Politica
Trump annuncia di aver chiesto alla figlia Ivanka e al genero Kushner di non partecipare alla campagna 2024

L’ex presidente Donald Trump ha rivelato che sua figlia Ivanka Trump e suo marito, Jared Kushner, non lavoreranno alla sua campagna del 2024. Lo riporta la testata americana Epoch Times.
In un post su Truth Social, Trump ha affermato che le notizie per cui Kushner e Ivanka si rifiutavano di lavorare alla sua campagna erano falsi. Invece, secondo l’ex presidente, è stato lui stesso a dire loro che non avrebbero dovuto partecipare.
«Contrariamente a quanto riportato dalle fake news, non ho mai chiesto a Jared o Ivanka di far parte della campagna per il presidente del 2024 e, in effetti, ho chiesto loro espressamente di non farlo» affinché non debbano «affrontare alcuni depravati assolutamente orrendi nel mondo della politica, e oltre», ha scritto Trump sulla sua piattaforma di social media.
Sempre lo scorso lunedì l’ex presidente ha specificato che la sua è stata una «cavalcata senza eguali» e che la sua famiglia «non dovrebbe essere ulteriormente sottoposta ad essa».
La notizia arriva pochi giorni dopo che il New York Post e altri media, citando fonti anonime, hanno affermato che Trump ha parlato in privato con sua figlia e suo genero per unirsi alla sua candidatura alla Casa Bianca del 2024 quando l’altra figlia, Tiffany Trump, si è sposata a novembre. Quei rapporti dicevano che Ivanka e Kushner avevano rifiutato la sua proposta di aderire.
Il New York Magazine, che ha citato allo stesso modo fonti anonime, aveva affermato che Kushner ha rifiutato la proposta di Trump perché aveva incontrato il controverso cantante Kanye West diverse settimane fa. Né Trump né Kushner hanno risposto pubblicamente a quella specifica accusa.
Kushner era inoltre stato accusato dalla nipote di Trump di essere la «talpa» dell’FBI dietro all’incredibile raid di Mar-a-Lago, nel quale il Bureau ha fatto irruzione nella tenuta di Trump in Florida e portato via documenti. Secondo Steve Bannon, lui stesso incappato in arresti e tribunali, l’FBI ha eseguito raid in casa di almeno 35 alleati dell’ex presidente.
Come riportato da Renovatio 21, vi sono speculazioni significative sul fatto che Ivanka e Melania Trump non si possano soffrire.
Al contempo, il Kushner si è rivelato essere una figura problematica. Legato da profondi legami famigliari e politici a Benjamin Netanyahu (il padre, palazzinaro criminale condannato, era il quarto sostenitore finanziario americano di Bibi), era divenuto uomo di collegamento con Mohammed bin Salman (uomo forte dell’Arabia Saudita) e Mohammed bin Zayed (emiro di Abu Dhabi), che tuttavia in privato, è emerso, lo canzonavano come loro pupazzo. Il risultato degli sforzi di Kushner per Trump dovrebbe essere l’attuazione dei cosiddetti Accordi di Abramo, ossia la pacificazione dei rapporti tra Israele e alcuni Paesi del Golfo.
Il genero, una volta diventato advisor del presidente Trump, secondo alcuni avrebbe fatto pressione per trovare investitori arabi per il grande e fallimentare investimento immobiliare della famiglia Kushner, il palazzo 5th 666, ossia il numero civico 666 della 5ª strada di Nuova York.
In diverse recenti interviste, non prive di accenti definiti «antisemiti», il cantante Kanye West ha parlato di Kushner e di suo fratello e della loro influenza su Trump e su altro, pur esprimendo ammirazione per Ivanka e suo padre.
Politica
Trump dice che risolvere Gaza potrebbe non bastare per andare in paradiso

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suggerito, con tono scherzoso, che probabilmente non finirà in paradiso, nonostante i suoi sforzi per negoziare la pace tra Israele e Hamas.
Domenica, durante un volo sull’Air Force One diretto in Israele, Peter Doocy di Fox News ha chiesto a Trump se la fine della guerra a Gaza potesse aiutarlo a «guadagnarsi il paradiso».
«Sto cercando di fare il bravo», ha risposto Trump con un sorriso. «Non credo che qualcosa mi porterà in paradiso. Non penso di essere destinato a quel posto. Forse sono già in paradiso ora, volando sull’Air Force One. Non so se ci arriverò, ma ho migliorato la vita di molte persone», ha aggiunto.
Trump ha poi elogiato le sue doti di negoziatore, sostenendo che il conflitto tra Israele e Hamas sarebbe stata «l’ottava guerra che ho risolto».
Lunedì, Hamas ha rilasciato i 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio di circa 2.000 prigionieri palestinesi. L’esercito israeliano aveva precedentemente sospeso le operazioni offensive e si era ritirato da alcune aree della Striscia di Gaza.
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Nello stesso giorno, Trump e i leader di Egitto, Qatar e Turchia hanno firmato una dichiarazione a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai, approvando il cessate il fuoco e un percorso verso «accordi di pace globali e duraturi».
Il piano di pace in 20 punti di Trump prevede che Gaza diventi una «zona libera dal terrorismo e deradicalizzata». Sebbene Hamas abbia accettato lo scambio di prigionieri previsto dal piano, ha rifiutato di disarmarsi o cedere il controllo dell’enclave palestinese. Israele, da parte sua, non si è ancora impegnato per un ritiro completo dalla Striscia.
Trump, cresciuto nella fede presbiteriana, ha goduto di un forte sostegno tra i cristiani evangelici e dei cattolicidurante la sua carriera politica.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa Trump aveva affermato di voler «provare ad andare in paradiso, se possibile» mentre discuteva dei suoi sforzi per porre fine alla guerra in corso in Ucraina.
«Se riesco a salvare 7.000 persone a settimana dall’essere uccise, penso che sia questo il motivo per cui voglio provare ad andare in paradiso, se possibile», ha detto all trasmissione della TV via cavo americana Fox and Friends. «Sento dire che non sto andando bene, che sono davvero in fondo alla scala sociale. Ma se posso andare in paradiso, questo sarà uno dei motivi».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Essere euroscettici oggi. Renovatio 21 intervista l’onorevole Antonio Maria Rinaldi

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Politica
Zelens’kyj priva della cittadinanza i suoi oppositori

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha revocato la cittadinanza a diverse figure pubbliche di rilievo, tra cui il sindaco di Odessa Gennady Trukhanov, il celebre ballerino Sergei Polunin e l’ex parlamentare Oleg Tsarev, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa UNIAN. Tutti loro avevano in precedenza criticato le politiche di Kiev.
Martedì, lo Zelens’kyj ha annunciato su Telegram di aver firmato un decreto che priva «alcuni individui» della cittadinanza ucraina, accusandoli di possedere passaporti russi. Secondo i media, Trukhanov, Polunin e Tsarev erano inclusi nell’elenco.
Gennady Trukhanov, sindaco di Odessa, è noto per la sua opposizione alla rimozione dei monumenti considerati legati alla Russia. Ha sempre negato di possedere la cittadinanza russa e ha dichiarato di voler ricorrere in tribunale contro le notizie che riportano la revoca della sua cittadinanza.
Sergei Polunin, nato in Ucraina, è cittadino russo e serbo e ha trascorso l’adolescenza presso l’accademia del British Royal Ballet a Londra. Si è trasferito in Russia nei primi anni 2010, interrompendo in gran parte i legami con il suo Paese d’origine. Dopo la sua esibizione in Crimea nel 2018, è stato inserito nel controverso sito web Mirotvorets, che elenca persone considerate «nemiche» dell’Ucraina.
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Oleg Tsarev, deputato della Verkhovna Rada dal 2002 al 2014, ha sostenuto le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk dopo il colpo di Stato di Euromaidan del 2014, appoggiato dall’Occidente. Successivamente si è ritirato dalla politica e si è stabilito in Crimea. Nel 2023, è sopravvissuto a un tentativo di assassinio, che secondo la BBC sarebbe stato orchestrato dai Servizi di Sicurezza dell’Ucraina (SBU).
Zelens’kyj ha utilizzato le accuse di possesso di cittadinanza russa per colpire i critici di Kiev. Sebbene la legge ucraina non riconosca la doppia cittadinanza, non la vieta esplicitamente. È noto il caso dell’oligarca ebreo Igor Kolomojskij – l’uomo che ha lanciato Zelens’kyj nelle sue TV favorendone l’ascesa politica – che possedeva, oltre al passaporto ucraino, anche quello cipriota ed ovviamente israeliano. L’uomo, tuttavia, ora è oggetto di raid da parte della giustizia e dei servizi del suo ex protegé.
Diversi ex funzionari ucraini e rivali politici di Zelens’kyj sono stati presi di mira con questa strategia, tra cui Viktor Medvedchuk, ex leader del principale partito di opposizione del Paese, ora in esilio in Russia dopo essere stato liberato dalle prigioni ucraine.
Come riportato da Renovatio 21, a luglio, anche il metropolita Onofrio, il vescovo più anziano della Chiesa ortodossa ucraina (UOC), la confessione cristiana più diffusa nel Paese, è stato privato della cittadinanza ucraina, a seguito di accuse di possedere anche la cittadinanza russa.
La politica della revoca della cittadinanza ai sacerdoti della UOC, ritenuti non allineati dal regime di Kiev, era iniziata ancora tre anni fa.
Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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