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Nucleare

Putin ordina la modifica della dottrina nucleare russa

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La Russia dovrebbe aggiornare la sua dottrina nucleare per definire chiaramente le circostanze che potrebbero spingere Mosca a lanciare un attacco nucleare, ha detto il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin a una riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale lo scorso mercoledì.

 

Putin ha anche suggerito un elenco ampliato di minacce che includerebbe la presenza «informazioni affidabili» riguardo ad un un importante attacco aereo lanciato contro la Russia.

 

Putin ha affermato all’incontro che l’elenco dei criteri che giustificherebbero l’uso da parte della Russia del suo deterrente nucleare dovrebbe essere ampliato nella versione aggiornata della dottrina.

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«L’aggressione contro la Russia da parte di qualsiasi stato non nucleare (…) sostenuto da una potenza nucleare dovrebbe essere trattata come un loro attacco congiunto», ha affermato il presidente.

 

L’implicazione è che le nuove regole si applicherebbero a un possibile attacco ucraino nel profondo della Russia con armi avanzate fornite dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna o dalla Francia.

 

Mosca «considererebbe» anche di ricorrere a una risposta nucleare se ricevesse «informazioni affidabili» su un missile o un attacco aereo «massiccio» lanciato da un altro stato contro la Russia, o il suo più stretto alleato, la Bielorussia, secondo Putin. Le armi utilizzate in un potenziale attacco nemico potrebbero includere qualsiasi cosa, dai missili balistici o da crociera agli aerei strategici e ai droni, ha affermato.

 

«Ci riserviamo il diritto di usare armi nucleari in caso di aggressione contro Russia e Bielorussia», ha detto il presidente russo, aggiungendo che il principio era già stato coordinato con Minsk. Le armi nucleari possono essere usate se un nemico rappresenta una «minaccia critica alla sovranità di uno dei due stati attraverso l’uso di armi convenzionali», ha spiegato.

 

Putin non ha fornito dettagli su quando entreranno in vigore i cambiamenti alla dottrina nucleare russa. Alti funzionari russi, tra cui il vice ministro degli Esteri Sergey Ryabkov e il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, hanno discusso di possibili cambiamenti alla dottrina negli ultimi mesi. A fine agosto, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha affermato che il documento era «in fase di revisione».

 

Il leader russo ha da tempo dimostrato una posizione piuttosto riservata sulla questione delle armi nucleari. A giugno, aveva espresso la speranza che «non si arriverà mai» a uno scambio nucleare tra Mosca e l’Occidente.

 

Mosca «non ha motivo di pensare» di usare armi nucleari, disse all’epoca, parlando al Forum economico internazionale di San Pietroburgo. Più tardi quel mese, il presidente affermò anche che la Russia non aveva bisogno di lanciare un attacco nucleare preventivo, poiché «il nemico è destinato a essere distrutto in un attacco di rappresaglia». Non escluse tuttavia modifiche alla dottrina all’epoca.

 

La proposta del presidente russo Vladimir Putin di aggiornare la dottrina nucleare nazionale dovrebbe servire da monito per gli stati occidentali su ciò che potrebbe accadere se sostenessero un’aggressione contro Mosca, ha affermato il portavoce Peskov, che ha detto di essere sicuro che tutti i leader e gli analisti ragionevoli abbiano compreso la gravità dell’annuncio.

 

«Specialmente quando si tratta di uno stallo senza precedenti innescato dal coinvolgimento diretto delle nazioni occidentali, comprese le potenze nucleari, nel conflitto sull’Ucraina», ha aggiunto il portavoce. «Si tratta di un segnale che mette in guardia queste nazioni dalle conseguenze della loro partecipazione a un attacco al nostro Paese con vari mezzi, compresi quelli non nucleari».

 

«Questo è un segnale di avvertimento per queste nazioni sulle conseguenze della loro partecipazione a un attacco al nostro paese con vari mezzi, compresi quelli non nucleari», ha detto Peskov.

 

Putin ha già avvisato i Paesi occidentali che concedere all’Ucraina il permesso di usare armi ad alta precisione, di fabbricazione straniera, per colpire obiettivi in ​​profondità all’interno della Russia significherebbe il loro coinvolgimento diretto nelle ostilità, poiché l’esercito ucraino non può utilizzare tali armi senza personale militare occidentale.

 

Tuttavia, Mosca ha ripetutamente affermato di aderire al principio secondo cui una guerra nucleare non dovrebbe mai essere combattuta. Mosca «non brandisce» armi nucleari, aveva detto Putin.

 

In precedenza, il leader russo aveva più volte espresso una posizione riservata sulla questione delle armi nucleari, affermando a giugno di sperare che uno scambio nucleare tra Mosca e l’Occidente non avrebbe mai avuto luogo.

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A marzo, tuttavia, Putin ha dichiarato che la Russia era «tecnicamente pronta» per una guerra nucleare ed era pronta a utilizzare risorse nucleari se l’esistenza stessa del Paese fosse in gioco.

 

Come riportato da Renovatio 21, ad ogni modo negli scorsi mesi il presidente russo Vladimiro Putin ha dichiarato il potenziamento dell’arsenale atomico del Paese.

Intanto arrivano le reazioni di Washington alle parole di Putin.

 

Secondo il Segretario di Stato americano Antony Blinken, l’avvertimento del Presidente Vladimir Putin secondo cui la Russia avrebbe aggiornato la sua dottrina nucleare nazionale è «irresponsabile».

 

Mercoledì, Putin ha suggerito che, in base a una versione rivista della dottrina nucleare russa, qualsiasi aggressione contro il paese da parte di uno stato non nucleare con la partecipazione o il supporto di uno stato nucleare potrebbe essere considerata un «attacco congiunto» e superare la soglia nucleare. La modifica proposta implica che le nuove regole potrebbero applicarsi a un attacco ucraino in profondità all’interno della Russia con armi avanzate fornite da Stati Uniti, Gran Bretagna o Francia.

 

«È totalmente irresponsabile», ha detto Blinken in un’intervista con MSNBC giovedì, accusando Putin di «far tintinnare la spada nucleare». Ha anche suggerito che i commenti del presidente russo sono stati mal programmati, mentre i leader mondiali si riuniscono a Nuova York per l’Assemblea generale ONU questa settimana, e ha invitato la comunità internazionale a discutere «la necessità di un maggiore disarmo e non proliferazione».

 

Come riportato da Renovatio 21, poche settimane fa il vice ministro degli Esteri russo Sergey Rjabkov aveva attaccato le «innovazioni destabilizzanti» introdotte nella dottrina nucleare USA.

 

«Dato l’orientamento estremamente distruttivo della politica estera di Washington, ci si può aspettare qualsiasi “innovazione”, comprese quelle estremamente destabilizzanti», ha affermato il vice ministro all’agenzia TASS, sottolineando che la Russia si stava preparando a cambiare la sua dottrina nucleare, citando le azioni «escalation» dell’Occidente nel mezzo del conflitto ucraino.

 

Anche il ministro degli Esteri russo Sergio Lavrov aveva dichiarato nella stessa settimana che Mosca sta «affinando» la sua dottrina nucleare.

 

Nel biennio di conflitto ucraino dottrina nucleare russa era stata negli scorsi anni sempre ribadita dal portavoce del Cremlino Demetrio Peskov. «Abbiamo una dottrina militare, tutto è scritto lì. Non dà nessun’altra interpretazione, tranne ciò che c’è nero su bianco», aveva confermato il vice ministro degli Esteri di Mosca Aleksandr Grushko.

 

Lo stesso Peskov a inizio conflitto aveva detto pubblicamente che l’operazione militare speciale di Mosca serviva ad impedire la guerra nucleare.

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Come riportato da Renovatio 21, ci sono tuttavia dentro la Russia voci insistenti che chiedono di cambiare la dottrina nucleare di Mosca. L’ex consigliere per la politica estera del vice capo dell’amministrazione presidenziale russa, Sergej Karaganov ha dichiarato che la Russia dovrebbe rivedere la propria dottrina nucleare e abbassare la soglia nucleare per dissuadere l’Occidente dal perseguire politiche sconsiderate.

 

Il politologo, membro onorario del presidio del Consiglio Russo per la Politica Estera e di Difesa (SVOP), in passato ha più volte sollevato in diversi articoli la questione delle armi nucleari e ha suggerito alla Russia di prendere in considerazione la possibilità di effettuare, prima o poi, attacchi nucleari preventivi contro obiettivi in ​​Europa.

 

La scorsa primavera l’Ucraina aveva colpito con droni la stazione «Lupi dello Zar» di Armavir, una struttura dedita al rilevamento di missili intercontinentali scagliati contro la Russia. Poco dopo sono emerse notizie di un tentativo di attacco di droni contro un’altra stazione radar russa, questa nella regione di Orenburg, al confine con il Kazakistan, a circa 1.500 km a Est e a Nord della stazione di Armavir, che era stata danneggiata da un attacco di droni nella notte del 22 maggio.

 

Si tratta di notizie spaventose di cui pochissimi a parte Renovatio 21 hanno dato conto per la loro assoluta, allucinante gravità. Un attacco ad un’infrastruttura atomica è, de facto, un atto di guerra atomica. E quindi l’indicazione che l’escalation verso la distruzione termonucleare potrebbe essere partita.

 

Il senatore Dmitrij Rogozin, ex capo dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, dichiarò che gli Stati Uniti dovrebbero essere considerati direttamente responsabili di un attacco ucraino contro un elemento chiave dell’ombrello nucleare russo, avvertendo che tali attacchi potrebbero portare al collasso dell’intera architettura di sicurezza nucleare globale.

 

Come riportato da Renovatio 21, a poche ore dall’inizio del conflitto, quando l’escalation sembrava inevitabile, Putin disse ai giornalisti occidentali che i loro Paesi stavano venendo trascinati in una guerra nucleare in Europa che non avrebbe avuto vincitori. Nessuno dei nostri giornali riportò l’importanza di questa dichiarazione.

Tre settimane fa Theodor Posto, professore emerito del MIT e massimo esperto mondiale di armi atomiche, ha ribadito un concetto che era chiaro durante la Guerra Fredda, ma che ora nell’era della demenza di Biden e dei suoi pupari sembra sfumato: nessuno può vincere una guerra atomica.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

 

Nucleare

«Non c’è vittoria nella guerra nucleare»: parla l’esperto in armamenti del MIT

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Alla fine della scorsa settimana, a Berlino si sono tenuti diversi eventi che hanno evidenziato il rischio per la Germania derivante dal dispiegamento di missili a medio raggio e dalla fornitura di tali armi all’Ucraina, considerati come un possibile preludio a una Terza Guerra Mondiale. Lo riporta EIRN.   Uno di questi eventi è stata una presentazione di tre ore, svoltasi il 10 ottobre, tenuta dal professor Ted Postol, rinomato esperto di armi del MIT, organizzata congiuntamente dallo Schiller Institute (ente legato al gruppo Larouche) e dalla Eurasian Society. L’argomento era la minaccia rappresentata dal posizionamento di missili a medio raggio in Germania, accompagnata da un’analisi lucida delle conseguenze di una potenziale guerra nucleare.   Postol ha illustrato l’enorme potenziale distruttivo delle moderne armi nucleari, molto più potenti rispetto a quelle che, nel 1945, causarono tra le 200.000 e le 250.000 vittime in Giappone, confutando l’idea assurda di poter vincere una guerra nucleare, dimostrando che la cosiddetta «vittoria» diventa priva di senso quando il Paese vincitore non ha più sopravvissuti al termine del conflitto.   L’esperto ha quindi smontato il mito della vittoria in una guerra nucleare tattica, spiegando che l’uso di una singola arma nucleare porterebbe, in circa cinque giorni, a una guerra globale che estinguerebbe ogni forma di vita sulla Terra.

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Riflettendo sulla sua esperienza personale nella pianificazione di una guerra nucleare, Postol ha sottolineato il problema della riduzione del tempo di allerta precoce, dovuto al posizionamento avanzato dei missili, e il rischio di una rapida escalation verso l’uso di armi nucleari, per entrambe le parti, a causa del dilemma «usalo o perdilo».   «Nel 1983, si svolse un war game chiamato Able Archer. In quel war game, i vertici americani simularono, da una prospettiva sociale, psicologica e militare, uno scontro tra il Patto di Varsavia e la NATO, con l’uso di armi nucleari (…) È importante comprendere che gran parte di ciò che avvenne in quel gioco fu guidato da imperativi militari. Il problema, ancora una volta, deriva dalla natura delle armi nucleari. Sono così potenti che, quando una parte inizia a usarle, entrambe si sentono obbligate a contrattaccare e a distruggere il più possibile la capacità offensiva del nemico. Non hai scelta una volta che sei in questo gioco. Non puoi dire “basta”. Perché non sai se l’avversario intensificherà il suo attacco prima che tu ti fermi. Questo dà al nemico l’opportunità di aumentare la sua potenza in modo da causarti danni ancora maggiori. Sei quindi costretto a entrare in un ciclo in cui devi colpire il nemico per tenerlo sotto controllo».   Postol ha spiegato che questa dinamica di attacco e contrattacco è centrale nel pensiero militare sulla guerra nucleare, basato sull’erronea convinzione che si possa combattere e vincere, chiarendo che non esiste vittoria, poiché «i livelli di distruzione sono così elevati che entrambe le parti vengono annientate». Ha aggiunto che l’idea di una guerra nucleare paragonabile a un conflitto convenzionale è fuorviante, poiché i danni sono incomparabilmente più devastanti.   Il professore ha anche criticato la politica autolesionista del governo tedesco, che consente il dispiegamento di queste armi sul proprio territorio, rendendo la Germania, senza alcuna valida ragione, un bersaglio per la distruzione nucleare in caso di conflitto, deplorando inoltre il rapido declino del senso di realtà tra i leader politici occidentali, un fattore che di per sé alimenta il rischio di un confronto nucleare, a causa della loro incapacità di comprendere le conseguenze delle proprie scelte politiche.   Come riportato da Renovatio 21, Postol l’anno scorso aveva condannato l’attacco di droni ucraini contro le stazioni di rilevamento per la guerra atomica Armavir (nota come «Lupi dello Zar») e Orsk, nella Russia meridionale e orientale, parlando di una possibile escalation che da lì poteva partire verso la distruzione nucleare pantoclastica.   Si trattava di attacchi ad una componente componente dell’«ombrello nucleare» della Federazione Russa.   «Gli ucraini hanno ora attaccato un secondo radar strategico di allarme rapido nucleare russo critico a Orsk» aveva avvertito Postol. «Questo radar guarda verso l’Oceano Indiano e ha qualche sovrapposizione con i radar del radar già danneggiato di Armavir. I primi indicatori indicano che l’entità dei danni subiti dall’Orsk è probabilmente limitata, ma non si può escludere che il radar non funzioni per il momento a causa dell’attacco».   «Questa è una situazione molto seria. A differenza degli Stati Uniti, i russi non dispongono di sistemi di allarme satellitare spaziali in grado di rilevare attacchi di missili balistici a livello globale. Ciò significa che la copertura radar persa a causa degli attacchi a questi radar riduce notevolmente il tempo di preavviso contro gli attacchi a Mosca dal Mediterraneo e dall’Oceano Indiano».

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«L’estrema pressione temporale sulla leadership russa potrebbe quindi aumentare significativamente le possibilità di un catastrofico incidente nucleare. Il fatto che Blinken e la sua squadra di sicurezza nazionale abbiano dato il via libera al governo ucraino per attaccare siti russi fuori dall’Ucraina, significa che Blinken ha incautamente detto agli ucraini che possono impegnarsi in tali atti che avrebbero conseguenze potenzialmente catastrofiche per gli Stati Uniti e per l’intero pianeta».   Renovatio 21 rammenta come anche nei discorsi degli strateghi russi sia apparsa, negli scorsi mesi, l’idea di attaccare per primi utilizzando armi atomiche.   Come riportato da Renovatio 21, il noto esperto di relazioni internazionali russo Sergej Karaganov ha scritto interventi molto discussi dove ha parlato apertis verbis della revisione della strategia militare atomica di Mosca, arrivando a ipotizzare la nuclearizzazione di una città europea in risposta al sostegno della guerra ucraina.   Siamo arrivati al punto più prossimo allo sterminio atomico. Mai nella storia, nemmeno nei momenti più caldi della guerra fredda, eravamo giunti così vicino all’abisso pantoclastico, alla prospettiva della distruzione massiva dell’umanità.  

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Nucleare

Trump reagisce all’offerta di trattato nucleare di Putin

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha accolto favorevolmente la proposta del presidente russo Vladimir Putin di estendere di un ulteriore anno l’ultimo trattato di controllo degli armamenti tra i due Paesi.

 

Domenica, mentre conversava con i giornalisti fuori dalla Casa Bianca, a Trump è stato chiesto cosa pensasse dell’offerta di Putin riguardo al New START. «Mi sembra una buona idea», ha risposto.

 

Le parole di Trump sono state apprezzate da Kirill Dmitriev, consigliere economico di Putin e figura centrale negli sforzi per migliorare le relazioni con Washington.

 

Dmitriev ha scritto su Telegram che la posizione del presidente statunitense indica che Washington e Mosca sono «abbastanza propense» a prorogare l’accordo.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Putin aveva espresso la disponibilità di Mosca a estendere di un anno il Trattato sulla riduzione delle armi strategiche del 2010 (New START), a patto che gli Stati Uniti rispondano positivamente e si astengano da azioni che potrebbero alterare l’equilibrio nucleare.

 

All’inizio di questa settimana, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato che Washington non ha ancora fornito una risposta ufficiale alla proposta.

 

L’ultimo trattato di riduzione degli armamenti tra Stati Uniti e Russia, che limita ciascuna parte a un massimo di 1.550 testate nucleari strategiche e 700 sistemi di lancio schierati, scadrà a febbraio, salvo un’eventuale proroga.

 

Come riportato da Renovatio 21, tre anni fa, all’apice delle tensioni per la guerra ucraina, il ministero degli Esteri russo aveva accusato la «flagrante» violazione del trattato Start da parte di Washingtone. Nell’agosto 2022 la Russia aveva quindi annunciato la sospensione delle ispezioni nucleari con il nuovo trattato START.

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Nucleare

La Russia resta il principale fornitore di combustibile all’uranio per gli Stati Uniti

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La Russia rimane il principale fornitore di combustibile nucleare per gli Stati Uniti, nonostante il divieto di importazione firmato dall’ex presidente Joe Biden, secondo quanto emerso dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti.   Il rapporto annuale sull’uranio dell’agenzia, pubblicato martedì, rivela che nel 2024 la Russia ha fornito il 20% dell’uranio arricchito acquistato per i reattori commerciali americani. Seguono la Francia con il 18%, i Paesi Bassi con il 15%, la Gran Bretagna con il 9% e la Germania con il 7%, mentre il 19% dell’uranio arricchito è stato prodotto internamente.   Biden ha promulgato il Prohibiting Russian Uranium Imports Act nel 2024, con il divieto entrato in vigore ad agosto. In risposta, a novembre Mosca ha imposto un limite temporaneo alle esportazioni di uranio arricchito verso gli Stati Uniti.   Tuttavia, la legge prevede deroghe che consentono acquisti dalla Russia fino al 2028, in caso di mancanza di fonti alternative o se le importazioni sono ritenute strategicamente necessarie. Secondo Bloomberg, deroghe sono state concesse a Constellation Energy Corp, il maggiore operatore nucleare statunitense, e a Centrus Energy Corp, uno dei due soli arricchitori di uranio nazionali.

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Sebbene Biden abbia destinato fondi per incrementare la capacità di arricchimento degli Stati Uniti, l’ex assistente segretario di Stato per le risorse energetiche Geoffrey Pyatt (già ambasciatore a Kiev durante il golpe di Maidan) aveva avvertito a gennaio che «sarà necessario tempo per sviluppare una catena di approvvigionamento indipendente dalla Russia».   Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca quest’anno, Washington e Mosca hanno ripreso i negoziati diretti per esplorare misure volte a normalizzare le relazioni commerciali.   Il mese scorso, Rosatom, il colosso nucleare statale russo, ha ribadito di essere il principale produttore mondiale di combustibile per centrali nucleari. «Manteniamo la leadership globale nell’arricchimento dell’uranio», ha dichiarato il primo vicedirettore Generale Kirill Komarov.   Come riportato da Renovatio 21, il tema della dipendenza statunitense dal combustibile nucleare russo è risalente. La Russia possiede circa il 50% delle infrastrutture mondiali per l’arricchimento dell’uranio, fondamentali per la produzione di combustibile nucleare. Mosca continua ad essere un importante fornitore di servizi di estrazione, macinazione, conversione e arricchimento dell’uranio per i servizi pubblici statunitensi.

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Come riportato da Renovatio 21, negli anni è emerso che le società americane acquistano ancora circa 1 miliardo di dollari di uranio russo ogni anno, con gli sforzi per ridurre questa dipendenza considerati come falliti. Mosca è il principale esportatore di tecnologia atomica al mondo.   La Rosatom è altresì al centro di una controversia che coinvolge i Clinton, accusati di corruzione in un caso che coinvolge Uranium One, una società venduta a Rosatom. Secondo le accuse, ritenute dal mainstream come teorie del complotto, vi sarebbe una scandalosa bustarella da 145 milioni di dollari dietro alla cessione. La storia è raccontata dal libro di Peter Schweizer Clinton Cash.

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