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Vaccino COVID e obiezione di coscienza

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Renovatio 21 pubblica questo testo dell’avvocato Maria Cecilia Peritore. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21. Dell’avvocato Peritore Renovatio 21 aveva già pubblicato le «Considerazioni sull’utilizzo di linee cellulari provenienti da bambini abortiti allo stadio fetale».

 

 

 

1. PREMESSA

 Che la coscienza possa obiettare qualcosa al cospetto di una legge ingiusta, è storia antica (ben chiara a Sofocle, nella sua Antigone); che, tuttavia, solo in epoca molto recente ha trovato un concreto sviluppo concettuale e, di riflesso, giuridico. 

 

   Si dice infatti: dura lex sed lex, e con ciò non si allude tanto alla «durezza» di conseguenze previste per legge e percepite come giuste, quanto piuttosto ad una norma difficile da digerire, a conseguenze che la coscienza non accetta. Perché, appunto, la norma non è da tutti condivisa nel suo sostrato etico.  

 

La legge è il terreno sul quale si incontrano, o si scontrano, ovvero dialetticamente si rapportano, persona, società civile e Stato: la persona con la sua coscienza individuale e le sue motivazioni etiche, religiose, esistenziali; la società civile, con i convincimenti di liceità/illiceità diffusi in un certo tempo e in un certo luogo; lo Stato, con le sue prerogative/incombenze di ordine pubblico. Dalla tensione tra queste componenti scaturiscono norme alle quali si deve tributare obbedienza e, a certe condizioni, si può consentire disobbedienza.

 

La necessità di porre in equilibrio normatività, convinzioni socialmente condivise e libertà di coscienza delle minoranze si pone in maniera a volte addirittura drammatica nei settori della vita dell’uomo che diritto ed etica si trovano a condividere. Ad esempio la questione della coscienza viene fuori prepotentemente quando è «questione di vita o di morte»: aborto, eutanasia, uso delle armi, ecc.. 

 

L’interrogativo che pongo è se, in relazione ai vaccini anti SARS-CoV-2, sia ammissibile una obiezione di coscienza, e se essa debba essere necessariamente riconosciuta con legge per essere azionata.   

 

 

2.L’art. 32 della Costituzione e i vaccini obbligatori in Italia; la disobbedienza civile

Secondo l’art. 32 della Costituzione «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». 

 

Nella mens della Costituente il principio di riserva di legge era il «ferro dietro la porta» dell’ordine democratico: se le leggi le fa il Parlamento e il Parlamento è eletto dal popolo, nessun governo potrà imporre leggi non accettate dal popolo (salvo le ipotesi residuali della decretazione d’urgenza), trasformando la democrazia in tirannide. Ed in ogni caso, ancor più inviolabile della riserva di legge, vi è il principio costituzionale del rispetto della persona umana. 

 

La materia dei vaccini obbligatori in Italia è stata affrontata di recente, prima della cd. pandemia, dalla Legge 119/2017, che ha stabilito l’obbligatorietà di alcuni vaccini per la popolazione tra 0 e 16 anni. Conseguenze previste della mancata vaccinazione: mancata ammissione agli asili nido e alle scuole materne fino a 6 anni. Dopo i 6 anni il minore non vaccinato viene ammesso a scuola, i genitori devono dare comunicazione della scelta e possono essere colpiti da sanzione amministrativa da 100 a 500 euro. Il pagamento della sanzione estingue l’obbligo. 

 

Pur essendo un’obbligatorietà sanzionata in modo lieve, la Corte Costituzionale ha a suo tempo stabilito i tre punti fermi affinché l’obbligo vaccinale possa essere ritenuto conforme ai principi costituzionali: 

 

1) il vaccinato non deve essere danneggiato dal trattamento;

 

2) il vantaggio per la collettività deve essere certo;

 

3) deve essere previsto un equo indennizzo per gli eventi avversi.  

 

Dunque, in riferimento ai vaccini per la popolazione scolastica, soppesando le restrizioni e le sanzioni imposte agli obiettori e i requisiti per la legittimità dell’obbligo, pare sia stata e sia concretamente consentita la disobbedienza civile, intesa come scelta dissidente operata da una minoranza per ragioni anche non di coscienza (ad es., salute individuale, etc.).  

 

È interessante osservare come in quel caso il pagamento della sanzione (ma, in verità, non trovo notizia dell’avvio di alcun procedimento sanzionatorio: sic!) estingua l’obbligo vaccinale. 

 

Appare evidente, e a mio giudizio suscettibile di verifica costituzionale, la disparità di trattamento tra chi è contro i vaccini «scolastici» e chi è contro il vaccino anti-SARS-CoV-2: mentre i primi sono sanzionati soltanto con l’impedimento alla frequenza dei bimbi negli asili nido e, successivamente, con il pagamento di una modesta sanzione pecuniaria che estingue l’obbligo, i secondi sono stati impediti nell’attività lavorativa e, pur pagando la sanzione, non estinguono l’obbligo. 

 

La concreta possibilità di agire secondo il proprio personale convincimento, pur subendo qualche disagio, non viene riconosciuta a chi è contro il vaccino anti SARS–Co-2, nonostante la malattia in questione sia, per gravità e diffusività, certamente meno grave rispetto a malattie come la poliomielite, la difterite, etc.

 

Quindi, già in relazione alla possibilità di praticare la disobbedienza civile (bacino più ampio dell’obiezione di coscienza, caratterizzata da motivazioni etico-religiose), si evidenzia una disparità di trattamento a mio avviso illegittima.  

 

 

3. Obiezione di coscienza: definizione e riconoscimenti di legge in Italia

L’obiezione di coscienza (la parola «obiezione» deriva dal latino obicĕre: contrapposizione, rifiuto) si definisce come il rifiuto di obbedienza ad una legge o ad un comando dell’autorità perché considerato in contrasto con i principi e le convinzioni personali, di carattere etico – religioso, radicati nella propria coscienza individuale.

 

L’obiezione di coscienza in Italia coincide in origine con l’opposizione, e conseguente renitenza, alla leva obbligatoria; dopo molti processi e molte condanne, grazie soprattutto all’opera di 2 sacerdoti cattolici, don Ernesto Balducci e don Lorenzo Milani, e del Sindaco di Firenze Giorgio La Pira, fu riconosciuta con l. 772/72.

 

Il diritto all’obiezione fu poi riconosciuto ai sanitari dalla legge sull’aborto, la 194/78; successivamente, con l. 413/93 fu riconosciuto in relazione alla sperimentazione sugli animali; infine, con l. 40/2004 in relazione alla procreazione medicalmente assistita.  

 

 

4. La libertà di coscienza come valore costituzionale: gli artt. 2, 13, 19 e 21

L’obiezione di coscienza, pur non espressamente prevista dalla Costituzione, è un diritto costituzionalmente tutelato.

 

Ciò si desume dall’art 2 Cost., che attribuisce alla libertà di coscienza il rango di diritto inviolabile; dall’art 19 Cost. in tema di libertà religiosa, intesa come specificazione della libertà di coscienza; dall’art. 13 Cost. in tema di libertà personale, ivi ricomprendendosi anche la libertà morale; dall’art. 21 Cost. in tema di libertà di pensiero e di espressione in quanto manifestazioni della personalità umana.

 

 

5. Il diritto all’obiezione: secundum legem, praeter legem o contra legem?

Ma in che modo il diritto all’obiezione di coscienza può essere reso effettivo, operativo?    

 

La domanda che si pone è se l’obiezione di coscienza debba necessariamente essere riconosciuta caso per caso dalla legge (sono i casi sopra riportati), ovvero se possa essere riconosciuta, quale diritto costituzionalmente garantito, a prescindere dalla esistenza di una norma positiva o addirittura contro di essa. In effetti, oltre alle quattro ipotesi codificate (aborto, servizio militare, ecc.), sono individuabili alcune ipotesi di estensione interpretativa della normativa (ad es., il farmacista per la vendita della pillola abortiva). E sono poi configurabili ipotesi di obiezione del tutto nuove, dipendenti dalle nuove possibilità offerte dalla biomedicina (ad es., utero in affitto). 

 

L’obiezione di coscienza rispetto al vaccino obbligatorio anti SARS–Cov–2 dovuta a motivazioni etico-religiose pro vita potrebbe essere una nuova ipotesi non prevista dalla legge.

 

 

6. La soluzione: il diritto di obiettare

Secondo autorevoli giuristi (Mantovani), ancorare l’effettività dell’obiezione di coscienza alla previsione legislativa di specifiche ipotesi non suscettibili di estensione analogica rappresenta un vulnus alla Costituzione, che appunto prevede, agli articoli sopra riportati, il diritto alla libertà di coscienza come diritto della persona, generale, effettivo ed immediatamente azionabile. 

 

Considerare la necessità di una espressa previsione di legge caso per caso significa configurare l’obiezione di coscienza in termini di eccezione, ossia di beneficio concesso al singolo in via eccezionale rispetto ad una generale previsione di obbedienza alla legge; convincimento errato, poiché l’obiezione non è la concessione speciale fatta dallo Stato ad una minoranza, ma una diversa regolamentazione motivata dalle qualità soggettive della persona dell’obiettore, ossia, da una particolare qualità della sua coscienza. 

 

Aderire alla tesi più restrittiva, peraltro, comporterebbe indubbie iniquità applicative: la storia dell’obiezione di coscienza è costellata di condanne subite da tanti a causa della formale violazione di leggi per le quali solo dopo molti anni fu consentita l’obiezione: pensiamo alla questione della renitenza alla leva, risolta con legge dopo circa un secolo di condanne e battaglie.

 

Tra l’altro, nuove acquisizioni scientifiche in materia di biomedicina sono e saranno all’origine di situazioni nuove, che impongono al singolo scelte rilevanti dal punto di vista etico –religioso: penso all’utero in affitto, all’eutanasia, etc.

 

È quindi da ritenere preferibile la configurazione di un diritto generale all’obiezione di coscienza non tipizzato in ipotesi specifiche normativamente previste quale numerus clausus, ma ancorato a presupposti e requisiti costitutivi, regolato nel suo concreto esercizio, limitato per non entrare in conflitto con altri principi di rango costituzionale.

 

Ciò consentirebbe la tutela della libertà di coscienza in tutte le ipotesi anche non specificamente previste dalla legge, purché ne ricorrano i requisiti generali di ammissibilità, requisiti che consentono di evitare l’eccessiva soggettivizzazione. 

 

 

7. Requisiti 

I requisiti per il riconoscimento di legittimità della condotta di obiezione potrebbero essere:

 

1)l’esistenza di un conflitto tra due interessi costituzionalmente garantiti; 

 

2) l’esistenza di motivazioni etico – religiose e non meramente utilitaristiche espresse con pubblica evidenza e in tempo antecedente ai fatti;

 

3) la salvaguardia del principio di bilanciamento tra interessi contrapposti.  

 

In questo modo verrebbe ad essere salvaguardata l’effettività della libertà di coscienza nei casi in cui essa «vive» il conflitto con maggiore drammaticità, mentre le posizioni non radicate nella coscienza morale come espressione di diritti indisponibili ma dovute ad un mero giudizio di valore /disvalore/ utilità sarebbero ricondotte nell’alveo della disobbedienza civile.

 

 

8. L’utilizzo di cellule provenienti da aborti volontari nei vaccini: una possibile obiezione? 

È ormai notorio che nello sviluppo, nella produzione ovvero nella sperimentazione (test) di molti vaccini, e segnatamente di quelli contro il COVID-19 siano utilizzate linee cellulari ricavate da materiale biologico proveniente da organi o tessuti prelevati da bambini abortiti volontariamente.

 

La questione della liceità morale dell’utilizzo di tali farmaci da parte degli utenti finali e la verifica della loro «compatibilità» con la condanna dell’aborto espressa costantemente dalla Chiesa Cattolica è stata affrontata dalle Istituzioni Pontificie (Pontificia Accademia per la Vita e Congregazione per la Dottrina della Fede) fin dal 2005, e da ultimo con la Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-COVID-19 del 21 dicembre 2020. Tale documento «assolve» pienamente la coscienza del cattolico a tal proposito, sulla scorta di una considerazione del carattere «remoto» della cooperazione compiuta con la condotta di utilizzo del farmaco rispetto al male rappresentato dall’aborto; del resto è nota la posizione assunta dal Vaticano in ordine alla campagna vaccinale.

 

Ma non poche voci di Vescovi si sono levate proponendo una diversa impostazione della questione morale, che per molti cattolici resta irrisolta ovvero risolta in modo difforme dal documento vaticano, ovvero con il radicale rifiuto di farmaci che prevedano l’impiego, in qualsiasi fase, di linee cellulari fetali.        

 

Senza voler approfondire qui questo specifico aspetto, e rinviando per chi vuole al mio articolo del 7 luglio 2021 pubblicato sul sito di Renovatio 21, le ragioni poste a fondamento del rifiuto della inoculazione di tali farmaci da parte di molti cristiani appaiono serie e profondamente radicate nella coscienza morale.

 

Infatti non persuade la considerazione, propria dell’Istituzione vaticana, secondo la quale l’utilizzo di linee cellulari preparate a partire da tessuti prelevati mediante dissezione di bambini abortiti non rappresenta in sé una condotta di partecipazione al male in quanto si tratterebbe di cooperazione remota, materiale e passiva.

 

Non persuade perché, quand’anche non vi fosse collegamento causale tra la condotta  di chi pratica l’aborto e la condotta di chi si giova del prodotto abortivo, sarebbe pur sempre ravvisabile, da parte di quest’ultimo soggetto, un atto di appropriazione e di vantaggio tratto dal frutto dell’illecito che non appare né occasionale né irrilevante. In diritto sono ben note varie forme di partecipazione illecita al reato altrui, che non si atteggia solo come concorso ma che può anche consistere in favoreggiamento o concorso di cause indipendenti.

 

È dunque ben possibile che un cristiano avverta come inaccettabile per sé l’utilizzo di preparati che in qualsiasi modo, anche remoto, presuppongano e si giovino di una pratica moralmente illecita come l’aborto.    

 

Pertanto a mio giudizio è certamente possibile sollevare obiezione di coscienza rispetto all’obbligo vaccinale in questione, a ciò non ostando la posizione assunta dalla Congregazione e ben potendo il singolo credente dichiarare la propria adesione ad un diverso convincimento, peraltro condiviso da molti prelati (vescovi austriaci firmatari di un documento, Mons. Schneider, Mons. Viganò, etc.) e da molte associazioni pro vita.  

 

Ricorrerebbero i requisiti sopra menzionati: il conflitto tra l’interesse alla salute pubblica e il rispetto della ferma condanna dell’aborto quale espressione della coscienza individuale; la serietà della motivazione del dissenso, radicato nella coscienza etico –religiosa di chi assume il carattere indisponibile e non negoziabile del diritto alla vita fin dallo stadio iniziale; (ove ricorra) la pubblica e anteatta evidenza dell’opposizione; il bilanciamento degli interessi, non essendo ragionevole ritenere, soprattutto alla luce delle recenti evidenze in materia di efficacia dei vaccini, che il mantenimento di una piccola frangia di popolazione non vaccinata possa incidere significativamente sulla salute pubblica.

 

 

9. De jure condendo: tante obiezioni o un solo diritto all’obiezione ?

Consideriamo il multiculturalismo e l’esistenza di contrapposte convinzioni etico-religiose; le acquisizioni scientifiche che pongono sempre nuovi interrogativi in materia di bioetica; l’esperienza storica delle ipotesi «codificate» di obiezione di coscienza; concluderemo che, senza la generale previsione di un diritto all’obiezione, ci sarà sempre qualcuno soggetto a sacrificare o la propria coscienza e libertà ovvero il proprio denaro, lavoro, etc.

 

Poi i movimenti di opinione (ammesso che il futuro ancora li possa contemplare) opereranno per introdurre nuove ipotesi di obiezione di coscienza; ma frattanto chi avrà pagato, avrà pagato. Basti ricordare che la battaglia per l’obiezione di coscienza al servizio militare è durata circa un secolo, e non so quante condanne per renitenza alla leva.

 

Al contrario, il riconoscimento di un diritto all’obiezione di coscienza in generale, già previsto dalla Costituzione, prudentemente regolamentato, ancorato a presupposti generali e non relegato in espresse eccezionali previsioni, consentirebbe il rispetto delle opinioni di minoranze dissenzienti e la convivenza civile, e contrasterebbe efficacemente derive autoritarie e radicalizzazioni altrimenti inevitabili.

 

 

Avv. Maria Cecilia Peritore 

 

 

 

Licata, 27 dicembre 2022

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

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Papa Francesco ha avuto un «malore»?

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Delle voce che correva ieri fuori dalle mura leonine, che ora sarebbe smentita dei fatti, non parleremo – anche perché, credetici, non notizia del genere non vorremmo mai essere i primi a darla. Bergoglio è già tornato in pista, va a trovare i bambini del nosocomio (le foto con i piccoli, ricordiamo, sono immancabili nel profilo dei dittatori). Dice che alla domenica delle Palme ci sarà, i riti della Settimana Santa avverranno in suo presenza, era stato detto il contrario.

 

Possiamo parlare, tuttavia, di quello che, in un turbine di confusione crescente, stanno dicendo giornali, agenzie stampa, siti.

 

Tre giorni la Sala Stampa della Santa sede comunicava che «il papa si trova da questo pomeriggio al Gemelli per alcuni controlli precedentemente programmati».

 

Poi arrivano notizie contraddittorie: non si tratta di «controlli programmati». No, Bergoglio si sarebbe sentito male nella mattinata di mercoledì, dopo l’udienza generale. «Dall’ospedale si fa sapere che il pontefice, giunto in ambulanza a seguito di un malore, ha avuto problemi cardiaci e un affaticamento respiratorio nella tarda mattinata e per sicurezza è stato portato per controlli al reparto cardiologia» scriveva il Corriere.

 

I giornali giovedì cominciano a battere a senso unico la storia dell’infezione respiratoria, magari ricordando che proprio un’infezione gli fece perdere cinquanta anni fa l’uso del polmone destro. (E magari, anche la tremenda sciatalgia, che gli impedisce di inginocchiarsi di fronte al Santissimo, ma gli permette di lavare i piedi agli immigrati alla grandissima durante il Giovedì Santo).

 

Anche qui, è una nota della Sala Stampa del Vaticano a dettare la linea:

 

«Nei giorni scorsi Papa Francesco ha lamentato alcune difficoltà respiratorie e questo pomeriggio si è recato presso il Policlinico A. Gemelli per effettuare alcuni controlli medici. L’esito degli stessi ha evidenziato un’infezione respiratoria (esclusa l’infezione da COVID-19) che richiederà alcuni giorni di opportuna terapia medica ospedaliera. Papa Francesco è toccato dai tanti messaggi ricevuti ed esprime la propria gratitudine per la vicinanza e la preghiera».

 

Bella la precisazione: non è il COVID. Del resto il papa è pluridosato mRNA, anzi, è il sacro testimonial del vaccino genico sperimentale, figurarsi se si ammala. E poi sai che disdetta: una quarantena fuori tempo massimo in Settimana Santa?

 

Quindi: non è in Ospedale per un checkup di routine, ma perché sta male, ha qualcosa hai polmoni. OK.

 

Poche ore dopo, salta fuori l’inarrestabile Dagospia, e fa una rivelazione: «altro che “infezione respiratoria”…. Le voci che si rincorrono in Vaticano, invece, vanno in un’altra direzione: “Infarto”».

 

Sono voci che Dagospia raccoglie da chissà quali fonti oltretevere, ma non è difficile pensare che ne abbia di buone.  I responsabili della comunicazione vaticana, scrive il sito sarebbero «stati tenuti ai margini del problema di salute di Bergoglio» e che starebbero «annaspando nel “controllare” il flusso di notizie da Oltretevere». Essi, «secondo le malelingue, avrebbero un po’ “improvvisato” i due comunicati stampa diffusi di ieri mettendo in imbarazzo la Segreteria di Stato».

 

Le rivelazioni sul cuore del papa, anzi no. «Da quanto trapela il Papa è stato ricoverato non per la fibrillazione atriale in sé, ma per una insufficienza respiratoria legata a questa» dice un eminente cardiologo interpellato da La Stampa.

 

Insomma, cuore o polmoni? Dobbiamo dire polmoni perché quella è stata la prima versione dell’ufficio stampa, una volta sbugiardato sul fatto che il romano pontefice non era in ospedale per controlli?

 

In realtà, non rileva. È già abbastanza che abbiano cominciato a scriverlo loro, i giornali servi del sistema, che hanno gonfiato il distruttore argentino sin dal primo giorno. «Malore». Sissì, proprio così.  «Malore».

 

Chi segue Renovatio 21 sa cosa significa. Oramai c’è un’ampia parte della popolazione per cui «malore» è il codice per dire altro, per dire quello che non si può dire, pena esclusioni dalle piattaforme social, e magari pure la pubblica censura. Questi «malori», la cui crescita spaventosa è verificabile da voi con pochi click (fino a che Google non modificherà anche quello) sono parte del biototalitarismo caricatosi definitivamente negli ultimi tre anni. La neolingua orwelliana vuole che li chiamiamo così, con questo termini leggero, «malori»: sappiamo perfettamente, invece, di cosa potrebbe trattarsi. Specie se parliamo del cuore, dove di dubbi, con questa bizzarra miocardite rampante che colpisce sportivi e bambini, non ce ne sono più.

 

Vogliamo ricordare che il Vaticano si è trasformato per volere di Bergoglio in un monolite fatto di vaccino Pfizer? Da quanto abbiamo appreso, la Città del Vaticano offriva quell’unica opzione ai suoi: vaccino Pfizer o vattene. Ricorderete lo scoop che fece Renovatio 21 intervistando una guardia svizzera che rifiutò il vaccino e per questo se ne dovette andare. Ci disse che il suo capitano, affranto, glielo confessò: non possiamo farci niente, è una decisione presa ben più in alto che la Segreteria di Stato – sopra la quale, ovvio, c’è solo il papa.

 

Bergoglio ha incontrato segretamente il CEO di Pfizer, Albert Bourla, quello che rifiuta di presentarsi al Parlamento Europeo, e di rispondere alle domande dei giornalisti che a Davos gli hanno chiesto anche dei malori, mentre messaggia tranquillo di dosi da vendere alla UE con Ursula Von der Leyen (moglie di un medico esperto, fatalità, in terapie geniche), ma gli SMS sono magicamente spariti.

 

Il papa che ha reso il Vaticano il posto più vaccinato della terra è, rammentiamo, quello che ha ordinato che il primo volo di soli vaccinati della storia fosse organizzato dal papato due anni fa, quando chiese ai giornalisti che volevano seguirlo nel viaggio apostolico Iraq la prova di avvenuta vaccinazione. La cosa continua ancora oggi, e con accenti piuttosto grotteschi: è stata chiesta la vaccinazione totale anche di coloro che avrebbero accompagnato il viaggio in Africa di pochi mesi fa, compresi quelli che non andavano con lui: se in Sud Sudan ci arrivavi in macchina, per partecipare agli eventi dovevi comunque avere in corpo plurime dosi di mRNA sintetico.

 

Non abbiamo idea degli accordi tra Pfizer e il Vaticano. Sappiamo tuttavia che, da rivelazioni fatte in altri Paesi, l’azienda pone ai Paesi condizioni notevoli, talvolta anche «beni pubblici come collateral» ha scritto il Washington Post. Immobili e opere d’arte la chiesa ne ha, in effetti.

 

Bergoglio ha agito come il più alto promotore del vaccino al mondo. Ha mostrato di essersi vaccinato lui stesso, ha definito il siero mRNA «un atto d’amore». Non si è nemmeno avvicinato al tema dell’uso di linee cellulari da feto abortito, con cui, come in una sorta di stregoneria rinata e distribuita globalmente, è stata prodotta la pozione anti-COVID.

 

Pamela Acker, la biologa cattolica che più a fondo ha trattato il tema dei vaccini in chiave religiosa, ad un certo punto lo aveva detto:  «ha senso anche se ci pensi considerando la legge naturale. Se fai una cosa così atroce come l’iniettarti i residui di qualcuno che è stato assassinato, ci sarà una conseguenza naturale a questo. Non puoi farlo e non avere alcun effetto negativo».

 

È un giudizio morale, da credente, di qualcuno che, a differenza della gerarchia cattolica, ritiene ancora che esista il bene e il male, e che le nostre azioni hanno conseguenze, terrene e celesti.

 

Su Renovatio 21 lo avevamo chiamato «il papa del Battesimo di Satana», e il fondo demoniaco di tutta questa storia c’è ancora tutto.

 

Il tizio potrebbe non averci pensato: se apri le porte dell’Inferno, è difficile che non ti tirino dentro. Del resto sono lì per quello, fanno il loro lavoro. È il pontefice che invece non fa il suo lavoro, è il papa che opera, oggi, contro il suo ruolo, contro la natura stessa del papato, che combatte il Male e protegge il suo gregge.

 

Di papi all’Inferno Dante ne aveva messi un po’, e per peccati che, di fronte all’ecatombe globale sotto i nostri occhi, ci paiono robette, mentre tutto intorno i malori fanno scomparire innumeri persone, come in una piccola anteprima del tempo dell’Apocalisse.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

Immagine di Yakov Fedorov via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

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Chi c’è dietro alle proteste in Israele?

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Israele vive il più alto momento di protesta dalla sua esistenza. Manifestazioni con più di un milione di partecipanti nel Paese non si erano mai viste. Così come era difficilmente vedere le sigle sindacali del Paese scioperare e saldarsi in tempo zero con il fiume della protesta.

 

L’obiettivo delle dimostrazioni massive non è di quelli che ti fanno pensare immediatamente ad una levata della popolazione, come le tasse, la guerra o la libertà personale: è la questione, certamente più complessa e politica, dell’autonomia della magistratura.

 

Netanyahu è indagato e lo è stato in passato varie volte. Come riportato da Renovatio 21, è emerso che i famigerati software di sorveglianza che Israele esporta controversamente nel resto del mondo sarebbero stati usati anche contro lo stesso Bibi, vincitore delle ultime elezioni e ora al governo con sigle dell’estrema destra ebraica, con personaggi che vogliono proibire le bandiere palestinesi e il proselitismo cristiano.

 

Nelle intense immagini delle proteste, abbiamo di colpo visto apparire una nuova edizione di un simbolo piuttosto noto: il pugno.

 

 

Chi segue le vicende di politica internazionale conosce quel segno come Otpor, che in serbocroata che significa «resistenza».

 

Otpor è forse l’operazione più capillare ed efficace che gli specialisti hanno fatto risalire a George Soros. Ufficialmente si ritiene che Otpor sia nato nel 1998 durante le proteste contro Slobodan Milosevic nell’allora Repubblica di Yugoslavia, dove era apparso d’improvviso come un semplice movimento di protesta non violento fatto di giovani svegli. Il gruppo fu premiato con il Free Your Mind Award da MTV, canale televisivo legato a potentati finanziari un tempo preposto alla manipolazione delle masse giovanili su base mondiale.

 

Otpor quindi divenne protagonista di vari documentari che vinsero premi a destra e a manca – una nuova strategia di egemonia culturale, portata all’apoteosi da Al Gore con il suo documentario premio Oscar sul cambiamento climatico (invece che parlare di film, anche agli Oscar si parla del tema ecologico) e poi arrivata al parossisimo con i documentari sui caschi bianchi siriani, presentati come eroi dall’Occidente che li foraggiava ma considerati da altri come sostenitori di Al Qaeda.

 

Il coinvolgimento di Soros nei disordini serbi degli anni a cavallo del 2000 fu descritto dal quotidiano Los Angeles Times già nel 2001:

 

«È un risultato che il finanziere ungherese George Soros non ostenta. Vantarsene, dopo tutto, potrebbe solo rendere la sua missione globale di costruzione democratica più difficile (…) il multimiliardario filantropo ha silenziosamente giocato un ruolo chiave nella drammatica detronizzazione l’anno passato del Presidente Slobodan Milosevic. La sua Soros Foundations Network ha aiutato a finaziare molti gruppi pro-democrazia, inclusa l’organizzazione studentesca Otpor, che ha lanciato la resistenza dal basso all’autoritario leader yugoslavo».

 

«“Noi eravamo qui per fiancheggiare il settore civile – la gente che stava combattendo contro il regime di Slobodan Milosevic negli ultimi 10 anni”, ha detto Velimir Curgus del ramo di Belgrado del network di Soros. “Molto del nostro lavoro era sotto copertura (…) il ramo belgradese di Soros fu tra i primi finanziatori di Otpor, sotto cui creebe una giovane e decentralizzata leadership che rafforzava alla frammentaria opposizione a Milosevic: “gli abbiamo dato i primi fondi già nel 1998, quando apparvero come organizzazione studentesca” ha detto Ivan Vejvoda, direttore esecutivo del Fund for an Oper Society-Yugoslavia, il ramo del network qui».

 

Otpor aveva come logo quell’inconfondibile pugno  pugno – che si sostiene essere modellato in base al pugno di Saruman, un personaggio de Il Signore degli Anelli – che avremo poi visto comparire infinite altre volte in tutte le rivoluzioni colorate in tutto il globo.

 

Pochi anni dopo, il logo del pugno fa capolino nella Georgia e della sua «Rivoluzione delle Rose» di Mikheil Saak’ashvili, quello poi scappato dal suo Paese per divenire, forse perché padrino del figlio del precedente presidente ucraino Petro Poroshenko, governatore di Odessa, quindi scappato anche lì, tornato in patria, arrestato e incarcerato. Anche se dolorante e in gabbia, Saak’ashvili, un favorito dei neocon, sta assistendo ai nuovi, stranissimi moti georgiani di questi giorni, dove la popolazione d’improvviso protesta contro una legge che limita le attività delle ONG straniere .

 

L’impiego del laboratorio di Otpor è descritto dal giornale britannico Globe and Mail, che nel 2003 scrive direttamente il nome di Soros già nel titolo del reportage, «La rivolta in Georgia portava i segni di Soros»

 

«Fondi dal suo Open Society Institutes hanno mandato l’attivista trentunenne di Tbilisi chiamato Giga Bokeria in Serbia per incontrare i membri del movimento Otpor e imparare come hanno usato le dimostrazioni di strada per buttare giù il dittatore Slobodan Milosevic. Poi, nell’estate, la fondazione del signor Soros ha pagato per un viaggio in Georgia di attivisti di Otpor, che hanno dato un corso di 3 giorni insegnando a più di mille studenti come mettere in piedi una rivoluzione pacifica».

 

Soros, sostiene sempre il Globe and Mail, avrebbe poi proclamato nel 2003 il proprio coinvolgimento in molte altre trasformazioni politiche:

 

«È necessario mobilitare la società civile per ottenere libere ed oneste elezioni perché vi sono molte forze che sono determinata a falsificare o a prevenire che le elezioni siano oneste e libere (…) questo è quello che abbiamo fatto in Slovacchia al tempo di [Vladimir] Meciar, in Croazia al tempo di [Franjo] Tudjman e in Yugoslavia al tempo di Milosevic».

 

L’anno successivo, è il turno dell’Ucraina, è Otpor fa scuola di rivoluzione a Pora, movimento giovanile che sarà protagonista della nota  «Rivoluzione Arancione» che porterà al potere a Kiev un Presidente anti-putiniano, Viktor Yushenko, un uomo sposato con un ufficiale del Dipartimento di Stato (USA). La Rivoluzione Arancione di Kiev è fallita con il ritorno, via urne, del filo-russo Viktor Yanukovich: a quel punto, si fece un’altra «rivoluzione», quella di Maidan, ben più violenta – con tanto di misteriosi cecchini che sparavano dai tetti. Il messaggio è chiaro: il regime change se non si fa con le buone lo si fa con le cattive, perché poi serve la guerra alla Russia. La realtà sotto i nostri occhi è diretta conseguenza di questa storia.

 

 

Ma non basta. Otpor avrebbe il movimento antigovernativo bielorusso Zubr (a Minsk si sarebbe dovuta tenere una «Rivoluzione di Jeans»), il kirgizo Kelkel (d’aiuto nella cosiddetta «Rivoluzione dei Tulipani» del 2005, anche quella non riuscita perfettamente), l’uzbeko Bolga (l’uomo forte da abbattere a Tashkent è Islam Karimov), e in Libano c’è Nabad Al Horriye (in arabo, «Impulso alla Libertà»: lì l’affare si chiama «Rivoluzione dei Cedri»).

 

Si segnalano schegge anche in Albania (Mjaft!), in Venezuela dove bisognava deporre Chavez, ovviamente in Russia con un piccolo movimento chiamato Oborona, il cui fine è – sorpresa, sorpresa – combattere Vladimir Putin.

 

 

Le cosiddette «rivoluzioni colorate» il meglio lo hanno dato quando si trovò il modo di declinarle in salsa levantina. In varie interviste, i leader di Otpor – ora divenuti una ONG che dà ripetizioni si sovversione a tempo pieno vantando studenti palestinesi, papuani, eritrei, azeri, tongolesi, birmani, zimbabweani – hanno rivendicato la programmazione e il coordinamento di diverse azioni della primavera araba, in ispecie istruendo il Movimento giovanile 6 aprile, un raggruppamento egiziano che ha come bandiera,  senza tanto pudore, proprio il pugno di Otpor.

 

Ora, nelle proteste israeliane al momento abbiamo visto solo una foto di un grande striscione con l’inconfondibile pugno. Abbiamo cercato altre immagini, abbiamo trovato però delle vignette.

 

 

C’è da dire tuttavia che l’immagine è stata usata per impaginare un editoriale al vetriolo contro Netanyahu scritto da… Yuval Harari. Sapete di chi si tratta: uno dei filosofi preferiti dal World Economic Forum, portatore di un transumanismo mondialista estremista che ritiene che la maggior parte della popolazione diverrà inutile, e quindi forse si dovrà drogarla, o altro.

 

Ebbene, Harari, mingherlino, omosessuale (con il marito dona un milione all’OMS dopo che Trump aveva fatto ritirare il supporto degli USA), con la voce calma e monotona e l’immancabile erremoscia dei madrelingua ivrit, tira fuori l’artiglieria pesante: «Il mio messaggio a Benjamin Netanyahu: ferma il tuo colpo di Stato o fermeremo il Paese» titola il pezzo.

 

Ebbene sì: Harari minaccia Netanyahu. Abbiamo visto anche questa: il filosofo israeliano di Davos e del pensiero postumano sterminatore che dice al sempiterno suo premier, già commando nelle guerre ebraiche, cosa deve fare – per forza.

 

Harari è immerso totalmente nella proposta: «ci sono momenti nella storia in cui la paura è la reazione più sensata. Ci sono momenti nella storia in cui la paura è necessaria per spingerci all’azione» scrive, raccontando la sua metamorfosi rivoluzionaria anti-Netanyahu (la cui casa, abbiamo visto, è stata assediata dai dimostranti).

 

«Non capite con chi avete a che fare» dice Harari rivolgendosi al primo ministro Netanyahu, al ministro della giustizia Levin, membro della Knesset Simcha Rothman. «Gli israeliani non sono una buona materia prima per creare schiavi. Noi israeliani siamo testardi, abbiamo uno spirito libero e nessuno è mai riuscito a zittirci. Non vi permetteremo di trasformare Israele in una dittatura».

 

Il fatto che chi parla dell’inevitabilità dell’hacking degli esseri umani dica che non diverrà mai uno schiavo può far sorridere. Almeno noi.

 

Il pezzo continua con appelli allo sciopero e messaggi diretti alle forze armate e ai servizi segreti. «All’IDF, allo Shin Bet, al Mossad e alla polizia israeliana: se arriva il momento della verità, fate la scelta giusta. Passare alla storia come i protettori dei cittadini, non come i servitori dei despoti».

 

Scusate, ma questo sembra un appello al pronunciamento, una chiamata all’esercito perché faccia in modo di rimuovere il vertice democratico. (Avevamo visto un richiamo paragolpista espresso in chiarezza anche in Italia nell’era della campagna vaccinale mRNA: ricordate?)

 

Insomma, Netanyahu mostrificato. Dopo anni in cui lo si è lasciato libero di fare quel che voleva (guerre, scandali, acrobazie diplomatiche e parlamentari), ecco che improvvisamente diventa un pericoloso dittatore.

 

Cosa sta succedendo? C’è un’operazione di regime change lanciata su Tel Aviv? Non abbiamo elementi, ma certo questo spiegherebbe l’improvvisa apparizione del pugno di Otpor.

 

Possiamo aggiungere che, sì, Netanyahu e George Soros non hanno un bel rapporto. Nel 2018, il premier israeliano accusò Soros di aver convinto, tramite l’organizzazione New Israeli Fund finanziata dal miliardario, di aver convinto il Ruanda da un uscire da un accordo con Tel Aviv per accogliere i migranti africani.

 

I rapporti tra i due sono compromessi al punto che un giovane figlio del premier israeliano, ad una certa, aveva pure postato sui social un meme che mostrava Soros come un puparo, più puparo perfino dei rettiliani spaziali che governano l’universo. Il mondo gridò allo scandalo, dicendo che il meme era antisemita.

 

 

Il figlio di Netanyahu accusato di antisemitismo. La situazione, come diceva Ennio Flajano, è grave, ma non seria.

 

Tante cose stanno succedendo intorno alla Terra Santa e allo Stato Ebraico.

 

Il primo ministro non si è capito ancora cosa farà con Kiev, protettissima dal grande alleato americano, ma in una guerra con un Paese, la Russia, da cui provengono porzioni immense della popolazione israeliana (il russo è forse la seconda lingua più parlata in Israele), e dove, di dice, Netanyahu quando era premier negli anni scorsa andava due volte al mese per incontrare lo Zar Putin.

 

Gli evangelici ultrafiloisraeliani USA sono incazzati per il disegno di legge anti-conversioni, che pare immaginato proprio per castrare lo zelo proselitista cristiano, senza il quale i fondamentalisti non avranno l’apocalisse che cercano di accelerare (gli ebrei, secondo il copione, dovranno convertirsi).

 

La Siria – bombardata da Tel Aviv anche dopo il terremoto – sta riallacciando rapporti con tutti, compresi i Paesi del Golfo con cui Israele aveva stretto gli accordi di Abramo.

 

L’Iran, irriducibile arcinemico di Israele, fa pace con l’Arabia Saudita, con la quale lo Stato Ebraico aveva in questi anni formato un asse più o meno dichiarato.

 

Insomma, c’è tanta carne al fuoco. Capire cosa sta succedendo non è facilissimo. Epperò, certi segni sono davvero unici e vederli dà quasi soddisfazione.

 

Restiamo con una certezza, imparata nei mesi delle manifestazioni massive contro il green pass: se una protesta è davvero contro il potere, non te la lasciano fare.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

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Epidemie

Robert Kennedy, la guerra psicologica del COVID e il suo impatto sulla democrazia

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Joseph Mercola pubblicato da LifesitenewsLe opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Robert F. Kennedy Jr. dice la verità sulla risposta autoritaria alla pandemia che continua a minacciare la democrazia e la libertà così come le conosciamo. Gli è costato amicizie e 40 anni di contatti politici, per non parlare della perdita di guadagni e rapporti d’affari.

 

Ma le minacce alla sua reputazione e credibilità, poiché i media hanno attaccato lui e il suo messaggio, non sembrano un sacrificio, dice Kennedy, poiché si sente chiamato a difendere questo problema.

 

In un’intervista con la giornalista Kim Iversen, Kennedy spiega: «lo considero un regalo. Sono cresciuto in un ambiente, in una famiglia, in cui presumiamo che le nostre vite sarebbero consumate in qualche controversia e che sarebbe un privilegio se potessimo assumere un ruolo significativo in questo».

 

Vivere in un esperimento di Milgram nel mondo reale

Kennedy fa parte del 30% stimato della popolazione che è rimasta scettica nei confronti della narrativa mainstream durante la pandemia. La maggior parte, tuttavia, non stava accettando pienamente la paura e la propaganda che veniva loro venduta.

 

Fa riferimento all’ormai famigerato esperimento condotto dallo psicologo della Yale University Stanley Milgram nel 1962, durante il quale ha testato i limiti dell’obbedienza umana all’autorità. L’esperimento di Milgram è stato condotto dopo il processo al nazista Adolf Eichmann, che ha utilizzato la difesa di Norimberga, o «befehl ist befehl», che si traduce in «un ordine è un ordine».

 

L’esperimento di Milgram ha mostrato chiaramente che le persone agirebbero contro il proprio giudizio e danneggerebbero un’altra persona a lunghezze estreme semplicemente perché gli veniva detto di farlo. Era associato al progetto top secret MKULTRA della CIA, che si occupava di esperimenti di controllo mentale, torture umane e altri studi medici, inclusa la quantità di LSD necessaria per «frantumare la mente e spazzare via la coscienza».

 

MKULTRA era solo uno dei numerosi esperimenti di controllo mentale condotti dalla CIA negli anni ’60 e ’70. Secondo Kennedy:

 

«La CIA ha fatto molti esperimenti con le università, quasi 200 università in tutto il Paese con scienziati sociali per studiare gli esseri umani, il comportamento umano, e stavano sperimentando ogni genere di cose come droghe psichiatriche, droghe psichedeliche, LSD, etc., con la tortura, con privazione sensoriale, e tutti i tipi di mezzi per controllare non solo gli individui, ma intere popolazioni con la propaganda, la paura, tutte queste cose».

 

«Quindi tutte queste università ricevevano centinaia di migliaia e milioni di dollari dalla CIA o da gruppi di facciata della CIA per programmi chiamati MKULTRA. Il motivo per cui si chiama MK è che è il codice per il controllo mentale. Quindi MK Dietrich, MKULTRA, MK Naomi, Operazione Artichoke, Operazione Bluebird, molti, molti altri, riguardavano l’inoltro di denaro alle università per studiare il controllo del comportamento umano».

 

Eppure, anche durante l’esperimento di Milgram, il 33% delle persone si è alzato e se n’è andato, rifiutandosi di violare la propria etica.

 

«Possono provenire da un’intera gamma di background e partiti politici, che semplicemente… mantengono quella capacità di pensiero critico e non sono soggetti a… che prevalgono sull’autorità», ha detto Kennedy. «E mi sembra… che ora siamo tutti nelle grinfie di questo enorme esperimento di Milgram, dove abbiamo un dottor Anthony Fauci, che è questa autorità fidata, che ci dice di fare cose che sappiamo essere sbagliate, come censurare discorso».

 

 

La paura è il nemico

La paura è il nemico, poiché consente ai sistemi totalitari di prendere il controllo delle persone, distruggendo la democrazia nel processo, afferma Kennedy. È comunemente usato dalle persone autorevoli per esercitare un ulteriore controllo, come obblighi vaccinali e lockdown. Children’s Health Defense, fondata da Kennedy, ha intentato più di 50 cause legali, molte delle quali riguardanti mandati COVID.

 

All’inizio, anche i giudici erano troppo spaventati per pronunciarsi contro i dettami dello stato, portando a «decisioni davvero folli che … non avevano senso», afferma Kennedy. Da allora hanno fatto dei progressi, anche a New York, dove un giudice ha detto che poiché lo sparo non impedisce la trasmissione, non puoi avere un mandato per farlo.

 

Ma sottolinea che un governo non solo non rinuncerà al potere, ma abuserà anche di qualsiasi potere che ha nella massima misura possibile. Solo perché la pandemia è finita, la voglia di controllare non se ne va. 

 

«Le persone dovrebbero tenere presente che nessuno ha mai rispettato le regole del regime totalitario. Quindi, se pensi di sapere, abbandonando queste regole, che in qualche modo le cose miglioreranno o che si sazierà il bisogno di controllarti, non è così. Li incoraggerà solo a fare qualcosa di peggio».

 

 

Tempi senza precedenti, la tecnologia minaccia la democrazia

Kennedy afferma anche che stiamo affrontando una situazione in cui non ci siamo mai trovati prima. Non è che la democrazia non sia stata minacciata e persa in passato, ma ora sono disponibili gli strumenti tecnologici per una sorveglianza diffusa:

 

«Ci sono state molte volte in cui abbiamo perso la democrazia. C’è stata una polarizzazione che era così brutta prima, in particolare durante la Guerra Civile. Ma altre volte nella nostra storia, c’è stata una polarizzazione molto, molto tossica».

 

«Ci sono stati momenti in cui abbiamo perso la democrazia e le grandi società, in particolare durante l’età dell’oro negli anni 1880 e 1890… – sai, le grandi compagnie petrolifere come la Standard Oil – gestivano il nostro paese, e noi non avevamo davvero una democrazia funzionante».

 

La differenza era che, allora, «abbiamo iniziato a tagliare questo monolite di potere corporativo e governativo, la fusione del potere corporativo che aveva abolito la democrazia» e siamo stati in grado di ripristinarlo. Ciò che è diverso oggi è che ora abbiamo la tecnologia disponibile per controllare il comportamento umano su larga scala:

 

«Il problema è che ora abbiamo questi strumenti, queste tecnologie, per il controllo del comportamento umano che non avevamo mai avuto prima. L’ambizione, l’intenzione di ogni regime totalitario nella storia è di controllare ogni aspetto del comportamento umano – le nostre parole, i nostri pensieri, le nostre transazioni, i nostri movimenti, tutto ciò che facciamo – ma non sono mai stati in grado di farlo, perché nessuno, nessun governo, ha mai avuto quella portata».

 

«Ma oggi abbiamo sistemi di riconoscimento facciale ovunque. Abbiamo sistemi satellitari. Bill Gates afferma che il suo sistema satellitare, che è di 61.000 satelliti… sarà in grado di guardare ogni centimetro quadrato della Terra 24 ore al giorno. Ora stiamo iniziando la strada verso l’adozione delle valute digitali, che è schiavitù economica. Non appena ciò accade, perdiamo tutti i diritti perché potranno farti morire di fame».

 

«E ne abbiamo già un esempio con uno sciopero dei camionisti, e nella nostra manifestazione a Toronto, Trudeau ha mandato la gente a guardare le targhe di questi camionisti e poi ha congelato i loro conti bancari. Quindi non potevano pagare il mutuo, non potevano mandare i figli a scuola, non potevano comprare cibo per la loro famiglia. Nessuno di loro è stato accusato di un crimine».

 

 

Non c’è alcuna «esenzione pandemica» nella Costituzione

Kennedy sottolinea anche che gli autori della Costituzione non hanno aggiunto alcuna esenzione dovuta alle pandemie. Ne erano ben consapevoli, avendo sperimentato molteplici epidemie durante la guerra rivoluzionaria. Ma la Costituzione è stata protetta e ha permesso di funzionare come previsto. L’aggiunta di eccezioni è qualcosa di nuovo.

 

Kennedy osserva:

 

«Ci sono state epidemie in ogni città che hanno ucciso decine di migliaia di persone: febbre gialla, colera, vaiolo e molti altri. Quindi, i corniciai sapevano tutto. Ma non hanno inserito un’eccezione epidemica o pandemica nella Costituzione degli Stati Uniti. È una cosa nuova… abbiamo avuto una guerra civile e Lincoln – in un momento in cui il nostro Paese era davvero “non così lontano” dall’essere distrutto, 669.000 americani sono morti. Oggi sono morte 20 milioni di persone».

 

«Eppure, quando ha cercato di sbarazzarsi dell’Habeas Corpus, la Corte Suprema ha detto: “Non puoi farlo”. Non c’è eccezione per la guerra… non c’è eccezione per le pandemie. Abbiamo avuto una pandemia di influenza spagnola nel 1918 che ha ucciso 50 milioni di persone. Eppure, non abbiamo impedito alla Costituzione di funzionare».

 

 

La censura distrugge la democrazia

Kennedy dice che il rimedio per fermare il controllo totalitario è la democrazia. Tuttavia, «mio padre diceva sempre che la democrazia dipendeva completamente dal libero flusso di informazioni». Il dibattito aperto, consentito dalla libertà di parola, porta alle migliori idee e soluzioni che consentono a un paese e alla sua popolazione di prosperare.

 

«Se interrompi il libero flusso di informazioni e inizi a censurare le cose», dice Kennedy, «perdiamo l’unico vantaggio che abbiamo. E, naturalmente, una volta che inizi a fare la censura, sei sulla china scivolosa del totalitarismo». In questo momento, stiamo affrontando la corruzione istituzionale, con il complesso industriale militare al timone.

 

«Penso che se rimuovi Anthony Fauci… sarà sostituito da un altro Anthony Fauci», spiega Kennedy. Nel frattempo, dice, è dal complesso industriale militare, che possiede anche la stampa, che dobbiamo riprenderci la democrazia:

 

«Viviamo nell’era contro la quale Dwight Eisenhower ci ha messo in guardia il 17 gennaio 1960… nel suo discorso di addio, Eisenhower ha tenuto probabilmente il discorso più importante… nella storia americana, dove ha messo in guardia gli americani contro l’emergere del complesso industriale militare – le agenzie di intelligence, il Pentagono e le industrie associate, e ha incluso la burocrazia scientifica».

 

«Nello specifico, in quel discorso ha trascorso molto tempo a discutere sulla burocrazia scientifica federale, intendendo il NIH [l’istituto sanitario federale USA, ndt], che sarebbero stati gli autori della distruzione della democrazia americana se avessimo permesso loro di farlo… E poi l’11 settembre… ha trasformato l’America davvero nell’inizio di uno stato di sorveglianza. E il COVID ha completato il compito… e il compito della CIA è sviluppare una pipeline di nuove guerre che l’America potrebbe combattere per alimentare questa macchina, gli appaltatori militari, e guarda cosa è successo in COVID: 138 aziende sono state coinvolte nella produzione e distribuzione del vaccino».

 

«Sono tutti appaltatori militari. Il Pentagono e la National Security Agency hanno gestito l’intera risposta alla pandemia. Pfizer e Moderna non possiedono realmente quei vaccini. Hanno messo le loro etichette su di loro, ma era un progetto del Pentagono. E quindi, sai, abbiamo a che fare con un complesso industriale militare».

 

 

La democrazia può resistere al totalitarismo chiavi in ​​mano?

Con le forze totalitarie che puntano a controllare ogni aspetto del comportamento umano, il momento del dissenso è adesso. Il primo passo è svegliarsi alla verità. Il prossimo è difendere ciò in cui credi. Il risultato finale, tuttavia, resta da vedere. Secondo Kennedy:

 

«I livelli di controllo che hanno ora sul comportamento umano sono maggiori di quanto abbiamo mai visto. È quello che io chiamo totalitarismo chiavi in ​​mano… stiamo cercando di educare il pubblico e costruire il nostro esercito per ripristinare la democrazia».

 

«E allo stesso tempo si stanno alzando per mettere in atto questa infrastruttura che darà loro il controllo totale, distruggerà il dissenso e disabiliterà qualsiasi tipo di insurrezione o sovversione o qualsiasi differenza con la narrativa ufficiale del governo e le ortodossie … quando inseriranno questo sistema, è davvero difficile prevedere se la democrazia avrà la resilienza per ripristinare quelle istituzioni».

 

 

Joseph Mercola

 

 

 

Pubblicato originariamente da Mercola .

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

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