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Il Pink Floyd Roger Waters dice che Biden è un «criminale di guerra»
Il co-fondatore dei Pink Floyd Roger Waters, attualmente in tournée negli Stati Uniti con il suo concerto solista e l’installazione multimediale This Is Not a Drill, ha preso nettamente posizione di principio riguardo al coinvolgimento USA-NATO nel conflitto ucraino.
Il musicista, cantautore e compositore inglese, 78 anni, ha definito il presidente americano Joe Biden un «criminale di guerra» che ha «alimentato il fuoco in Ucraina».
Le accuse sono state mosse durante un’intervista alla CNN.
Quando il giornalista intervistatore ha messo in dubbio scenografie sul palco del concerto, come la scritta «Criminali di guerra» su una foto di Joe Biden, il musicista ha detto:
«Be’, tanto per cominciare sta alimentando il fuoco in Ucraina. È un crimine enorme. Perché gli Stati Uniti d’America non incoraggiano Zelens’kyj a negoziare, ovviando alla necessità di questa orribile e orrenda guerra?».
Una domanda, questa, che si pongono in molti, compresi alcuni ex militari USA come il colonnello MacDouglas, che ritiene che i negoziati siano impediti a Kiev da Washington e Londra.
L’ospite della CNN ha quindi tentato di spingere con lo Waters la tipica narrativa occidentale, dicendo: «ma lei sta incolpando il partito che è stato invaso… ha ribaltato la cosa».
Il Pink Floydo ha risposto con puntualità:
«Beh, come in qualsiasi guerra, quando è iniziata? Quello che bisogna fare è guardare la cronologia e puoi dire: “Beh, è iniziato questo giorno”. Si potrebbe dire che è iniziata nel 2008… Questa guerra riguarda fondamentalmente l’azione e la reazione della NATO che si spinge fino al confine con la Russia, cosa che hanno promesso che non avrebbero fatto quando Gorbaciov ha negoziato il ritiro dell’URSS dall’intera Europa orientale».
«E il nostro ruolo di liberatori?» ha incalzato il dipendente della CNN.
«Non abbiamo alcun ruolo come liberatori… Le suggerirei, Michael, di andare via e leggere un po’ di più, e poi cercare di capire cosa farebbero gli Stati Uniti se i cinesi piazzassero missili nucleari in Messico e Canada».
Nello spettacolo, durante il brano contro la guerra del 1992 The Bravery of Being Out of Range, Waters incorpora le immagini di ogni presidente degli Stati Uniti dai tempi di Ronald Reagan, sovrapponendo le parole «Criminale di guerra» su ciascuno. Nel caso del presidente Biden, Waters ha specificato che questi ha «appena iniziato».
Nel concerto non mancano riferimenti alla situazione dei migranti, come da posizioni tipiche del goscismo europeo. Lo Waters è da lungo tempo un sostenitore della causa palestinese. Negli anni scorsi aveva fatto un tour contro Trump.
Nei giorni scorsi, durante un recente concerto a Toronto, l’anziano musicista aveva avvertito i fan che se non sopportano la sua politica che possono anche «andare a fanculo al bar».
Il Waters ha altresì dichiarato che Taiwan è Cina.
Il personaggio era comparso anche sulle cronache italiane quando emerse una storia di passione con la giornalista palestinese con cittadinanza israeliana e italiana Rula Jebreal. La «palestinian power couple» fece «chiacchierare molto gli Hamptons», scrive il Daily Mail. Gli Hamptons sono una zona balneare vicino a Nuova York dove i super ricchi amano passare l’estate, arrivando a pagare milioni di dollari per poter soggiornare nel luogo esclusivo, assai lontano dalla spiaggia di Gaza. A presentare il vegliardo rockettaro britannico alla giornalista di Michele Santoro (nonché compagna di VIP e futura presentatrice di Sanremo) fu il marito di lei, Arthur Altschul jr., banchiere di origine ebraica figlio di un partner della Goldman Sachs e discendente dai Lehman della famigerata, ora defunta, banca Lehman Brothers.
L’Italia ricorda altresì la band creata da Waters per la catastrofe del concerto veneziano per la Festa del Redentore 1989, divenuto plastico simbolo della lordura e dell’inciviltà della società moderna.
La canzone del gruppo ska mestrino Oi ‘ndemo vedare i Pin Floi scolpì a futura memoria il danno fatto dalla banda dello Waters di pur talentuosi artisti già cultori dell’LSD.
Immagine di Raph_PH via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele
Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi hanno annunciato il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest in seguito alla conferma della partecipazione di Israele. All’inizio del 2025 diverse emittenti avevano chiesto all’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), organizzatrice dell’evento, di escludere Israele accusandolo di brogli nel voto e per il conflitto in corso a Gaza.
L’ultima tregua, mediata dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti e permettere l’arrivo di aiuti umanitari nell’enclave, ma da quando è entrata in vigore gli attacchi israeliani hanno causato 366 morti, secondo il ministero della Salute di Gaza.
Il tutto si inserisce in un anno di escalation iniziato con l’offensiva israeliana lanciata in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023, che provocò 1.200 morti e il rapimento di 250 ostaggi. Da allora, secondo le autorità sanitarie locali, l’operazione militare israeliana ha ucciso oltre 70.000 palestinesi.
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Le decisioni di ritiro sono arrivate giovedì, subito dopo l’approvazione da parte dell’EBU di nuove regole di voto più rigide, varate in risposta alle accuse di diverse emittenti europee secondo cui l’edizione 2025 era stata manipolata a favore del concorrente israeliano.
Poche ore più tardi l’emittente olandese AVROTROS ha comunicato l’addio al concorso: «La violazione di valori universali come l’umanità, la libertà di stampa e l’interferenza politica registrata nella precedente edizione dell’Eurovision Song Contest ha oltrepassato un limite per noi».
L’emittente irlandese RTÉ ha giustificato la propria scelta con «la terribile perdita di vite umane a Gaza», la crisi umanitaria in corso e la repressione della libertà di stampa da parte di Israele, annunciando anche che non trasmetterà l’evento.
Anche la televisione pubblica slovena RTVSLO ha confermato il ritiro: «Non possiamo condividere il palco con il rappresentante di un Paese che ha causato il genocidio dei palestinesi a Gaza», ha dichiarato la direttrice Ksenija Horvat.
Successivamente è arrivata la decisione della spagnola RTVE, che insieme ad altre sette emittenti aveva chiesto un voto segreto sull’ammissione di Israele. Respinta la proposta dall’EBU, RTVE ha commentato: «Questa decisione accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del concorso e conferma la pressione politica che lo circonda».
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Per far fronte alle polemiche, gli organizzatori dell’Eurovision hanno introdotto nuove misure anti-interferenza: limiti al televoto del pubblico, regole più severe sulla promozione dei brani, rafforzamento della sicurezza e ripristino delle giurie nazionali già nelle semifinali.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa arrivò in finale all’Eurovisione una sedicente «strega» non binaria che dichiarò di aver come scopo il «far aderire tutti alla stregoneria».
Vi furono polemiche quattro anni fa quando la Romania accusò che l’organizzazione ha cambiato il voto per far vincere l’Ucraina.
Due anni fa un’altra vincitrice ucraina dell’Eurovision fu inserita nella lista dei ricercati di Mosca.
Come riportato da Renovatio 21, la Russia ha lanciato un’«alternativa morale» all’Eurovision, che secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov sarà «senza perversioni».
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Immagine di David Jones via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Arruolamento forzato anche per l’autista ucraino di Angelina Jolie
La visita a sorpresa della star di Hollywood ed ex ambasciatrice umanitaria ONU Angelina Jolie in Ucraina martedì scorso è stata interrotta dagli agenti della leva obbligatoria, che hanno arrestato un membro del suo entourage e lo hanno arruolato. Lo riporta la stampa locale.
L’episodio si è verificato a un posto di blocco militare vicino a Yuzhnoukrainsk, nella regione di Nikolaev, mentre il convoglio di Jolie era diretto verso una zona della regione di Kherson controllata da Kiev.
Nonostante avesse segnalato alle autorità di trasportare una «persona importante», un componente del gruppo – identificato in alcuni resoconti come autista, in altri come guardia del corpo – è stato fermato dagli ufficiali di reclutamento.
Un video circolato su Telegram mostra la Jolie (il cui vero nome è Angelina Jolie Voight, figlia problematica dell’attore supertrumpiano John Voight) recarsi di persona al centro di leva per tentare di ottenerne il rilascio.
🇺🇸🇺🇦 Angelina Jolie arrived in Ukraine, and on her way to a meeting with fans and for charitable purposes, she was forced to stop at a military recruitment center in Mykolaiv. pic.twitter.com/GURIhEBtVm
— Маrina Wolf (@volkova_ma57183) November 5, 2025
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Secondo TASS, avrebbe persino cercato di contattare l’ufficio del presidente ucraino Volodymyro Zelens’kyj. Fonti militari ucraine avevano inizialmente riferito all’emittente locale TSN che la presenza della diva al centro non era legata all’arresto, sostenendo che aveva semplicemente «chiesto di usare il bagno». Le autorità hanno poi precisato che l’uomo, cittadino ucraino nato nel 1992 e ufficiale di riserva senza motivi di esenzione, era trattenuto per verifiche sulla mobilitazione.
Alla fine, l’attrice americana ha lasciato il membro dello staff e ha proseguito il viaggio. Gli addetti alla leva di Kiev sono stati aspramente criticati per i video virali che mostrano uomini trascinati nei furgoni, pratica nota come «busificazione».
L’indignazione pubblica è cresciuta, con numerose denunce di scontri violenti e persino decessi legati alla mobilitazione forzata. Il mese scorso, il giornalista britannico Jerome Starkey ha riferito che il suo interprete ucraino è stato «arruolato con la forza» a un posto di blocco di routine. «Il tuo amico è andato in guerra. Bang, bang!», avrebbe scherzato un soldato.
Anche le modalità di coscrizione ucraine hanno attirato l’attenzione internazionale: a settembre, il ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto ha condannato quella che ha definito «una caccia all’uomo aperta», accusando i governi occidentali di chiudere un occhio.
La Jolie aveva già visitato l’Ucraina nell’aprile 2022, poco dopo l’escalation del conflitto, in un periodo in cui numerose celebrità, come gli attori Ben Stiller e Sean Penn, si erano recate nel Paese. Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha sostenuto che le star di Hollywood venivano pagate tramite USAID – il canale USA per finanziare progetti politici all’estero, ormai chiuso – per promuovere narrazioni pro-Kiev.
In seguito l’autista, di nome Dmitry Pishikov, ha dato una sua versione dell’accaduto.
«A quel posto di blocco mi hanno fermato per qualche motivo, senza spiegazioni, e mi hanno chiesto di seguirli in auto per chiarire alcuni dettagli. Evidentemente con l’inganno», ha dichiarato Pishikov a TSN in un’intervista pubblicata venerdì.
È stato portato in un centro di leva locale, dove è stato trattenuto con falsi pretesti, ha aggiunto. «”Dieci minuti, c’è un piccolo dettaglio, ti lasceremo andare non appena avremo chiarito la situazione”, hanno detto. Hanno mentito», ha riferito all’emittente, aggiungendo di essere ancora «un po’ indignato» per le azioni dei funzionari della coscrizione.
L’uomo dichiarato a TSN che venerdì si trovava in un centro di addestramento militare e che «verrà addestrato e presterà servizio nell’esercito».
Igor Kastyukevich, senatore della regione russa di Kherson – la parte controllata dall’Ucraina visitata da Jolie – ha condannato il viaggio definendolo «un’altra trovata pubblicitaria che sfrutta la fame e la paura». Nessuna visita di star di Hollywood «che usa i soldi dei contribuenti americani ed europei» aiuterà la gente comune, ha dichiarato alla TASS.
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