Internet
Google e quel sito responsabile di decine di suicidi
Esiste su Internet un sito estremamente inquietante in cui gli utenti si spingono a vicenda a togliersi la vita.
Un’ inchesta The New York Times esplora il sito, che qui non nomineremo. «La storia solleva difficili domande sia sull’etica che sulla censura, e in particolare su Google, che ha scelto di condannare passivamente il sito consentendogli di rimanere un successo di primo piano nei suoi risultati di ricerca» scrive Futurism.
Il sito, che si definisce «pro-choice» (dove la «scelta» non è abortire il proprio figlio, ma la propria vita) volge la funzione di una bacheca per messaggi e di macabro manuale di istruzioni. Esso fornisce accesso alle informazioni su come procedere alla propria morte volontaria, insieme a una comunità che promette di non giudicare e dare una mano come può.,
Negli ultimi due anni in cui il sito è stato attivo, secondo il conteggio del Times , almeno 45 utenti sono morti per suicidio, e probabilmente molti di più. Molti di loro hanno imparato come dal sito, hanno ricevuto «supporto» da altri utenti quando la loro convinzione di porre fine alla loro vita ha vacillato e hanno persino pubblicato su un blog la loro morte.
Gestito da due ventenni che vivono a migliaia di chilometri di distanza in Alabama e in Uruguay, il sito è sorto dopo che Reddit ha chiuso un forum con la stessa missione.
In un momento dove il dibattito sul suicidio assistito pende sempre più verso le persone che vogliono farla finita, con vari Paesi nel modo ad emanare leggi in merito (nonché un referendum in Italia a breve) questo sito dovrebbe entrare nella discussione pubblica
In un momento dove il dibattito sul suicidio assistito pende sempre più verso le persone che vogliono farla finita, con vari Paesi nel modo ad emanare leggi in merito (nonché un referendum in Italia a breve) questo sito dovrebbe entrare nella discussione pubblica. Il New York Times nega che questo sia il caso, rifiutandosi di includere i suicidi medicalmente assistiti nelle sue classifiche che mappano il forte aumento dei suicidi nel corso del ultimi due decenni.
Il sito pro-suicidio è solo l’ultimo di una lista di luoghi su internet che pubblicano materiale ritenuto «problematico». Sono stati avvistati, negli anni, anche siti pro-anoressia. Altri argomenti, come trattamenti alternativi al COVID, l’antivaccinismo, il nazionalismo e recentemente le teorie degli «incel» (celibi involontari: maschi arrabbiati perché non riescono a trovare una donna) hanno attivato la censura di Google e Facebook. YouTube rimuove interi canali, Facebook disintegrata canali e account – compreso quello del Presidente Trump.
Tuttavia il caso di Google è più complesso: è particolarmente veloce a censurare YouTube, ma non ha la stessa velocità a «deindicizzare» dal suo motore di ricerca siti controversi.
Il New York Times sottolinea la mancata rapidità di azione di Google e dei giganti di Big Tech, così come sperimentata già in precedenza
«Non era compito di Google esprimere giudizi su siti con contenuti legali, “per quanto discutibili”, ha detto un senior manager agli australiani. I genitori di coloro che erano morti avrebbero in seguito ricevuto una risposta simile»
«Australia, Germania e Italia sono riuscite a limitare l’accesso al sito all’interno dei loro confini, ma le forze dell’ordine americane, i legislatori e le società tecnologiche sono state riluttanti ad agire. Sebbene la maggior parte degli Stati abbia leggi contro l’assistenza al suicidio, sono incoerenti, raramente applicate e non affrontano esplicitamente l’attività online. La legge federale protegge gli operatori di siti web dalla responsabilità per la maggior parte dei contenuti dannosi pubblicati dagli utenti. Le decisioni della corte hanno lasciato questioni irrisolte sulla protezione della libertà di parola».
«E quando gli è stato chiesto di smettere di indirizzare i visitatori al sito suicida, il motore di ricerca più potente del mondo ha deviato la responsabilità. “la ricerca Google è uno specchio di ciò che è su Internet”, ha scritto un senior manager dell’azienda ai funzionari australiani nel febbraio 2019. Non era compito di Google esprimere giudizi su siti con contenuti legali, “per quanto discutibili”, ha detto un senior manager agli australiani. I genitori di coloro che erano morti avrebbero in seguito ricevuto una risposta simile».
Lo slogan di Google era «Non essere malvagio». In seguito la multinazionale ha rimosso la frase dal codice di condotta dell’azienda nel 2018.
Renovatio 21 ha trattato spesso il tema del suicidio, anche recentemente. Da una prospettiva spirituale di chi compie una simile scelta, possiamo dire che il riachio è tremendo – ed eterno.
Se il lettore ha simili pensieri cerchi aiuto, negli uomini o in Dio, e noi assicuriamo che lo troverà.
Lo slogan di Google era «Non essere malvagio». In seguito la multinazionale ha rimosso la frase dal codice di condotta dell’azienda nel 2018
Un solo pensiero conta: l’uomo è più forte dei propri sentimenti, dei propri fallimenti. Voi non siete la vostra sofferenza, non siete i giudizi degli altri, non siete i vostri pensieri. Non siete le vostre emozioni.
Siete più forti, infinitamente, perché vi è stato dato il dono di contenere tutto questo e molto, molto di più ancora – vi è stata data la vita.
Qualsiasi sia il vostro stato d’animo, sappiate che la vita lo supererà, perché essa è più grande.
Perché, nonostante i vostri pensieri e le vostre azioni, la vita trionferà sempre sulla morte.
Internet
Giovane maggiorata di Onlyfans afferma di essere stata pagata per fare «propaganda politica totale» per Biden
Un’influencer famosa sulla controversa piattaforma parapornografica OnlyFans ha affermato che l’amministrazione Biden voleva assumerla per diffondere contenuti, specificando tuttavia che facesse in modo che non si capisse che era una pubblicità a pagamento.
La giovane Farha Khalidi, nota come tante altre per il seno prorompente, ha descritto il contenuto che le è stato chiesto di promuovere come «propaganda politica totale».
La ragazza, cresciuta in una famiglia musulmana e bisessuale dichiarata, ha anche dichiarato che la multinazionale dell’aborto Planned Parenthood la stava pagando.
Durante un’intervista podcast, la curvacea fanciulla– che evidentemente nella prospettiva neorazzista della sinistra americana deve etichettarsi come non-bianca – ha affermato che la Casa Bianca le ha chiesto di dire ai suoi seguaci che si sentiva rappresentata dall’allora giudice Ketanji Brown Jackson dopo che Biden l’aveva nominata alla Corte Suprema degli Stati Uniti. La Jackson, nera con le treccine, rimane alla storia per non aver saputo rispondere, durante le udienze di conferma della nomina, alla semplice domanda «che cos’è una donna». La donna replicò oscuramente che non era una biologa.
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La Khalidi, che ha anche milioni di follower su TikTok, ha osservato: «la cosa divertente è che dicono, “non rivelare che questa è una pubblicità” perché, sai, dicono, “tecnicamente non è un prodotto, quindi tu non c’è bisogno di rivelare che si tratta di un annuncio”».
An OnlyFans influencer claims that the Biden Administration wanted to pay her to spread ‘political propaganda,’ asking her to say that as a ‘person of color’ she ‘felt reflected.’ She says they wanted her to hide the fact it was a paid for ad. Full report: https://t.co/jWdDfDhmNc pic.twitter.com/8C85ms3UHY
— m o d e r n i t y (@ModernityNews) April 30, 2024
«Penso che volessero solo che una ragazza di colore d’avanguardia lo dicesse alla gente – quando hanno nominato Ketanji Brown Jackson, hanno detto, “puoi dire come persona di colore, che ti senti rappresentata?”», ha aggiunto la popputa ragazzina dell’internetto, apparentemente realizzando gli intenti razzisti della situazione.
Notando che l’amministrazione aveva impiegato una società di media di terze parti per contattarla, Khalidi ha detto di non averlo fatto perché non si sentiva rappresentata.
«Ed è una donna bianca che mi ha mandato un’e-mail e mi sta dando questa sceneggiatura. E io dico, no, mi piacerà parlare delle novità a riguardo. Ma non permetterò che una persona bianca mi dica di dire: “Sai, è così che mi sento come persona di colore”». A quanto sembra, il complesso neorazzista è installato anche nella mente della tettonica ragazzetta che lo lamenta.
«Il fatto che gli assistenti di Biden sappiano anche chi è Farha Khalidi la dice lunga di per sé» nota Modernity News.
Come riportato da Renovatio 21, l’alleanza combinata tra Biden e influencer – per lo più trans, fluidi, o giù di lì – di TikTok e social vari ha già prodotto esiti allucinanti e fortemente lesivi per la reputazione della Casa Bianca: pensiamo alle clip con influencer LGBTQ che, dal palazzo presidenziale, invitavano alla vaccinazione.
In alcuni casi, si è scoperto che dietro i gruppi di produttori di contenuti filo-Biden vi erano i finanziamenti di Giorgio Soros.
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Internet
La Florida vieta i social media ai minori di 14 anni
La Florida ha appena approvato una nuova legge che vieta ai bambini sotto i 14 anni di avere account sui social media indipendentemente dal consenso dei genitori.
Secondo la legge che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2025, le società di social media devono chiudere gli account che ritengono siano utilizzati da minori di età inferiore a 14 anni e devono cancellare gli account su richiesta dei genitori o dei minori. Tutte le informazioni contenute nei conti dovranno poi essere cancellate, riferisce il Wall Street Journal.
I minori di 14 o 15 anni potranno ottenere un account sui social media con il consenso dei genitori. Se un genitore non acconsente, gli account già appartenenti ad adolescenti compresi in quella fascia di età dovranno essere cancellati.
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«Essere sepolti in quei dispositivi tutto il giorno non è il modo migliore per crescere, non è il modo migliore per ottenere una buona istruzione», ha detto lunedì il governatore Ron DeSantis durante un evento per celebrare la firma del disegno di legge.
La nuova legge non specifica a quali piattaforme si applica, tuttavia i siti di social media che fanno affidamento su funzionalità come avvisi di notifica e video a riproduzione automatica sono soggetti ad essa.
I sostenitori della legge hanno sottolineato studi recenti che collegano l’uso dei social media tra i giovani adulti a un rischio più elevato di depressione e problemi di salute mentale. Può anche renderli vulnerabili al bullismo e ai predatori online.
«Un bambino, nel suo sviluppo cerebrale, non ha la capacità di sapere che viene risucchiato da queste tecnologie che creano dipendenza, di vedere il danno e allontanarsene», ha detto il presidente della Camera della Florida Paul Renner all’evento. lo stesso evento. «E per questo motivo dobbiamo intervenire per loro».
Altri Stati americani hanno visto proposte di leggi simili, tuttavia le leggi si fermano tutte prima del divieto totale della Florida. In Arkansas, un giudice federale ha bloccato una legge sulla verifica dell’età per gli utenti dei social media e il consenso dei genitori per gli account dei minorenni.
In risposta alla legge dell’Arkansas, l’associazione di categoria dei social media NetChoice, di cui fanno parte Meta, TikTok e Snap, società madre di Facebook, ha citato in giudizio lo stato per sospendere la legge. Ha portato sfide legali simili in California e Ohio.
Secondo il vicepresidente di NetChoice e consigliere generale Carl Szabo, la legge della Florida «costringe gli abitanti della Florida a consegnare informazioni personali sensibili ai siti Web o a perdere l’accesso a canali di informazione critici», aggiungendo che «la sua violazione del diritto del Primo Emendamento degli abitanti della Florida di condividere e accedere ai discorsi online (…) Esistono modi migliori per mantenere gli abitanti della Florida, le loro famiglie e i loro dati al sicuro e protetti online senza violare le loro libertà», ha aggiunto, forse non coscio che i dati consegnati a Zuckerberg frequentando la sua piattaforma sono di quantità impressionante (e sempre più approfonditi: Facebook ha lavorato a lungo ad un dispositivo per leggere direttamente la mente dei suoi utenti).
La Florida si aspetta di essere citata in giudizio per la nuova legge, tuttavia il portavoce Renner si dice fiducioso che resisterà al controllo legale. «Li batteremo e non ci fermeremo mai e poi mai», ha detto.
All’inizio del 2023 il Wall Street Journal e ricercatori di due università statunitensi hanno rivelato che gli algoritmi di Instagram aiutavano a connettere account «dedicati alla creazione, all’acquisto e allo scambio di contenuti di sesso minorile». Meta ha risposto istituendo una task force per la sicurezza dei bambini e sviluppando strumenti software per affrontare il problema. Cinque mesi dopo, la società «sta lottando per impedire che i propri sistemi consentano o addirittura promuovano una vasta rete di account pedofili», ha osservato il Journal.
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La cosa impressionante, hanno notato alcuni osservatori, i pedofili potevano prosperare in rete mentre gli account di utenti conservatori (tra cui, magari, molti lettori nostri) venivano bannati o shadowbannati.
Come riportato da Renovatio 21, negli anni si sono accumulate accuse e rivelazioni su Facebook, tra cui accuse di uso della piattaforma da parte del traffico sessuale, fatte sui giornali ma anche nelle audizioni della Camera USA.
Come noto, i social media generano dipendenza e generalmente evidenti danni (come la depressione o l’inclinazione all’anoressia) nella psiche degli utenti. I colossi dei social sono spesse volte stati al centro di casi con gravissimi problemi etici con scoop, scandali e pure di interrogazioni del Congresso USA. Difficile, tuttavia, che cambieranno le loro piattaforme e i loro sistemi di interfaccia, profondamente progettati per far restare le persone incollate allo schermo attraverso la stimolazione della dopamina.
Come riportato da Renovatio 21, il governatore della Florida Ron DeSantis ha ribadito più volte la sua proposta di pena di morte per i pedofili.
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Immagine di Matt Johnson via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons
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