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Farmaci

Vedovo denuncia ospedale per aver rifiutato l’ivermectina alla moglie

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La famiglia di una donna morta dopo che un ospedale si è rifiutato di curarla con l’ivermectina ha intentato una causa per omicidio colposo. Lo riporta la testata americana Epoch Times.

 

Scott Mantel, la cui moglie Deborah Bucko è morta al Mount Sinai Hospital di Nuova York il 16 maggio 2021 per complicazioni legate al COVID-19, ha intentato causa a settembre. L’uomo sostiene che l’ospedale ha rifiutato di somministrarle l’ivermectina, che le era stata prescritta dal medico, asserendo che tale rifiuto ha contribuito alla sua morte.

 

Secondo l’accusa, il marito rimasto vedovo «aveva ricercato possibili trattamenti alternativi e ha letto diverse notizie su pazienti con grave malattia da COVID-19 che erano stati trattati con successo con ivermectina».

 

Nonostante le sue condizioni fossero inizialmente migliorate dopo aver ricevuto il farmaco su ordine del tribunale, la successiva decisione dell’ospedale di interrompere il trattamento ha portato ad un rapido peggioramento della sua salute, secondo la denuncia.

 

«Durante il trattamento con ivermectina e subito dopo, le funzioni respiratorie e cardiovascolari della signora Bucko hanno mostrato un miglioramento significativo e ha richiesto molto meno ossigeno, vasopressori e supporto ventilatorio, cosa chiaramente dimostrata nella sua cartella clinica», si legge nella causa. «Grazie all’ivermectina, la signora Bucko era sulla buona strada per la guarigione».

 

La causa di Mantel non chiede solo un risarcimento per sé e per i suoi due figli, ma anche un risarcimento danni punitivi contro l’ospedale, scrive ET. L’affermazione è che la sospensione dell’ivermectina da parte del Mount Sinai dopo che era stata prescritta costituiva una violazione delle cure mediche standard, riporta Epoch Times.

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L’avvocato di Mantel, Steven Warshawsky, afferma che il rifiuto dell’ospedale di conformarsi al trattamento ordinato dal tribunale, soprattutto considerando il miglioramento iniziale del paziente, era contrario al miglior interesse del paziente e all’integrità del rapporto medico-paziente.

 

«All’inizio della pandemia ci sono state molte azioni legali per ottenere ordinanze del tribunale che richiedessero agli ospedali e ai medici di curare i pazienti con ivermectina, ma qui c’è una situazione in cui sono stati emessi ordini e l’ospedale non li ha rispettati pienamente nonostante il paziente che mostra progressi dell’ivermectina», ha detto l’avvocato al giornale americano.

 

La controversia sull’uso dell’ivermectina come trattamento per il COVID-19 è stata una questione controversa all’interno della comunità medica. Nonostante ciò, nell’agosto 2023 un avvocato della FDA ha confermato alla Corte d’Appello del 5° Circuito degli Stati Uniti che i medici sono legalmente autorizzati a prescrivere l’ivermectina per il trattamento del COVID-19.

 

«La FDA riconosce esplicitamente che i medici hanno l’autorità di prescrivere l’ivermectina per trattare il COVID», ha affermato Ashley Cheung Honold, un avvocato del Dipartimento di Giustizia che rappresenta la Food and Drug Administration (FDA), in una dichiarazione alla Corte d’Appello del 5° Circuito.

 

L’esito della causa legale di Mantel potrebbe avere implicazioni per casi futuri in cui vi sia un conflitto tra le politiche ospedaliere e i trattamenti che i medici desiderano prescrivere.

 

L’efficacia dell’ivermectina nell’impedire la morte da COVID è stata dichiarata, secondo uno studio, del 92%.

 

In un bizzarro risvolto della storia del crack del banco di criptovalute FTX, è emerso che il mega-bancarottiere recentemente condannato Sam Bankman-Fried, secondo grande donatore del Partito Democratico USA dopo George Soros, potrebbe aver finanziato studi contro ivermectina e idrossiclorochina.

 

Per capire la magnitudine dell’insabbiamento riguardo l’ivermectinaRenovatio 21 ha condiviso un breve video inglese sottotitolato in italiano, di cui consigliamo la visione.


La censura sull’ivermectina ha colpito anche il popolarissimo podcaster Joe Rogan, accusato dalla CNN di aver utilizzato, una volta malato di COVID, uno «sverminatore per cavalli».

 

Tuttavia, giudici e senati di stati americani hanno portato per legge la sanità alla possibilità di somministrare il farmaco ai pazienti.

 

Tutto questo mentre si registravano casi come quello di città del Messico, dove le morti per COVID sono crollate dopo la somministrazione massiva di ivermectina alla popolazione.

 

Come ha avuto a dire il dottor McCullough su vaccinazioni obbligatorie e proibizione dell’ivermectina, potrebbe trattarsi di una «collusione globale» per «causare tutti i danni e le morti possibili».

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Ambiente

Gli aborti chimici stiano contaminando le riserve idriche

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Secondo un nuovo rapporto sconvolgente pubblicato questa settimana da Liberty Counsel Action, più di 40 tonnellate di resti di feti abortiti e sottoprodotti della pillola abortiva sono infiltrati nelle riserve idriche americane. Lo riporta LifeSiteNews.   Il rapporto di 86 pagine esamina un’ampia varietà di documenti e ricerche per individuare gravi carenze nella supervisione del modo in cui l’industria dell’aborto smaltisce i suoi «rifiuti medici», a partire da una fatale previsione errata nell’approvazione originale del mifepristone da parte della Food & Drug Administration (FDA) statunitense, secondo cui il farmaco avrebbe avuto solo un impatto ambientale minimo, con la questione dello smaltimento ampiamente trascurata, sia per i sottoprodotti chimici delle pillole stesse, sia per lo smaltimento dei resti dell’aborto nei bagni delle utilizzatrici dopo l’uso.   «Come altri farmaci noti per causare effetti avversi sul nostro ecosistema, il mifepristone forma metaboliti attivi», spiega il rapporto. «Questi metaboliti possono mantenere gli effetti terapeutici del mifepristone anche dopo essere stati escreti dagli esseri umani e contaminati dagli impianti di trattamento delle acque reflue (WWTP), la maggior parte dei quali non è progettata per rimuoverli».

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«Sfortunatamente, dopo essere passati attraverso gli impianti di trattamento delle acque reflue, alcuni farmaci sono stati trovati nell’acqua potabile americana. Data la mancanza di ricerche sui metaboliti del mifepristone nel nostro ambiente, i loro possibili effetti avversi sul nostro ecosistema e sugli esseri umani che potrebbero assumerli sono sconosciuti».   Uno di questi effetti, tuttavia, potrebbe essere l’infertilità, dato che il mifepristone blocca il progesterone, l’ormone della fertilità.   Gli autori citano una stima, tratta dall’iniziativa «This Is Chemical Abortion» («Questo è l’aborto chimico») di Students for Life, secondo cui «fino a 40 tonnellate di rifiuti medici contaminati chimicamente – tessuti umani, placenta e sangue (bambini abortiti e relativi sottoprodotti) vengono scaricati nei nostri corsi d’acqua», un problema di cui la maggior parte delle normative statali e locali non tiene conto, consentendo di fatto all’industria della pillola abortiva di «utilizzare gli impianti di trattamento delle acque reflue come strutture di fatto per i rifiuti medici per decenni».   Il rapporto ha osservato che la stessa Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti (EPA) spiega che gli impianti standard di trattamento delle acque reflue «non sono progettati per rimuovere i prodotti farmaceutici». LC Action ha aggiunto che «gli impianti di trattamento delle acque reflue non sono destinati al trattamento di resti fetali (esistono impianti per rifiuti medici a questo scopo), sebbene finiscano per servire a questo scopo poiché i resti fetali derivanti da aborti chimici vengono spesso scaricati nella rete fognaria».   «Gli impianti di trattamento delle acque reflue non sono tenuti a rimuovere tutta la materia organica, né lo fanno», continua lo studio. «Come sottolineato in un manuale sul trattamento delle acque reflue dell’EPA, ‘i processi di trattamento secondario possono rimuovere fino al 90% della materia organica presente nelle acque reflue utilizzando processi di trattamento biologico’ (enfasi aggiunta). Implicitamente, circa il 10% della materia organica presente nelle acque reflue – che può includere biomassa fetale (inclusi i metaboliti del mifepristone che hanno causato l’aborto chimico) – non viene rimosso (si considerino, ad esempio, frammenti microscopici di pelle o altri resti fetali organici)».  
  Il rapporto sostiene che sia i governi federali che statali debbano aggiornare le proprie normative sullo smaltimento dei resti fetali e invita il Congresso a «tenere udienze e richiedere ricerche aggiornate sui nostri oceani, laghi e fiumi, cercando informazioni concrete su se e come le pillole abortive chimiche e i relativi sottoprodotti (crani in via di sviluppo, placente, altri resti fetali, ecc.) stiano avendo un impatto sull’ambiente, in particolare per determinare se stiano influenzando negativamente la salute e la vitalità di esseri umani e animali attraverso possibili malattie o anomalie emergenti (o abbiano il potenziale per farlo). Analogamente, l’EPA dovrebbe richiedere analisi e monitoraggio delle nostre riserve idriche per la presenza di metaboliti del mifepristone, in modo simile a quanto avviene per le “sostanze chimiche eterne”» come i PFAS, già noti per la diffusione ambientale e per i possibili effetti sterilizzanti oltre che cancerogeni.   Mat Staver, presidente di Liberty Counsel Action, ha aggiunto che la sua organizzazione ha già iniziato a incontrare «funzionari di alto livello a Washington, DC» per discutere la questione.   Dodici Stati USA attualmente vietano tutti o la maggior parte degli aborti. Tuttavia la lobby abortista sta lavorando febbrilmente per annullare questi deterrenti con una varietà di tattiche, in particolare la distribuzione non regolamentata e senza supervisione di contraccettivi e pillole abortive oltre i confini statali, indipendentemente dai rischi per le donne che presumibilmente servono, scrive LifeSite.   Non si tratta della prima volta che vengono lanciati gli allarmi sull’inquinamento dei fiumi da parte della pillola abortiva RU486, detta anche «pesticida umano».

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Come riportato da Renovatio 21, le acque di tutto il mondo sono inquinate da fortemente dalla pillola anticoncenzionale, un potente steroide usato dalle donne per rendersi sterili, che viene escreto con l’orina con effetto devastante sui fiumi e sulla fauna ittica. In particolare, vi è l’idea che la pillola starebbe facendo diventare i pesci transessuali.   Danni non dissimili sono stati rilevati per gli psicofarmaci, con studi sui pesci di fiume resi «codardi e nervosi».   Nonostante i ripetuti allarmi sul danno ambientale dalla pillola, le amministrazioni di tutto il mondo – votate, in teoria, all’ecologia e alla Dea Gaia – continuano con programmi devastatori, come quello approvato lo scorso anno a Nuova York di distribuire ai topi della metropoli sostanze anticoncezionali. A ben guardare, non si trova un solo ambientalista a parlare di questa sconvolgente forma di inquinamento, ben più tremenda di quello delle auto a combustibile fossile.   Ad ogni modo, come Renovatio 21 ripeterà sempre, l’inquinamento più spiritualmente e materialmente distruttore è quello dei feti che con l’aborto chimico vengono espulsi nel water e spediti via sciacquone direttamente nelle fogne, dove verranno divorati da topi, pesci, insetti, anfibi e altri animali del sottosuolo.   Su questo non solo non si trovano ambientalisti a protestare: mancano, completamente, anche i cattolici.

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Farmaci

La UE dice che l’Ozempic può causare cecità improvvisa

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L’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha concluso che i farmaci a base di semaglutide, tra cui Ozempic, Wegovy e Rybelsus, aumentano il rischio di una grave patologia oculare che può portare alla perdita improvvisa della vista.

 

A seguito di un’analisi completa della sicurezza, il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (PRAC) dell’EMA ha stabilito venerdì che la neuropatia ottica ischemica anteriore non arteritica (NAION) deve essere elencata come effetto collaterale «molto raro» del semaglutide, il componente principale dei farmaci dimagranti e antidiabetici prodotti da Novo Nordisk, l’azienda divenuta vero traino per l’intera economia della Danimarca.

 

La revisione dell’organismo di controllo sanitario dell’UE, avviata a gennaio 2025, ha analizzato dati provenienti da studi clinici, sorveglianza post-marketing e letteratura medica. I risultati suggeriscono che gli adulti con diabete di tipo 2 che assumono semaglutide hanno un rischio circa doppio di sviluppare NAION rispetto a quelli che non assumono il farmaco. La classificazione degli effetti collaterali come «molto rari» indica che la condizione può interessare fino a 1 utilizzatore su 10.000.

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La NAION è la seconda causa più comune di cecità correlata al nervo ottico dopo il glaucoma. Ai pazienti che manifestano una perdita improvvisa della vista o un rapido peggioramento della vista durante l’assunzione di semaglutide si consiglia di consultare immediatamente un medico e di interrompere l’uso in caso di diagnosi di NAION.

 

L’azienda danese Novo Nordisk detiene il brevetto per il semaglutide, un agonista del recettore GLP-1 utilizzato per la gestione del diabete di tipo 2 e dell’obesità. Agisce aumentando la secrezione di insulina e favorendo il senso di sazietà, contribuendo così al controllo della glicemia e alla gestione del peso.

 

Uno studio recente ha inoltre indicato che Ozempic e farmaci simili possono aumentare il rischio di cancro al rene. Tuttavia, si ritiene che i farmaci riducano il rischio di oltre una dozzina di altri tumori, suggerendo che il loro beneficio complessivo potrebbe comunque superare i rischi. Inoltre, l’EMA ha precedentemente indagato le segnalazioni di pensieri suicidari associati all’uso di semaglutide, sebbene non sia stata stabilita alcuna relazione causale definitiva.

 

Le raccomandazioni dell’EMA saranno ora esaminate dal Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) prima che la Commissione Europea adotti una decisione definitiva. Novo Nordisk, che all’inizio di quest’anno è stata detronizzata dal titolo di azienda di maggior valore in Europa, ha dichiarato il suo impegno per la sicurezza dei pazienti e sta collaborando con l’EMA per aggiornare di conseguenza le etichette dei prodotti.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, il rischio della cecità come effetto collaterale dell’Ozempic era stato segnalato mesi fa, andandosi ad aggiungere ad una lista crescente di effetti collaterali del farmaco.

 

Uno studio dell’anno scorso notava che le persone che assumono Ozempic e Wegovy (un’altra medicina simile, prodotta da un’altra farmaceutica) hanno il 45% in più di probabilità di avere pensieri suicidi, una correlazione possibile emersa ancora due anni fa agli inizi della distribuzione del farmaco.

 

Nel 2023 la Food and Drug Administration (FDA), ente regolatore del farmaco negli Stati Uniti, aveva avvertito che l’Ozempic – approvato per il diabete ma usato off label per la perdita di peso – e Wegovy dovrebbero essere interrotti almeno due mesi prima della gravidanza, ma questi avvertimenti sono sepolti e i test a lungo termine non saranno completati per anni.

 

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Immagine di Chemist4U via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

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Farmaci

Studio dimostra le menzogne sulla sicurezza della pillola abortiva

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Un nuovo studio del Charlotte Lozier Institute intitolato «Origini e proliferazione di paragoni infondati sulla sicurezza del mifepristone», pubblicato il 24 maggio, tuttavia, smentisce tale affermazione, concludendo che «non esiste alcun confronto scientificamente valido tra mifepristone e Tylenol». Il Tylenol è il marchio del farmaco con cui negli USA si vende il paracetamolo. Lo riporta LifeSite.   Lo studio ha osservato che l’industria dell’aborto basa la sua affermazione sui tassi di mortalità, ignorando altri «eventi avversi gravi come emorragie abbondanti e forti dolori addominali, che sono fondamentali per una valutazione olistica della sicurezza».   «Da anni ormai, l’affermazione della lobby abortista secondo cui i farmaci abortivi sono “più sicuri del Tylenol” ha dominato il dibattito pubblico, alimentata dall’illusione di un consenso scientifico. Tuttavia, non esiste alcun sostegno del genere», ha affermato Cameron Louttit, autore dello studio e direttore del dipartimento di scienze della vita presso lo Charlotte Lozier Institute.

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«Questa affermazione infondata, ripetuta da società mediche, politici, esperti dei media e ricercatori, ha profondamente influenzato l’opinione pubblica e le politiche. Ma, come spiega questo articolo, coloro che la diffondono non hanno le prove che affermano abitualmente».   Secondo lo studio, «nel ridurre complesse considerazioni sulla sicurezza a confronti semplicistici che sfruttano parametri del tutto incomparabili, queste affermazioni violano sistematicamente le norme e i regolamenti che informano la comunicazione biomedica basata sull’evidenza. Non solo i confronti tra il Mifepristone e altri farmaci hanno fallito il loro dovere di valutare adeguatamente questa impossibilità, ma hanno anche dimostrato un totale disprezzo per la necessità di comunicare informazioni complete e veritiere sulla sicurezza a pazienti, decisori politici, giuristi e pubblico».   «L’affermazione che i farmaci abortivi siano più sicuri del Tylenol è uno slogan sconsiderato, privo di fondamento scientifico. Eppure, questa affermazione viene aggressivamente promossa dai media tradizionali e dai politici, concentrati nel promuovere un programma pro-aborto e nell’eliminare le garanzie sui farmaci responsabili della maggior parte degli aborti negli Stati Uniti», ha dichiarato al Daily Caller Katie Daniel di Susan B. Anthony Pro-Life America.   «Per non parlare del fatto che la decisione dell’amministrazione Biden di eliminare l’obbligo di distribuzione di persona ha alimentato un mercato online di farmaci non regolamentato, il tutto in nome di una convenienza ideologica. Gli americani meritano politiche basate sull’evidenza, non slogan politici che mettono a rischio la vita delle donne».  
  Le prove della pericolosità della pillola abortiva sono state a lungo sia evidenti che ignorate. In un’analisi pubblicata sulla testata cattolica americana First Things all’inizio di questo mese, intitolata «Il caso contro la pillola abortiva», Rachel Roth Aldhizer ha scritto:   «La FDA afferma che questo processo è sicuro, con un tasso di complicazioni estremamente basso. Ma c’è un’altra storia: una in cui un bambino muore e il corpo di una donna diventa un danno collaterale nella guerra culturale. Questa è una storia in cui una donna ha quasi tre volte più probabilità di morire nell’anno successivo a un aborto rispetto all’anno successivo a un parto».   «In questa storia, gli aborti farmacologici inducono un processo innaturale, in cui fino al 20% delle donne subisce una complicazione, quattro volte il tasso di complicazioni dell’aborto chirurgico. La procedura di aborto farmacologico è progettata per nascondere gli eventi avversi e scoraggiare il follow-up delle pazienti. Le donne che desiderano abortire ricevono standard di assistenza inferiori rispetto alle donne che hanno subito un aborto spontaneo, nonostante i sostenitori affermino che aborto spontaneo e aborto chimico siano gli stessi processi fisiologici con un identico regime di trattamento».   L’analisi di Aldhizer è in linea con un recente studio di Ethics and Public Policy (EPPC) condotto da Jamie Bryan Hall e Ryan T. Anderson dell’Ethics and Public Policy Center, che ha esaminato un database di richieste di risarcimento assicurativo statunitensi dal 2017 al 2023, contenente oltre 865.000 casi di prescrizione di pillole abortive.

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Hall e Anderson hanno scoperto che quasi l’11% delle donne ha avuto gravi complicazioni dopo l’assunzione della pillola abortiva, tra cui emorragie gravi, infezioni, sepsi o rottura delle tube di Falloppio; il Segretario della Salute e dei Servizi Umani Robert F. Kennedy Jr. ha descritto i dati come «allarmanti».   Come riportato da Renovatio 21, lo stesso Kennedy ha confermato che Trump gli ha chiesto di studiare i pericoli della pillola abortiva.   Come riportato da Renovatio 21, tre anni fa più di 200 dirigenti farmaceutici, tra cui il CEO di Pfizer Albert Bourla, hanno firmato una lettera aperta in cui condannano la sentenza di un giudice federale americano contro l’approvazione da parte dell’ente regolatore farmaceutico Food & Drug Administration (FDA) del farmaco abortivo mifepristone, più conosciuto con il nome di RU486.   Dopo la sentenza della Corte Suprema Dobbs che ha di fatto negato che l’aborto sia un diritto federale, molta della battaglia dei pro-feticidio si è spostata sull’aborto farmacologico, che promette di far da sé a casa senza passare per strutture sanitarie. Alcuni giornali americani – gli stessi che hanno negato l’efficacia di idrossiclorochina e ivermectina e imposto i vaccini mRNA, in sprezzo al diritto di curarsi da sé – sono arrivati addirittura a promuovere pillole abortive fai-da-te.  
  «Le prove contro la pillola abortiva erano già solide. Il mifepristone uccide i bambini nel grembo materno; danneggia anche le loro madri. È ora che il governo agisca in base a queste prove. Delle vite dipendono da questo» scrive LifeSite.   Il farmaco, ricorda il caso delle email trapelate recentemente dalla sanità britannica, può avere conseguenze mortali: si può chiedere, al di là delle statistiche e degli episodi che potete vedere negli articoli linkati, nel caso dell’attivista abortista argentina 23enne morta pochi giorni dopo aver assunto il farmaco per uccidere il figlio concepito nel suo grembo – certo, magari, anche qui, non c’è nessuna correlazione.   L’aborto domestico-biochimico aveva avuto una grande spinta in pandemia, con le pillole della morte ottenibili per via postale in Gran Bretagna: una gran idea che la sanità di Sua Maestà ha deciso di estendere anche nel periodo post pandemico.   In Italia l’era dell’aborto chimico fai-da-te fu annunciata, sempre in pandemia, dal ministro della Salute Roberto Speranza, che cambiò la direttiva per rendere il suo uso possibile anche senza ricovero.   Nel 2023, la pillola abortiva rappresentava il 63% degli aborti e organizzazioni come Planned Parenthood diffondono la bugia secondo cui l’aborto farmacologico è sicuro quanto farmaci comuni come il Tylenol. Sul suo sito web, Planned Parenthood afferma che la pillola abortiva è in realtà «più sicura di molti altri farmaci come la penicillina, il Tylenol e il Viagra». Si sono riportati casi di accumulo della pastiglia mortifera nel terrore che l’amministrazione Trump la vieti.

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Come sottolinea sempre Renovatio 21, i resoconti sulla pillola abortiva – che il Nobel Jerome Lejeune chiamava «il pesticida umano» – sia nelle versioni dei feticidi che in quella dei sedicenti pro-life manca di una parte fondamentale: il viaggio del bambino espulso nel water e nelle fogne.   La verità sulla pillola abortiva l’ha detta ad una convention dei conservatori americani il mese scorso l’attivista Abby Johnson, un tempo manager di una clinica per aborti, ora convertitasi alla difesa della vita umana. Le donne che prendono la pillola dell’aborto «stanno mettendo questi bambini nel water, bambini completamente formati – 12, 14, 16 settimane di gravidanza – forse hanno un’emorragia nel loro bagno, incapaci di raggiungere una struttura di pronto soccorso, guardano nella toilette e vedono il bambino loro completamente formato che galleggia lì nella water» ha dichiarato la Johnson.   Il «bambino pienamente formato», una volta scaricato tirando l’acqua, finisce nelle fogne. E qui, oltre agli escrementi di altri esseri umani e ad ogni altra sozzura, troverà delle creature ben felici di incontrarlo – per divorarlo.   Topi, rane, pesci… festeggiano la RU486, che tanta carne umana tenere e prelibata fa giungere loro senza che facciano alcuno sforzo, nella plastica immagine della catena alimentare ribaltata: le bestie mangiano gli esseri umani.  

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