Intelligence
Nucleare, il Mossad dietro gli attacchi ad aziende tedesche e svizzere negli anni Ottanta, dice un quotidiano svizzero

Un quotidiano svizzero sostiene che il Mossad potrebbe essere stato dietro gli attacchi dinamitardi e le minacce contro diverse aziende tedesche e svizzere negli anni ’80. Secondo quanto riferito, Israele cercava di impedire al Pakistan di sviluppare armi nucleari. Lo riporta il sito russo RT.
Lo scoop è stato pubblicato domenica dal Neue Zürcher Zeitung, un giornale svizzero ed è stato ripreso da giornali di tutto il mondo, compreso il Jerusalem Post.
Il quotidiano svizzero afferma che il Mossad sarebbe dietro a tre attentati dinamitardi in Svizzera e Germania, avvenuti nel 1981 e mirati a proprietà appartenenti a persone e aziende coinvolte nella vendita di materiali dual use al Pakistan.
Le esplosioni, che hanno danneggiato gli edifici e ucciso un cane, sono state seguite da telefonate ad altre società ritenute coinvolte nei rapporti con i pakistani, con l’avvertimento che potrebbero essere il prossimo obiettivo a meno che non abbandonassero gli accordi commerciali relativi al nucleare con Islamabad.
All’epoca, un oscuro gruppo chiamato «Organizzazione per la non proliferazione delle armi nucleari nell’Asia meridionale» rivendicò la responsabilità degli attacchi. Tuttavia, l’organizzazione non era stata sentita prima degli attacchi, né è emersa da allora.
Il quotidiano svizzero, citando documenti recentemente non classificati del Dipartimento di Stato, afferma che gli Stati Uniti non erano contenti dei tentativi del Pakistan di sviluppare le proprie armi nucleari, ma Washington non voleva alienarsi il governo di Islamabad
Il quotidiano svizzero, citando documenti recentemente non classificati del Dipartimento di Stato, afferma che gli Stati Uniti non erano contenti dei tentativi del Pakistan di sviluppare le proprie armi nucleari, ma Washington non voleva alienarsi il governo di Islamabad.
I diplomatici americani hanno prima cercato di convincere le autorità di Bonn e Berna di impedire alle aziende di vendere materiali a duplice scopo al Pakistan. Tuttavia, questi sforzi hanno portato pochi frutti, come afferma il giornale, e un anno dopo si è verificata una serie di attacchi alle entità coinvolte.
Israele, che, secondo il rapporto, vedeva la prospettiva di un Paese musulmano in possesso di armi nucleari come una minaccia esistenziale, secondo quanto riferito aveva adottato un’azione più decisa per evitare che ciò accadesse.
Il giornale ammette, tuttavia, che non esiste una «pistola fumante» per puntare il dito contro Israele oltre ogni ragionevole dubbio. Tuttavia, ci sarebbero alcune prove circostanziali che potrebbero implicare il Mossad, afferma il rapporto.
Israele, che, secondo il rapporto, vedeva la prospettiva di un Paese musulmano in possesso di armi nucleari come una minaccia esistenziale, secondo quanto riferito aveva adottato un’azione più decisa per evitare che ciò accadesse
Ad esempio, rivela che uno degli uomini d’affari che avevano ricevuto minacce a seguito degli attacchi ha detto alla polizia svizzera che i servizi segreti israeliani lo avevano contattato.
Secondo quanto riferito, ha anche detto agli investigatori che un uomo di nome David, che lavorava nell’ambasciata israeliana in Germania, lo aveva chiamato più volte e lo aveva persino incontrato una volta di persona per cercare di convincerlo a rinunciare agli affari con il Pakistan.
Lo storico Adrian Hänni ha anche detto alla Neue Zürcher Zeitung che gli attentati portavano tutte le caratteristiche di un’operazione dei servizi segreti ed erano sorprendentemente simili agli attacchi avvenuti due anni prima, che avevano preso di mira persone presumibilmente coinvolte nel programma nucleare iracheno.
Il rapporto conclude affermando che la maggior parte delle società tedesche e svizzere che presumibilmente vendevano materiali a duplice uso al Pakistan hanno continuato con l’attività redditizia nonostante gli attacchi e le minacce.
Il quotidiano svizzero afferma inoltre che diversi anni dopo, Abdul Qadeer Khan, noto come il padre del programma nucleare del Pakistan, ha continuato ad aiutare gli iraniani a procurarsi centrifughe per l’arricchimento dell’uranio.
Secondo il quotidiano elvetico, il Khan ha attraversato l’Europa negli anni ’80 per assicurarsi tecnologia e progetti da istituzioni e aziende occidentali per un dispositivo di armi nucleari, incontrando in un hotel di Zurigo una delegazione dell’Organizzazione Iraniana per l’energia atomica nel 1987, alla presenza di ingegneri tedeschi.
«Nei dispacci ora rilasciati, che in precedenza erano classificati come segreti, sono elencate per la prima volta quelle società che gli Stati Uniti hanno accusato di sostenere il programma di armi nucleari pakistano con le loro consegne. L’elenco comprendeva circa una mezza dozzina di società ciascuna dalla Germania e dalla Svizzera» scrive il Jerusalem Post.
Intelligence
«Putin è in cima alla lista. Stiamo cercando di ucciderlo»: parla il vice capo dell’Intelligence ucraina. Kiev verso il terrorismo di Stato più spudorato

Il presidente russo Vladimir Putin è sulla lista delle uccisioni dell’Ucraina, ha rivelato il vice capo dell’agenzia di intelligence di Kiev Vadim Skibitsky in un’intervista alla testata tedesca Die Welt.
Parlando il giornale, l’alto funzionario dei servizi ucraini ha aggiunto che i suoi subordinati stanno dando la caccia ai massimi comandanti militari russi.
Alla domanda del giornale tedesco se il suo servizio stia tentando di assassinare il capo di Stato russo, lo Skibitsky ha risposto dicendo che il presidente Putin «nota che ci stiamo avvicinando sempre di più a lui».
Secondo Skibitsky, il servizio di intelligence ucraino non è riuscito a uccidere Putin perché «rimane rintanato», ma ha aggiunto che il comandante in capo russo «ora sta cominciando a sporgere la testa». Quando il presidente russo appare pubblicamente, tuttavia, l’agenzia di Intelligence ucraina «non è sicura che sia davvero lui», ha insistito oscuramente Skibitsky.
Il vice capo dei servizi del regime di Kiev ha quindi aggiunto che i suoi subordinati starebbero «cercando di uccidere» Evgeny Prigozhin, il capo della compagnia militare privata Wagner.
Anche il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu e il capo di stato maggiore Valerij Gerasimov sono stati condannati per l’eliminazione dal servizio di Intelligence ucraino, ha affermato il suo vice capo.
Alla domanda se Kiev fosse dietro gli omicidi della giornalista e attivista Darja Dugina lo scorso agosto e del blogger militare Vladlen Tatarsky alla fine di aprile, così come l’attentato alla vita dello scrittore Zakhar Prilepin all’inizio di questo mese, Skibitsky ha affermato che si trattava di «lavori interni», aggiungendo che vari gruppi all’interno dell’élite russa si stavano combattendo tra loro per il potere.
Lo Skibitsky ha dichiarato che i «propagandisti» russi non sono gli obiettivi prioritari per il suo servizio rispetto ai comandanti delle unità militari russe, affermando che Kiev era riuscita ad assassinare alcuni di questi alti ufficiali, ma si è rifiutato di fornire nomi o numeri.
Tali dichiarazioni dovrebbero essere sconvolgenti per chi ascolta, a Occidente come ad Oriente: in pratica, il regime di Kiev ammette finalmente di avere un programma di decapitazione dell’avversario, cioè di eliminazione di Putin – che, coincidenza, è proprio il fine dichiarato dei pupari americani di Zelens’kyj, che parlano da anni di «regime change» a Mosca.
Come riportato da Renovatio 21, del puzzle di tale programma di assassinio di Putin erano già visibili da mesi numerosi pezzi, in particolare riguardo ai droni. Poi, a inizio mese, a mo’ di avvertimento per la parata del Giorno della Vittoria (la Pobieda, il 9 maggio: celebrazione della vittoria sul nazismo nella «Grande guerra patriottica», cioè nella Seconda Guerra Mondiale) ci fu l’attacco diretto al Cremlino, con due o tre droni – Kiev ha detto di non c’entrare nulla, tuttavia le poste ucraine stanno preparando un francobollo che celebra lo schianto dei velivoli senza pilota sul palazzo del potere moscovita.
Le parole del vicecapo delle spie ucraine arrivano non solo dopo quelli che sembrano tentativi diretti di attentato, ma anche con le sconcertanti parole dell’Intelligence militare ucraina Kirill Budanov, che ha promesso di «continuare a uccidere russi ovunque» in tutto il mondo: il Budanov, capo della Direzione principale dell’intelligence (GUR) del ministero della Difesa ucraino, in un’intervista a Yahoo News si era vantato di aver «ucciso russi» dicendo che «continueremo a uccidere russi ovunque sulla faccia di questo mondo fino alla completa vittoria dell’Ucraina». Del resto non è che la CIA negli ultimi anni li ha segretamente addestrati per fare altro.
Come ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, «l’Ucraina è oramai uno Stato sponsor del terrorismo». E non è che stia facendo molto per nasconderlo – anzi, sappiamo che la quantità di armi regalatele già sono state distribuite in zone terroriste in Siria, in Africa e presso varie criminalità europee, in modo da alimentare in Europa il terrorismo (di qualsiasi tipo: islamico, neohitleriano, ecofascista, etc.) per i decenni a venire.
Senza contare che le stesse autorità americane temono la radicalizzazione dei cittadini USA finiti a combattere con gli ucronazisti: una volta tornati in patria, cosa faranno? Diverranno davvero domestic terrorist, continuando l’ideologia suprematista e pagana appresa e performata con i neonazi in Donbass? Oppure il piano è proprio quello di re-importare in USA quantità di terroristi bianchi, così da proseguire con il lavoro del nuovo razzismo istituzionale contro la popolazione di origine europea? Non sappiamo, ma vediamo quello che stanno cercando di fare con Mosca e San Pietroburgo: rimpiombare la popolazione nell’era delle bombe degli anni Novanta – «ri-cecenizzare» la Russia, abbiamo scritto – quando società e politica erano deboli e instabili, cosicché gli oligarchi, con i loro soci occidentali, potevano predare il Paese.
La domanda da fare ai geni americani del Dipartimento di Stato, della CIA e del Pentagono (i neocon, in testa), noti per la loro lungimiranza vista in Iraq e Afghanistan, è: anche qualora fosse eliminato Putin, cosa accadrebbe alla Russia? Nessun potere alternativo sembra emergere, e gli sforzi fatti dall’Ovest per far crescere il seguito di personaggi come Navalnij sono definibili ridicoli, e falliti.
E quindi, nessuno che si domandi cosa, una volta eliminato Putin, salga al potere al Cremlino? E se vi salisse Medvedev, che parla un giorno sì e l’altro pure di Terza Guerra Mondiale, di scontro atomico, di «giorno del giudizio», dell’arcipelago britannico sommerso per sempre da uno tsunami radioattivo creato il drone nucleare Poseidon?
Tutti scherzano con il fuoco, mentre perdoniamo a Zelens’kyj qualsiasi cosa: l’assassinio di giornalisti, l’assassinio di parlamentari ucraini, l’assassinio dei suoi stessi negoziatori, la corruzione, la paranoia, la creazione di liste di morte piene di cittadini occidentali (anche americani, anche italiani), la mancanza di rispetto perfino per il papa, la volontà di trascinare il mondo in un conflitto termonucleare, unica vera prospettiva in cui può sperare di mantenere la cadrega di presidente-comico a capo del Paese più povero d’Europa. Pardon, dopo tutti i soldi che gli abbiamo dato, e la cresta fatta per la rivendita delle armi abbuonate, ex Paese più povero d’Europa.
Quando il mondo aprirà gli occhi su questo personaggio, sulla banda di Kiev, e sul pericolo che ci stanno facendo correre?
Immagini di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Cina
Pechino rafforza la legge contro lo spionaggio, preoccupazione delle imprese straniere

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
L’Assembla nazionale del popolo ha ampliato il campo di applicazione della normativa conferendo maggiori poteri alla polizia anche nelle ispezioni su smartphone e computer. Di recente la polizia ha fatto irruzione negli uffici di aziende internazionali in Cina. Qualche settimana fa arrestato un dipendente giapponese.
La Cina ha ampliato l’ambito di applicazione della legge sul controspionaggio per includere qualsiasi questione relativa alla sicurezza dello Stato definita dalle autorità. Si allarga così il potere delle forze dell’ordine di perquisire le persone e sequestrare oggetti. E secondo gli esperti in materie giuridiche questa modifica alla legge potrebbe aumentare i rischi per le imprese e gli individui stranieri presenti in Cina.
L’emendamento, approvato la settimana scorsa dall’Assemblea nazionale del popolo, entrerà in vigore a luglio e consentirà alle autorità di ispezionare i dispositivi digitali di organizzazioni e individui, compresi quindi smartphone e computer. Espandendo la definizione di «spionaggio», anche le normali attività commerciali, tra cui la raccolta di informazioni sul mercato locale, sui concorrenti e sui partner, potrebbero diventare oggetto di indagine.
Secondo il Wall Street Journal, la legge sarà utile come nuovo strumento per contrastare gli Stati Uniti e i loro alleati, ma rischia di vanificare gli sforzi per rilanciare l’economia e attrarre investimenti stranieri. Chiunque sia accusato di spionaggio in Cina rischia infatti pene severe, persino la pena di morte.
Di recente la polizia cinese ha fatto irruzione nell’ufficio della Bain & Company, una società americana di consulenza manageriale, a Shanghai. La società non ha rilasciato commenti sull’attività delle autorità. Tuttavia secondo il Financial Times la polizia cinese ha visitato più volte l’ufficio dell’azienda, portando via telefoni cellulari e computer ma senza arrestare nessun membro del personale.
A marzo, invece, cinque dipendenti del Mintz Group, una società di due diligence che raccoglie informazioni e indaga sulla conformità alle leggi, sono stati arrestati dalle autorità cinesi. L’ufficio della società in Cina ha chiuso le operazioni dopo gli arresti, avvenuti poco dopo che gli Stati Uniti hanno abbattuto il pallone spia cinese.
Anche Dong Yuyu (董郁玉), redattore e reporter di lunga data del quotidiano cinese Guangming Daily, è stato accusato di spionaggio. Dong lavorava per il giornale ufficiale da oltre 30 anni, scrivendo spesso commenti contro la riforma. È stato fermato dalla polizia mentre pranzava con un diplomatico giapponese a Pechino lo scorso anno. Una lettera aperta firmata da oltre 60 accademici e giornalisti ne ha chiesto il rilascio: «gli incontri con persone come il signor Dong sono essenziali se la Cina e il resto del mondo vogliono avere relazioni produttive, aperte e stabili», si legge nella lettera.
Il mese scorso anche un dipendente giapponese di Astellas Pharma è stato arrestato per spionaggio mentre si trovava a Pechino. L’incidente ha sconvolto le imprese giapponesi al punto che alcune stanno consigliando ai propri dipendenti di non recarsi in Cina.
Il segretario di Gabinetto giapponese, Hirokazu Matsuno, ha esortato Pechino a dare una spiegazione riguardo la legge sul controspionaggio e a garantire la trasparenza dell’applicazione della normativa e del processo giuridico.
Almeno 17 cittadini giapponesi sono stati arrestati dalle autorità cinesi per spionaggio a partire dal 2014, anno in cui la normativa è entrata in vigore, ma le autorità cinesi non hanno mai rivelato i dettagli delle accuse.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Intelligence
Epstein incontrava l’attuale capo della CIA. E pure l’ex premier israeliano, i Rothschild e Noam Chomsky

Il caso Epstein continua a regalare rivelazioni scioccanti. Le ultime sembrano uscite dalla Gazzetta del complottista, solo che stavolta lo scrive una grande testata del mainstream internazionale. CIA, Rothschild, uomini di Kissinger, l’ex premier israeliano Ehud Barak, l’immancabile Fondazione Gates persino il linguista Noam Chomsky: tutti nomi contenuti in un exposé del Wall Street Journal.
La gigantesca notizia con cui partire è quella per cui l’attuale direttore della CIA, William Burns, ha incontrato diverse volte Epstein.
Nel 2014 Burns ha avuto almeno tre meeting con Jeffrey Epstein. All’epoca il Burns era il vice segretario di stato di Obama – e va notato che tali incontri sono avvenuti dopo che Epstein era stato condannato per sfruttamento sessuale di minori.
Burns ed Epstein si sono incontrati per la prima volta a Washington prima che Burns visitasse Epstein e la sua residenza a Manhattan, secondo una serie di documenti trapelati che includono gli orari di Epstein che non erano contenuti nella famosa «agendina nera» dei suoi contatti (peraltro zeppa di nomi italiani, cosa che la stampa nazionale ha bellamente ignorato) o dei registri di volo del cosiddetto Lolita Express, l’aereo usato da Epstein e dai suoi ospiti per gli spostamenti, spesso nella famosa tenuta di Saint James, nelle Isole Vergini americane, dove accoglieva gli «amici» con quantità di ragazzine giovanissime.
Burns, che è diventato direttore della CIA sotto Biden nel 2021, ha incontrato Epstein mentre si preparava a lasciare la sua posizione nel governo, secondo la portavoce della CIA Tammy Kupperman Thorp.
«Il direttore non sapeva nulla di lui, a parte il fatto che è stato presentato come esperto nel settore dei servizi finanziari e ha offerto consigli generali sulla transizione al settore privato», ha detto la portavoce del principale servizio segreto statunitense, aggiungendo che i due «non avevano alcuna relazione».
Bisogna ammettere che è curioso: l’uomo che diverrà capo del massimo servizio d’Intelligence del Paese e finanche del mondo – uno che andrà a gestire il più profondo sistema di informazione esistente – non sapeva nulla dei precedenti di questo tizio che andava a incontrare, nemmeno le chiacchiere che giravano sul suo conto. Le quali chiacchiere, come riportato da Renovatio 21, c’erano.
Burns è un diplomatico che aveva ricoperto il delicato ruolo di ambasciatore USA a Mosca. Nel 2014, al momento degli incontri, era vice segretario di Stato americano.
«Quell’agosto era previsto un pranzo presso l’ufficio dello studio legale Steptoe & Johnson a Washington» scrive il Wall Street Journal. «Epstein ha programmato due appuntamenti serali quel settembre con il signor Burns nella sua casa di città, mostrano i documenti. Dopo uno degli incontri programmati, Epstein ha pianificato che il suo autista portasse il signor Burns all’aeroporto».
«Il signor Burns ricorda di essere stato presentato a Washington da un amico comune e di aver incontrato brevemente Epstein una volta a New York, ha detto la signora Thorp. “Il direttore non ricorda alcun ulteriore contatto, inclusa la ricezione di un passaggio per l’aeroporto”».
Un mese dopo l’incontro con Epstein, nell’ottobre 2014, Burns si è dimesso da questo ruolo al Dipartimento di Stato per servire come presidente del Carnegie Endowment for International Peace, un think tank per la politica estera di cui il Cremlino ha chiuso la filiale moscovita nell’aprile 2022. Burns avrebbe gestito il think tank fino a quando non è stato nominato da Biden per servire come direttore della CIA all’inizio del 2021.
Secondo quanto riportato dal giornale di Nuova York, Epstein ha avuto anche dozzine di incontri con Kathryn Ruemmler, l’allora avvocato della Casa Bianca di Obama, che nel 2020 è diventata il principale avvocato della grande banca d’affari Goldman Sachs. Epstein avrebbe anche pianificato che lei lo raggiungesse nel 2015 in un viaggio a Parigi (dove operava il suo «socio» Jean-Luc Brunel, scout di modelle, trovato anche lui impiccato in carcere l’anno passato) e nel 2017 per visitare la sua isola privata nei Caraibi.
Secondo un portavoce di Goldman Sachs, la Ruemmler aveva una «relazione professionale» con Epstein legata al suo ruolo presso lo studio legale Latham & Watkins LLP e non viaggiava con lui. «Mi pento di aver mai conosciuto Jeffrey Epstein», ha dichiarato l’ex avvocato della presidenza Obama.
Secondo i documenti citati dal WSJ, Epstein «ha chiesto di avere a portata di mano involtini di sushi di avocado durante l’incontro con la Ruemmler. Ha visitato gli appartamenti che stava pensando di acquistare. Nell’ottobre 2014, Epstein era a conoscenza dei suoi piani di viaggio e ha detto ad un assistente di controllare il suo volo. “Vedi se c’è un posto in prima classe”, ha scritto, “se è così fai un upgrade”».
Va rammentato, anche qui, che tali incontri avvenivano in seguito alla condanna di Epstein nel 2006 per aver abusato sessualmente di ragazze in Florida di appena 14 anni.
A poche settimane dalla partenza di Ruemmler dalla Casa Bianca di Obama nel 2014, Epstein ha programmato un pranzo nella sua casa di città, seguito da una serie di incontri per presentarla ai suoi conoscenti.
I due si sono incontrati per la prima volta quando Epstein l’ha chiamata per chiederle se fosse interessata a rappresentare la Bill & Melinda Gates Foundation, una relazione che non è mai andata a buon fine.
«Epstein e il suo staff hanno discusso se la signora Ruemmler, che ora ha 52 anni, sarebbe stata a disagio con la presenza di giovani donne che lavoravano come assistenti e personale presso la residenza cittadina, mostrano i documenti» scrive il WSJ. «Le donne hanno inviato un’e-mail a Epstein in due occasioni per chiedere se dovevano evitare la casa mentre la signora Ruemmler era lì. Epstein ha detto a una delle donne che non la voleva intorno, e a un’altra che non era un problema, mostrano i documenti».
«La signora Ruemmler non ha visto nulla che potesse portarla a essere preoccupata nella residenza cittadina e non ha espresso alcuna preoccupazione, ha detto il portavoce di Goldman» continua il giornale americano.
Epstein ha anche collegato Ruemmler con Ariane de Rothschild, attuale CEO della banca privata svizzera Edmond de Rothschild Group. Lo studio legale di Ruemmler è stato assunto dalla banca per aiutarli con le questioni normative statunitensi, secondo la banca e il portavoce di Goldman.
La De Rothschild, che è entrata per matrimonio nella famosa famiglia di banchieri, ha incontrato Epstein più di una dozzina di volte.
«Nel settembre 2013, Epstein ha chiesto aiuto alla signora de Rothschild in una e-mail per trovare una nuova assistente, “donna… multilingue, organizzata”. “Chiederò in giro”, ha risposto la signora de Rothschild via e-mail. Ha acquistato quasi 1 milione di dollari di oggetti all’asta per conto di Epstein nel 2014 e nel 2015, mostrano i documenti» scrive il WSJ.
«La signora de Rothschild è stata nominata presidente della banca nel gennaio 2015. Quell’ottobre, lei ed Epstein hanno negoziato un contratto da 25 milioni di dollari per la Southern Trust Co. di Epstein per fornire “l’analisi del rischio e l’applicazione e l’uso di determinati algoritmi” per la banca, secondo una proposta esaminata dal Journal».
Nel 2019, dopo l’arresto di Epstein, la banca avrebbe affermato che la signora de Rothschild non ha mai incontrato Epstein e non aveva legami d’affari con lui. La banca avrebbe ammesso al Journal di aver mentito nella sua precedente dichiarazione e che la signora de Rothschild ed Epstein si sono incontrati come parte dei suoi normali doveri bancari.
Un altro ospite di Epstein nominato nelle ultime rivelazioni è l’ex premier israeliano Ehud Barak, un ex commando delle operazioni speciali dello Stato Ebraico nei suoi conflitti (era in squadra durante l’operazione Entebbe con Yonathan Netanyahu, fratello dell’attuale premier morto durante il raid ugandese) poi divenuto leader dei laburisti di Tel Aviv – il principale partito che si oppone al Likud di Netanyahu.
Della frequentazione epsteiniana di Barak si sapeva da molto tempo, con i giornali a pubblicare negli anni foto di lui con la sciarpa a coprirgli il volto fuori dal palazzo di Epstein. I due avrebbero investito in una startup di software video e geolocalizzazione nel 2015. L’ex premier dello Stato ebraico ha ammesso di non sapere quante volte ha incontrato il presunto finanziere, e di aver visitato due delle sue case di Manhattan più, una volta, la famosa isola.
Barak aveva detto alla testata Daily Beast di aver incontrato Epstein per la prima volta nel 2002 circa, quando è stato presentato dall’ex presidente israeliano Shimon Peres. Avrebbe detto che sia Bill che Hillary Clinton sarebbero stati presenti ad una festa di Epstein così come «molte persone famose e importanti».
La cifra israeliana dell’inghippo assume significato perché in molti rumoreggiano sulla possibilità che l’intero traffico di Epstein fosse in realtà un’operazione di honeypot da parte del Mossad, ossia una trappola per uomini potenti che uscivano dalle giornate con Epstein pesantemente compromessi. La tesi sarebbe suffragata, secondo i suoi sostenitori, dal fatto che la «socia» inseparabile di Epstein Ghislaine Maxwell fosse figlia di un’altra supposta spia israeliana, il magnate inglese (ma di origine ebraico-boema) Robert Maxwell, al cui funerale in Israele erano bizzarramente presenti mezza dozzina di capi del Mossad.
A scrivere dell’affiliazione di Maxwell padre con il Mossad fu il reporter premio Pulitzer Seymour Hersh un suo libro sull’atomica di Tel Aviv, The Samson Option: secondo le sue ricerche fu Maxwell ad avvisare gli israeliani delle intenzioni del fisico nucleare Vanunu, poi rapito a Roma nel 1986 e sparito per molti anni. Un recentissimo libro in due volumi scritto dalla ricercatrice americana Whitney Webb, One Nation Under Blackmail: The Sordid Union Between Intelligence and Organized Crime That Gave Rise to Jeffrey Epstein, accenna alla voce di un possibile incontro personale tra Epstein e Robert Maxwell, circostanza mai uscita prima.
Un altro nome emerso in queste ore è quello di Joshua Cooper Ramo, allora co-amministratore delegato della società di consulenza aziendale di Henry Kissinger, l’onnipotente ex segretario di Stato USA che, oltre che amico degli Agnelli (e quindi pure tifoso della Juve), si è appreso essere con probabilità il vero mentore di Klaus Schwab.
«Il signor Ramo è stato anche invitato a una colazione nella residenza cittadina nel settembre 2013 con l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak, un altro ospite abituale, come mostrano i documenti».
Nelle carte del WSJ compaiono quindi un certo numero di professori e accademici, tra cui spicca il nome del più riverito linguista nonché attivista goscista mondiale, Noam Chomsky, che avrebbe incontrato Epstein in incontri in cui era presente sempre il Barak.
«Barak ha anche incontrato Epstein nel 2015 con il signor Chomsky, ora 94enne, professore di linguistica e attivista politico che è stato critico nei confronti del capitalismo e della politica estera degli Stati Uniti (…) Chomsky ha detto che Epstein ha organizzato l’incontro con il signor Barak per discutere “le politiche di Israele riguardo alle questioni palestinesi e all’arena internazionale» scrive la testata.
«Il signor Barak ha affermato di aver incontrato spesso Epstein durante i viaggi a New York ed è stato presentato a persone come il signor Ramo e il signor Chomsky per discutere di geopolitica o altri argomenti. “Spesso ha portato altre persone interessanti, dall’arte o dalla cultura, dalla legge o dalla scienza, dalla finanza, dalla diplomazia o dalla filantropia”, ha detto Barak».
Alla domanda postagli ora dai giornalisti sulla sua relazione con Epstein, Noam Chomsky ha dichiarato: «la prima risposta è che non sono affari tuoi. O di nessuno. La seconda è che lo conoscevo e ci siamo incontrati occasionalmente».
Come riportato da Renovatio 21, non è noto a tutti che il Chomsky – che è di origine ebraica come Barak ed Epstein – iniziò a lavorare negli anni cinquanta in progetti di carattere militare: fu consulente su questo progetto sponsorizzato dall’aeronautica militare al laboratorio per l’elettronica MITRE. Noi lo ricordiamo tuttavia per l’intervista del 2021 in cui disse che «i non vaccinati vanno imprigionati».
Dopo che Epstein ha donato 850 mila dollari al MIT tra il 2002 e il 2017 e 9,1 milioni ad Harvard tra il 1998 e il 2008, Chomsky ha dichiarato in un’intervista del 2020 che persone «peggiori di Epstein» avevano donato al MIT. All’epoca non aveva rivelato la loro amicizia, e ora afferma che al momento dei loro incontri, «quello che si sapeva di Jeffrey Epstein era che era stato condannato per un crimine e aveva scontato la pena. Secondo le leggi e le norme statunitensi, ciò produce una tabula rasa».
Come noto, Alexander Acosta, il procuratore della Florida che nel 2006 – poi segretario del Lavoro nell’amministrazione Trump – diede ad Epstein una pena assai lieve, ha confessato che qualcuno gli disse, all’epoca, di lasciar perdere Epstein, perché «è roba dell’Intelligence».
Eric Weinstein, matematico che lavora nei fondi di Peter Thiel e autore di podcast che ha raccontato il suo sconcerto durante il suo unico incontro di lavoro con Epstein – nel quale, dice si rese conto che il miliardario non sapeva nulla di finanza – tira le somme di questa nuova infornata di rivelazioni.
«Ho affermato che Epstein OVVIAMENTE non era un grande finanziere da molto prima del suo arresto in Florida nel 2006» scrive Weinstein in un tweet. «Questi leader lo stanno incontrando anni dopo la sua condanna e incarcerazione»
«La domanda centrale rimane: Jeffrey Epstein era un costrutto della comunità dell’Intelligence, che in quanto predatore sponsorizzato dallo Stato non può essere indagato dai media che collaborano con il governo per “ragioni di sicurezza nazionale”».
«Ciò dovrebbe suonare più folle di quanto non faccia oggi».
Epstein «è morto», ripetè in modo inquietante Bill Gates durante un’intervista TV in cui gli si chiedeva della loro strana amicizia, anche quella andata avanti negli anni successivi alla condanna di Epstein. Sui motivi di questa amicizia, Renovatio 21 ha provato a fare qualche ipotesi.
C’è un detto anglofono: «dead man tell no tale», l’uomo morto non può raccontare storie. Non sembra, tuttavia, il caso di Epstein, «suicidato» in carcere oramai quattro anni fa in un momento fatale in cui, per pura coincidenza, le guardie non stavano attente e le telecamere erano disfunzionanti.
Più si va avanti, più la storia del morto salta fuori: perché tale storia è semplicemente enorme, tocca punti nodali del potere finanziario e politico globale, al punto da diventare impossibile da insabbiare.
Del resto, la lista definitiva non è ancora uscita. E Ghislaine, quella che si sospetta abbia ereditato dal padre la sua connessione con i servizi israeliani, è ancora viva, anche se in carcere.
È a questo punto che ci torna in mente quella sua strana apparizione a Los Angeles, quando era ancora latitante. Fu trovata nel dehors di un fast food, dove si fece fotografare mentre leggeva un libro.
@MouthyBuddha One of the last cryptic picture of pedophile #Epstein accomplice and Mossad agent Ghislaine Maxwell reading "The Book of Honor: The Secret Lives and Deaths of CIA Operatives" at… ↪️#in_andout_burger. pic.twitter.com/eDJT5ZXZY2
— 𝕷'𝖍𝖊𝖚𝖗𝖊 𝖉𝖊 𝖘𝖊 𝖗𝖊𝖛𝖊𝖎𝖑𝖑𝖊𝖗.✒️ (@LHDSR_TV) April 15, 2020
Il titolo del libro The Book of Honor: The Secret Lives and Deaths of CIA Operatives. Tradotto: «Il libro d’onore: le vite segrete e le morti degli agenti della CIA».
Perché nel grande costrutto di Intelligence globale che è l’operazione Epstein forse non c’erano dentro solo gli israeliani.
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