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Vietnam, la Chiesa tra le ombre cinesi

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Il 1° novembre 2022 papa Francesco ha nominato padre Joseph Bui Cong Trac vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Ho Chi Minh City, l’arcidiocesi più popolosa del Vietnam. Le sfide sono grandi per il prelato all’interno di una Chiesa in perdita di dinamismo.

 

 

Padre Joseph Bui Cong Trac, rettore del Seminario maggiore St. Joseph di Ho Chi Minh City, meglio noto come Saigon, nel Vietnam meridionale, è diventato vescovo ausiliare di un’arcidiocesi con circa 900 sacerdoti e 6.000 religiosi per 700.000 cattolici e 203 parrocchie.

 

Nato nel 1965 nella parrocchia cattedrale di Dalat, padre Trac ha studiato filosofia e teologia al Seminario maggiore Saint Joseph di Saigon prima di essere ordinato sacerdote nel 1999.

 

Nell’arco di vent’anni, monsignor Trac è il sesto vescovo a venire da questo seminario, che sussiste nel Paese da 156 anni. Ma al di là delle apparenze, il cattolicesimo vietnamita sta vivendo l’inizio di un declino che potrebbe mettere a repentaglio il futuro.

 

Secondo i dati statistici del 2015, la Chiesa del Vietnam, che un tempo era definita «la figlia maggiore della Chiesa in Asia», con una media dell’8% di cattolici nel decennio del 1950, è oggi solo al quinto posto dietro le Filippine, a sud Corea, Timor Est e Libano. I cattolici ora rappresentano solo il 6,50% della popolazione.

 

Dopo la riunificazione del Paese sotto l’egida del regime comunista nel 1975, i cristiani hanno vissuto anni molto difficili, ma dagli anni ’80, con la perestrojka avviata da Mikhail Gorbaciov nell’ex Unione Sovietica, la situazione si è progressivamente allentata.

 

Oggi le chiese sono ancora molto impegnate, ma il clero nota che la pratica sta diminuendo tra i giovani, una categoria sempre più colpita da uno stile di vita occidentale e secolarizzato.

 

Ma per spiegare questo declino viene avanzata un’altra ipotesi: arriva da diversi sacerdoti e vescovi della diaspora vietnamita che, per la loro situazione, sono più liberi di parlare dei loro colleghi di casa.

 

Secondo loro, le concessioni che la Santa Sede ha dovuto fare dopo il 1975, di fronte al regime comunista, avrebbero avuto molteplici conseguenze, in particolare per quanto riguarda la scelta dei candidati all’episcopato, che vengono mantenuti tra i più docili con la dieta.

 

«Nell’era comunista in cui viviamo, il nostro Paese è minacciato dalla Cina, che si impadronisce dei nostri arcipelaghi e sconvolge tutti i nostri campi di attività. Dentro, la grande povertà rende insoddisfatta la popolazione».

 

«La Conferenza episcopale vietnamita mantiene il massimo silenzio, un atteggiamento che potrebbe essere un ostacolo che impedisce a molti non cristiani di entrare nella Chiesa, e che potrebbe anche escludere da essa molti cattolici», osserva Mons. Dominic. Mai Thanh Luong, Vescovo ausiliare Emerito della Diocesi di Orange County (USA).

 

Il prelato si rammarica anche del fatto che «sacerdoti e religiosi (sono) formati con riferimento alla cultura europea o americana», nei seminari «dove ci sono molti insegnanti e pochi formatori», senza contare che «l’apparente ricchezza mostrata da alcuni chierici e religiosi costituisce un vero ostacolo alla propagazione del Vangelo».

 

E monsignor Mai Thanh Luong ha fatto il collegamento tra la situazione della Chiesa in Vietnam e quella dei cattolici in Cina: «Sembra che stiamo applicando questa politica di concessioni nella Cina continentale. Speriamo che non succeda!»

 

Parole che suonano molto speciali all’indomani del rinnovo dell’accordo provvisorio tra la Santa Sede e il Regno di Mezzo.

 

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

 

 

 

Immagine di Giaoxuhoacuong via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

 

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Spirito

Il mese di Maria: la sua storia

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La dedicazione di un mese a una particolare devozione è una forma relativamente recente di pietà popolare, che non trova riscontro nella pratica generale fino al XVIII secolo.

 

Così il mese di San Giuseppe (marzo), iniziato a Viterbo, fu approvato da Pio IX il 12 giugno 1855; il mese del Rosario (ottobre), nato in Spagna, fu approvato da Pio IX il 28 luglio 1868 e raccomandato da Leone XIII (1883); il mese del Sacro Cuore (giugno), nato nel Convento di Notre Dame des Oiseaux di Parigi nel 1833 e promosso da Mons. de Quelen, fu approvato da Pio IX l’8 maggio 1873.

 

Il mese del SS. Nome di Gesù fu approvato da Leone XIII nel 1902 (gennaio), e il mese del Preziosissimo Sangue approvato da Pio IX nel 1850 (luglio); il mese dell’Addolorata fu approvato da Pio IX nel 1857 (settembre), il mese delle Anime del Purgatorio approvato da Leone XIII nel 1888 (novembre).

 

Il mese di Maria

Già nel XIII secolo ne troviamo menzione nei poemi a Maria (Cantigas de Santa Maria) del re Alfonso X di Castiglia, detto il Saggio (1252-1284). Paragona la bellezza di Maria a quella del mese di maggio. Nel secolo successivo, il beato domenicano Henri Suso aveva, nel tempo dei fiori, l’abitudine di intrecciare corone per offrirle, il primo giorno di maggio, alla Vergine.

 

Nel 1549 un benedettino, V. Seidl, pubblicò un libro intitolato Il mese spirituale di maggio, quando già san Filippo Neri esortava i giovani a mostrare speciale culto a Maria durante il mese di maggio, in cui radunava i fanciulli intorno all’altare della beata Vergine per offrirle, con i fiori di primavera, le virtù che aveva fatto sbocciare nelle loro giovani anime.

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La diffusione del «mese di Maria» deve molto ai gesuiti italiani che, all’inizio del XVIII secolo, pubblicarono numerose opere sull’argomento. Così il padre gesuita Alfonso Muzzarelli pubblicò nel 1785 a Ferrara (Italia) Il mese di Maria, osìa di Maggio consacrato a Maria SS., che ebbe larga diffusione. Offre meditazioni sulle virtù della Vergine per ogni giorno del mese di maggio.

 

I Camilliani rivendicano l’onore di aver inaugurato il mese mariano nella sua forma attuale, nel 1784. I Gesuiti ne sottolinearono l’aspetto familiare raccomandando che, alla vigilia del primo maggio, in ogni casa fosse eretto un altare a Maria, ornato di fiori, davanti al quale la famiglia si riuniva per recitare preghiere in onore della Beata Vergine ogni giorno del mese, prima di estrarre a sorte un biglietto che indicasse la virtù da praticare il giorno successivo.

 

Queste pratiche caddero in disuso negli anni ’70.

 

Il mese di Maria in Francia

Grazie all’opera dei Gesuiti, il «mese di Maria» giunse in Francia alla vigilia della Rivoluzione. La venerabile Luisa di Francia, figlia di Luigi XV e priora del Carmelo di Saint-Denis, ne fu una zelante propagatrice. Questa pratica ebbe un carattere generale solo con le missioni popolari della Restaurazione, e la sua approvazione ufficiale da parte della Santa Sede (21 novembre 1815).

 

Dopo i giansenisti, il clero costituzionale si oppose ferocemente a questa devozione e sappiamo che mons.Belmas, vescovo concordatario di Cambrai, già vescovo costituzionale dell’Aude, ne fu risoluto oppositore. Ma grazie all’approvazione di Pio VII, la devozione finì per trionfare.

 

Ricordiamo infine che, dal 10 febbraio 1638, la Francia è stata ufficialmente consacrata alla Beata Vergine in seguito al voto pronunciato dal re Luigi XIII.

 

Approfittiamo di questo mese a Lei dedicato per chiedere alla Madre del Salvatore la sua potente protezione su di noi, sulla nostra Patria e sulle nostre famiglie, e per pregarla di affrettare il trionfo del suo Cuore Immacolato.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine: Gerard David (circa 1450/1460–1523), La vergine tra le vergini, Musée des Beaux-Arts, Rouen

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Spirito

La Dignitas Infinita di papa Francesco contraddice la dottrina della Chiesa su pena di morte e sulla guerra: parla il vescovo Eleganti

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Renovatio 21 riporta questo testo del vescovo svizzero Marian Eleganti apparso su LifeSiteNews.   Si intitola Dignitas infinita l’ultimo documento del Dicastero per la dottrina della fede e attribuisce «dignità infinita» all’essere umano. Preferisco il termine «dignità inviolabile». Dovremmo invece riservare a Dio la categoria «infinito», perché si applica realmente solo a Lui. Tutte le creature sono «finite» o «contingenti». La «dignità infinita» per gli esseri umani sembra grandiosa e in qualche modo irrazionale.   Nel Libro della Genesi la pena di morte è giustificata dal fatto che l’uomo è fatto a immagine di Dio. Secondo il primo libro delle Sacre Scritture, se qualcuno uccide un altro essere umano, merita di morire. Perché? Perché ha misconosciuto la dignità di essere immagine di Dio nel prossimo e non ha rispettato l’inviolabilità ad essa connessa. Commettendo un omicidio, perde (latae sententiae) il proprio diritto alla vita. Viene punito con la morte.   La pena di morte viene così giustificata qui con la dignità dell’uomo come immagine di Dio, mentre nel documento del Dicastero per la Dottrina della Fede viene respinta con la stessa argomentazione. Questa è una contraddizione.   Papa Francesco e il suo protetto e ghostwriter, il cardinale Fernandez, con la loro posizione si allontanano dalla tradizione e si confrontano con grandi studiosi cattolici che hanno pensato diversamente al riguardo e hanno giustificato la dottrina tradizionale della guerra giusta e della pena di morte con criteri basati sulla giustizia in modo razionale vincolato dalla teologia della rivelazione.   Le loro argomentazioni dovrebbero essere affrontate e se ne dovrebbero fornire di migliori. Ma aspettiamo invano. Allora come può essere giustificata l’autodifesa dell’Ucraina se gli atti di guerra o le guerre non possono essere giustificate in nessun caso – nemmeno nell’autodifesa (cfr. la tradizionale dottrina della guerra giusta)? A questo scopo devono esistere criteri oggettivi e razionali. L’insegnamento tradizionale della Chiesa ce li ha forniti. Oggi riscriviamo semplicemente il catechismo.   Non sono un sostenitore della pena di morte, e l’esperienza di come e da chi è stata ed è praticata in tutto il mondo nel passato e nel presente dà motivo di metterla in discussione e rifiutarla in questa forma. Ma chi la mette al bando in ogni caso come ultima ratio, mette in discussione la Parola di Dio e, su questa base, la tradizione pedagogica della Chiesa. Presumono di saperne di più oggi. I dubbi sono appropriati.   Si ricorda (CCC [ Il Catechismo della Chiesa Cattolica ] 1997/2003):   2267 [sulla pena di morte] L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani.   Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.   Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo «sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti»( Evangelium Vitae 56).   2309 [sulla guerra giusta]: Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:   — che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;   — che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;   — che ci siano fondate condizioni di successo;   — che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.   Marian Eleganti Vescovo

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Ateismo fluido e magistero liquido

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Nel 1987 è apparso il libro La soft-ideologie, scritto da François-Bernard Huygue e Pierre Barbès.

 

I due autori hanno presentato il loro lavoro così: «i tempi sono duri, le idee sono morbide… L’ideologia morbida è affari e diritti umani…, il mercato azionario e la tolleranza, l’individualismo e la carità -rock, Tapie e Coluche…»

 

«Mescolata insieme ai resti intellettuali dei decenni precedenti, l’ideologia soft mescola management conservatore e sogni del Sessantotto, idee confuse e moralismo vago, inni alla modernità e ritorno agli ideali del XVIII secolo. Assicura un consenso apatico sull’essenziale. Promuove la rassegnazione alla forza delle cose ed esalta le piccole gioie».

 

Esiste una teologia morbida? Lo si potrebbe credere leggendo i documenti episcopali pubblicati alla vigilia delle prossime elezioni europee. Tutto va bene: rispetto e promozione della dignità di ogni persona umana, solidarietà, uguaglianza, famiglia e sacralità della vita, democrazia, libertà, sussidiarietà, salvaguardia della nostra Casa comune…

 

Troviamo tutti i «sovranisti del clima», come dicono alcuni vaticanisti ironici e disillusi.

 

Con più serietà, il cardinale Robert Sarah preferisce parlare di «ateismo fluido e pratico». Un ateismo fluido che «scorre nelle vene della cultura contemporanea», che «non pronuncia mai il suo nome ma si infiltra ovunque anche nei discorsi ecclesiali», il cui «primo effetto è una forma di letargo della fede: anestetizza la nostra capacità di reazione, di riconoscere l’errore, il pericolo. Si è diffuso in tutta la Chiesa».

 

Un ateismo pratico, conclude il cardinale Sarah, che si fonda essenzialmente «sulla paura di essere in contraddizione con il mondo». Sappiamo però che Gesù Cristo è «un segno esposto alla contraddizione» (Lc 2,34).

 

Inutile dire che, di fronte a questo «ateismo fluido», un «magistero liquido» non solo è impotente ma, peggio ancora, complice.

 

Tuttavia, a Saint-Pierre a Roma, se guardiamo il fregio della traversa della cupola, possiamo leggere a grandi lettere blu su fondo oro: Tu es Petrus et super hanc petram ædificabo Ecclesiam meam et tibi dabo claves Regni cælorum, «tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e ti darò le chiavi del Regno dei cieli» (Mt 16,18-19).

 

La Chiesa non è costruita sulla palude della postmodernità, ma sulla pietra. Su Pietro che è il Vicario di Cristo.

 

Abate Alain Lorans

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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