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«Post-quantum attack»: gli hacker rubano i vostri dati oggi per decrittarli domani con i computer quantistici

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Il governo degli Stati Uniti sta iniziando una battaglia contro la minaccia che i computer di prossima generazione rappresentano per la crittografia.

 

Lo chiamano «post-quantum attack», «attacco post quantistico». È una prospettiva che nella comunità di esperti di quantum computing (per ora, piuttosto ristretta, ma presente in forze anche in Italia) è molto discussa.

 

Si tratta di una minaccia a lungo termine, o forse a medio termine. Gli hacker che stanno raccogliendo dati sensibili e crittografati ora nella speranza di essere in grado di sbloccarli a un certo punto in futuro, quanto la tecnologia informatica quantistica sarà accessibile.

 

I computer quantistici, al momento attivi solo in via sperimentale presso grandi istituzioni (IBM, Microsoft, Google, e, ovviamente, la Cina) che li stanno sviluppando con una certa dose di discrezione,  funzionano in modo molto diverso dai computer classici che usiamo oggi.

 

Invece dei tradizionali bit composti da 1 e 0, usano bit quantistici – detti qubit – che possono rappresentare valori diversi contemporaneamente.

 

La complessità dei computer quantistici potrebbe renderli molto più veloci in determinati compiti, consentendo loro di risolvere problemi che rimangono praticamente impossibili per le macchine moderne: ad esempio, la fattorizzazione dei numeri primi, una questione matematica che ad un computer binario costerebbe un calcolo lungo come l’età dell’universo, in un ambiente quantistico potrebbe essere risolta in pochi minuti.

 

L’immane potenza del calcolo informatico-quantistico prevede giocoforza anche la rottura di molti degli algoritmi di crittografia attualmente utilizzati per proteggere dati sensibili come segreti personali, commerciali e di Stato.

 

«Mentre i computer quantistici sono ancora nella loro infanzia, incredibilmente costosi e pieni di problemi, i funzionari affermano che gli sforzi per proteggere il Paese da questo pericolo a lungo termine devono iniziare proprio ora» scrive il MIT Technology Review.

 

«La minaccia che un avversario di uno stato-nazione ottenga un grande computer quantistico e sia in grado di accedere alle tue informazioni è reale», dice alla rivista del politecnico bostoniano Dustin Moody, un matematico del National Institute of Standards and Technology (NIST).

 

«La minaccia è che copiano i tuoi dati crittografati e li conservano finché non hanno un computer quantistico».

 

 

«È probabile che gli avversari e gli Stati nazionali lo stiano facendo», dice. «È una minaccia molto reale di cui i governi sono consapevoli. Lo stanno prendendo sul serio e si stanno preparando».

 

 

Il Department of Homeland Security (DHS), il dipartimento americano nato per la lotta alle minacce interne sulla spinta dell’11 settembre 2001,  sta conducendo una transizione lunga e difficile verso quella che è nota come crittografia post-quantistica.

 

Il DHS ha recentemente pubblicato una road map per la transizione, che inizia con un invito a catalogare i dati più sensibili, sia all’interno del governo che nel mondo delle imprese.

 

Gli esperti affermano che potrebbe passare ancora un decennio o più prima che i computer quantistici siano in grado di realizzare qualcosa di utile, ma con i soldi che si riversano sul campo sia in Cina che negli Stati Uniti, la corsa è aperta per realizzarlo e per progettare migliori protezioni contro i quantum attacchi.

 

Il passaggio alla nuova crittografia è un compito notoriamente complicato e lungo, ed è facile ignorarlo finché non è troppo tardi. Può essere difficile convincere le organizzazioni a scopo di lucro a spendere per una minaccia futura astratta anni prima che quella minaccia diventi realtà.

 

Man mano che sempre più organizzazioni iniziano a considerare la minaccia incombente, è spuntata una piccola ed energica industria, con aziende che già vendono prodotti che promettono crittografia post-quantistica.

 

Gli esperti sono tuttavia pessimisti su come andrà la transizione.

 

Ci dobbiamo preparare ad un futuro dove ogni nostro dato lasciato in rete volontariamente o involontariamente sarà alla mercé di hacker o di Stati-nazione dediti alla guerra cibernetica?

 

 

 

 

Immagine di shnestor via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported (CC BY-NC-ND 3.0)

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Pedofilo inglese condannato per «cyber-flashing»: è il primo caso

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Un molestatore britannico è diventato la prima persona ad essere incarcerata per il reato di «cyber-flashing» in Inghilterra e Galles, quando martedì è stato condannato a più di un anno di prigione. Ciò avviene dopo che una nuova serie di leggi è entrata in vigore all’inizio di quest’anno nel Regno Unito nel tentativo di reprimere contenuti e comportamenti antisociali online.

 

Il cyber-flashing è l’atto di inviare immagini sessuali indesiderate a un’altra persona attraverso piattaforme online come social media o app di messaggistica. L’atto è diventato un reato in Inghilterra e Galles ai sensi dell’Online Safety Act il 31 gennaio. In Scozia è un crimine da più di un decennio.

 

L’uomo – che era già stato condannato per attività sessuale con un minore di 16 anni – si è dichiarato colpevole di due capi di imputazione per aver inviato una fotografia o un filmato dei suoi genitali per causare allarme, angoscia o umiliazione.

 

A febbraio, ha preso in prestito il telefono di suo padre con la scusa di chiamare il suo agente di sorveglianza e ha scattato e inviato due foto dei suoi genitali, una ad una ragazza di 15 anni e un’altra ad una donna di 60 anni. Quest’ultima ha fatto uno screenshot e allertato la polizia.

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Nel corso dell’accusa, ha affermato che i reati «rientrano nell’ambito di un modello di comportamento stabilito dell’imputato». La difesa ha sostenuto che l’accusato non riceve gratificazione sessuale dal suo reato e invece «lo fa per creare caos quando è sotto pressione personale» a causa del disturbo da stress post-traumatico di cui soffre.

 

Il giudice ha condannato l’uomo a 66 settimane di carcere, considerando le due accuse combinate con la violazione di precedenti ordini del tribunale. Lo ha definito un uomo «disturbato» con una «visione distorta di se stesso e della sua sessualità».

 

L’Online Safety Act prende di mira attività quali abusi sessuali su minori, pornografia per vendetta, incitamento all’odio, terrorismo e post che promuovono l’autolesionismo. Attribuisce la responsabilità dell’eliminazione dei contenuti alle società proprietarie delle piattaforme su cui vengono pubblicati.

 

Le aziende i cui servizi sono accessibili agli utenti del Regno Unito e che non si conformano dovranno affrontare multe fino a 18 milioni di sterline (20,88 milioni di euro), o al 10% delle entrate mondiali qualificanti dell’azienda, a seconda di quale valore sia maggiore. L’UFCOM, l’autorità di regolamentazione delle comunicazioni britannica, ha il compito di far rispettare la legge.

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La Spagna sospende Telegram

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Il tribunale nazionale spagnolo ha ordinato ai fornitori di servizi Internet di sospendere l’uso del servizio di messaggistica istantanea Telegram, in attesa di un’indagine sulle accuse di violazione del copyright.   La sentenza di venerdì è arrivata dopo che le quattro principali organizzazioni mediatiche spagnole – Mediaset, Atresmedia, Movistar ed Egeda – hanno presentato una denuncia sostenendo che la piattaforma consente agli utenti di distribuire i propri contenuti senza autorizzazione.   Secondo i media locali, il giudice Santiago Pedraz ha richiesto alcune informazioni ai proprietari di Telegram come parte dell’indagine. Poiché la richiesta non è stata soddisfatta, ha ordinato il blocco dell’accesso all’app a partire da lunedì. Il giudice ha descritto la misura come “precauzionale” e ha citato la mancanza di collaborazione di Telegram. La sospensione dovrebbe durare per tutta l’indagine.   Il quotidiano El Pais afferma che Telegram resta in gran parte accessibile in Spagna, anche se alcuni utenti hanno iniziato a segnalare problemi con il servizio già da venerdì sera.

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La sentenza è stata accolta con diffuse critiche. L’organismo di vigilanza sui diritti dei consumatori FACUA lo ha definito “assolutamente sproporzionato” e ha affermato che il blocco del popolare servizio causerà «un danno enorme».   «Sarebbe come chiudere Internet perché ci sono siti web che ospitano illegalmente contenuti protetti da copyright, o tagliare l’intero segnale televisivo perché ci sono canali che praticano la pirateria», ha detto in una nota il segretario generale della FACUA, Ruben Sanchez.   Fernando Suarez, presidente del Consiglio Generale delle Associazioni Professionali dell’Ingegneria Informatica in Spagna, ha espresso un concetto simile, paragonando la sospensione di Telegram alla «chiusura completa di una provincia del nostro Paese perché in quella zona si è verificato un caso di traffico di droga o di furto».   Secondo un sondaggio condotto dall’autorità indipendente di regolamentazione della concorrenza CNMC, quasi il 19% degli spagnoli utilizza Telegram. Secondo il sito di notizie di settore Business of Apps, ha raggiunto 800 milioni di utenti attivi nel 2023 in tutto il mondo.   C’è da notare come in tanti altri social media circolino interi film caricati da utenti in cerca di monetizzazione, ma quelli – gli stessi che poi ti censurano per violazione del pensiero unico – restano aperti.   Poche settimane fa un deputato facente parte della commissione per la libertà di parola del parlamento ucraino aveva chiesto la messa al bando di Telegram, descrivendo l’applicazione come una minaccia alla sicurezza nazionale. La questione era stata sollevata alla tavola rotonda dello scorso mese Standard giornalistici ed etica professionale in condizioni di guerra» organizzata con l’aiuto dell’USAID, l’agenzia governativa americana di aiuto internazionale.   «I partecipanti alla tavola rotonda sono convinti che sia necessario cercare modi per vietare le attività [di Telegram] in Ucraina», si legge in una dichiarazione rilasciata dal comitato dopo l’incontro.   Come riportato da Renovatio 21, mesi prima il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina aveva dichiarato che Telegram è un servizio «pericoloso».   Come riportato da Renovatio 21, nei mesi della pandemia la Germania ha apertamente valutato la possibilità di chiudere Telegram, unico social che – di origine russa con server negli Emirati – pareva non censurare le opinioni degli utenti come invece facevano tutte le altre piattaforme.   Nel 2022, il governo tedesco ha accusato Telegram di fornire una piattaforma per negazionisti del COVID-19 e «radicali di destra» e ha persino minacciato di bloccare l’app se la società dietro di essa non avesse collaborato con Berlino e fermato la diffusione dell’incitamento all’odio e dell’estremismo.

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Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso la Germania ha messo in galera un uomo per aver sostenuto la Russia su Telegram.   In Italia la questione Telegram era stata posta, su altre basi, all’inizio del lockdown 2020: gli editori italiani lamentarono che esistevano sull’app alcuni canali dove si potevano scaricare gratuitamente giornali e riviste – praticamente, un angolo di pirateria diffusa. La Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) chiese all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) di «un provvedimento esemplare e urgente di sospensione di Telegram, sulla base di un’analisi dell’incremento della diffusione illecita di testate giornalistiche sulla piattaforma che, durante la pandemia, ha raggiunto livelli intollerabili per uno Stato di diritto».   Due settimane dopo, a fine aprile 2020, Telegram, con una mossa inedita, rispose ad una mail dei giudici italiani e disattivò i canali accusati. Come scrisse trionfalmente La Repubblica: «Il primo grande risultato nella lotta alla contraffazione dell’editoria arriva nella notte da Dubai alla casella di posta elettronica della procura di Bari: “Hello, thank you for your email”, esordiscono brevemente i manager della piattaforma di messaggistica, prima di dare l’annuncio: “Abbiamo appena bloccato tutti i canali che ci avete indicato, all the best”, firmato: “Telegram Dmca”».   Telegram è una società basta a Dubai e fondata dal russo, con trascorsi a Torino, Pavel Durov.   L’app, insieme a TikTok è stata vietata per «terrorismo» in Somalia. Telegram è completamento bloccato in Cina e parzialmente in Iran.

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Trump definisce Facebook «nemico del popolo». Le azioni di Meta precipitano

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L’ex presidente Trump ha affermato di considerare Facebook «un nemico del popolo» mentre ha ribadito la sua opposizione al divieto di TikTok attualmente in discussione nella politica statunitense.

 

«Francamente, ci sono molte persone su TikTok che lo adorano. Ci sono molti ragazzini su TikTok che impazzirebbero senza di esso. Ci sono molti utenti», ha detto Trump al programma «Squawk Box» della CNBC.

 

«Ci sono molti aspetti positivi e molti aspetti negativi in ​​TikTok. Ma la cosa che non mi piace è che senza TikTok puoi rendere Facebook più grande. E considero Facebook un nemico del popolo, insieme ai media», ha aggiunto Trump.

 

L’accusa a Facebook «nemico del popolo» è stata ripetuta durante un’intervista di poche ore fa al giornalista di Newsmax Greg Kelly.

 

«Devi guardare a Facebook. Facebook è il nemico del popolo. Hanno fatto quelle cassette di sicurezza… hanno speso 500 milioni di dollari». Il riferimento del presidente è ad un sistema di voto con raccolta delle schede elettorali tramite lockboxes. Secondo quanto riportato da NPR, a questo sistema di raccolta di voti sarebbero arrivati «centinaia di milioni di dollari in donazioni per aiutare gli uffici elettorali locali, in particolare 350 milioni di dollari dal CEO di Facebook Mark Zuckerberg e da sua moglie Priscilla Chan».

 

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«Sai, se spendi più di 5600 dollari, o qualsiasi sia il numero… se spendi 100 dollari in più, ti mettono in prigione per violazioni relative alla campagna elettorale» dice Trump, parlando dei limiti alle donazioni durante le elezioni americane. «Zuckerberg, o Zuckerbucks, qualsiasi modo tu lo voglia chiamare, sta spendendo una cifra folle, sta spendendo 500 milioni di dollari, nell’ultima elezione. E non gli succede niente… e il danaro viene passato dappertutto, soprattutto nelle cassette di sicurezza, le cosiddette “cassette di sicurezza”, ma non sono “cassette di sicurezza”, io le chiamo “cassette aperte”».

 

L’ex presidente si riferisce agli sforzi per l’«integrità elettorale» promossi per il voto presidenziale 2020 da Mark Zuckerberg, che avrebbe donato «filantropicamente» circa mezzo miliardo di dollari, ribattezzati da alcuni Zuck bucks, «i dollaroni di Zuck».

 

«Io credo che bisogna fare qualcosa con Facebook. E una cosa che dico è che non voglio che Facebook diventi più grande, perché penso che Facebook sia una minaccia uguale» continua Trump nel contesto del discorso sulla possibile messa al bando di TikTok. «E ciò include la Cina, perché se la Cina vuole sapere qualsiasi cosa di ciò che sa Facebook… otterranno l’informazione» ha aggiunto oscuramente il candidato presidenziale repubblicano.

 

I giornalisti della CNBC hanno notato che Trump aveva precedentemente descritto TikTok come una minaccia alla sicurezza nazionale durante il suo primo mandato alla Casa Bianca. Trump ha affermato di credere ancora che sia così, affermando che il governo deve proteggere la «privacy e i diritti sui dati» degli americani.

 

«Se guardi alcune delle nostre aziende americane… non sono così americane», ha detto Trump. «Si occupano di quale, e se la Cina vuole qualcosa da loro, glielo daranno. Quindi anche questo è un rischio per la sicurezza nazionale».

 

«Ma quando guardo la cosa, non sto cercando di far sì che Facebook raddoppi le sue dimensioni, e se vieti TikTok, Facebook e altri, ma soprattutto Facebook, saranno un grande beneficiario», ha aggiunto Trump.

 

L’ex presidente ha confermato di aver recentemente incontrato Jeff Yass, uno dei principali donatori del GOP e investitore in TikTok. Ma ha detto che Yass non ha menzionato TikTok durante la conversazione.

 

Trump venerdì scorso ha espresso scetticismo riguardo al divieto di TikTok dopo che i legislatori hanno introdotto una legislazione bipartisan che richiederebbe alla società madre ByteDance con sede in Cina di disinvestire dalla proprietà o di affrontare un divieto negli Stati Uniti.

 

Giovedì la commissione per l’energia e il commercio della Camera ha avanzato all’unanimità la legislazione.

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Quando Trump era in carica nel 2020, promise di vietare l’operatività dell’app di social media basata su video negli Stati Uniti e emanò un ordine chiedendo a ByteDance di disinvestire dalle operazioni statunitensi di TikTok. Tuttavia, l’ordinanza è stata successivamente bloccata in tribunale.

 

Facebook ha bandito Trump nel gennaio 2021 in seguito alla rivolta dei 6 gennaio, per poi reintegrarne l’account l’anno scorso.

 

Il titolo Meta Platforms, proprietaria di Facebook e una delle stelle del recente rialzo di mercato, lunedì è scesa di circa il 4% dopo che Trump si è rivolto alla CNBC e ha etichettato Facebook «un nemico del popolo». Le azioni Meta erano scese dell’1,2% lo scorso venerdì a seguito di un post di Trump su Truth Social in cui l’ex presidente aveva criticato Facebook come «un vero nemico del popolo!».

 

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Come riportato da Renovatio 21, il presidente Trump non è nuovo a queste esternazioni esplicite contro i social media in particolare contro il fondatore di Facebook Marco Zuckerberg. Nel luglio 2021 aveva annunziato una class action contro Big Tech per la censura subita dagli utenti, fenomeno che come sa il lettore si è abbattuto drammaticamente anche su Renovatio 21.

 

The Donald aveva altresì invitato le nazioni della Terra a vietare Facebook e Twitter: «Tutte le voci dovrebbero essere ascoltate», aveva detto. Il giudice della Corte Suprema Clarence Thomas, già noto per i suoi trascorsi non amichevoli con Joe Biden trenta anni fa, a quel tempo aveva dichiarato che Facebook e Twitter potrebbero essere regolamentati come enti pubblici.

 

Meta sta recentemente affrontando problemi per la questione delle attività pedofile sulle piattaforme, rivelate da articoli del Wall Street Journal, con udienze presso il Senato USA dove è stato testimoniato anche la questione del traffico di esseri umani. A gennaio il Nuova Messico ha fatto causa a Meta e Zuckerberg per aver facilitato il traffico sessuale minorile.

 

Quattro mesi fa Amnesty International ha accusato Facebook di diffondere l’odio in Etiopia. Questioni erano sorte anche con le elezioni in Cambogia. Secondo Human Rights Watch sarebbe ora attiva una censura sui contenuti pro-palestinesi. Nel 2022 Facebook aveva chiuso l’account della delegazione russa per il controllo delle armi all’OSCE di Vienna.

 

Facebook aveva, come noto subito pesanti accuse anche di censura del dibattito scientifico durante il COVID. Il colosso social fu attaccato dalla prestigiosa rivista scientifica British Medical Journal per il fact-checking – definito «incompetente» – subito da un articolo sulla farmaceutica Pfizer.

 

A inizio 2023 Meta, aveva invertito la sua precedente politica di etichettare il famigerato battaglione neonazista Azov come «organizzazione pericolosa». L’impegno a cambiare la politica, si scrisse, era stato presumibilmente fatto ai funzionari ucraini da Nick Clegg e Monika Bickert, capo della gestione delle politiche globali di Facebook, durante il World Economic Forum di Davos.

 

Come riportato da Renovatio 21, un documento trapelato di Facebook a inizio conflitto mostrava come vi fosse stata per gli utenti ucraini una modifica per permettere loro di inneggiare al Battaglione Azov e chiedere la morte dei russi – comportamenti che si ritenevano proibiti sui social, che nel biennio pandemico hanno bannato migliaia se non milioni di persone per molto meno.

 

Il portavoce della società è stato inserito nella lista dei ricercati della Federazione Russa.

 

Oltre alle accuse di collusione con il potere di Washington – con la piattaforma che arriva a etichettare come falsa informazione le rivelazioni del premio Pulitzer Seymour Hersh sul ruolo degli USA nella distruzione del gasdotto Nord Stream 2 – rimangono inquietanti anche i fenomeni di diffusione della «donazione di sperma» tramite gruppi sui social.

 

Come riportato da Renovatio 21, in uno processo a Nuova York era saltato fuori che il colosso godrebbe della possibilità di agire sul vostro telefono perfino scaricandone la batteria.

 

Secondo quanto riportato dalla stampa statunitense, lo Zuckerberg starebbe altresì sviluppando una nuova, potente Intelligenza Artificiale.

 

C’è da domandarsi, quindi, cosa la supermacchina su cui Meta sta lavorando possa fare alla vostra vita.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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