Economia
Il PIL tedesco crollerà del 12,7% senza il gas russo

L’Associazione Industriali della Baviera (VBW), ha pubblicato a giugno uno studio di 50 pagine, intitolato «Conseguenza di un’interruzione di fornitura di gas russo per l’industria tedesca».
Il documento avverte che qualora dovrebbe esserci un embargo totale sul gas russo, la produzione nazionale tedesca crollerà del 12,7%.
«Oltre ai settori direttamente interessati da un’interruzione dell’offerta, anche tutti gli altri settori dell’economia tedesca subiscono perdite tangibili di valore aggiunto indirettamente» afferma lo studio. «Di conseguenza, le interruzioni dell’offerta si ripercuotono sull’economia nel suo insieme. Gli effetti a monte ea valle sono tre volte superiori agli effetti diretti, rappresentando il 9,4% del valore aggiunto economico totale».
Secondo gli industriali bavaresi, «questo è il motivo per cui si registrerebbero perdite sostanziali anche nel settore dei servizi o in agricoltura. In totale, gli effetti negativi nel nostro scenario ammontano al 12,7% della produzione economica tedesca».
Le ripercussioni sull’occupazione della forza lavoro tedesca sarebbero inevitabili.
«Una perdita di valore aggiunto della scala qui descritta inciderebbe anche su una parte significativa della forza lavoro in Germania. In totale, circa 5,6 milioni di posti di lavoro dipendono direttamente, a monte o a valle, dal valore aggiunto perso a causa di interruzioni dell’approvvigionamento. Tuttavia, l’effetto sull’occupazione calcolato è puramente aritmetico. A causa della riduzione dell’orario di lavoro, di altre opportunità di lavoro per i dipendenti, etc., questi dipendenti non cadrebbero (direttamente) nella disoccupazione».
Come riportato da Renovatio 21, la Baviera, per bocca del ministro dell’economia del Land, si era già smarcata da Berlino, facendo sapere già a marzo che la cancellazione delle importazioni di gas russo avrebbero causato una perdita nella regione di almeno 220 mila posti di lavoro.
Il capo del grande gruppo industriale Bosch a marzo si è pubblicamente opposto all’embargo sul gas russo.
Anche il direttore del megagruppo automotive Volkswagen ha domandato apertamente il governo la fine della guerra e i negoziati di pace per il bene dell’industria tedesca.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno, e cioè ben prima dell’operazione militare russa in Ucraina, la Germania aveva rischiato il blackout del gas, probabilmente a causa di un sistema di distribuzioni che con le privatizzazioni ha perso equilibrio.
Ministri e media stanno ora dicendo ai tedeschi che, a causa dei problemi energetici del Paese, dovranno lavarsi di meno.
L’ipotesi che il governo di Berlino si trovi a fronteggiare rivolte di popolo nel corso dell’autunno è spesso ripetuta dal vicecancelliere Robert Habeck, del partito dei Verdi. Habeck la settimana scorsa ha attivato lo stato di emergenza energetica.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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