Cina
La Cina chiude Tianjin. Con le Olimpiadi dietro l’angolo
Il Partito Comunista Cinese ha imposto nuove restrizioni epidemiche alla città di Tianjin, che si trova a soli 30 minuti di auto da Pechino.
Le autorità cinesi lunedì hanno confermato 2 casi di Omicron a Tianjin, ma ne sospettano più di 30 in più.
Finora, nella città di Tianjin – località vicinissima a Pechino che un tempo fu sede della concessione italiana in Cina – ha confermato un totale di 31 casi locali di COVID e 10 infezioni asintomatiche, secondo l’agenzia di stampa cinese Xinhua.
I viaggi in entrata e in uscita dalla città sono stati sospesi a meno di non disporre di un permesso speciale. Più di 75.000 persone sono state messe in quarantena
I viaggi in entrata e in uscita dalla città sono stati sospesi a meno di non disporre di un permesso speciale. Più di 75.000 persone sono state messe in quarantena.
Tianjin non è l’unica città cinese in cui stanno aumentando i nuovi casi di omicron. Sabato sono stati confermati anche due casi di omicron nella provincia cinese centrale dell’Henan.
Anche la città portuale di Ningbo è alle prese con un lockdown parziale.
Le autorità sono anche preoccupate per un focolaio a Shenzhen, il centro della produzione tecnologica cinese e mondiale, dove sono stati trovati quattro casi della variante delta.
Secondo il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, un’indagine epidemiologica ha stabilito che l’origine del ceppo scoperto a Shenzen non è la stessa che ha causato altri casi locali altrove in Cina. I nuovi casi a Shenzen sono i primi ad essere segnalati nella città da maggio 2020.
La carenza mondiale di chip potrebbe quindi intensificarsi, con catastrofici effetti su tantissimi settori
Il giornale di Hong Kong riferisce che si ritiene che la prima persona risultata positiva sia stata infettata dopo essere entrata in contatto con «merci contaminate»: si tratta degli argomenti usati già nel 2020 dalla Cina secondo cui l’imballaggio su prodotti importati – pesci, frutti di mare, prodotti a base di carne, perfino gelati – sono stati i responsabili di focolai di COVID nel Paese. La malattia, insomma, viene da fuori – e il laboratorio di Wuhan nemmeno viene preso in considerazione.
Le autorità hanno sigillato i condomini in cui vivevano le persone infette e hanno imposto test di massa obbligatori per i 12,5 milioni di residenti di Shenzen in conformità allo schema «COVID Zero» di Pechino. Ai residenti è stato chiesto di non viaggiare e chiunque voglia farlo deve avere un test COVID negativo delle ultime 48 ore.
Il rischio sistemico globale è che un lockdown di Shenzhen può bloccare ulteriormente l’intera catena mondiale di approvvigionamento dei circuiti elettronici, e quinti di tantissimi settori industriali: Samsung e Micron hanno recentemente fatto sapere quanto il lockdown di Xi’an, per esempio, abbia avuto impatto sulle operazioni dei loro impianti di produzione.
La carenza mondiale di chip potrebbe quindi intensificarsi, con catastrofici effetti su tantissimi settori, come quello dell’auto – ogni macchina, di fatto, necessità migliaia di circuiti, che in questo momento non si trovano.
Le Olimpiadi invernali di Pechino stanno per cominciare. Difficile capire cosa potrebbe succedere a questo punto
In tutta la Cina, lunedì sono stati segnalati 157 nuovi casi di COVID, di cui 97 derivanti da infezioni locali, secondo il quotidiano in lingua inglese del Partito Comunista Cinese Global Times.
15 di questi casi provenivano da Xi’an, a dimostrazione che nonostante il lockdown, il virus è comunque riuscito a diffondersi. Teniamo sempre a mente la tendenza governo cinese a minimizzare drasticamente i numeri dei casi.
Come riportato da Renovatio 21, la città di Xi’an sta vivendo in questo momento il lockdown draconiano di milioni di persone, con voci di gente chiusa in casa senza cibo, dettato dalla politica del «COVID Zero».
Le Olimpiadi invernali di Pechino stanno per cominciare. Difficile capire cosa potrebbe succedere a questo punto.
Immagine di Nangua via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Cina
Cina, nel 2024 calano i profitti per il settore delle terre rare
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
In una comunicazione alla borsa di Shenzhen, la China Rare Earth Resources and Technology ha riferito che l’industria sta affrontando una «fase cruciale» a livello mondiale. La Cina continua a essere leader nell’estrazione e lavorazione dei minerali, ma le difficoltà dell’economia nazionale e la volontà degli altri Paesi di creare nuove catene di approvvigionamento stanno generando ricavi nettamente minori.
Nonostante gli sforzi da parte del governo cinese di dominare a livello mondiale il settore strategico delle terre rare, i ricavi e i profitti delle aziende che si occupano di estrazione e lavorazione di questi minerali essenziali per il mondo digitale hanno registrato una contrazione. Il conglomerato China Rare Earth Resources and Technology, di proprietà statale, ha comunicato un calo del fatturato del 5,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente, mentre l’utile netto è crollato del 45,7%.
I dati relativi al primo trimestre del 2024 sono ancora più gravi: il fatturato è sceso dell’81,9%, portando a una perdita netta di 288,76 milioni di yuan (meno di 40 milioni di dollari), contro un utile netto di 108,97 milioni di yuan nello stesso periodo dell’anno precedente. Anche altre aziende cinesi hanno riportato riduzioni del fatturato tra il 60% e il 79%, in linea con il generale rallentamento dell’economia nazionale.
In una comunicazione alla borsa di Shenzhen della settimana scorsa, la China Rare Earth Resources and Technology ha spiegato che il settore sta affrontando una «fase cruciale» caratterizzata da rapidi sviluppi e adattamenti strutturali su scala globale che hanno determinato un’erosione dei guadagni. In altre parole, nonostante la Cina resti di gran lunga il primo estrattore mondiale di terre rare, altri Paesi hanno cercato di costruire catene di approvvigionamento alternative.
Per alcuni tipi di minerali, nuove catene di approvvigionamento «sono già state create», ha proseguito il comunicato della China Rare Earth Resources and Technology, che ha affermato di aver attuato «aggiustamenti nella strategia di vendita», senza fornire ulteriori dettagli. Inoltre, un numero crescente di aziende cinesi ha importato minerali estratti all’estero (soprattutto dal Myanmar) a causa delle difficoltà economiche interne, e in particolare di un calo della domanda. Una situazione che non vede miglioramenti e potrebbe portare al «rischio» di un ulteriore calo di prezzi, ha sottolineato ancora la società.
I dati ufficiali delle dogane cinesi confermano tali affermazioni, secondo il Nikkei Asia: le importazioni di alcune terre rare sono aumentate di circa il 60% ed è stato rivisto il limite di estrazione delle terre rare, stabilito a livello nazionale, per consentire un aumento della produzione interna del 21%.
Le terre rare sono un gruppo di 17 minerali fondamentali per la produzione di una serie di tecnologie, che vanno dalle batterie delle auto elettriche alle turbine delle pale eoliche ai pannelli solari. Secondo i dati dell’US Geological Survey (USGS), le riserve mondiali di terre rare ammontano a 110 milioni di tonnellate, di cui il 40% si trovano in territorio cinese. Seguono poi, per estensione di giacimenti, il Myanmar, la Russia, l’India e l’Australia.
I dati dell’USGS mostrano anche che nel 2023 la Cina è stata responsabile dell’estrazione di 240mila tonnellate di terre rare, pari a circa due terzi della produzione globale. Gli Stati Uniti si sono piazzati al secondo posto, seguiti dal Myanmar, ed entrambi lo scorso anno hanno triplicato la produzione.
Negli ultimi anni la Cina è diventata leader del settore migliorando le proprie capacità di estrazione e lavorazione, ma anche ottenendo il controllo di diversi giacimenti in altre zone del mondo. Un’indagine della BBC ha individuato almeno 62 progetti destinati all’estrazione di litio, cobalto nichel o manganese (minerali necessari per la realizzazione di tecnologie verdi) in cui le aziende cinesi hanno una partecipazione.
La regolamentazione del settore a livello nazionale è iniziata nel 2010 e nel corso gli anni, a seguito di una serie di fusioni, sono state create quattro società principali, tra cui il gruppo China Rare Earth, controllato direttamente dal Consiglio di Stato cinese.
Anche il mese scorso il presidente Xi Jinping, durante una visita nell’Hunan una delle maggiori regioni produttrici, ha ribadito la necessità di «migliorare ulteriormente» lo sviluppo dell’utilizzo delle terre rare per generare una «crescita di alta qualità» e di fornire un «alto livello di sicurezza» alla nazione.
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Cina
La Cina accusata di aver sequenziato il DNA tibetano e uiguro per rifornire il mercato dei trapianti di organi
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Cina
In disgrazia l’uomo del vaccino cinese anti-COVID: espulso dall’Assemblea del popolo
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Il provvedimento contro Yang Xiamong, il presidente della China National Biotec Group, ha scatenato i commenti dei netizen cinesi su Weibo. Secondo i media ufficiali è accusato di «gravi violazioni della disciplina e della legge». Dall’estate scorsa il settore farmaceutico è uno dei più coinvolti dalla campagna anti-corruzione, con centinaia di funzionari sotto inchiesta.
Il presidente della China National Biotec Group, il gruppo di ricerca che ha scoperto e prodotto il vaccino anti-COVID della Sinopharm utilizzato in Cina, è stato estromesso dall’Assemblea nazionale del popolo, il più importante organo politico della Repubblica popolare che conta 3000 personalità. L’espulsione di Yang Xiaoming, 62 anni, è stata annunciata dai media statali nel fine settimana e motivata con «gravi violazioni della disciplina e della legge», l’espressione utilizzata solitamente per le persone indagate per corruzione in Cina.
Yang era stato il responsabile del team Sinopharm che ha sviluppato il vaccino BBIBP-CorV, il primo approvato e utilizzato massicciamente nel 2021 nella Repubblica popolare cinese per la campagna vaccinale contro il COVID . Con un’efficacia stimata dall’Organizzazione mondiale della sanità al 79% contro l’ospedalizzazione, fu poi diffuso in milioni di dosi anche in altri Paesi del mondo (…)
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Oltre a sviluppare il vaccino anti-COVID di Sinopharm, Yang era anche a capo del progetto cinese sui vaccini nell’ambito del programma 863, che mira a rendere Pechino più indipendente sviluppando tecnologie avanzate interne.
La notizia dell’epurazione di Yang è diventata virale sul social network cinese Weibo, con circa 180 milioni di visualizzazioni che, per diverse ore, l’hanno reso l’argomento più caldo della giornata di ieri. Per molti utenti è stata l’occasione per tornare a parlare della gestione della pandemia, anche se finora non ci sono notizie ufficiali di un legame tra le accuse contro di lui e il vaccino anti-COVID.
In realtà è tutto il settore sanitario cinese a essere da mesi tra i più toccati dalla campagna anticorruzione voluta da Xi Jinping. Vi sono state indagini contro centinaia di rettori e segretari di ospedali, con accuse pesanti di corruzione tra fornitori di farmaci e strutture sanitarie. Un terremoto che – ad agosto – aveva portato anche a un crollo in Borsa dei valori delle azioni del settore farmaceutico, arrivando addirittura a bruciare in un solo giorno un valore di mercato stimato in 27 miliardi di dollari.
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Immagine di LUMUMBA via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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