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Cina

Un «wolf warrior» nuovo capo della diplomazia di Xi Jinping

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

 

L’ambasciatore negli USA  Qin Gang è dato come nuovo ministro degli Esteri al posto di Wang Yi. I critici lo considerano troppo allineato con Xi e incapace di tessere solide relazioni diplomatiche. Si prevedono ancora tensioni con Washington. Il focus di Pechino è ora su nazioni confinanti, partner Belt and Road, ed Europa. Invasione di Taiwan può attendere.

 

 

L’ambasciatore negli USA Qin Gang sarà con ogni probabilità il prossimo ministro degli Esteri della Cina, nomina che arriverà in primavera. Sembra che Xi Jinping abbia scelto un altro «lealista» per la sua squadra di governo, dopo aver piazzato tutti fidati alleati nel Comitato permanente del Politburo, il centro del potere politico cinese.

 

Più che un pragmatico tessitore di relazioni, Qin è visto come un «wolf warrior». È la nuova generazione di inviati cinesi, più aggressiva nel veicolare all’estero il messaggio del leader supremo e nel proteggere l’interesse nazionale. Esempio: la recente immagine del console cinese a Manchester, Zheng Xiyuan, che partecipa al pestaggio di un dimostrante di Hong Kong davanti alla sede diplomatica.

 

Secondo diversi osservatori, la nomina di Qin non preannuncia un miglioramento delle relazioni con gli USA. Egli è accusato – anche in Cina – di aver ecceduto nel difendere la linea di Xi, giocandosi così la possibilità di stabilire una vera connessione con i vertici della politica statunitense: quello che invece era riuscito a fare il suo predecessore a Washington, Cui Tiankai.

 

Con l’imminente uscita di scena del Consigliere di Stato Yang Jiechi, al momento la massima autorità diplomatica cinese, e la sua sostituzione con l’attuale ministro degli Esteri Wang Yi, ai vertici della diplomazia cinese mancherà un vero esperto di politica USA: Qin non lo è.

 

Analisti fanno notare che la serie di incontri ad alto livello avuti da Xi negli ultimi giorni dicono molto su quali siano gli obiettivi immediati di politica estera del Paese. Il presidente cinese ha ricevuto prima il segretario generale del Partito comunista vietnamita, Nguyen Phu Trong, segnalando la volontà di migliorare le relazioni con i Paesi confinanti, guastate da controversie territoriali.

 

I meeting con il premier pakistano e la presidente tanzaniana rifletterebbero invece l’intenzione di rafforzare i legami con i Paesi in via di sviluppo, partner della Belt and Road Initiative. Il faccia a faccia odierno con il cancelliere tedesco Olaf Scholz è stata infine l’occasione per tentare di superare le crescenti tensioni con l’Europa.

 

Il nodo più caldo rimane la riunificazione con Taiwan. La scelta di propri esecutori ai vertici del potere, soprattutto Li Qiang come nuovo premier, non escludono che Xi possa accantonare i piani per complicate avventure belliche contro Taipei: la priorità è la ripresa economica nazionale e l’instabilità geopolitica non si accorda con essa.

 

 

 

 

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Cina

Anche il Brasile ora commercia in yuan con la Cina

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Il viceministro del Commercio cinese Guo Tingting, ha annunciato oggi che Cina e Brasile hanno concluso un accordo per commerciare in yuan.

 

«Con il Brasile è stato firmato un accordo sul regolamento dei pagamenti in yuan, che facilita notevolmente il nostro commercio. Stiamo pianificando di espandere la cooperazione nel campo dell’estrazione di cibo e minerali e di cercare la possibilità di esportare merci ad alto valore aggiunto dalla Cina al Brasile e dal Brasile alla Cina», ha detto Guo al seminario economico Brasile-Cina, a Pechino.

 

La conferenza è stata organizzata dal ministero degli Esteri brasiliano e da ApexBrasil (l’agenzia brasiliana per la promozione del commercio e degli investimenti) e «hanno partecipato oltre 500 uomini d’affari brasiliani e cinesi, con l’obiettivo di rafforzare e diversificare le relazioni commerciali e i flussi di investimento», secondo un comunicato stampa del ministero degli Esteri.

 

ApexBrasil ha annunciato la firma di oltre 20 accordi, specificando che «Banco BOCOM BBM annuncia la sua adesione al CIPS (China Interbank Payment System), che è l’alternativa cinese a SWIFT. L’aspettativa è di ridurre i costi delle transazioni commerciali con lo scambio diretto tra BRL e RMB. La banca sarà il primo partecipante diretto a questo sistema in Sud America. La filiale brasiliana della Banca industriale e commerciale della Cina (Brasile) diventa la banca di compensazione in RMB [reminbi, l’altro nome della valuta cinese, ndr] in Brasile. L’allentamento delle restrizioni sull’uso del RMB ha lo scopo di promuovere ulteriormente il commercio bilaterale e facilitare gli investimenti con il RMB».

 

Il Brasile e la Cina hanno annunciato quindi l’istituzione di una camera di compensazione che provvederà agli accordi senza utilizzare il dollaro USA. Presterebbe anche in valute nazionali, aggirando il dollaro. Tra l’altro, faciliterebbe e ridurrebbe il costo delle transazioni.

 

Si tratta di un ulteriore colpo del processo di de-dollarizzazione dell’economia mondiale in corso, ossia la fine della valuta americana come valuta di riserva globale.

 

Malgrado i rapporti altalenanti per vaccini e importazioni tecnologiche, il Brasile aveva già iniziato a incamerare yuan l’anno scorso. Anche altri Paesi, come Iraq e Birmania, hanno cominciato ufficialmente ad usare il reminbi negli scambi col Dragone. La Banca Centrale di Israele pure ha aumentato le sue riserve della moneta pechinese.

 

Come riportato da Renovatio 21, anche la Francia la scorsa settimana avrebbe concluso una enorme importazione di gas pagando in valuta cinese.

 

Il problema principale per il dollaro è costituito dall’Arabia Saudita, che già un anno fa aveva segnalato al mondo di essere disposta a farsi pagare dai cinesi il greggio in yuan, per poi fare accordi diretti con Xi e significare la propria strategia di uscita dal dollaro al World Economic Forum di Davos.

 

 

 

 

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Cina

Il gigante hi-tech Alibaba sarà diviso in sei unità: Xi Jinping festeggia (come i mercati)

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Saranno poi quotate singolarmente in Borsa. La compagnia, e il suo fondatore Jack Ma, da tempo nel mirino del governo. Il gruppo si allinea alle norme anti-monopolio volute da Xi. Investitori stranieri ancora cauti sul futuro delle loro operazioni in Cina. Guardano a mercati alternativi come India e Vietnam.

 

 

Alibaba ha annunciato ieri che dividerà il suo business in sei unità: i nuovi rami saranno poi quotati singolarmente in Borsa. Da fine 2020 il gigante hi-tech fondato da Jack Ma è finito nel mirino delle autorità, che su istruzione di Xi Jinping hanno lanciato una campagna anti-monopolio, soprattutto a danno dei settori tecnologico, immobiliare e dell’istruzione privata.

 

L’annuncio di Alibaba è arrivato il giorno dopo la ricomparsa in Cina di Ma. Il noto miliardario non ha più cariche da tempo nel gruppo. Le sue tracce si erano perse più di due anni fa, dopo che egli aveva criticato gli organi di controllo finanziario del Paese: parole a cui sono seguite tensioni tra il governo e la compagnia.

 

Xi è con ogni probabilità preoccupato di perdere il controllo politico di fronte a uomini d’affari che accumulano ingenti ricchezze. Secondo diversi osservatori, la campagna per la «prosperità comune» promossa dal segretario generale del Partito Comunista Cinese, che richiede alle grandi aziende di contribuire al benessere dei meno ricchi, avrebbe in realtà l’obiettivo di depotenziare gli oligarchi come Ma.

 

I mercati salutano con favore lo spacchettamento di Alibaba: vi vedono un segno che il giro di vite di Xi sui grandi gruppi industriali è prossimo alla fine. Gli investitori valutano che le nuove società separate potranno difendersi meglio da eventuali norme che colpiscono una solo di esse.

 

Analisti osservano che ora anche i concorrenti di Alibaba (Tencent e JD) potrebbero seguire la via del frazionamento, con una compagnia holding che racchiude più società distinte: il modo migliore per allinearsi alle leggi contro i monopoli introdotte da Xi.

 

I boss delle grandi aziende straniere sono però cauti rispetto alle promesse del nuovo governo cinese di favorire migliori condizioni per gli investimenti privati. Al China Development Forum dei giorni scorsi, gli amministratori delegati di grandi aziende estere hanno detto di aspettarsi azioni concrete dopo le parole.

 

Gli investitori stranieri, soprattutto USA ed europei, chiedono da tempo a Pechino maggiore accesso al mercato locale. Oltre all’eccessiva regolamentazione, nelle loro valutazioni per future operazioni rientrano aspetti come il calo dell’export cinese, la crisi immobiliare, il crescente debito delle amministrazioni territoriali e la guerra tecnologica con gli USA.

 

Non è un caso che Apple abbia annunciato di recente piani per aprire nuovi impianti in India e Vietnam: un modo per ridurre la dipendenza dagli investimenti in Cina.

 

 

 

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Immagine di World Economic Forum via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

 

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Pechino, nuovo capo dell’Amministrazione per gli affari religiosi

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Sostituisce Cui Maohu, rimosso nei giorni scorsi e sotto indagine per presunta corruzione. Diventa anche uno dei vice direttori del Dipartimento di lavoro del Fronte Unito del Partito Comunista. Nato nello Shandong, ha esperienze di governo a Wuhan e nella provincia del Qinghai.

 

Chen Ruifeng è il nuovo capo dell’Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi (SARA). La nomina è arrivata il 24 marzo, come riportato dal sito web del Dipartimento di Lavoro del Fronte Unito del Partito Comunista Cinese (PCC).

 

Chen sostituisce Cui Maohu, rimosso nei giorni scorsi e sotto indagine per presunte gravi infrazioni disciplinari e di legge: le autorità usano di solito questa espressione per indicare un caso di corruzione.

 

Il 56enne Chen nasce nella provincia dello Shandong ed entra a far parte del Partito nel 1989. È scelto come vice segretario del PCC a Wuhan (Hubei) nel 2016, per ottenere un anno dopo la carica di vice sindaco. Nel luglio 2020 è promosso al Comitato permanente dell’ufficio provinciale del Partito nel Qinghai.

 

La nuova guida della SARA è diventato anche uno dei vice direttori del Dipartimento di lavoro del Fronte unito. In precedenza l’Amministrazione per gli affari religiosi era nota come «Ufficio Affari Religiosi», un organismo indipendente sotto l’autorità del Consiglio di Stato (il governo centrale).

 

Nel marzo 2018 è passata sotto il diretto controllo del PCC, servendo in sostanza da braccio esecutivo del Fronte unito per il controllo delle attività religiose.

 

 

 

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