Cina
Pechino, previsioni PIL sotto le aspettative. Sale la spesa militare
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Iniziata sessione annuale del «Parlamento» cinese. Ultimo atto del premier uscente Li Keqiang. Pechino punta sulla ripresa dei consumi per la ripresa economica. I timori degli investitori per nuova stretta su settore privato. Budget Forze armate fissato a 225 miliardi di dollari. Tanti i fronti caldi all’estero per Xi Jinping.
Previsioni di crescita economica moderata e nuovo incremento della spesa militare. Sono i due annunci principali del governo cinese all’apertura ieri della sessione annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo (ANP). Insieme alla Conferenza politica consultiva del popolo cinese, che ha aperto i lavori il giorno prima, il «Parlamento» è chiamato a formalizzare decisioni già prese dal presidente Xi Jinping e dalla leadership del Partito comunista cinese (PCC).
A sorpresa Pechino ha fissato come obiettivo per quest’anno una crescita economica del 5%: le attese erano per almeno il 6%. A causa della politica zero-COVID di Xi, degli effetti della guerra russo-ucraina e della ridotta domanda mondiale, il PIL cinese lo scorso anno è cresciuto del 3%: sotto il 5,5% previsto e uno dei livelli più bassi degli ultimi 50 anni.
Se spesi, i1.000 miliardi di extra risparmi accumulati negli ultimi tre anni di pandemia garantirebbero un grande rimbalzo dei consumi. Il problema è che nella maggior parte del Paese i prezzi delle abitazioni continuano a calare: un danno enorme perché la proprietà immobiliare rappresenta il 70% della ricchezza delle famiglie. Rimane poi la bomba a orologeria del debito pubblico locale, salito a 9mila miliardi di dollari – nel 2022 il Pil nazionale è arrivato a circa 18.300 miliardi, secondo il Fondo monetario internazionale.
Nel suo ultimo discorso sull’attività di governo, il premier uscente Li Keqiang ha indicato l’obiettivo di creare 12 milioni di nuovi posti di lavoro. Esponente dell’ala «riformista» del Partito, la sua uscita di scena genera dubbi tra gli investitori sul futuro della Cina, con il rischio che Xi si orienti per un maggiore controllo del settore privato: è quello che gli analisti chiamano il pericolo di un ritorno al «nazionalismo di sinistra» di tratto maoista.
Il nazionalismo rischia anche di alimentare il militarismo di Pechino. Li ha annunciato che la spesa militare quest’anno crescerà del 7,2%, intorno a 225 miliardi di dollari: in leggere aumento rispetto allo scorso anno (+7,1%). Si tratta di un livello quasi quattro volte inferiore a quello Usa, anche se esperti sostengono da tempo che il budget reale delle Forze armate cinesi è superiore a quello ufficiale.
Li ha giustificato la crescita dell’esborso militare con la necessità di rispondere ai tentativi esterni di «soffocare e contenere» la Cina: un velato attacco agli Usa, impegnati a respingere l’ascesa geopolitica di Pechino. Li ha parlato delle minacce crescenti alla sicurezza cinese, con la questione dello status di Taiwan in cima alla lista.
Xi si trova però a maneggiare altri dossier scottanti per la politica estera del Paese, come le dispute di frontiera con l’India sull’arco himalayano e quelle con diversi Paesi ASEAN nel Mar Cinese meridionale e il Giappone nel Mar Cinese orientale. Senza dimenticare gli effetti per gli equilibri globali della guerra russa all’Ucraina.
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Cina
Cina, nel 2024 calano i profitti per il settore delle terre rare
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In una comunicazione alla borsa di Shenzhen, la China Rare Earth Resources and Technology ha riferito che l’industria sta affrontando una «fase cruciale» a livello mondiale. La Cina continua a essere leader nell’estrazione e lavorazione dei minerali, ma le difficoltà dell’economia nazionale e la volontà degli altri Paesi di creare nuove catene di approvvigionamento stanno generando ricavi nettamente minori.
Nonostante gli sforzi da parte del governo cinese di dominare a livello mondiale il settore strategico delle terre rare, i ricavi e i profitti delle aziende che si occupano di estrazione e lavorazione di questi minerali essenziali per il mondo digitale hanno registrato una contrazione. Il conglomerato China Rare Earth Resources and Technology, di proprietà statale, ha comunicato un calo del fatturato del 5,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente, mentre l’utile netto è crollato del 45,7%.
I dati relativi al primo trimestre del 2024 sono ancora più gravi: il fatturato è sceso dell’81,9%, portando a una perdita netta di 288,76 milioni di yuan (meno di 40 milioni di dollari), contro un utile netto di 108,97 milioni di yuan nello stesso periodo dell’anno precedente. Anche altre aziende cinesi hanno riportato riduzioni del fatturato tra il 60% e il 79%, in linea con il generale rallentamento dell’economia nazionale.
In una comunicazione alla borsa di Shenzhen della settimana scorsa, la China Rare Earth Resources and Technology ha spiegato che il settore sta affrontando una «fase cruciale» caratterizzata da rapidi sviluppi e adattamenti strutturali su scala globale che hanno determinato un’erosione dei guadagni. In altre parole, nonostante la Cina resti di gran lunga il primo estrattore mondiale di terre rare, altri Paesi hanno cercato di costruire catene di approvvigionamento alternative.
Per alcuni tipi di minerali, nuove catene di approvvigionamento «sono già state create», ha proseguito il comunicato della China Rare Earth Resources and Technology, che ha affermato di aver attuato «aggiustamenti nella strategia di vendita», senza fornire ulteriori dettagli. Inoltre, un numero crescente di aziende cinesi ha importato minerali estratti all’estero (soprattutto dal Myanmar) a causa delle difficoltà economiche interne, e in particolare di un calo della domanda. Una situazione che non vede miglioramenti e potrebbe portare al «rischio» di un ulteriore calo di prezzi, ha sottolineato ancora la società.
I dati ufficiali delle dogane cinesi confermano tali affermazioni, secondo il Nikkei Asia: le importazioni di alcune terre rare sono aumentate di circa il 60% ed è stato rivisto il limite di estrazione delle terre rare, stabilito a livello nazionale, per consentire un aumento della produzione interna del 21%.
Le terre rare sono un gruppo di 17 minerali fondamentali per la produzione di una serie di tecnologie, che vanno dalle batterie delle auto elettriche alle turbine delle pale eoliche ai pannelli solari. Secondo i dati dell’US Geological Survey (USGS), le riserve mondiali di terre rare ammontano a 110 milioni di tonnellate, di cui il 40% si trovano in territorio cinese. Seguono poi, per estensione di giacimenti, il Myanmar, la Russia, l’India e l’Australia.
I dati dell’USGS mostrano anche che nel 2023 la Cina è stata responsabile dell’estrazione di 240mila tonnellate di terre rare, pari a circa due terzi della produzione globale. Gli Stati Uniti si sono piazzati al secondo posto, seguiti dal Myanmar, ed entrambi lo scorso anno hanno triplicato la produzione.
Negli ultimi anni la Cina è diventata leader del settore migliorando le proprie capacità di estrazione e lavorazione, ma anche ottenendo il controllo di diversi giacimenti in altre zone del mondo. Un’indagine della BBC ha individuato almeno 62 progetti destinati all’estrazione di litio, cobalto nichel o manganese (minerali necessari per la realizzazione di tecnologie verdi) in cui le aziende cinesi hanno una partecipazione.
La regolamentazione del settore a livello nazionale è iniziata nel 2010 e nel corso gli anni, a seguito di una serie di fusioni, sono state create quattro società principali, tra cui il gruppo China Rare Earth, controllato direttamente dal Consiglio di Stato cinese.
Anche il mese scorso il presidente Xi Jinping, durante una visita nell’Hunan una delle maggiori regioni produttrici, ha ribadito la necessità di «migliorare ulteriormente» lo sviluppo dell’utilizzo delle terre rare per generare una «crescita di alta qualità» e di fornire un «alto livello di sicurezza» alla nazione.
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Cina
La Cina accusata di aver sequenziato il DNA tibetano e uiguro per rifornire il mercato dei trapianti di organi
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Cina
In disgrazia l’uomo del vaccino cinese anti-COVID: espulso dall’Assemblea del popolo
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Il provvedimento contro Yang Xiamong, il presidente della China National Biotec Group, ha scatenato i commenti dei netizen cinesi su Weibo. Secondo i media ufficiali è accusato di «gravi violazioni della disciplina e della legge». Dall’estate scorsa il settore farmaceutico è uno dei più coinvolti dalla campagna anti-corruzione, con centinaia di funzionari sotto inchiesta.
Il presidente della China National Biotec Group, il gruppo di ricerca che ha scoperto e prodotto il vaccino anti-COVID della Sinopharm utilizzato in Cina, è stato estromesso dall’Assemblea nazionale del popolo, il più importante organo politico della Repubblica popolare che conta 3000 personalità. L’espulsione di Yang Xiaoming, 62 anni, è stata annunciata dai media statali nel fine settimana e motivata con «gravi violazioni della disciplina e della legge», l’espressione utilizzata solitamente per le persone indagate per corruzione in Cina.
Yang era stato il responsabile del team Sinopharm che ha sviluppato il vaccino BBIBP-CorV, il primo approvato e utilizzato massicciamente nel 2021 nella Repubblica popolare cinese per la campagna vaccinale contro il COVID . Con un’efficacia stimata dall’Organizzazione mondiale della sanità al 79% contro l’ospedalizzazione, fu poi diffuso in milioni di dosi anche in altri Paesi del mondo (…)
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Oltre a sviluppare il vaccino anti-COVID di Sinopharm, Yang era anche a capo del progetto cinese sui vaccini nell’ambito del programma 863, che mira a rendere Pechino più indipendente sviluppando tecnologie avanzate interne.
La notizia dell’epurazione di Yang è diventata virale sul social network cinese Weibo, con circa 180 milioni di visualizzazioni che, per diverse ore, l’hanno reso l’argomento più caldo della giornata di ieri. Per molti utenti è stata l’occasione per tornare a parlare della gestione della pandemia, anche se finora non ci sono notizie ufficiali di un legame tra le accuse contro di lui e il vaccino anti-COVID.
In realtà è tutto il settore sanitario cinese a essere da mesi tra i più toccati dalla campagna anticorruzione voluta da Xi Jinping. Vi sono state indagini contro centinaia di rettori e segretari di ospedali, con accuse pesanti di corruzione tra fornitori di farmaci e strutture sanitarie. Un terremoto che – ad agosto – aveva portato anche a un crollo in Borsa dei valori delle azioni del settore farmaceutico, arrivando addirittura a bruciare in un solo giorno un valore di mercato stimato in 27 miliardi di dollari.
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