Necrocultura
«Morte per donazione»: eutanasia per prelevare gli organi
Renovatio 21 pubblica questo articolo di E. Wesley Ely.
Il dottor Ely detiene la cattedra Grant W. Liddle di Medicina al Vanderbilt University Medical Center ed è condirettore del Cronical Illness, Brain Dysfunction, and Survivorship (CIBS) Center. È anche direttore associato del Aging Research del Tennessee Valley Veteran’s Affair Geriatric Research and Education Clinical Center.
Il dottor Ely è autore di numerosi manuali di medicina.
Come si può rispondere al problema delle liste d’attesa sempre più lunghe per i trapianti di organi? Senza dubbio avrete sentito parlare del «mercato nero» degli organi nei paesi stranieri, ma esistono altre opzioni che dovrebbero essere sul tavolo?
La meccanica del prelevamento degli organi dopo la morte che sia per eutanasia o per arresto cardiaco (entrambe già legalizzate in Canada, Olanda e Belgio) è ottimale per il trapianto, perché il danno agli organi avviene per l’assenza di flusso sanguigno nei 5-10 minuti in cui avviene il decesso
Se foste su una lista d’attesa per un trapianto, vi importerebbe se l’organo è stato prelevato da una persona viva che è morta per la procedura di espianto? E se si fosse resa volontaria?
I vostri pensieri sulla questione hanno implicazioni che vanno ben oltre l’ambito dei trapianti.
In qualità di ex vice-direttore del programma di trapianti di polmoni della Vanderbilt University e medico praticante di terapia intensiva, considero la donazione di organi un gesto altruistico verso chi si avvicina alla morte su una lista d’attesa per un trapianto.
Ma mi trovo a combattere con l’inesorabile avvicinamento del mondo dei trapianti a quello dell’eutanasia.
Causa della morte: donazione degli organi
Alle conferenze mediche internazionali del 2018 e 2019, ho sentito centinaia di specialisti e medici praticanti di terapia intensiva discutere della «donazione dopo la morte». Questo si riferisce allo scenario che si sta diffondendo in Canada e alcuni paesi dell’Europa occidentale dove le persone muoiono per eutanasia, in seguito a un’iniezione letale richiesta da lui o lei, poi il corpo viene operato per prelevare gli organi da donare.
Si sta diffondendo in Canada e alcuni paesi dell’Europa occidentale uno scenario dove le persone muoiono per eutanasia, in seguito a un’iniezione letale richiesta da lui o lei, poi il corpo viene operato per prelevare gli organi da donare
Ad ogni incontro, la conversazione passava inaspettatamente alla questione emergente della «morte per donazione» – cioè porre fine alla vita delle persone previo consenso informato portandole in sala operatoria e, in anestesia generale, aprire il petto e l’addome mentre sono ancora in vita per prelevare gli organi vitali per trapiantarli in altre persone.
Ecco altri commenti:
«Ho perso mio marito per un cancro. Sarò sempre grata che non abbia scelto il suicidio assistito».
«Non volevo antidolorifici dopo l’intervento, ma l’ospedale mi ha somministrato oppiacei contro la mia volontà».
La questione emergente della «morte per donazione» – cioè porre fine alla vita delle persone previo consenso informato portandole in sala operatoria e, in anestesia generale, aprire il petto e l’addome mentre sono ancora in vita per prelevare gli organi vitali per trapiantarli in altre persone
I pazienti amano i miracoli, ma i dottori non possono avere paura di dare brutte notizie (anche per via elettronica).
Il grande problema qui è che la morte per donazione ignorerebbe la dead donor rule, che proibisce l’espianto di organi vitali finché il donatore non viene dichiarato morto. La morte per donazione sarebbe, ad oggi, considerata omicidio poiché significa porre fine a una vita per prelevare organi.
La meccanica del prelevamento degli organi dopo la morte che sia per eutanasia o per arresto cardiaco (entrambe già legalizzate in Canada, Olanda e Belgio) può essere quasi ottimale per chi si sottopone al trapianto, perché il danno agli organi avviene per l’assenza di flusso sanguigno nei 5-10 minuti in cui avviene il decesso. Tale intervallo è chiamato tempo di ischemia.
La morte per donazione pretende di essere una nuova soluzione. Anziché prelevare gli organi dopo la morte, il prelevamento avverrebbe quando gli organi stanno ancora ricevendo sangue. Si annullerebbe il tempo di ischemia e la rimozione degli organi sarebbe la causa di morte diretta e immediata.
La morte per donazione sarebbe, ad oggi, considerata omicidio poiché significa porre fine a una vita per prelevare organi
Indesiderate ma inevitabili conseguenze
Poco tempo fa, il New England Journal of Medicine (NEJM) ha pubblicato un articolo di due medici canadesi e uno specialista di etica della Harvard Medical School, in cui sostengono che sia eticamente preferibile ignorare la dead donor rule se i pazienti dichiarano di voler morire per donare gli organi.
Mentre “donarsi agli altri”, letteralmente, può sembrare un gesto encomiabile a un primo sguardo, vediamo tre considerazioni a valle della discussione sull’abbandono della dead donor rule:
- Le persone con disabilità mentali o fisiche affermano di sentirsi disprezzate e che la società non dà importanza alle loro vite. Invierebbe un messaggio poco subliminale per eliminarli dalla società e compiere qualcosa di buono coi loro organi?
- Quanto rapidamente si diffonderebbe se chi non può parlare per sé venisse considerato un donatore?
- Cosa significa per noi se chi dovrebbe guarirci – i medici – si trovano in una posizione che ignora manifestamente quasi 2500 anni di divieti sul fine-vita?
«Non potete concepire tutte le subdole forze (per farti morire) – tutte ben intenzionate, comprensive, anche dolci, ma travolgenti come uno tsunami – che emergono quando la tua autonomia è irrimediabilmente compromessa» Ben Mattlin, affetto da atrofia muscolare spinale
Consideriamo il caso di Ben Mattlin, affetto da atrofia muscolare spinale. In un articolo del New York Times del 2012 scrisse del «sottile e poroso confine tra coercizione e libera scelta» per chi si sente svalutato. Riguardo l’erosione della sua autonomia scrisse: «Non potete concepire tutte le subdole forze (per farti morire) – tutte ben intenzionate, comprensive, anche dolci, ma travolgenti come uno tsunami – che emergono quando la tua autonomia è irrimediabilmente compromessa».
La civiltà di una società si misura da come si trattano i membri più fragili. Le leggi sull’eutanasia sono disegnate per tutelare le popolazioni vulnerabili, ma come stanno le cose?
Gli altri nomi della morte
Secondo un articolo apparso nel 2015 sul NEJM, delle 3.882 morti causate dal suicidio assistito o eutanasia nelle Fiandre (Belgio) nel 2013, 1.047 (27%) erano causate da un farmaco in grado si accelerare il decesso senza il consenso del paziente. I pazienti erano generalmente incoscienti e potrebbero essere assistiti da membri della famiglia.
Nel 2014, un passaggio delle decisioni sul fine-vita della Belgian Society of Intensive Care Medicine riporta che «accorciare il tempo della morte» dovrebbe essere permesso «con l’ausilio di farmaci … anche in assenza di dolore». Discutendo di questi fatti, due luminari della medicina, uno olandese e uno di Harvard, mi dissero che da dove vengono loro questo si chiama omicidio.
Delle 3.882 morti causate dal suicidio assistito o eutanasia nelle Fiandre (Belgio) nel 2013, 1.047 (27%) erano causate da un farmaco in grado si accelerare il decesso senza il consenso del paziente.
Quando i medici prendono parte a procedure volte a togliere la vita a una persona, il paziente è certo al 100% che il medico sia dalla parte della guarigione? Qual è il messaggio che viene trasmesso sul valore di ogni vita umana quando un medico scambia una vita per un’altra? Quale effetto ha già avuto sui medici complici di queste procedure mortali?
Nel 1973 il classico della fantascienza Soylent Green (in italiano 2022: I sopravvissuti), il detective Frank Thorn effettua ricerche per scoprire la causa degli oceani morenti e della rovina della specie umana in un pianeta sovrappopolato. Scopre che il cibo verde ad alto contenuto proteico prodotto dalla Soylent Corporation è composto da esseri umani riciclati morti in seguito a eutanasia. «Il Soylent è fatto con i morti!» grida.
Soylent Green è ambientato nel 2022. Mancano solo tre anni.
Necrocultura
Un altro feto trovato nel cassonetto. Volete davvero credere alla favola del disagio sociale?
Due giorni fa è stato rinvenuto un feto di poche settimane in un cassonetto situato in un parco a Parona, un comune della Lomellina nei pressi di Vigevano, in provincia di Pavia.
L’individuazione è avvenuta grazie agli operatori ecologici impegnati nelle operazioni di pulizia dell’area. Durante la loro attività di svuotamento dei cestini lungo via Papa Giovanni XXIII, il feto è emerso dal cassonetto.
Si tratta esattamente della trama della canzone Cassonetto differenziato (1989) di Elio e le Storie Tese, quella che ipotizzava una raccolta differenziata per i feti, vista la quantità di casi che finivano sui giornali: «lo spazzino è più sereno/ e poi si impressiona meno». Trentacinque anni fa già questo tipo di eventi seguiva un pattern molto riconoscibile, al punto da divenire una canzone satirica.
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Conosciamo, ad ogni modo, anche il ruolino di marcia delle cronache di situazioni come questa: secondo quanto riportano all’unisono i giornali locali e nazionali, i carabinieri sono stati tempestivamente contattati e si sono recati sul luogo. Possiamo annunciarvi che, nonostante si parli di telecamere ed altro, con molta difficoltà verrà trovato chi ha lasciato lì il bambino. Ad oggi, non abbiamo presente di casi di «scagliatrici di feto nel cassonetto» (cit. sempre Elio) identificate ed arrestate (e a dire il vero, non siamo nemmeno sicuri che si tratti di donne).
Torniamo alle cronache fetali pavesi: il feto, delle dimensioni di dieci centimetri, è stato affidato agli esperti dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Pavia per essere sottoposto a esame, è stato riportato. La cosa potrebbe creare una certa dissonanza cognitiva: il lettore sa che in certi casi – come quelli degli enigmatici feti imbarattolati disseminati in tutto il Paese – inizialmente si sospetta proprio di ospedali ed università, da cui «il residuo» potrebbe essere uscito. Abbiamo appreso anche che il giallo dei bidoni gialli di Granarolo, dove furono trovati feti umani, si risolse esattamente con l’Università che ne chiese la restituzione, e la procura che ne dispose il dissequestro. (Altro non ci è dato sapere: quanti erano, perché erano lì, a cosa servivano, chi erano… tutte domande che ci rimangono addosso)
Le cronache, in coro, continuano informandoci che date le sue ridotte dimensioni, si suppone che la gravidanza della madre del bambino del cassonetto pavese sia stata breve,
Nessuno osa ovviamente specificare come sia possibile che il bambino, che si presume sia uscito intero dal grembo materno, possa essere finito lì: vi sarebbe da fare la dolorosa ammissione per la quale – è la possibilità meno allucinante – il bambino sia uscito con la RU486, la pillola dell’aborto domestico che permette di espellere il feto integro, in genere nel water, pronto per farlo viaggiare nelle tubature giù giù sino alle fogne, dove sarà divorato da pantegane, batraci e pesci coprofagi, magari pure qualche insetto goloso che apprezza la carne umana tenera e i concentrati di staminali.
La RU486 – che qualcuno giustamente ha chiamato «il pesticida umano» – permette di far uscire integri dal grembo materno questi bambini minuscoli, ma mica questo orrore può essere detto pubblicamente (la storia dei bambini divorati nelle sentine, che Renovatio 21 va ripetendo da anni, dove altro credete di poterla leggere?), perché la pasticca della morte va sdoganata sempre più: ricorderete il ministro Roberto Speranza (quello che adesso ha qualche problemino nel presentare i suoi libri in giro per l’Italia, dove lo aspettano alcune persone che ha fatto vaccinare genicamente) e la sua spinta, in pieno lockdown, per la distribuzione più libera della pillola dell’aborto fai-da-te, da rifilare alle donne senza ricovero. Di nostro possiamo dire che più di una decina di anni fa abbiamo visto politici sedicenti pro-life – ancora in circolo, presso pure le alte sfere – votare a favore della distribuzione ampliate del pastiglione omicida.
Ciò detto, non è per parlarvi della RU486 – ora distribuita su internet anche per impulso civico delle femministe americane, sconvolte dalla defederalizzazione dell’aborto subita due anni fa tramite la sentenza della Corte Suprema USA Dobbs v. Jackson – che scriviamo queste righe.
In realtà, non è nemmeno per parlare dell’aborto – o meglio, per cercare di raccontare, una volta di più, che oramai siamo convinti di come esso sia solo un pezzo del puzzle, e il puzzle è talmente mostruoso che non c’è film o libro che lo abbia anche solo concepito.
In breve, abbiamo maturato la convinzione che il ritrovamento di feti in luoghi improbabili e degradanti – o misteriosi, inspiegabili – non sia un fenomeno spontaneo, una storia spiegabile con le categorie che ci forniscono giornali e politici – di sinistra, di destra, abortisti, pro-lifi.
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La narrazione, che perdura dai casi di feto nel cassonetto che avanza dagli anni Ottanta, vuole farci pensare che l’abominevole atto è un segno di degrado. Si tratta di persone povere, disperate. Forse una donna che non può permettersi di avere un bambino, o che non vuole averlo perché vive in un appartamento dove il patriarcato le imporrebbe di divenire madre. Cose così.
Insomma: lo shock del feto trovato nella spazzatura serviva a consolidare l’aborto di Stato, ad estenderlo: se la donna avesse abortito avremmo evitato di scandalizzare il netturbino («Ma mettetevi nei panni di chi / il cassonetto pulisce / mi trova e non capisce / il perché di tanta inciviltà / poi scende in piazza e sciopera / e la colpa è anche un po’ tua / se non ti batti per un mondo migliore / in cui una madre sappia dove gettare il bebè»: sono i realistici versi di Elio).
Logica ferrea: fai a pezzi il bambino dentro il grembo materno con il metodo Karman (facendolo diventare un rifiuto ospedaliero, o in certi casi materiale da esperimento) invece che farlo trovare poche settimane dopo nell’immondizia. Non una grinza: come diceva una filastrocca delle scuole medie, «era meglio morire da piccoli / con i…»
Il problema è che oggi tutta questa teoria non tiene più. Il bambino non è nato, è stato fatto uscire dalla madre prima, integro, quando era lungo poco più di un dito – eppure, già perfettamente umano, già Imago Dei.
L’aborto è libero, liberissimo: consentito dalle autorità anche senza essere incinte (è successo), celebrato come grande conquista sociale dalla stampa, dalla politica (tutta!), glorificato da fiction e serie TV. Perché mai allora, continuiamo a trovare feti nel cassonetto?
Se qualche voce «laica» ora si alza per dire che è per colpa del clima intollerante causato dalla chiesa cattolica, può tacersi anche subito: perché sappiamo come Roma non solo non abbia intenzione in alcun modo di andare contro la legge di figlicida (abbiamo cardinali che lo hanno pure dichiarato, e casi sussurrati di confessori che consigliano la procedura a fedeli disperate) ma come abbia fatto di tutto per infliggere il mondo un prodotto che dall’aborto è derivato, il vaccino COVID (e prima ancora, altri vaccini, tutti – come sa il lettore che ci segue negli anni 0 ottenuti con cellule di aborto). Il Vaticano sapeva, ma ha fatto spallucce.
E quindi? Se non si tratta di disagio, dramma sociologico, di repressione del diritto umano all’ammazzare la propria discendenza, cosa sono questi feti nei cassonetti?
Quello che pensiamo noi, adesso, è che siano essenzialmente dei segni. Non sono stati abbandonati, sono stati piazzati. Sono delle puntine su una mappa oscura, sono capitelli di un territorio letto secondo una mistica del male. Sono antenne, amuleti, sono prove di un sacrificio avvenuto sopra una determinata zona del Paese.
Chi li mette? Qualcuno che concepisce l’aborto, o meglio l’uccisione della vita umana innocente, come una realtà da rendere simbolo ripetibile distribuito sul territorio.
Immaginate tutte quelle vecchie chiesette, anche minuscole, ora deserte, che vedete un po’ ovunque. Immaginate che lì vi è un altare, che serve per il sacrificio di Dio per l’uomo. Invertite tutto: ecco che bisogna puntellare la Terra del segno del sacrificio dell’essere umano per il dio – o meglio, per il demone.
Si può trattare, quindi, di una sorta di pratica satanica, o forse perfino«post-satanica», di cui non abbiamo mai sentito nulla, perché tenuta davvero segreta da chi la pratica?
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Abbiamo ipotizzato questa spiegazione per la storia dei feti in barattolo rinvenuti nel corso di più decenni in vari luoghi improbabili, spesso nel verde: campi, argini dei fiumi, aiuole urbane, cimiteri. Probabilmente, siamo stati i primi a cercare di unire i puntini di questi casi: chi può avere interesse, nell’arco di trenta o quaranta anni, ad abbandonare vasetti con bambini dentro a Nord e Sud, in città e in campagna? Come può trattarsi di un unico soggetto che lo fa?
Ora stiamo cercando di allargare la medesima idea ai bimbi nei cassonetti. Forse non si tratta di donne disperate, a cui gli obiettori di coscienza cattivi hanno negato l’accesso al feticidio. Non si tratta di degrado sociale, non si tratta di quelle storie brutte che ci fanno allargare le braccia e dire «ma dove andremo a finire», così da spingerci sempre più dentro il nostro bozzolo domestico.
Forse non è una storia che potete ancora immaginare. Perché potrebbe essere talmente spaventosa da dover essere tenuta segreta – sia da chi la pratica, che da chi forse lo ha capito, ma non può dirlo, vuoi perché teme il panico sociale che potrebbe scatenare, vuoi perché forse qualcuno in alto desidera che continui, perché parte di un meccanismo, di un accordo indicibile.
Mentre meditate dentro questo abisso, abbiate una certezza: quella di non credere più, nemmeno per un secondo, a quanto vi dicono sull’aborto i politici, i giornali, i pregatori seriali, i pro-life a caccia dei vostri soldini.
Rifiutate del tutto chi vuole farvi fissare il dito invece che la luna di sangue che è sopra tutti noi.
Roberto Dal Bosco
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Autismo
Finestra di Overton per l’inarrestabile incremento dell’autismo: dal vaccino al sacrificio umano dell’eutanasia infantile
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«Abbiamo visto che eliminano completamente i down, perché la loro è una vita indegna di essere vissuta» dicevo indicando il caso dell’Islanda down-free. «E una vita indegna di essere vissuta, va eliminata… voi pensate che sia impossibile? Il re cattolico del Belgio nel 2014 ha firmato una legge per cui si può fare l’eutanasia del bambino, basta che il bambino sia “consenziente”… l’eutanasia infantile è arrivata… qualcuno lo chiama aborto post-natale» dicevo. Poi parlavo del caso di Charlie Gard, il bambino lasciato morire della Sanità inglese, e del suo messaggio, e cioè il «pensare che si possono ammazzare i bambini anche già nati… i bambini danneggiati si possono ammazzare». «Quindi io mi chiedo, e sono conscio della forza di questa mia domanda: quanti anni ci vorranno prima che i bambini autistici finiranno in questo calderone?» Ricordo il gelo che scese nella sala. Da persona che lavora con i teatri, so percepire la temperatura di una sala. Lì era precipitato tutto sottozero all’istante, al punto che mi fermai prima ancora di finire la frase. L’eutanasia dei bambini autistici sarà una proposta che la realtà globale comincerà a discutere, e ad accettare, a brevissimo. Il cittadino del futuro è dipendente, prevedibile, domestico – e soprattutto spendibile. Scartabile a piacere, eliminabile magari pure con l’assenso dei famigliari. Il capolavoro della Necrocultura di Satana è più visibile che mai: come con l’aborto – dove è la madre ad uccidere il suo figlio indifeso – anche qui l’eliminazione massiva di questa parte della popolazione in crescita verrà fatta passare per il consenso della famiglia, distruggendone, di fatto, ogni suo tessuto morale. La famiglia da luogo della vita, diventa luogo della Morte. La famiglia, la cellula primaria della società nella quale visse lo stesso Dio incarnato, il cuore della legge naturale, viene pervertita in modo sanguinario. È il Regno Sociale di Satana: parte dalle siringhe dei sieri e, dopo dolore e malattia, torna alle siringhe, ma dello sterminio biomedico di Stato. Dalla siringa al sacrificio umano. Lo Stato moderno fa così Quanto ci piacerebbe che la «consapevolezza sull’autismo», e le sue giornatone ONU pagate dal contribuente, parlasse di queste cose. Un’ultima cosa detta ai censori e ai «normalisti» che leggono queste righe e ridacchiano, o si scandalizzano, magari presi dalla voglia di segnalarci alle «autorità competenti» per «disinformazione»: ecco a voi il nostro dito medio, e ve lo siete meritato tutto, perché le vostre azioni stanno portando avanti nei decenni questo programma di morte e devastazione che usa i bambini come strumenti, come armi per la rivoluzione biologica che sta rovinando il mondo. Siatene consapevoli: la Necrocultura travolgerà anche voi e le vostre patetiche esistenze di volonterosi carnefici di Moloch. Svegliatevi. Convertitevi. Roberto Dal Bosco SOSTIENI RENOVATIO 21Autismo ed eutanasia infantile. Intervento di Roberto Dal Bosco dal convegno di Renovatio 21 «Vaccini fra obbligo e libertà di scelta», Reggio Emilia, 9 settembre 2017 pic.twitter.com/5aYBo27Gb8
— Renovatio 21 (@21_renovatio) April 17, 2024
Controllo delle nascite
Continua il crollo delle nascite in Italia
Il crollo delle nascite in Italia si è confermato nel corso del 2023, in Italia. Lo riporta l’agenzia ANSA.
L’ulteriore declino del numero dei bambini messi al mondo, come indicato dai dati demografici relativi a tale anno pubblicati oggi dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT).
Secondo le statistiche preliminari, il numero dei neonati residenti nel Paese si attesta a 379 mila, accompagnato da un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (rispetto al 6,7 per mille registrato nel 2022).
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Tale diminuzione delle nascite rispetto all’anno precedente si attesta a 14 mila unità, equivalenti al 3,6%.
Risalendo al 2008, ultimo anno di aumento delle nascite in Italia, si osserva un calo complessivo di 197 mila unità (-34,2%).
La media di figli per donna diminuisce da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, avvicinandosi notevolmente al minimo storico di 1,19 figli riscontrato nel lontano 1995. L’Italia, come da imperativo della Necrocultura, si sta spopolando.
Gli articoli di stampa che analizzano tale numero non osa metterlo in relazione con l’altra quota ufficiale che la logica vorrebbe andasse subito citata: il numero degli aborti nel Paese. Il dato del 2021 è di un totale nel notificato di 63.653 «interruzioni volontarie di gravidanza», o IVG, termine della neolingua orwelliana per il feticidio di Stato.
In pratica, secondo il dato ufficiale, ogni sei bambini uno viene sacrificato a Moloch – e non sappiamo che fine possa fare il corpo dei piccoli assassinati, se smaltito con i residui ospedalieri, bruciato come rifiuto, smembrato e venduto per esperimenti e linee cellulari per le farmaceutiche (in America, lo sappiamo, succede: e i produttori di vaccini possono ringraziare) oppure finito misteriosamente in barattoli disseminati per le campagne, o ancora in enigmatici bidoni gialli abbandonati in depositi fuori città.
A chi si rallegra del continuo andamento in diminuzione dell’aborto (-4,2% rispetto al 2020) a partire dal 1983, vogliamo ricordare che il dato ufficiale rappresenta la punta dell’iceberg, e forse nemmeno quella.
I bambini di fatto oggi muoiono a causa di quella che chiama contraccezione, che crea il fenomeno della cosiddetta «microabortività»: alcuni anticoncezionali, come la cosiddetta spirale (o IUD), ostacolando l’annidamento dell’embrione, di fatto agiscono come sistemi di aborto permanente. Qualcuno ritiene quindi che i dispositivi intrauterini possono considerarsi in grado di procurare alla donna anche un aborto al mese: è l’infanticidio automatico, impiantato macchinalmente dentro il corpo stesso della donna. Capolavori della medicina moderna…
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Stesso discorso va fatto per il numero sommerso dei bambini uccisi dalla RU486, il pesticida umano utilizzato per l’aborto chimico: come usiamo ripetere, qui il feto viene espulso nel water e poi inviato con lo sciacquone nelle fogne dove sarà presumibilmente divorato da ratti, rane, pesci, insetti vari.
Esistendo un mercato nero diffuso della pillola dell’aborto – negli USA pure sostenuto da alcuni gruppi femministi specialmente dopo la defederalizzazione del «diritto di aborto» avvenuta con la sentenza della Corte Suprema Dobbs v. Jackson del 2022 – il numero di bambini trucidati con la pasticca assassina non è dato conoscerlo.
Vi va aggiunta, in ogni caso, anche la quantità di esseri umani terminati dalla pillola del giorno dopo, per la quale la stampa sincero-democratica si sgola da anni spiegando che non è aborto, quando invece lo è.
In questa sede, poi, non inizieremo nemmeno il discorso sulla quantità di embrioni prodotti e scartati con la riproduzione artificiale (sono centinaia di migliaia…), né il numero di esseri creati in provetta e poi congelati sotto azoto liquido in un limbo teologicamente, politicamente, legalmente biologicamente indefinito (sono vivi? Sono morti?).
Il numero dei bambini uccisi dallo Stato-Erode non è quindi di 65 mila individui, ma molto superiore. Non si tratta di una città di piccole dimensioni che sparisce ogni anno: forse è una metropoli, è una piccola regione che viene nuclearizzata nel grembo materno mentre la popolazione si contrae mostruosamente, e – molto causalmente – il Paese, anche sotto un sedicente governo nazionalista e sovranista, importa a spese del contribuente milionate di africani, le cui cifre sembrano decisamente essere quelle di una sostituzione vera e propria.
Caro lettore sincero-democratico, qualche campanello in testa ti si accende?
C’è qualcosa che vuoi fare, che non sia dare spago a danari a qualche stupido gruppo pro-life?
Roberto Dal Bosco
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