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Protesta

Patuanelli ignorato dal suo governo per i semi cinesi. Ma tra poco incontra i triestini

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La Cina – e Patuanelli – stoppati dal governo Draghi, di cui lo stesso Patuanelli è ministro.

 

Secondo il quotidiano La Verità, il ministero delle Politiche agricole guidato dal grillino Stefano Patuanelli «aveva dato il suo benestare» all’«acquisizione del capitale sociale della società Verisem BV da parte del colosso Syngentacrop protection AG».

 

L’acquisizione di Verisem, società controllata da una società lussemburghese, riguarderebbe anche cinque società di diritto italiano controllate da Verisem.

 

Syngenta invece è una società di diritto svizzero ma controllata dal colosso cinese ChemChina, il megagruppo che si comprò Pirelli, il cui capo è Ning Gaoning, un imprenditore già membro della Commissione centrale per l’ispezione disciplinare del Partito Comunista Cinese.

 

Il quotidiano milanese scrive che il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza italiano – cioè il coordinamento dei servizi segreti interni ed esteri AISI e AISE – aveva «rilevato il carattere critico dell’operazione».

 

Tuttavia, il ministero di Patuanelli aveva invece «dato il suo benestare, sostenendo fondamentalmente che l’entità delle aziende di diritto italiano coinvolte risultava tutto sommato di modesta dimensione», aggiungendo che Syngenta aveva «assunto degli impegni stringenti e significativi», come la non delocalizzazione, motivo per cui si rinunciava all’esercizio del golden power, ossia al maggior peso delle decisioni dello Stato in aziende in cui magari esso non detiene la maggioranza.

 

Le motivazioni del sì del dicastero patuanelliano all’avanzata cinese nel capitale di Verisem «non hanno tuttavia evidentemente convinto il governo: lo scorso 20 ottobre, su proposta del ministero dello sviluppo economico , il Consiglio dei ministri ha infatti deliberato l’esercizio del potere di veto sull’operazione»

Syngenta, nata dalla fusione delle divisioni agrochimiche di AstraZeneca e Novartis, come ricorda il sito GreenMe.it, è una «multinazionale produttrice di OGM» che nel 2015 «è stata dichiarata legalmente responsabile» nel caso che ha portato alla morte di Valmir de Oliveira, contadino brasiliano conosciuto come Keno». Si tratta di schermaglie del 2007 tra «guardie armate» e campesinos che «avevano protestato contro gli esperimenti illegali sugli OGM condotti da Syngenta».

 

«La vicenda risale al 21 ottobre 2007, quando un gruppo armato formato da circa 40 uomini provenienti dalla società di sicurezza privata NF attaccò il campo in cui Syngenta stava sperimentando coltivazioni transgeniche nella località di Santa Tereza do Oreste. Il campo era stato occupato da circa 150 membri di Via Campesina».

 

Il giudice stabilì che Syngenta doveva risarcire la famiglia di Keno, ucciso nell’attentato, e anche Isabel Nascimento dos Santos, che era rimasta ferita nell’attacco.

 

Insomma, una multinazionale OGM contro i contadini terzomondisti: si tratta, decisamente, di un’utopia grillina, un quadro paradisiaco che sicuramente portano nel cuore tutti coloro che hanno votato M5S. La mossa Patuanelli potrebbe far capire quanto sia forte il legame degli eletti pentastellati con gli ideali umanitari-ambientalisti del loro antico elettorato.

 

Ma torniamo al caso presente: le motivazioni del sì del dicastero patuanelliano all’avanzata cinese nel capitale di Verisem «non hanno tuttavia evidentemente convinto il governo: lo scorso 20 ottobre, su proposta del ministero dello sviluppo economico , il Consiglio dei ministri ha infatti deliberato l’esercizio del potere di veto sull’operazione».

 

In pratica il governo ha stato cestinato il lavoro di Patuanelli che dava ai cinesi semaforo verde ( per la scalata alle sementi europee

In pratica il governo ha stato cestinato il lavoro di Patuanelli che dava ai cinesi semaforo verde un verde, diciamo, OGM) per la scalata alle sementi europee.

 

Il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro ricorda l’importanza politica e geopolitica di questo piccolo episodio di scavallamento ministeriale: c’è un’ala filoatlantica nel governo (Draghi, Giorgetti, Guerini), mentre «nel Movimento 5 stelle continua  (…) a registrarsi un approccio piuttosto morbido nei confronti della Repubblica popolare» cinese. Quest’ultima frase pone una serie candidatura al Premio eufemismo dell’anno 2021.

 

ChemChina, è inoltre ricordato, l’anno scorso era stata inclusa in una blacklist del Dipartimento della Difesa USA che aveva come bersaglio le società legate all’Esercito Popolare di Liberazione. Qualche lettore ricorderà il caso difficilissimo di Huawei, risoltosi da pochi giorni con una liberazione incrociata di ostaggi tra il Canada (che evidentemente agiva per conto degli USA, non si sa quanto volentieri) e Pechino.

 

La storia tuttavia ha un’altro risvolto politico interessante: dobbiamo pensare che a parlare con i vertici della protesta di Trieste – vertici di cosa, non si capisce, perché tra comunicati, dimissioni, creazione di nuovi coordinamenti non si capisce chi sia l’interlocutore – il governo ci ha mandato proprio il ministro che ha scavalcato di recente, il Patuanello.

 

Se poi si realizzava la potenza della combo rifilata, «sabato più Patuanelli», si poteva capire che la proposta equipollente che poteva offrire il governo poteva essere «cena romantica con Mariangela Fantozzi»

Già si era capito che proporre il ministro dell’Agricoltura poteva far pensare che vogliano trattare la protesta no-green pass come vegetali o animali, come bestiame.

 

Poi, l’idea di dare l’appuntamento al sabato, lasciava pensare che alla protesta non si dava tutta questa importanza, in settimana ci sono cose più importanti da fare… (cosa non così vera, visto che TG e social parlano delle strade in entrata a Trieste con i posti di blocco).

 

Se poi si realizzava la potenza della combo rifilata, «sabato più Patuanelli», si poteva capire che la proposta equipollente che poteva offrire il governo poteva essere «cena romantica con Mariangela Fantozzi». A Palazzo Chigi, al ministero degli Interni, forse qualcuno sta veramente ghignando per lo scherzetto sparato sui barbari no vax.

 

Ma non è finita.

 

Mentre scriviamo queste righe, un comunicato avverte che l’incontro con Patuanelli a Trieste avverrà alle 9 di mattina. Ad occhio e croce, non ci saranno quindi le piazze urlanti, un po’ perché sarà materialmente difficile arrivare da fuori Trieste a quell’ora, un po’ perché è presto e il sabato la gente vuole dormire.

 

Un’idea di quanto possa servire questa tanto agognata oretta col ministro, in realtà, ce l’abbiamo già. E ce la ha anche Draghi

Patuanelli, se è già arrivato a Trieste, poi, non crediamo abbia trovato contestazioni di sorta, visto che la manifestazione (autorizzata di oggi) è stata annullata, e Piazza Unità d’Italia, come da desiderio di chi ha invitato a «stare a casa», è rimasta deserta.  E considerate pure che il ministro è triestino…

 

Nel comunicato si dice che alle 11 verrà comunicato in conferenza stampa in piazza quanto sarà discusso col Patuanelli in un incontro «riservato».

 

Vabbè, noi un’idea di quanto possa servire questa tanto agognata oretta col ministro agricolo, in realtà, ce l’abbiamo già. E ce la ha anche Draghi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Protesta

I vescovi polacchi si schierano con gli agricoltori nella battaglia contro normative UE e importazioni dall’Ucraina

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La Conferenza episcopale cattolica polacca ha espresso solidarietà agli agricoltori polacchi irritati dal grano ucraino che ha inondato il mercato, facendo scendere i prezzi. Lo riporta LifeSiteNews.

 

L’arcivescovo Stanisław Gądecki, presidente della conferenza, ha dichiarato venerdì scorso che i vescovi «non possono essere indifferenti» alla difficile situazione dei contadini polacchi «ai quali dobbiamo tanto».

 

«Da un lato si parla di un flusso incontrollato di forniture alimentari dall’estero, con il quale gli agricoltori polacchi non possono competere in termini di prezzi», ha dichiarato Gądecki.

 

«Dall’altro, viene indicata la politica dell’UE, il cosiddetto Green Deal, che secondo l’opinione degli agricoltori mira a ridurre la produzione agricola nell’UE, o ad eliminarla quasi completamente. Di conseguenza, gli agricoltori si sentono minacciati – anche a causa dei prestiti contratti – dalla prospettiva del fallimento e della perdita delle loro aziende agricole, frutto di generazioni di lavoro. La loro drammatica situazione merita la nostra attenzione e la nostra solidarietà».

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Da quando la guerra in Ucraina si è intensificata due anni fa, la Polonia ha sostenuto, a livello di Stato, Chiesa e altre infrastrutture, nonché migliaia di singole famiglie polacche che sostengono i circa 19,6 milioni di rifugiati ucraini che hanno attraversato il loro paese. frontiere.

 

Tuttavia, tale generosità è stata messa alla prova dall’inondazione dei mercati europei con il grano ucraino, che viene coltivato con sostanze chimiche non consentite nelle aziende agricole dell’UE ma a cui sono state concesse concessioni da Bruxelles dopo l’attacco russo del febbraio 2022.

 

Diecimila agricoltori polacchi si sono riuniti venerdì scorso a Varsavia per protestare contro le normative UE e contro la mancanza di restrizioni sul grano ucraino.

 

Secondo il blog di notizie Notes from Polonia, un funzionario ucraino ha dichiarato che quattro treni carichi di generi alimentari provenienti dall’Ucraina sono stati sabotati mentre attraversavano la Polonia. Ciò che è indiscutibile è che gli agricoltori polacchi bloccano il confine con l’Ucraina e anche il confine con la Slovacchia per impedire l’ingresso dei prodotti alimentari ucraini dal sud in Polonia.

 

Ma non sono gli ucraini assediati a trarre profitto dalle spese degli agricoltori polacchi, bensì gli oligarchi e le imprese straniere, soprattutto, come ha menzionato l’arcivescovo Gądecki, i sindacati occidentali.

 

«Sebbene il grano provenga dall’Ucraina, in gran parte non è prodotto dai singoli agricoltori ucraini ma è di proprietà di sindacati occidentali che utilizzano nella produzione sostanze chimiche non consentite dall’Unione Europea», ha affermato.

 

Gądecki ha sottolineato l’importanza della campagna polacca e della proprietà della propria terra per l’identità polacca rendendo omaggio ai contadini delle generazioni passate, ricordando quando – armati di nulla nelle loro falci – si sollevarono per combattere per la libertà polacca.

 

Il prelato ha ricordato ai suoi lettori il motto dei vecchi agricoltori – «Noi nutriamo e proteggiamo» – riconoscendo che le pratiche agricole stanno cambiando, ma ha affermato che «ogni giorno abbiamo bisogno di mangiare» e che «non possiamo rimanere indifferenti al dramma degli agricoltori ai quali dobbiamo così tanto».

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«Chiedo a tutti di pregare per le intenzioni dei contadini e delle loro famiglie, così come per le intenzioni della nostra Patria», ha concluso.

 

Come riportato da Renovatio 21, nelle ultime due settimane le proteste degli agricoltori si sono allargate mirando sempre più ai favori concessi all’Ucraina a danno dei polacchi, con blocchi dei confini e manifestazioni varie.

 

Le relazioni tra i due Paesi si sono inasprite definitivamente l’anno scorso dopo il discorso all’ONU di Zelens’kyj che ha accusato la Polonia. L’allora premier polacco Morawiecki rispose che non avrebbe più subito ulteriori insulti, e da allora si sono consumate altre tensioni diplomatiche (con tanto di convocazione dell’ambasciatore), al punto che le relazioni tra i due Paesi sono state definite come «titanicamente danneggiate».

 

Un deputato polacco arrivò a mostrare un conto del danaro che Kiev dovrebbe a Varsavia per il supporto ricevuto.

 

A inizio 2023 un missile ucraino aveva ucciso due persone in Polonia, che è membro della NATO. In un primo tempo, Kiev aveva dato la colpa ai russi. Anche lì si registrò qualche reazione indignata da parte dei politici polacchi.

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Immagine di Silar via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Il Brasile scosso da dimostrazioni di massa pro-Bolsonaro

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Domenica scorsa milioni di brasiliani sono scesi domenica nelle strade di San Paolo per protestare contro la persecuzione politica del presidente socialista Luiz Inácio Lula de Silva nei confronti dell’ex presidente brasiliano Jair Messias Bolsonaro.   I sostenitori di Bolsonaro vestiti del giallo e verde della bandiera brasiliana hanno riempito la città per difenderlo dalle azioni legali che potrebbero vederlo messo in prigione per le rivolte dell’8 gennaio 2023 contestando le elezioni del Paese, definite da alcuni oppositori di Lula come un colpo di Stato.   «Continuano ad accusarmi di colpo di Stato. Ora il colpo di Stato avviene perché c’è la bozza del decreto sullo stato di emergenza. Un colpo di Stato? Usando la Costituzione? Abbi santa pazienza. Un colpo di stato usando la Costituzione», ha detto Bolsonaro davanti ad una folla oceanica che lo acclamava in visibilio.    

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  «Cos’è un colpo di Stato? Un colpo di Stato sta mettendo i carri armati nelle strade, le armi, la cospirazione. Ciò non è accaduto in Brasile», ha detto. «Quello che voglio è la pacificazione. Per cancellare il passato e trovare un modo per vivere in pace».     Secondo i primi resoconti, avrebbero partecipato oltre 185.000 persone, ma la polizia militare ha stimato che le dimensioni sarebbero molto maggiori.   La manifestazione evidenzia quanto sia diffuso il sostegno di Bolsonaro in Brasile, nonostante gli sia stato impedito di candidarsi fino al 2030 a causa dei disordini.   Curiosamente, il presidente del ramo internazionale del partito Likud, già membro della Knesset (il Parlamento israeliano) Danny Danon, ora 17° Rappresentante permanente presso l’ONU, ha frainteso la dimostrazione pro-Bolsonaro con una manifestazione di «supporto per lo Stato di Israele e per il popolo ebraico».  

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A Bolsonaro è stato impedito di candidarsi fino al 2030 a causa di due condanne per abuso di potere, ma rimane attivo nella politica brasiliana come principale avversario del centrosinistra Lula. Mentre si avvicinano le elezioni del sindaco di quest’anno, i candidati si sono divisi tra i due leader.   Alla protesta hanno partecipato anche alcuni degli alleati di Bolsonaro che mirano a spodestare Lula alle elezioni del 2026, tra cui gli influenti governatori Tarcisio de Freitas dello stato di San Paolo e Romeu Zema dello stato di Minas Gerais. Ma altri politici chiave e dirigenti aziendali che si sono allineati con lui durante la sua presidenza 2019-2022 non si sono presentati.   Come noto, una settimana dopo che Lula era entrato in carica con un margine ristretto, migliaia di sostenitori di Bolsonaro hanno preso d’assalto il palazzo presidenziale, il Congresso e la Corte Suprema, chiedendo di ribaltare quella che sostenevano fosse un’elezione rubata. Seguirono, in pieno stile J6, arresti di massa.   Nelle settimane precedenti, vi erano stati episodi con la polizia che sparava contro i sostenitori di Bolsonaro. È emerso poi che, molto significativamente, il direttore della CIA William Burns era volato a Brasilia per dire a Bolsonaro di non toccare le imminenti elezioni.

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Il governo Lula ha quindi avviato un’indagine su Bolsonaro, gli ha sequestrato il passaporto e successivamente gli è stato impedito di candidarsi fino al 2030 dal tribunale elettorale.   Da quando ha lasciato la presidenza, Bolsonaro ha dovuto affrontare diverse indagini contro di lui, inclusa l’accusa di un «tentato colpo di Stato» per i moti del gennaio di quest’anno. A giugno gli è stato vietato di candidarsi alle elezioni fino al 2030.   Tra le accuse mossegli pubblicamente, anche quella di aver molestato una balena.   Come riportato da Renovatio 21, ai sostenitori di Bolsonaro, a cui ad un certo punto avevano cominciato pure a sparare, ora il regime di Lula infligge l’esclusione dai social network e, in pieno stile maoista, un programma di «rieducazione alla democrazia».   Bolsonaro ha sostenuto, oltre che la necessità dei cittadini di armarsi, anche di voler far chiarezza sulle operazioni pubbliche accadute durante la pandemia, facendo i nomi dei funzionari sanitari che hanno approvato i vaccini per i bambini.   «La storia e la scienza riterranno tutti responsabili» disse nel suo discorso alla plenaria dell’ONU nel settembre 2021 a Nuova York, dove fu costretto a mangiare un pizza al trancio all’esterno perché impossibilitato ad entrare nei ristoranti a causa delle restrizioni simil-green pass istituite nella Grande Mela.

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Protesta

Continuano le proteste contadine in tutta Europa

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Almeno 900 trattori hanno bloccato il centro cittadino e la sede della Commissione Europea a Bruxelles, mentre i ministri dell’Agricoltura dell’UE riunitisi non avevano dato agli agricoltori più di qualche piccola concessione.

 

Il coordinamento europeo Via Campesina, che ha contribuito a organizzare la protesta a Bruxelles, ha ribadito la sua accusa secondo cui la Commissione Europea si sta occupando principalmente delle esigenze delle grandi aziende industriali.

 

«I decisori politici dell’UE ancora una volta non sono riusciti ad ascoltare la maggioranza degli agricoltori», ha affermato l’organizzazione, che afferma di rappresentare gli agricoltori di piccole e medie dimensioni e i lavoratori agricoli di tutta Europa.

 

 

 

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«La promessa della Commissione Europea di fare qualcosa per le piccole aziende agricole, finora, è solo formale, poiché le politiche dell’UE sono ancora orientate verso gli interessi dei principali attori industriali» riporta EIRN.

 

L’organizzazione degli agricoltori Fugea ha espresso un parere simile. La Commissione Europea dovrebbe ripensare e allontanarsi dai dogmi liberali se vuole offrire un futuro a migliaia di aziende agricole. In occasione dell’incontro di ieri a Bruxelles dei ministri dell’Agricoltura dell’UE, 5.000 agricoltori spagnoli si sono riuniti per una massiccia protesta a Madrid.

 

 

 

Per il resto, la protesta degli agricoltori polacchi, che bloccavano il passaggio del confine con la Germania sull’autostrada A2, si è conclusa ieri dopo un’azione durata 24 ore.

 

Più di 1.000 agricoltori con 500 trattori e 300 camion e furgoni avevano bloccato il confine Świecko-Francoforte sull’Oder in entrambe le direzioni. Il traffico è ora scorrevole da quando è terminata l’azione di protesta.

 

Da domenica sera vi erano state proteste anche da parte tedesca di agricoltori e trasportatori. Hanno bloccato il ponte della città di Francoforte sull’Oder e il valico di frontiera Schwedt/Krajnik Dolny con trattori, furgoni e camion.

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