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«Morte per donazione»: eutanasia per prelevare gli organi

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di E. Wesley Ely.

Il dottor Ely detiene la cattedra Grant W. Liddle di Medicina al Vanderbilt University Medical Center ed è condirettore del Cronical Illness, Brain Dysfunction, and Survivorship (CIBS) Center. È anche direttore associato del Aging Research del Tennessee Valley Veteran’s Affair Geriatric Research and Education Clinical Center.

Il dottor Ely è autore di numerosi manuali di medicina.

 

 

Come si può rispondere al problema delle liste d’attesa sempre più lunghe per i trapianti di organi? Senza dubbio avrete sentito parlare del «mercato nero» degli organi nei paesi stranieri, ma esistono altre opzioni che dovrebbero essere sul tavolo?

La meccanica del prelevamento degli organi dopo la morte che sia per eutanasia o per arresto cardiaco (entrambe già legalizzate in Canada, Olanda e Belgio) è ottimale per il trapianto, perché il danno agli organi avviene per l’assenza di flusso sanguigno nei 5-10 minuti in cui avviene il decesso

 

Se foste su una lista d’attesa per un trapianto, vi importerebbe se l’organo è stato prelevato da una persona viva che è morta per la procedura di espianto? E se si fosse resa volontaria?

 

I vostri pensieri sulla questione hanno implicazioni che vanno ben oltre l’ambito dei trapianti.

 

In qualità di ex vice-direttore del programma di trapianti di polmoni della Vanderbilt University e medico praticante di terapia intensiva, considero la donazione di organi un gesto altruistico verso chi si avvicina alla morte su una lista d’attesa per un trapianto.

 

Ma mi trovo a combattere con l’inesorabile avvicinamento del mondo dei trapianti  a quello dell’eutanasia.

 

Causa della morte: donazione degli organi

Alle conferenze mediche internazionali del 2018 e 2019, ho sentito centinaia di specialisti e medici praticanti di terapia intensiva discutere della «donazione dopo la morte». Questo si riferisce allo scenario che si sta diffondendo in Canada e alcuni paesi dell’Europa occidentale dove le persone muoiono per eutanasia, in seguito a un’iniezione letale richiesta da lui o lei, poi il corpo viene operato per prelevare gli organi da donare.

Si sta diffondendo in Canada e alcuni paesi dell’Europa occidentale uno scenario dove le persone muoiono per eutanasia, in seguito a un’iniezione letale richiesta da lui o lei, poi il corpo viene operato per prelevare gli organi da donare

 

Ad ogni incontro, la conversazione passava inaspettatamente alla questione emergente della «morte per donazione» – cioè porre fine alla vita delle persone previo consenso informato portandole in sala operatoria e, in anestesia generale, aprire il petto e l’addome mentre sono ancora in vita per prelevare gli organi vitali per trapiantarli in altre persone.

 

Ecco altri commenti:

«Ho perso mio marito per un cancro. Sarò sempre grata che non abbia scelto il suicidio assistito».

 

«Non volevo antidolorifici dopo l’intervento, ma l’ospedale mi ha somministrato oppiacei contro la mia volontà».

 

La questione emergente della «morte per donazione» – cioè porre fine alla vita delle persone previo consenso informato portandole in sala operatoria e, in anestesia generale, aprire il petto e l’addome mentre sono ancora in vita per prelevare gli organi vitali per trapiantarli in altre persone

I pazienti amano i miracoli, ma i dottori non possono avere paura di dare brutte notizie (anche per via elettronica).

 

Il grande problema qui è che la morte per donazione ignorerebbe la dead donor rule, che proibisce l’espianto di organi vitali finché il donatore non viene dichiarato morto. La morte per donazione sarebbe, ad oggi, considerata omicidio poiché significa porre fine a una vita per prelevare organi.

 

La meccanica del prelevamento degli organi dopo la morte che sia per eutanasia o per arresto cardiaco (entrambe già legalizzate in Canada, Olanda e Belgio) può essere quasi ottimale per chi si sottopone al trapianto, perché il danno agli organi avviene per l’assenza di flusso sanguigno nei 5-10 minuti in cui avviene il decesso. Tale intervallo è chiamato tempo di ischemia. 

 

 La morte per donazione pretende di essere una nuova soluzione. Anziché prelevare gli organi dopo la morte, il prelevamento avverrebbe quando gli organi stanno ancora ricevendo sangue. Si annullerebbe il tempo di ischemia e la rimozione degli organi sarebbe la causa di morte diretta e immediata.

La morte per donazione sarebbe, ad oggi, considerata omicidio poiché significa porre fine a una vita per prelevare organi

 

Indesiderate ma inevitabili conseguenze

Poco tempo fa, il New England Journal of Medicine (NEJM) ha pubblicato un articolo di due medici canadesi e uno specialista di etica della Harvard Medical School, in cui sostengono che sia eticamente preferibile ignorare la dead donor rule se i pazienti dichiarano di voler morire per donare gli organi.

 

Mentre “donarsi agli altri”, letteralmente, può sembrare un gesto encomiabile a un primo sguardo, vediamo tre considerazioni a valle della discussione sull’abbandono della dead donor rule:

 

  • Le persone con disabilità mentali o fisiche affermano di sentirsi disprezzate e che la società non dà importanza alle loro vite. Invierebbe un messaggio poco subliminale per eliminarli dalla società e compiere qualcosa di buono coi loro organi?

 

  • Quanto rapidamente si diffonderebbe se chi non può parlare per sé venisse considerato un donatore?

 

  • Cosa significa per noi se chi dovrebbe guarirci – i medici – si trovano in una posizione che ignora manifestamente quasi 2500 anni di divieti sul fine-vita?

 

«Non potete concepire tutte le subdole forze (per farti morire) – tutte ben intenzionate, comprensive, anche dolci, ma travolgenti come uno tsunami – che emergono quando la tua autonomia è irrimediabilmente compromessa» Ben Mattlin, affetto da atrofia muscolare spinale

Consideriamo il caso di Ben Mattlin, affetto da atrofia muscolare spinale. In un articolo del New York Times del 2012 scrisse del «sottile e poroso confine tra coercizione e libera scelta» per chi si sente svalutato. Riguardo l’erosione della sua autonomia scrisse: «Non potete concepire tutte le subdole forze (per farti morire) – tutte ben intenzionate, comprensive, anche dolci, ma travolgenti come uno tsunami – che emergono quando la tua autonomia è irrimediabilmente compromessa».

 

La civiltà di una società si misura da come si trattano i membri più fragili. Le leggi sull’eutanasia sono disegnate per tutelare le popolazioni vulnerabili, ma come stanno le cose?

 

Gli altri nomi della morte

Secondo un articolo apparso nel 2015 sul NEJM, delle 3.882 morti causate dal suicidio assistito o eutanasia nelle Fiandre  (Belgio) nel 2013, 1.047 (27%) erano causate da un farmaco in grado si accelerare il decesso senza il consenso del paziente. I pazienti erano generalmente incoscienti e potrebbero essere assistiti da membri della famiglia.

 

Nel 2014, un passaggio delle decisioni sul fine-vita della Belgian Society of Intensive Care Medicine riporta che «accorciare il tempo della morte» dovrebbe essere permesso «con l’ausilio di farmaci … anche in assenza di dolore». Discutendo di questi fatti, due luminari della medicina, uno olandese e uno di Harvard, mi dissero che da dove vengono loro questo si chiama omicidio.

Delle 3.882 morti causate dal suicidio assistito o eutanasia nelle Fiandre (Belgio) nel 2013, 1.047 (27%) erano causate da un farmaco in grado si accelerare il decesso senza il consenso del paziente.

 

Quando i medici prendono parte a procedure volte a togliere la vita a una persona, il paziente è certo al 100% che il medico sia dalla parte della guarigione? Qual è il messaggio che viene trasmesso sul valore di ogni vita umana quando un medico scambia una vita per un’altra? Quale effetto ha già avuto sui medici complici di queste procedure mortali?

 

Nel 1973 il classico della fantascienza Soylent Green (in italiano 2022: I sopravvissuti), il detective Frank Thorn effettua ricerche per scoprire la causa degli oceani morenti e della rovina della specie umana in un pianeta sovrappopolato. Scopre che il cibo verde ad alto contenuto proteico prodotto dalla Soylent Corporation è composto da esseri umani riciclati morti in seguito a eutanasia. «Il Soylent è fatto con i morti!» grida.

 

Soylent Green è ambientato nel 2022. Mancano solo tre anni.

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