Geopolitica
Netanyahu si scusa con i servizi di sicurezza israeliani
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è scusato per un post in cui accusava i servizi di sicurezza del paese di non aver previsto l’attacco di Hamas in cui hanno perso la vita almeno 1.200 persone. Il primo ministro dello Stato ebraico ha risposto alle critiche diffuse da parte dei media nazionali e dei membri del suo stesso gabinetto di guerra.
Sabato, dopo una conferenza stampa a tarda notte, l’ufficio di Netanyahu ha scritto su Twitter che «in nessuna circostanza e in nessun momento il primo ministro Netanyahu è stato avvertito delle intenzioni di guerra di Hamas».
L’ufficio ha aggiunto che «al contrario, tutti i funzionari della sicurezza, compreso il capo dell’intelligence militare e il capo dello Shin Bet [servizio di sicurezza], hanno valutato che Hamas era stato scoraggiato e stava cercando una soluzione».
Tuttavia, il post ha scatenato una feroce reazione da parte di funzionari e politici israeliani. Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra israeliano ed ex ministro della Difesa, ha esortato Netanyahu a «ritirare la sua dichiarazione… e a smettere di affrontare la questione».
«Quando siamo in guerra, la leadership deve mostrare responsabilità… e rafforzare le forze in modo che possano… realizzare ciò che chiediamo loro. Qualsiasi altra azione o dichiarazione danneggia la capacità delle persone di resistere e la loro forza», ha aggiunto.
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Al rimprovero ha fatto eco anche il leader dell’opposizione Yair Lapid, che ha accusato il primo ministro di «oltrepassare la linea rossa». Mentre i soldati israeliani «stanno combattendo coraggiosamente contro Hamas e Hezbollah, [il primo ministro] cerca di incolparli, invece di sostenerli», ha detto.
Di conseguenza, Netanyahu ha fatto marcia indietro sui suoi commenti di domenica, ammettendo di aver «sbagliato» e scusandosi formalmente. «Appoggio pienamente tutti i capi dei servizi di sicurezza. Mando forza al capo di stato maggiore [dell’IDF], ai comandanti e ai soldati dell’IDF che sono in prima linea e combattono per la nostra casa», ha scritto.
Durante la conferenza stampa di sabato, Netanyahu si è fermato prima di attribuire la colpa ai responsabili dell’attacco di Hamas, cosa che è stata una sorpresa per Israele, pur ammettendo che si è trattato di «una terribile debacle».
«Dopo la guerra tutti dovranno dare delle risposte, me compreso», ha detto.
I suoi commenti sono arrivati dopo che il capo della commissione per gli affari esteri della Camera degli Stati Uniti, Michael McCaul, aveva affermato all’inizio di questo mese che l’Egitto, che confina con Gaza, aveva avvertito Israele di potenziali violenze diversi giorni prima dell’attacco.
Netanyahu, tuttavia, ha respinto le notizie sullo specifico avvertimento egiziano come «notizie totalmente false».
Come riportato da Renovatio 21, secondo documenti USA trapelati il Mossad era implicato nelle guida delle grandi proteste contro Netanyahu che riempivano le piazze e le strade prima del 7 ottobre. Tali manifestazioni, dopo il massacro, sono ovviamente sparite, lasciando l’eterno premier di Israele al comando con un governo ancora più serrato.
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Immagine di Foreign and Commonwealth Office via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.
Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.
Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».
La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.
Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.
Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.
The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».
Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.
La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.
Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.
Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.
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