fra le famiglie presenti nell’area.
Sebbene non vi fosse alcuna giustificazione alla base del raid, e dell’assalto ai locali della chiesa, le forze di sicurezza israeliane hanno cercato di giustificare l’operazione sottolineando che l’obiettivo era al-Haq, uno dei più importanti gruppi pro diritti umani della Cisgiordania.
Il complesso di sant’Andrea affitta infatti un ufficio al gruppo, che però beneficia di un ingresso completamente separato dal luogo di culto.
Fra quanti hanno espresso sentimenti di condanna vi è la diocesi anglicana di Gerusalemme, guidata dal reverendo Hosam E. Naoum, che parla di attacco a «un luogo sacro» e di «devastazione di proprietà della Chiesa».
In queste ore anche la stessa ONG al-Haq, oggetto del raid, ha diffuso una nota in cui descrive le modalità dell’attacco, i danni causati e le minacce delle forze israeliane.
Al contempo, gli attivisti hanno sottolineato che non si faranno intimidire e che intendono continuare nella loro opera a difesa dei diritti dei palestinesi, in particolare dei prigionieri politici, chiedendo alle autorità israeliane di revocare la designazione di «terrorista» per il gruppo.
L’assalto alla sede di al-Haq, e di riflesso al complesso anglicano, si inquadra in una più vasta operazione condotta in queste ore dalle autorità israeliane contro gruppi attivisti e ONG che lottano per i diritti dei palestinesi.
Episodi simili sono avvenuti anche in passato e si legano a direttive ben precise promosse dai governi in carica: in passato quello di Benjamin Netanyahu, che ha approvato una controversa legge sulle fonti di finanziamento, e oggi da parte dell’esecutivo guidato da Yair Lapid (e dal ministro della Difesa Benny Gantz).
Sempre ieri, infatti, l’esercito ha fatto irruzione negli uffici di sei ONG tutte situate a Ramallah, affliggendo un ordine di chiusura permanente.
Oltre ad al-Haq vi sono pure le altre ong dichiarate «organizzazioni terroriste» nel 2021: Bisan Center for Research and Development, Defence for Children International-Palestine, the Union of Agricultural Work Committees e la Union of Palestinian Women’s Committees.
Secondo il provvedimento, all’interno degli uffici venivano svolte «attività illegali», anche se in questi mesi non sono emerse prove reali di illeciti o violenze.
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Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.
In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.
«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.
L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.
Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.
L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».
Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

#Qatar / #Palestine / #Israel 🇶🇦🇵🇸🇮🇱: Israeli Air Forces carried out air strikes to assassinate Senior officials of #HAMAS in the city of #Doha.
Reportedly HAMAS negotiation team was targeted with Air-To-Surface Missiles while discussing the ceasefire in the capital of Qatar. pic.twitter.com/WdWuqY6rXq — War Noir (@war_noir) September 9, 2025
🚨🇮🇱🇶🇦🇵🇸 BREAKING: ISRAEL just AIRSTRIKED Hamas’s negotiation team in DOHA, QATAR pic.twitter.com/cTdA5fT4gP
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 9, 2025
BREAKING:
Israeli fighter jets struck Qatar’s capital, Doha. An Israeli airstrike in Doha killed Hamas leader in Gaza, Khalil al-Hayya, and three senior members of the group’s leadership, Al Arabiya reports, citing sources. Al Hadath states those in the targeted building… pic.twitter.com/03rwdUbvZ5 — Visegrád 24 (@visegrad24) September 9, 2025
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NEW: Qatar reserves the right to retaliate for the Israeli attack against Doha, Qatari PM says
“We’ve reached a decisive moment; There should be retaliation from the whole region” pic.twitter.com/dKHnqEHNqN — Ragıp Soylu (@ragipsoylu) September 9, 2025
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Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America». «Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me». Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE». Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio». La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».( @realDonaldTrump – Truth Social Post ) ( Donald J. Trump – Sep 09, 2025, 4:20 PM ET )
This morning, the Trump Administration was notified by the United States Military that Israel was attacking Hamas which, very unfortunately, was located in a section of Doha, the Capital of… pic.twitter.com/axQSlL46gW — Fan Donald J. Trump 🇺🇸 TRUTH POSTS (@TruthTrumpPosts) September 9, 2025
“The president views Qatar as a strong ally and friend of the United States and feels very badly about the location of this attack.”
White House press sec. Karoline Leavitt read a statement after Israel’s strike on Hamas leadership in Doha. https://t.co/X3EkiIHoZ7 pic.twitter.com/OdDyR4QcgF — ABC News (@ABC) September 9, 2025
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Geopolitica
Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».
«Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.
Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.
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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.
«Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.
Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.
Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.
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