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Politica

«Liberate la Trumpamania»: Hulk Hogan si strappa la maglietta alla convention repubblicana. I legami aperti e segreti con Donald e con Vance

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L’icona del «professional wrestling» Hulk Hogan ha parlato dal Convention nazionale repubblicana (RNC) di Milwaukee giovedì, strappandosi la maglietta durante un discorso sul palco per sottolineare il suo sostegno a Donald Trump.

 

Lo Hogan, 71 anni, ha parlato alla convention poco prima che Trump accettasse la candidatura del suo partito per le elezioni presidenziali di novembre. Inizialmente, la leggenda del wrestling è salita sul palco con una giacca blu e una maglietta con una foto di se stesso che reggeva la bandiera degli Stati Uniti e la didascalia «vero americano». Come noto, «real american» era anche il suo inno, mandato in playback ogni volta che entrava sul ring a combattere,

 

Holk Hogan, al secolo Terry Bollea (è di origini italiane), si è presentato al pubblico del convegno politico secondo quella che nel gergo del wrestling si chiama keyfabe: cioè calato totalmente nel personaggio, con parlata e gestualità aderenti alla narrativa dello spettacolo – perché il wrestling americano è puro spettacolo, nessuna botta vera, anche se tanti danni fisici subiti dagli atleti comunque.

 

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A pochi minuti dall’inizio del discorso, Lo Hogan si è tolto la giacca e ha strappato la maglietta per rivelare che sotto aveva una canotta rossa Trump-JD Vance sotto, in riferimento ai candidati repubblicani per presidente e vicepresidente, che lui ha definito come «il più grande tag team», cioè squadra di wrestling. Per l’occasione ha citato quando faceva squadra con Randy Savage detto «Macho Man», sottolineando con un «oh yeah» il nome dell’ex compagno, che oramai è semplicemente impensabile.

 

Lo Hogan ha parlato con entusiasmo del suo amore per Trump, definendolo il suo «eroe» e un «gladiatore». La trovata con la maglietta strappata è stata programmata per la parte del suo discorso in cui ha espresso indignazione per il tentato assassinio di Trump durante un comizio a Butler, in Pennsylvania, lo scorso fine settimana.

 

«Cosa è successo la settimana scorsa quando hanno sparato al mio eroe e hanno cercato di uccidere il prossimo presidente degli Stati Uniti? Basta così. Lascia che la Trump-mania si scateni, fratello. Lascia che la Trump-mania regni di nuovo. Lascia che la Trump-mania renda di nuovo grande l’America», ha urlato, citando il motto della campagna di Trump.

 

Commentando in diretta l’arrivo sul podio dell’Hogano, Owen Shroyer, giovane giornalista di Infowars che ha fatto il carcere per una sua supposta partecipazione durante la rivolta del 6 gennaio 2021, ha detto al suo collega in studio «predico che si strapperà la maglietta». Il collega gli ha risposto che non lo avrebbe fatto, perché troppo «dignified», cioè nobilitato. «Questo è il nuovo Partito Repubblicano» ha detto Shroyer. «Vedrai». Ha avuto ragione lui…

 


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L’Hogano nel suo discorso ha anche accusato l’establishment politico statunitense di aver lanciato «indagini, impeachment e casi giudiziari» contro Trump per minare la sua immagine pubblica, ma ha affermato che l’ex presidente «sta ancora prendendoli a calci nel sedere».

 

La reazione del pubblico alla performance di Hogan è stata entusiastica, mentre lo stesso Trump è stato visto sorridere e applaudire il lottatore. Trump ha quindi citato Hogan anche nel suo fluviale discorso di accettazione della nomina (un’ora e mezza, record assoluto del genere) andando fuori dallo script letto sui teleprompter.

 

«Hulk Hogan poteva alzare e buttare fuori dal ring sulla folla un uomo di 350 libbre» cioè 160 chilogrammi, he detto improvvisamente Trump. «Non è una cosa bella, ragazzi?» Subito dopo Donald torna a leggere il teleprompter: «lo spettro della guerra incombe su Taiwan»…

 

Oltre all’amicizia decennale che lega Trump e Bollea – ricordiamo che nel pieno della sua carriera TV, il Trump partecipò pure ad incontri della lega wrestling WWE, intessendo storie spettacolari in cui menava come un fabbro ma pure le prendeva – c’è un altro legame che vale la pena qui di ricordare.

 

Hogan e il vice presidente candidato da Trump JD Vance hanno infatti qualcosa in comune: ambedue sono stati finanziati dal geniale venture capitalist Peter Thiel, già fiancheggiatore di Trump nel 2016 (ma non nel 2020) che questa volta sembra rimanere un po’ dietro le quinte.

 

Vance ha lavorato per il fondo di investimento di Thiel Mithril Capital (tutti i suoi fondi hanno nomi tratti dall’universo narrativo di J.R.R. Tolkien), mentre Hogan si trovò a divenire vettore di una vendetta programmata da anni: nel 2009, un sito affiliato alla testata scandalistica Gawker aveva rivelato che Thiel era omosessuale, qualcosa che l’interessato non aveva mai detto pubblicamente, non ai suoi investitori (tra cui, magari, alcuni arabi…) e forse neppure alla famiglia.

 

Quando Gawker pubblico il video di Hogan a letto con la moglie di un suo amico, il bizzarro e controverso DJ radiofonico Bubba The Lovesponge (Bubba la «Spugna d’amore» nome che ha assunto all’anagrafe), che pare avesse pure filmato lui la cosa per questioni personali, Thiel intervenne sostenendo segretamente la causa con milioni di dollari e il migliore studio legale di Los Angeles.

 

Gawker fu condannato ad un risarcimento di oltre 100 milioni di dollari a Hogan, una cifra di fatto inesigibile, e venne quindi mandato in bancarotta. Quando giornali rivelarono il ruolo di Thiel nell’operazione, lui disse che era il miglior investimenti filantropico fatto in vita sua, e ad una festa all’Halloween seguente il capitalista si presentò vestito appunto da Hulk Hogan.

 

Come sa il lettore di Renovatio 21, Hulk Hogan fu autore di un denso, profondo breve scritto sul potere di Dio, e la nostra necessaria mortificazione, durante la prima fase della pandemia.

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Musk: «se Trump perde, sono fottuto». Kamala «marionetta», Soros non più «compos mentis»

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In una lunga e densissima intervista pubblicata su X, Elon Musk ha dichiarato al giornalista americano Tucker Carlson di essere «pieno di fiducia» nella vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi di novembre.   L’intervista ha toccato temi di vasta un’importanza, perfino superando l’intensità dell’ultima con Carlson, oramai due anni fa.   In un momento che probabilmente non doveva essere ripreso dalle telecamere, che epperò stavano registrando, Carlson ha chiesto cosa sarebbe successo se la candidata democratica Kamala Harris avesse battuto il rivale repubblicano Trump a novembre.   «Se perde… sei fottuto, amico!» ha detto Tucker, tra le risate dei due.   «Se perde, sono fottuto», ha concordato Musk, aggiungendo «quanto pensi che durerà la mia condanna al carcere? Rivedrò i miei figli? Non lo so».    

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Il CEO di Tesla ha formalmente appoggiato Trump come presidente a luglio, dopo un tentativo di assassinio dell’ex presidente durante una manifestazione in Pennsylvania. Ora si dice «all-in» per Trump: espressione del gergo pokeristico che indica quando si punta tutto su una mano.   «E ho attaccato Kamala senza sosta», ha detto Musk a Carlson. «La chiamo la marionetta di Kamala. E la macchina che la marionetta di Kamala rappresenta» ha aggiunto il miliardario.   Musk ha fatto riferimento a un controverso post su X che ha scritto – e poi cancellato – dicendo che nessuno sta tentando di uccidere Harris, mentre Trump ha affrontato due tentativi di assassinio. «Alcune persone l’hanno interpretato come se stessi chiedendo alle persone di assassinarla», ha spiegato, aggiungendo che non c’è «nessuna ragione per cercare di assassinare una marionetta».   «Lei dirà qualsiasi parola ci sia sul gobbo, quindi… in realtà è chi controlla il gobbo ad essere effettivamente responsabile».   L’imprenditore ha quindi detto che chi controlla davvero i presidenti-marionetta è un gruppo di persone del mondo del business di circa 100 persone. Quando Tucker gli ha chiesto se li conosce, Elon ha risposto che probabilmente ne conosce personalmente almeno l’80%.   Parlando di George Soros, in passato attaccato con veemenza dal Musk che lo ha accusato, guardando a Lampedusa, di tentare di distruggere il tessuto stesso della civiltà, questi ha rivelato che oggidì non sarebbe più «compos mentis», e che il potere sarebbe stato trasferito al figlio Alexander.   Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa in un tweet Elon aveva pubblicamente ringraziato il Soros jr. per aver svelato chi fosse il prossimo burattinaio di Kamala. Il ragazzo aveva infatti definito la Harris come «la candidata più qualificata che abbiamo».   A fine intervista Musk ha confermato di aver discusso di dirigere una «commissione per l’efficienza governativa» come parte di una potenziale amministrazione Trump. Dopo aver acquistato X, ha licenziato l’80% del suo personale e «ha migliorato le caratteristiche e la funzionalità del sito» nel processo, ha affermato.   L’intervista con Carlson arriva solo pochi giorni dopo che Musk ha raggiunto Trump sul palco durante un comizio a Butler, Pennsylvania, la città dove è sopravvissuto al primo attentato alla sua vita. Musk ha parlato a una folla eccitata, elogiando la compostezza dell’ex presidente sotto attacco.   Come riportato da Renovatio 21, è probabile che tra gli accordi di Musk e Trump vi sia stata una conversazione riguardo le attività di esplorazione spaziale americana: Trump ha annunciato che vi sarà una prima missione umana su Marte – fine principale delle attività di Musk – entro il 2028.

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I democristiani tedeschi pronti alla coalizione con i Verdi

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Alleanze chimeriche in vista in Germania, dove i partiti popolisti AfD e BSW avanzano e i partiti storici arretrano, mentre gli ecologisti sembrano semplicemente estinguersi.

 

Friedrich Merz, leader dell’Unione cristiano-democratica (CDU) e candidato cancelliere tedesco, ha escluso un’alleanza con il partito dei Verdi. Tuttavia, ha lasciato intendere che la sua posizione potrebbe cambiare se i Verdi dovessero prendere una strada diversa.

 

In un sondaggio d’opinione condotto tra i leader del partito fondato da Corrado Adenauer condotto in 15 laender, la catena di giornali RND ha scoperto che 12 di loro sono aperti a una coalizione con i Verdi. Ciò nonostante le estreme perdite elettorali dei Verdi nelle recenti elezioni regionali.

 

I tre leader della CDU che si sono rifiutati di commentare erano quelli dei land orientali di Sassonia, Turingia e Brandeburgo.

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Nelle elezioni locali del mese scorso in Turingia e Brandeburgo, i Verdi hanno ottenuto così pochi voti che non sono riusciti a sedere nel Parlamento del land (Landtag) alle elezioni di settembre, e a livello nazionale i Verdi sono in un declino accelerato.

 

Come riportato da Renovatio 21, secondo un sondaggio circa lo 0% dei tedeschi è «molto soddisfatto» dell’azione del governo Scholzo, del quale i Verdi sono grande azionista.

 

La volontà della democristiana CDU nel resto del Paese di legare le sue ambizioni di governo a un quasi-cadavere è solo un altro segno della sua putrefazione, perseguendo politiche contro le opinioni anti-verdi della maggioranza degli elettori della CDU, scrive EIRN.

 

L’Unione Cristiano-Sociale (CSU), i cristiano-democratici autonomi nel land della Baviera, si oppone invece ai Verdi. Il leader della CSU Markus Söder ha già annunciato che userà il voto della CSU per impedire ai Verdi di entrare nel governo federale dopo le prossime elezioni generali se la CDU/CSU vincerà.

 

Gruenen, i Verdi tedeschi, sono di fatto il partito che più di ogni anno spingere per la guerra contro la Russia in Ucraina, con il ministro degli Esteri verde Annalena Baerbock che ha affermato che appoggerà Kiev anche contro il volere del suo elettorato. La CDU, parimenti, in questi mesi ha spinto per la consegna di missili Taurus alle forze di Zelens’kyj, un’evenienza per la quale la stessa Baerbock fu canzonata in pubblico dall’omologo ucraino Kuleba.

 

Come riportato da Renovatio 21, i Verdi tedeschi stanno difendendo una legge secondo la quale la Polizei potrà perquisire in segreto le case dei cittadini.

 

I democristiani tedeschi, come quelli italiani, dimostrano ancora una volta l’unica cifra che davvero li definisce: il compromesso, sempre e con chiunque. Il compromesso è un concetto certamente democratico, ma assolutamente non cristiano. Ecco perché l’espressione «democrazia cristiana» è una contradicio in adjecto, una contraddizione in termini.

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Immagine di Löwe 48 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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Aborto, Trump ha incoraggiato Melania a «scrivere ciò in cui crede» nel suo libro. La manovra elettorale continua

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L’ex presidente e attuale candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump ha dichiarato giovedì di aver dato la sua benedizione alla moglie Melania Trump affinché sostenga il «diritto fondamentale» all’aborto nelle sue prossime memorie.   La notizia ulteriore sull’accaduto arriva in un momento in cui i rapporti tra la lista del Partito Repubblicano e la base pro-life del partito sono già piuttosto tesi.   All’inizio di questa settimana era stato pubblicato un estratto anticipato del libro dell’ex First Lady , in cui dichiara che «il diritto fondamentale di una donna alla libertà individuale, alla propria vita, le garantisce l’autorità di interrompere la gravidanza se lo desidera. Limitare il diritto di una donna di scegliere se interrompere una gravidanza indesiderata equivale a negarle il controllo sul proprio corpo».   Dopo le reazioni di disapprovazione di vari sostenitori della vita, il giornalista di Fox News Bill Melugin aveva chiesto spiegazioni all’ex presidente in un’intervista andata in onda giovedì.  

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«Ne abbiamo parlato. E ho detto, dovete scrivere ciò in cui credete», ha detto Trump. «Non ti dirò cosa fare. Devi scrivere ciò in cui credi. È molto amata, la nostra ex First Lady, posso dirvelo».   «Ma ho detto che doveva seguire il suo cuore. L’ho detto a tutti, dovete seguire il vostro cuore», ha continuato, riecheggiando un ritornello comune che ha usato nei suoi appelli per stupro, incesto ed eccezioni mediche alle leggi pro-life. «Ci sono alcune persone che sono molto, molto di destra sulla questione, cioè senza eccezioni, e poi ci sono altre persone che la vedono in modo un po’ diverso».   La dichiarazione pro-aborto della signora Trump era arrivata la stessa settimana in cui suo marito, con un post sui social scritto tutto in lettere maiuscole quasi fosse un antico attivista grillino, aveva chiarito che «non avrebbe sostenuto un divieto federale sull’aborto, in nessuna circostanza, e, di fatto, avrebbe posto il veto».  

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La dichiarazione segnala la costante trasformazione della sua posizione sull’aborto rispetto alla sua campagna del 2016 e al suo primo mandato.   Trump ora si oppone a ulteriori azioni federali sull’aborto, sostiene la distribuzione delle pillole abortive per posta e ha criticato gli stati per i divieti di aborto eccessivamente «duri». Attraverso questo lavoro, si è preso il merito di aver reso il Partito Repubblicano «meno radicale» sull’aborto, anche riscrivendo la piattaforma nazionale del partito per riflettere la sua posizione più liberale.   «La svolta di sinistra di Trump sull’aborto ha angosciato molti pro-life, che hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua vittoria del 2016, scatenando un dibattito tra molti sulla possibilità di votare o astenersi alle elezioni di novembre» scrive LifeSite. «Allo stesso tempo, tuttavia, le divergenze tra Trump e i democratici su questioni come la “transizione” dei minori con incertezze di genere e l’agenda politica di estrema sinistra dei democratici gli garantiscono un continuo sostegno tra molti conservatori e repubblicani».   L’avversaria di Trump, la vicepresidente democratica Kamala Harris, si candida con una piattaforma assolutista per l’aborto su richiesta che include il finanziamento dell’aborto da parte dei contribuenti, opponendosi a qualsiasi limite alla pratica, firmando una legge che obbliga tutti i 50 stati a consentire nuovamente l’aborto e, più di recente, abolisce l’ostruzionismo del Senato per ottenere che una legge del genere finisca sul tavolo.

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Nei suoi discorsi, la vicepresidente Harris ha iniziato a promuovere l’aborto come una normale procedura da eseguire per qualsiasi motivo una donna voglia, come sbarazzarsi di un bambino che interferirebbe con i suoi piani di carriera.   Come già scritto da Renovatio 21, è piuttosto certo che l’uscita di Melania – che è davvero abortista, oltre che filo-LGBT – rappresenta una manovra politica per recuperare voti non solo a sinistra (dove ora la campagna può osare, grazie all’agglutinamento dell’elettorato di Robert F. Kennedy jr. e dell’ex democratica Tulsi Gabbard, ambedue abortisti) ma anche presso certo elettorato «suburbano» di donne borghesi, il cui supporto si pensa sia sparito dopo la sentenza della Corte Suprema Dobbs v. Jackson che tre anni fa ha defederalizzato l’interruzione di gravidanza, cagionando – secondo un’analisi di vari osservatori – un’emorragia di voti per il Partito Repubblicano che ha portato alla mezza sconfitta delle elezioni midterm 2022, quando invece tutti attendevano una red wave, ossia uno tsunami di voti repubblicani che avrebbero fatto conquistare al Grand Old Party Camera e Senato.   La Melania abortista, secondo il nostro ragionamento, è l’esca, la garanzia per far tornare a casa quei voti, nella certezza che i cattolici, nonostante qualcuno che fa la voce grossa, non molleranno Trump.

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Immagine di Marc Nozell via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0      
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