Immigrazione
9 minorenni tedesche abusate sessualmente da siriani in piscina. Il sindaco tedesco accusa il «caldo»
Puntuali come un orologio svizzero, arrivano anche quest’estate le cronache di molestie perpetrate da bande di immigrati contro le donne nelle piscine. Tuttavia quest’anno il pattern pare arricchirsi di una nuova componente: la motivazione «climatica» dietro alle violenze contro le femmine europee.
Dopo che alcune minorenni sono state aggredite sessualmente nella piscina Barbarossabad di Gelnhausen, il sindaco della zona, membro della CDU, ha sottolineato che il «caldo» fa «scivolare gli animi».
Proprio così: il sindaco del luogo Christian Litzinge, appartenente al partito democristiano CDU, sembra alludere al fatto che le condizioni meteorologiche siano almeno in parte responsabili dell’incidente. In una dichiarazione rilasciata al quotidiano tedesco Welt, ha affermato: «certo, le temperature sono sempre alte e a volte gli animi si surriscaldano». Lo stesso primo cittadino, tuttavia, in un’ulteriore intervista con Bild ha affermato che «per questo tipo di cose questo non abbiamo alcuna tolleranza».
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Secondo quanto scrive Remix News, il primo gruppo di ragazze è stato palpeggiato e molestato da un gruppo di siriani, ma quando hanno denunciato la situazione a un bagnino, quest’ultimo non ha preso alcun provvedimento.
«Dato che non riuscivamo a vedere esattamente cosa fosse successo, abbiamo rimandato le ragazze in acqua», ha spiegato il responsabile della piscina all’emittente Hessischer Rundfunk.
La polizia è stata chiamata solo dopo che altre ragazze, appartenenti a gruppi diversi, hanno sporto denuncia. In totale si sono fatte avanti almeno nove ragazze, di età compresa tra gli 11 e i 17 anni.
Le ragazze hanno raccontato alle autorità che i quattro siriani, di età compresa tra 18 e 28 anni, le hanno palpeggiate su tutto il corpo, compresi i genitali. Un quinto sospettato è riuscito a fuggire e la polizia lo sta ancora cercando.
Secondo il sindaco Christian Litzinger (CDU), tutti e quattro gli indagati appartengono alla stessa famiglia del distretto Main-Kinzig. Sono stati tutti arrestati e incriminati, oltre a essere banditi dalla piscina all’aperto.
Alice Weidel, co-leader di Alternativa per la Germania (AfD), ha scritto un post sull’accaduto sui social media, chiedendo «l’espulsione immediata» dei responsabili.
Sexuelle Belästigung von Mädchen: Gleich 9 Opfer zeigten sexuelle Übergriffe an, eine Gruppe “syrischer Staatsangehöriger” soll die Taten in einem Freibad im CDU-regierten Hessen begangen haben. Sofortige Ausweisung der Täter veranlassen! #DeshalbAfD pic.twitter.com/jtVkT7AeHI
— Alice Weidel (@Alice_Weidel) June 28, 2025
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I commenti del sindaco Litzinger riecheggiano altre «scuse» fornite per giustificare violenze sessuali e aggressioni da parte di migranti nelle piscine tedesche, un tempo tranquille. Un articolo del 2023 della testata Zeit tentava di sostenere che gran parte della violenza e delle aggressioni sessuali fossero dovute all’aumento dei prezzi delle patatine fritte .
All’epoca, la Weidel aveva attaccato l’allucinante affermazione.
Die #Zeit macht “Pommes-Preise” für Gewalt und sexuelle Übergriffe in Freibädern verantwortlich, das #ZDF ein Zusammenspiel von Hitze und dem Aufeinandertreffen vieler Menschen, der Deutschlandfunk eine zu hohe “Erwartungshaltung”, die nicht erfüllt werden könne. Der Grad der…
— Alice Weidel (@Alice_Weidel) July 17, 2023
«Die Zeit accusa i “prezzi delle patatine fritte” di essere la causa di violenze e aggressioni sessuali nelle piscine all’aperto, ZDF accusa un’interazione tra calore e incontro di molte persone, Deutschlandfunk scrive di “aspettative” troppo elevate che non possono essere soddisfatte. La banalizzazione mediatica dei problemi migratori non conosce più limiti», aveva scritto la Weidel.
Solo una settimana prima di quella dichiarazione, i dipendenti delle piscine avevano offerto una spiegazione completamente diversa per la crescente violenza. I dipendenti del complesso natatorio all’aperto Columbiabad di Berlino avevano scritto una lettera al quotidiano Der Tagesspiegel lamentando i responsabili, da loro descritti come «principalmente migranti arabi e ceceni», che molestano sessualmente le donne e provocano risse di massa all’interno della struttura, lasciando le strutture in condizioni disgustose. Di conseguenza, l’intera piscina era stata chiusa a tempo indeterminato a causa dei dipendenti che si sono dati per malati per stress.
Nel 2022 il presidente dell’Associazione Federale dei Campioni di Nuoto Tedeschi (BDS) Peter Harzheim aveva dichiarato di non poter più raccomandare alle famiglie di frequentare tali strutture nei fine settimana. Harzheim ha affermato che si sarebbe comportato in modo «irresponsabile» se avesse frequentato una piscina all’aperto con i suoi tre nipoti a causa di violenze e aggressioni, scrive sempre Remix News.
Alcune persone sono rimaste gravemente ferite. L’anno scorso, ad esempio, una donna si è rotta il naso dopo essere rimasta coinvolta in una rissa tra stranieri.
Nel 2023, Die Welt aveva pubblicato un popolare documentario video che raccontava nel dettaglio come la «cultura machista» dei migranti stesse sconvolgendo le piscine in Germania.
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La piscina Columbiadamm, nel quartiere multiculturale di Neukölln, a Berlino, è stata chiusa a causa di una mega-rissa con oltre 40 giovani. A Pankow, una piscina ha dovuto essere chiusa due volte in una settimana a causa delle violenze tra giovani.
Nella città tedesca di Celle, 20 «giovani scatenati» hanno aggredito i bagnanti e li hanno aggrediti sessualmente, picchiando anche una donna che aveva respinto le loro avances. Quando i bagnini hanno tentato di fermarli, hanno anche minacciato le donne. Di conseguenza, l’intera piscina è stata chiusa.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa otto migranti erano stati arrestati per violenza sessuale su una ragazza di 13 anni in una piscina di Colonia.
Per quanto riguarda l’Italia della balneazione immigrata, va segnalata che il caso delle molestie alle ragazze italiane che tornavano da Gardaland imbattendosi in treno nei giovani dell’orda che aveva invaso Peschiera del Garda sono state archiviate. Le telecamere su quel regionale non funzionavano.
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Immigrazione
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Immigrazione
La realtà dietro all’ultimo omicidio di Perugia
Il mese scorso, un ragazzo di origini albanesi proveniente dalle Marche è stato ucciso da una coltellata mentre si trovava a Perugia con degli amici per passare una serata nella zona universitaria. La lite, con un altro gruppo di giovani, è scoppiata per futili motivi.
La nottata in discoteca era ormai finita e da uno sfottò calcistico è partita la scintilla che ha innescato le ire di ragazzi di origini nordafricane residenti in Italia con tanto di cittadinanza.
Stando a quanto scritto dall’ANSA, «in base a quanto accertato dalla squadra mobile di Perugia, un diciottenne recentemente finito in carcere per l’aggravamento del divieto di dimora in Perugia a cui era sottoposto per un altro episodio, si era fatto raggiungere dalla fidanzata per prendere un coltello custodito nella vettura. L’aveva quindi brandito verso l’altro gruppo per poi buttarlo a terra. Nel frattempo, in un’altra parte del parcheggio, c’erano state altre colluttazioni. Dalle indagini è emerso che il ventunenne di Perugia, dopo aver raccolto il coltello lanciato a terra dall’amico e con un secondo nell’altra mano, si sarebbe scagliato contro il giovane di Fabriano, colpito con un unico fendente al torace. Quindi la fuga, per poi disfarsi del coltello utilizzato nell’aggressione (non ancora ritrovato) e di alcuni indumenti».
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Questo «omicidio universitario» non può non riportare alla mente il delitto Meredith Kercher del 2007, consumatosi fra studenti, che segnò uno spartiacque per la città di Perugia, con lo sgretolamento di quell’eden edonistico di una nightlife universitaria da far invidia alla migliore movida spagnola. Da quel momento la città fu messa sotto i riflettori per l’emergere di una strabordante e dilagante violenza – in particolar modo nella zona del centro storico – fino ad allora soffocata e tenuta come la polvere sotto il tappeto, ma poi deflagrata sotto la lente d’ingrandimento dei media.
Ciò sdegnò i perugini che fino ad allora hanno voluto credere che tutto andasse bene. Su Renovatio 21 abbiamo recentemente avuto occasione di parlare di tale delitto con due interviste all’ex magistrato Giuliano Mignini che seguì tutta l’irrisolta vicenda.
Le problematiche legate a una microcriminalità sempre più diffusa – dati alla mano – sono da attribuire per una sostanziosa percentuale ad immigrati o di immigrati di seconda generazione. Nel centro storico del capoluogo umbro qualche mese fa c’è stata un’aggressione pubblica in un negozio di kebab da parte di quattro stranieri, tre albanesi e un greco, protagonisti di quello che pare sia stata una vera e propria spedizione punitiva come spiega la cronista Francesca Marruco su un giornale locale: «col volto parzialmente coperto dai cappucci delle felpe, entrano correndo armati di bastoni e mazze».
In questi giorni, sempre nella stessa zona, un altro fatto di sangue ha sporcato il salotto buono perugino come apprendiamo dalle cronache: «Un uomo è stato soccorso sulla scalinata del Duomo, all’ingresso principale verso piazza Danti, gravemente ferito da una coltellata alla schiena. A trovarlo a terra, intorno alle 5 di mattina, sono stati alcuni addetti della sicurezza privata. Sono stati loro a richiedere l’intervento della polizia, che ha richiesto la presenza del personale medico del 118. Si tratta di un tunisino, di 33 anni, con precedenti di polizia». «Dalle prime testimonianze raccolte, la coltellata sarebbe arrivata al culmine di una lite con due uomini di nazionalità marocchina, per ragioni ancora da chiarire» scrive La Nazione.
Fatti di questo genere sono parte dell’ordinario e oramai non fanno quasi più notizia nemmeno quando si palesano nelle zone residenziali e storiche delle nostre città, dove famiglie, turisti, studenti e cittadini vivono godendo le bellezze architettoniche delle nostre città d’arte.
La settimana scorsa un gruppetto di «maranza» ha gettato da un soprappassaggio pedonale un carrello della spesa su una delle vie più trafficate nei pressi della stazione ferroviaria sfiorando per pura casualità le autovetture che in quell’ora del giorno transitano freneticamente su quella che è un’arteria importante del traffico cittadino.
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Rammento un altro fatto di sangue che al tempo risultò prodromico per la caduta della maggioranza politica di sinistra che non aveva mai perso le amministrative nel capoluogo umbro. Era il maggio 2012. Una notte di inseguimenti e violenze nel centro storico di Perugia tra bande di stranieri, dopo che un nordafricano fu accoltellato quasi a morte. La sospetta morte scatenò le ire dei connazionali che iniziarono una serie di spedizioni punitive nei locali dell’acropoli per cercare i rivali. Si scatenò una guerriglia contro le forze dell’ordine in pieno stile far west.
«L’8 maggio 2012 il centro storico di Perugia fu teatro di una vera e propria guerriglia “tra bande” di albanesi contro tunisini, che si sfidarono a colpi di spranghe e bottigliate. La violenza aggressione degenerò, ci furono danneggiamenti alle macchine delle forze dell’ordine e vetrine dei negozi spaccati. Negli scontri fu accoltellato un tunisino che poi si è salvato dopo una lunga degenza in ospedale. Forse un regolamento dei conti tra bande di stranieri, legati al mondo della droga», come riportato da PerugiaToday.
Ricordo che i giorni appresso furono schierati carabinieri e polizia in ogni angolo per cercare di re-immettere sicurezza ai cittadini che si sentivano impauriti e smarriti. La conseguente caduta della sinistra portò alla vittoria di un sindaco di centro destra, Andrea Romizi, che con la sua giunta, quantomeno sotto il profilo della sicurezza, cercò di attuare misure atte a mitigare una situazione che di lì a poco avrebbe potuto degenerare ulteriormente, anche se poi atti vandalici commessi da immigrati ce ne sono stati lo stesso.
Al tempo Perugia fu etichettata come Gotham City, scatenando una canea social tragicomica, dove le varie fazioni politiche hanno scritto tutto e il contrario di tutto sui propri profili Facebook, enfatizzando alcuni fatti e portandoseli a loro favore a seconda delle necessità. È la solita «politica dei social network», che straparla, litiga, dibatte, urla, ma che poi di fatto, all’atto pratico, ben poco può o vuole fare in merito, stretta tra un groviglio legislativo pachidermico e uno spirito di politicamente corretto quanto mai pervasivo.
Rammento inoltre che colloquiando con un poliziotto in servizio nelle nostre regioni del nord est, parlando con dei suoi colleghi in maniera serena e informale, disse candidamente che «le lame le tirano fuori solo gli immigrati, quasi mai gli italiani». Segno evidente che vi potrebbe essere un’attitudine alla violenza più spiccata tra quelli che sono i cosiddetti italiani di seconda generazione.
Visto il trend odierno è bene ricordare che nel maggio scorso la zona della stazione ferroviaria di Perugia è diventata zona rossa – terminologia di covidica memoria – per cercare di arginare la delinquenza e sopperire alle mancanze in tema di sicurezza della nuova giunta comunale di sinistra.
Ci sarebbe da chiedersi come mai ci sia un incremento di violenza e criminalità proprio con il cambio di amministrazione locale. È difficile, a mio avviso, trovare una spiegazione logica, precisa e circostanziata. Può essere una semplice coincidenza, oppure una percezione da parte di alcuni criminali di poter essere meno controllati? Questo, in tutta onestà, non lo so.
Di certo c’è che la precedente amministrazione di centro destra ha concretamente fatto qualcosa per contenere questo tipo di reati – come detto non sempre riuscendoci – ma è altresì vero che ha comunque applicato una politica di superficie, non andando alla radice vera del problema legato alla immigrazione incontrollata, ma cercando di lustrare una facciata che tutto sommato ha distolto il cittadino, per un certo lasso di tempo, da questa criticità. Ora il problema ecco che torna a galla. Non spetta di certo alle amministrazioni locali estirpare in toto questi problemi, bensì sarebbe compito dello Stato che evidentemente esso stesso gioca e si muove in una superficie senza poter o voler scavare in profondità.
Dopo le «zone rosse» perugine ci possiamo aspettare il «lockdown maranza», già applicato in Francia, o il «lockdown adolescenziale» in salsa calabra atto a mitigare i cittadini esasperati dagli schiamazzi notturni, dalle ubriacature moleste e dalle violenze di queste bande di minori apparentemente fuori controllo, spesso anche sotto l’effetto di stupefacenti.
L’anno passato a Milano è scoppiata una rivolta etnica, ma praticamente nessuno la volle chiamare così, praticamente solo Renovatio 21. Né iniziare a pensare che il punto di non ritorno della banlieue francese è finalmente arrivato – e con esso, le no-go zone immigrate all’interno delle nostre città. Si tratta di un dato di rilevanza storica non solo per la «capitale morale», ma per l’Italia tutta. Milano, si dice, anticipa ciò che succede nel resto del Paese. Senza dimenticare i fatti di Peschiera del Garda: una cittadina messa sotto assedio da una moltitudine di giovani africani.
Tanto per cercare di essere più precisi e circostanziati è bene riportare alcuni dati ufficiali su tali questioni. Apprendiamo dal sito ufficiale del Ministero dell’Interno (dati relativi al 2022) del che i crimini commessi da stranieri, leggendo il tutto macro dimensionalmente e depurato da qualsiasi retorica qualunquista, rappresenta una criticità da non sottovalutare viste le percentuali: «La popolazione straniera residente nel 2022 sul territorio nazionale rappresenta circa l’8,5% del totale.
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Analizzando i dati relativi all’azione di contrasto effettuata sul territorio nazionale dalle Forze di polizia, nel 2022 si rilevano 271.026 segnalazioni nei confronti di stranieri ritenuti responsabili di attività illecite, pari al 34,1% del totale delle persone denunciate ed arrestate; il dato risulta in lieve aumento, sia in valori assoluti che in termini di incidenza, rispetto a quello del 2021, allorquando le segnalazioni erano state 264.864, pari al 31,9% del totale. Significativo è risultato il coinvolgimento di stranieri in attività delittuose di natura predatoria.
In particolare: furti, le segnalazioni riferite agli stranieri denunciati e/o arrestati nel 2022 (41.462) rappresentano, per tale fattispecie, il 45,48% del totale; rapine, le segnalazioni riferite a stranieri denunciati e/o arrestati nel 2022 (9.256) rappresentano, per tale delitto, il 47,31% del totale». Vedasi anche il sito del Ministero della Giustizia che ci dice quanti detenuti italiani e stranieri sono al sicuro nelle patrie galere.
Alla luce dei fatti e dei dati, si evince un quadro ben chiaro: questa «criminalità extracomunitaria» è un macro problema e sta diventando una vera e propria emergenza sociale che andrebbe trattata come tale. In primis dovremmo pretendere un dibattito sano, costruttivo, non fazioso sul tema e non occluso dalla cappa di politically correct che pervade anche questa tematica.
È compito delle istituzioni, ma anche dei giornalisti che troppo spesso mistificano i fatti di cronaca omettendo furbescamente le identità dei criminali in nome di una inclusività e di un neo linguaggio di stile orwelliano. In verità, la stampa non lo può dire, almeno non nei titoli – per il solito effetto della Carta di Roma, (il testo deontologico imposto ai giornalisti che prevede limiti di cronaca riguardo alle cose degli immigrati) – tanto che in tali articoli bisogna leggere fra le righe: le proteste e le violenze spesso sono perpetrate da ragazzi nordafricani di secondo o financo terza generazione.
Senza entrare nel campo ampio del problema dei flussi migratori, ci accontenteremmo semplicemente di più trasparenza e correttezza, per evitare il dilagare dell’anarco-tirannia in ciabatte.
Francesco Rondolini
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Immagine di Roberto Andreani via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic; immagine tagliata
Immigrazione
Le ciabatte degli immigrati e l’anarco-tirannia
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