Politica
Monsignor Viganò su Trump e Kennedy
Renovatio 21 riprende un brano dell’intervista che monsignor Carlo Maria Viganò ha concesso alla testata americana Catholic Family News. Nel corso della conversazione monsignore ha dato la sua opinione su due candidati considerati, per la loro ferma opposizione al Deep State americano, come speculari: Donald J. Trump e Robert F. Kennedy jr. Come riportato da Renovatio 21, alcune figure, tra cui Steve Bannon, spingono per un insolito ticket elettorale con Trump presidente e Kennedy vicepresidente, cosa che sembrerebbe – per lo meno al momento – legalmente impossibile. L’eventuale prospettiva di correre con Trump è stata smentita pubblicamente già a maggio dal Kennedy.
L’anno prossimo, gli Americani affronteranno un’altra elezione presidenziale. Nel 2020, Ella ha sostenuto molto gli sforzi di Donald Trump per ottenere un secondo mandato. Alla luce della sua continua promozione dei vaccini COVID e della sua retorica a favore dell’agenda LGBTQ, credi che i cattolici possano ancora sostenerlo in un altro tentativo per la presidenza? Lo considera ancora una sorta di «katéchon»?
Il Presidente degli Stati Uniti d’America può essere una sorta di katechon se ha ben chiaro il colpo di stato globale perpetrato dal deep state. Credo che Donald Trump abbia compreso l’inganno di cui è stato oggetto da parte di Fauci e degli altri piazzisti di BigPharma, e che sia anche in grado – come è in grado sul fronte democratico Robert F. Kennedy, Jr. – di verificare se il virus SARS-CoV-2 fa parte di un progetto militare, che si è avvalso delle case farmaceutiche solo per la produzione su vasta scala dei sieri (peraltro iniziata significativamente nel 2019, prima della dichiarazione di emergenza pandemica).
Per quanto riguarda altre forme di appoggio più o meno esplicito a movimenti o ideologie in contrasto con la Fede cattolica, vorrei permettermi di suggerire al Presidente di non lasciarsi influenzare dai report e dalle percentuali delle agenzie di comunicazione elettorale, e di pensare alla responsabilità dinanzi a Dio delle decisioni che, come Presidente degli Stati Uniti, egli assume. Il compito del Presidente degli Stati Uniti è di governare il suo popolo per il bene comune, secondo giustizia e nel rispetto della Legge naturale e divina.
Se assolverà questo compito, il Signore – che è Onnipotente e che decide delle sorti delle Nazioni e dei singoli – lo benedirà e benedirà il popolo americano; se viceversa egli verrà meno ai suoi doveri e asseconderà la mentalità del mondo e i consigli dei suoi esperti elettorali, non potrà certo aspettarsi che Dio, offeso e disobbedito, aiuti lui e la Nazione.
Va detto che Trump, nei suoi recenti rally, ha denunciato con grande forza le politiche woke e si è impegnato a combattere la transizione di genere e le mutilazioni per i minori, l’indottrinamento gender nelle scuole, l’ipersessualizzazione dell’infanzia e il traffico di bambini.
È significativo che, proprio quando aumenta nel popolo la percezione della gravissima minaccia della lobby pedofila, il Dipartimento di Giustizia americano non abbia nulla di meglio da fare che ridurre il livello di allarme sociale (…)
In ogni caso, preferisco mille Trump a un solo Biden, su questo non c’è alcun dubbio. Anche perché Trump si è mostrato nei fatti ben più vicino all’immagine di politico cattolico di quanto non abbia fatto il sedicente cattolico Biden.
Ha qualche idea su Robert F. Kennedy Jr. e sulla sua campagna per vincere la nomina del Partito Democratico alla presidenza? Dato il suo sostegno all’aborto, un cattolico potrebbe votare per Kennedy in buona coscienza?
Robert Kennedy ha certamente una visione chiara sulla frode pandemica e vaccinale e l’assalto del deep state ai diritti fondamentali degli Americani.
Gli aspetti positivi del suo programma politico non tolgono il fatto che sostenga l’aborto e questo lo rende non votabile, soprattutto perché Kennedy si dichiara cattolico pur essendo in grave contraddizione con l’insegnamento della Chiesa e con la Legge naturale.
Anche qui occorre un sussulto di orgoglio, che metta da parte i calcoli elettorali e compia una scelta radicale. Il compromesso, oggi, non è più praticabile.
Politica
Trump: Zelens’kyj deve indire le elezioni
Il presidente statunitense Donald Trump ha invitato l’Ucraina a convocare elezioni, mettendo in dubbio le autentiche prerogative democratiche del Paese in un’intervista a Politico diffusa martedì.
Trump ha lanciato una nuova provocazione a Volodymyr Zelens’kyj, il cui quinquennio presidenziale è terminato a maggio 2024, ma che ha declinato di indire consultazioni elettorali presidenziali, invocando la legislazione di emergenza bellica.
Lo Zelens’kyj era stato scelto alle urne nel 2019 e, a dicembre 2023, ha annunciato che Kiev non avrebbe proceduto a elezioni presidenziali o legislative fintantoché perdurasse lo stato di guerra. Tale regime è stato decretato in seguito all’acutizzazione dello scontro con la Russia a febbraio 2022 e, da allora, è stato prorogato più volte dall’assemblea nazionale.
Trump ha dichiarato a Politico che la capitale ucraina non può più addurre il perdurante conflitto come pretesto per rinviare il suffragio. «Non si tengono elezioni da molto tempo», ha dichiarato Trump. «Sai, parlano di democrazia, ma poi si arriva a un punto in cui non è più una democrazia».
Rispondendo a un quesito esplicito sull’opportunità di un voto in Ucraina, Trump ha replicato «è il momento» e ha insistito che si tratta di «un momento importante per indire le elezioni», precisando che, pur «stiano usando la guerra per non indire le elezioni», gli ucraini «dovrebbero avere questa scelta».
Come riportato da Renovatio 21, il presidente della Federazione Russa Vladimiro Putin ha spesse volte dichiarato di considerare illegittimo il governo di Kiev, sostenendo quindi per cui firmare un accordo di pace con esso non avrebbe vera validità.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Tentativo di colpo di Stato in Benin
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— Gouvernement du Bénin 🇧🇯 (@gouvbenin) December 7, 2025
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Politica
Studenti polacchi pestano i compagni di classe ucraini
Alcuni studenti polacchi di un istituto tecnico di Słupsk, nel nord della Polonia, hanno aggredito e picchiato diversi compagni ucraini dopo che un docente li aveva apostrofati come «feccia», ha riferito martedì il portale Onet.
L’episodio si è verificato in una scuola professionale dove sono iscritti numerosi adolescenti ucraini in corsi di formazione. L’avvocato Dawid Dehnert, contattato dai familiari delle vittime, ha citato una registrazione in cui l’insegnante avrebbe definito gli ucraini «feccia» e li avrebbe minacciati di farli bocciare «perché vi farò vedere cosa significa essere polacchi».
I genitori dei ragazzi aggrediti hanno raccontato ai media che uno studente polacco era solito riprodurre in aula il rumore di bombe e razzi, rivolgendosi ai compagni ucraini con frasi come «è ora di nascondervi», senza che il docente intervenisse. «L’atteggiamento del professore ha non solo danneggiato gli studenti ucraini, ma ha anche incoraggiato e tollerato atteggiamenti xenofobi negli altri», ha commentato Dehnert.
Brutalny atak na Ukraińców w Słupsku?
Świadkowie relacjonują, że 17.11.2025 r. w pobliżu szkoły „Budowlanka” kilku starszych chłopaków miało brutalnie pobić ukraińskich nastolatków, krzycząc w ich kierunku obraźliwe hasła. Atak przerwała dopiero kobieta wzywająca policję #słupsk pic.twitter.com/GigFwc4tYv
— Aktualny Spotted Słupsk (@ASpottedSlupsk) November 30, 2025
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La situazione è precipitata al termine delle lezioni, quando i giovani ucraini sono stati assaliti fuori dall’edificio da coetanei polacchi più grandi. «Uno degli aggressori ha prima sputato in faccia a un ragazzo ucraino gridando “in testa, puttana ucraina” e poi lo ha colpito con pugni», ha riferito l’avvocato.
A seguito del pestaggio, un sedicenne ucraino ha riportato la frattura della clavicola e un altro una sospetta commozione cerebrale. Un video circolato sui social riprende parzialmente la rissa, mostrando tre studenti che infieriscono su uno di loro fino a scaraventarlo a terra.
L’aggressione si è interrotta solo quando una passante ha minacciato di chiamare la polizia. Una madre ha dichiarato a Onet di essersi recata immediatamente alla stazione più vicina per denunciare i fatti, ma di essere stata respinta perché «non c’era nessun agente disponibile» e di aver potuto formalizzare la querela solo il giorno successivo.
L’episodio si colloca in un contesto in cui la Polonia resta una delle principali mete UE per gli ucraini in fuga dal conflitto: secondo Statista, quasi un milione di cittadini ucraini risultano registrati nel Paese sotto regime di protezione temporanea.
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Immagine screenshot da Twitter
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