Nucleare
Tokyo vuole prolungare la vita alle sue centrali nucleari
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
L’ente pubblico preposto ai controlli di sicurezza vuole introdurre controlli decennali ma senza più alcun limite massimo per l’operatività degli impianti. Solo una piccola parte delle centrali nucleari in funzione prima del disastro di Fukushima sono tornate a essere funzionanti ma la crisi energetica preme per il ritorno all’atomo.
Il Giappone è pronto ad allungare la vita delle proprie centrali nucleari.
Questo mercoledì l’Autorità per la regolazione del nucleare (NRA), un ente pubblico creato per monitorare la sicurezza delle centrali dopo il disastro di Fukushima del 2011, ha proposto di introdurre controlli decennali per tutti i reattori con oltre 30 anni di servizio.
Se le verifiche dovessero avere esito positivo, le centrali nucleari otterrebbero l’autorizzazione a rimanere in funzione.
In linea teorica, i nuovi regolamenti potrebbero permettere ad alcuni reattori di operare oltre l’attuale limite di 60 anni. Secondo le norme vigenti introdotte dopo il 2011 le centrali giapponesi devono essere chiuse superati i 40 anni di vita, che possono essere allungati di massimo altri 20 anni se l’NRA riscontra che i parametri di sicurezza sono rispettati.
«I [nuovi] regolamenti saranno molto più rigidi dell’attuale sistema» ha detto Yamanaka Shinsuke, il capo dell’NRA. «È nostro dovere adottare norme adeguate», ha poi aggiunto. Durante la conferenza stampa di presentazione della riforma, Yamanaka ha alluso alla possibilità che gli impianti più vecchi potrebbero dover rispettare un maggior numero di criteri per garantirne la sicurezza operativa.
L’autorità nelle prossime settimane continuerà a discutere su quali debbano essere le pratiche da adottare per queste verifiche decennali. Saranno ascoltate le opinioni delle varie società elettriche e poi entro la fine dell’anno l’NRA presenterà un piano definitivo su come modificare i regolamenti nazionali in tema di sicurezza delle centrali nucleari.
La revisione è in linea coi desideri dell’attuale governo. Lo scorso agosto il premier Kishida ha dato istruzioni al ministero dell’economia di ridare slancio alla produzione di energia nucleare, da compiere nel segno della riduzione delle emissioni di CO2 e della messa in sicurezza di una fornitura di energia stabile e sicura per il Giappone. Ad oggi, solo una piccola parte delle centrali nucleari in funzione prima del disastro di Fukushima sono tornate a essere funzionanti dopo la chiusura imposta dalle autorità nel 2011 e il Paese dipende molto dall’importazione di idrocarburi.
Al momento le prospettive energetiche del Paese appaiono molto incerte. Negli ultimi mesi (soprattutto in primavera) il rischio di blackout, dovuto a una forte domanda di elettricità a fronte di una produzione modesta, era stato una grossa preoccupazione per il governo.
Le condizioni strutturali per questo sbilanciamento tuttavia non sono ancora state del tutto risolte, tanto che questa settimana il governo ha diramato la richiesta per cittadini e imprese di risparmiare quanta più elettricità possibile durante il prossimo inverno. Per questo, il ritorno al nucleare è diventato una priorità per Tokyo.
Su un punto però l’NRA ha mostrato la necessità di smarcarsi dalla posizione del governo. Dal conteggio dell’età delle centrali nucleari non verranno sottratti gli anni di chiusura post-Fukushima, poiché anche durante quel periodo le strutture dei reattori sono invecchiate e ne va perciò valutata ugualmente la sicurezza.
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Nucleare
Tokyo, via libera al riavvio della più grande centrale nucleare al mondo
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Il governatore della prefettura di Niigata ha approvato la riaccensione parziale dell’impianto di Kashiwazaki-Kariwa, segnando una svolta nella strategia energetica del Giappone, voluta dal governo di Sanae Takaichi. La premier sta valutando anche una revisione dei tre storici principi non nucleari, indignando i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki.
Il governatore della prefettura di Niigata, Hideyo Hanazumi, ha approvato oggi la riattivazione parziale della centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, la più grande del mondo per capacità installata. Il Giappone da tempo cerca di rilanciare il settore dell’energia atomica per ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, aumentate in modo significativo dopo il disastro di Fukushima del 2011.
L’approvazione rimuove l’ultimo ostacolo politico al piano della Tokyo Electric Power Company (TEPCO), che potrà ora procedere con la riaccensione dei due più potenti reattori dell’impianto che insieme generano 2.710 megawatt, circa un terzo della capacità complessiva. Solo il reattore n. 6, ha spiegato il ministro dell’Industria, Ryosei Akazawa, permetterebbe di migliorare del 2% l’equilibrio tra domanda e offerta di energia nell’area metropolitana di Tokyo.
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Hanazumi ha dichiarato che la decisione dovrà comunque essere sottoposta al voto di fiducia dell’assemblea prefetturale nella sessione che si aprirà il 2 dicembre. «Non sarebbe razionale bloccare qualcosa che ha superato gli standard di sicurezza nazionali», ha affermato, sottolineando però che le preoccupazioni dei residenti, le misure di emergenza e il monitoraggio continuo della sicurezza restano priorità da affrontare.
Se confermato, il riavvio segnerebbe una svolta per TEPCO: dal marzo 2011, quando lo tsunami devastò la centrale di Fukushima Daiichi causando il peggiore incidente nucleare dopo Chernobyl, l’azienda non ha più potuto riattivare alcun reattore. In ottobre TEPCO aveva concluso le verifiche tecniche sul reattore n. 6, confermando il corretto funzionamento dei sistemi.
Dopo Fukushima, il Giappone aveva spento tutti i 54 reattori attivi all’epoca. Ad oggi ne sono stati riavviati 14 sui 33 ancora idonei all’uso. Il governo della premier Sanae Takaichi, sostiene la riapertura dei reattori per rafforzare la sicurezza energetica e ridurre i costi delle importazioni: nel 2024 il Giappone ha speso 10,7 trilioni di yen (circa 68 miliardi di dollari) solo per importare gas naturale liquefatto e carbone, un decimo del totale delle importazioni nazionali. Il governo insiste inoltre sul fatto che il ritorno al nucleare è essenziale per contenere i prezzi dell’elettricità e aumentare la quota di energia riducendo allo stesso tempo le emissioni.
La riattivazione dell’impianto avviene in un clima politico teso perché la premier Sanae Takaichi è a favore anche della possibilità di rivedere i principi del Giappone anche in fatto di armi atomiche. Una prospettiva che ha suscitato una dura reazione da parte degli hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki.
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La Nihon Hidankyo, principale organizzazione nazionale dei sopravvissuti e vincitrice del Premio Nobel per la pace lo scorso anno, ieri 20 novembre ha diffuso una nota di forte condanna, affermando che «non è possibile tollerare l’introduzione di armi nucleari in Giappone né permettere che il Paese diventi una base per la guerra nucleare o un bersaglio di attacchi atomici».
L’organizzazione ha chiesto al governo di rispettare e rafforzare i tre principi (che vietano di possedere, produrre o ospitare armi atomiche), inserendoli addirittura nella legislazione nazionale, denunciando come un pericoloso arretramento l’idea stessa di metterli in discussione.
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Nucleare
Il Niger accusa il gruppo nucleare statale francese di «crimini di massa»
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Nucleare
L’ex vertice dell’esercito ucraino vuole le armi nucleari
L’ex comandante supremo delle Forze Armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny, ha sostenuto che solo l’ingresso nella NATO, l’installazione di armi atomiche o l’accoglienza di un imponente contingente militare straniero possano assicurare una protezione effettiva per Kiev.
Le dichiarazioni sono state rese note in un saggio apparso sabato sulle colonne del giornale britannico Telegraph.
Il generale – che, secondo indiscrezioni, starebbe tessendo in silenzio una compagine politica da Londra in vista di una possibile corsa alla presidenza – ha delineato le sue analisi su come sconfiggere Mosca, forgiare un’«Ucraina rinnovata» e quali «tutele di sicurezza» adottare per prevenire una ricaduta nel confronto con il Cremlino.
«Queste tutele potrebbero comprendere: l’accessione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica, il posizionamento di ordigni nucleari sul suolo ucraino o l’impianto di un corposo schieramento alleato in grado di fronteggiare la Federazione Russa», ha argomentato Zaluzhny.
L’alto ufficiale ha sostanzialmente ribadito le posizioni più intransigenti della classe dirigente ucraina attuale: Volodymyr Zelens’kyj ha spesso invocato simili tesi nel corso della crisi con la Russia, e pure in precedenza.
Il governo russo ha più volte stigmatizzato come inaccettabili qualsivoglia delle «tutele di sicurezza» indicate da Zaluzhny. Mosca contrasta da anni le velleità atlantiste di Kiev, additando l’allargamento verso levante del Patto come un pericolo per la propria integrità e annoverandolo tra i moventi principali del contenzioso in atto.
Inoltre, il Cremlino ha insistito che, in qualsivoglia intesa di pace futura, l’Ucraina debba abbracciare uno statuto di neutralità.
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Anche le esternazioni nucleari di Kiev sono state aspramente censurate da Mosca, che le ha giudicate foriere di escalation e di un rischio di conflagrazione mondiale. La dirigenza ucraina ha spesso deplorato l’abbandono dell’eredità atomica sovietica agli albori degli anni Novanta, lamentando di non aver ottenuto contropartite adeguate.
La leadership di Kiev ha sostenuto a lungo che gli Stati Uniti e i suoi alleati avevano l’obbligo di proteggere l’Ucraina a causa del Memorandum di Budapest del 1994, in cui Stati Uniti, Regno Unito e Russia avevano dato garanzie di sicurezza in cambio della rimozione delle testate nucleari sovietiche dal territorio ucraino.
In verità, però, quell’arsenale era rimasto sotto l’egida moscovita, mentre l’Ucraina sovrana mancava delle capacità per gestirne o preservarne le testate residue dopo la dissoluzione dell’URSS. Allo stesso modo, la Russia ha escluso qualsivoglia ipotesi di dispiegamento di truppe straniere in Ucraina, né durante né oltre il conflitto vigente. Tale mossa, a giudizio del Cremlino, non farebbe che precipitare Mosca in uno scontro frontale con l’Occidente.
Come ricordato da Renovatio 21, c’è da dire che la fornitura di atomiche a Kiev è stata messa sul piatto varie volte da personaggi come l’europarlamentare ucraino Radoslav Sikorski, membro del gruppo Bilderberg sposato alla neocon americana Anne Applebaum.
Si tende a dimenticare che lo stesso Zelens’kyj parlò di riarmo atomico di Kiev alla Conferenza di Sicurezza di Monaco, pochi giorni prima dell’intervento russo. In seguito, Zelens’kyj e i suoi hanno più volte parlato di attacchi preventivi ai siti di lancio russi e di «controllo globale» delle scorte atomiche di Mosca.
A inizio anno, la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca Maria Zakharova aveva definito lo Zelen’skyj come un «maniaco» che chiede armi nucleari alla NATO.
Come riportato da Renovatio 21, mesi fa il quotidiano londinese Times aveva parlato di «opzione nucleare ucraina». Settimane prima il tabloid tedesco Bild aveva riportato le parole di un anonimo funzionario ucraino che sosteneva che Kiev ha la capacità di costruire un’arma nucleare «in poche settimane».
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Immagine di MarianaSenkiv via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International; immagine tagliata
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